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Autore: lostinpercyseyes    11/01/2016    0 recensioni
{Sequel di "Into The Maze"}
Sentii gli spari riecheggiare per tutto il corridoio e mi voltai a vedere come se la stavano cavando gli altri Radurai: Minho li stava ricoprendo di insulti, Thomas cercava di schivare i proiettili strisciando sul pavimento, mentre Newt si copriva le orecchie per il rumore assordante.
-Possibile che non ce ne vada mai bene una!- urlò il biondo, cercando di sovrastare tutto ciò che ci circondava.
-Siamo delle calamite che attirano la sfortuna, evidentemente!- gli urlò in risposta Minho, dall'altra parte rispetto a noi.
-Facciamo qualcosa!- gridò Thomas. -Corriamo! Muovetevi!- con uno scatto si alzò in piedi ed iniziò a correre, sorpassandoci. Minho stava tentando di strisciare nella nostra direzione, proprio come aveva fatto il moro prima di lui. Era arrivato a metà strada, quando Newt mi prese il volto tra le mani ed allacciò i nostri sguardi; vidi il terrore nei suoi occhi.
-Nel caso non avessimo un'altra occasione... Ho sempre voluto fare questo...- disse prima di fare una cosa che mi lasciò di sasso. Mi baciò.
Genere: Avventura, Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Minho, Newt, Nuovo personaggio, Thomas, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Più ci avvicinavamo alla città, più faticavo a vederla. La polvere aveva reso l'aria densa, trasformandola in una nebbia marrone, e lo sentivo ad ogni respiro. Mi si seccava sugli occhi, facendomeli lacrimare. Il grosso edificio verso il quale correvamo era diventato un'ombra minacciosa dietro alla nuvola di polvere, elevandosi sempre di più come un gigante.
Il vento si era fatto violento, scagliandoci addosso sabbia e polvere fino a farci male. Ogni tanto qualche oggetto più grande mi sfrecciava vicino, spaventandomi a morte. Un pezzo di tegola. E infiniti pezzi di carta che turbinavano nell'aria come fiocchi di neve.
E poi arrivarono i lampi.
Avevamo dimezzato la distanza dall'edificio quando i fulmini comparvero dal nulla, e il mondo attorno a me diventò un'esplosione di tuoni e luci.
Cadevano dal cielo a zig-zag, come barre di luce bianca, schiantandosi al suolo e sollevando enormi quantità di terra bruciata. Il suono devastante era impossibile da sopportare, e le mie orecchie cominciarono a perdere sensibilità, il rumore orribile scemò riducendosi a un ronzio lontano mentre diventavo sorda.
Continuai a correre, quasi alla cieca ormai, senza sentire, riuscendo a malapena a vedere l'edificio. C'era gente che cadeva e si ritirava su. Inciampai, ma mi mantenni in equilibrio. Aiutai Newt a rimettersi in piedi, poi Frypan. Li spinsi con quanta più forza avevo in corpo mentre continuavo a correre. Era solo una questione di tempo prima che uno dei lampi, simili a grossi pugnali, colpisse qualcuno e lo abbrustolisse riducendolo a un pezzo di carbone. 
Volevo gridare, volevo sentire la mia voce, anche se erano solo vibrazioni sorde dentro al cranio. Ma sapevo che l'aria piena di polvere mi avrebbe soffocato; era già abbastanza difficile fare piccoli e veloci respiri dal naso. Specialmente con la tempesta di lampi che si infrangevano al suolo tutto intorno a noi, strinando l'aria, diffondendo un odore di rame e cenere ovunque. 
Il cielo si fece ancora più scuro, la nube di polvere si addensò; mi resi conto che non riuscivo più a vedere nessuno. Solo quei pochi che erano dritti davanti a me. La luce dei fulmini lampeggiava contro di loro, una breve scarica di bianco brillante che li illuminava per un istante brevissimo. Tutto questo contribuì ad accecarmi ancora di più. Dovevamo raggiungere quell'edificio. Dovevamo arrivare lì o non avremmo resistito ancora a lungo.
E dov'era la pioggia?, mi chiesi. Dov'era la pioggia? Che tipo di tempesta era questa?
Un fulmine di puro bianco scese a zig-zag dal cielo ed esplose a terra proprio davanti a me. Gridai, ma non riuscivo a sentirmi, poi strinsi gli occhi quando qualcosa mi scagliò di lato. Caddi di schiena, e il colpo violento mi tolse il fiato, mentre una scarica di terra e rocce mi pioveva addosso. Sputai, mi pulii il viso e boccheggiai tirandomi su a fatica, appoggiando le mani e le ginocchia, per poi rimettermi in piedi. Finalmente l'aria riuscì a entrare, e potei respirare a pieni polmoni.
Sentii uno squillo, un ronzio acuto e costante, era come avere degli aghi nei timpani. Il vento cercava di mangiarmi i vestiti, la terra mi pungeva la pelle, il buio mi vorticava attorno come una notte vivente, interrotta solo dai lampi. Poi la vidi, un'immagine orrenda resa ancora più spettrale dalla fonte di luce intermittente.
Si trattava di Jack. Era sdraiato a terra, dentro a un piccolo cratere, e si contorceva mentre stringeva il ginocchio con le mani. Sotto non c'era niente: tibia, caviglia e piede strappati da un'esplosione di elettricità scagliata dal cielo. Il sangue era ovunque e si mischiava con la terra creando un impasto orrendo. Non aveva più i capelli. E sembrava che gli occhi fossero...
Mi voltai di scatto e mi accasciai a terra, tossendo mentre cercavo di non dare di stomaco. Non potevamo fare niente per Jack. Era impossibile. Niente. Ma era ancora vivo. Anche se mi vergognai a pensarlo, fui contenta di non sentire le grida. Non sapevo se sarei più nemmeno riuscita a guardarlo.
Poi qualcuno mi afferrò e mi rimise in piedi. Minho. Disse qualcosa, e mi concentrai abbastanza da riuscire a leggergli le labbra. Dobbiamo andare. Non possiamo fare niente.
Jack, pensai. Oh, cavolo, Jack.
Barcollando, con le orecchie doloranti per il ronzio e lo shock per aver visto Jack ridotto a brandelli dal fulmine, corsi dietro a Minho. Vidi delle ombre a destra e sinistra, altri Radurai, ma solo pochi. Mi chiesi dove fosse finito Newt. Era troppo buio per riuscire a vedere lontano, e i lampi apparivano e scomparivano troppo in fretta per rivelare qualcosa. Solo polvere e detriti e la sagoma minacciosa dell'edificio, quasi sopra di noi. Adesso era ogni Radurai per sé. Potevamo solo sperare che ce la facessimo tutti. 
Vento. Esplosioni di luce. Vento. Polvere soffocante. Vento. Fischio nelle orecchie, dolore. Vento. Continuai a correre, con gli occhi incollati su Minho a pochi passi da me. L'unica cosa che volevo era sopravvivere, riuscire a raggiungere quell'edificio, entrare lì dentro. Vivere. Guadagnare un altro giorno.
Una luce bianca accecante esplose davanti a me, sbalzandomi di nuovo in aria. Mentre volavo all'indietro gridai, cercando di ritrovare l'equilibrio. Lo scoppio era avvenuto proprio dov'era Minho. Minho! Atterrai con un tonfo violento, fu come se ogni articolazione del mio corpo si slogasse, per poi tornare al proprio posto. Ignorai il dolore, mi alzai, corsi in avanti, circondata dal buio completo, interrotto da immagini residue confuse, ambe di luce violacea. Poi vidi le fiamme.
Mi ci volle un secondo per elaborare quello che avevo davanti agli occhi. Lance di fuoco danzavano come per magia, viticci roventi che sbattevano verso destra spinti dal vento. Poi tutto crollò a terra, lingue di fiamme che si dimenavano. Le raggiunsi e capii.
Era Minho. I suoi vestiti avevano preso fuoco.
Con un grido che mi provocò fitte acute alla testa, gli caddi di fianco. Scavai nella terra, per fortuna smossa dall'esplosione di elettricità che l'aveva colpita, e gliela tirai addosso con entrambe le mani, raccogliendola freneticamente. Cercavo di soffocare le fiamme più luminose mentre Minho mi aiutava rotolandosi e colpendosi con le mani la parte superiore del corpo.
Funzionò. Nel giro di pochi secondi il fuoco si spense, lasciando dietro di sé vestiti carbonizzati e brutte ferite. Fui sollevata di non sentire le urla di agonia che sembravano provenire da Minho. Sapevo che non avevamo tempo per fermarci, perciò presi il capo e con non poche difficoltà lo rimisi in piedi.
-Forza!- gridai, anche se questa parola nella mia mente sembrò una vibrazione senza rumore.
Minho tossì, fece un'altra smorfia, ma poi annuì e mise un braccio intorno alle mie spalle. Avanzammo insieme il più velocemente possibile verso l'edificio.
Tutto intorno a noi, i lampi continuavano a cadere come frecce di fuoco bianco. Sentivo l'impatto silenzioso delle esplosioni, ognuna mi rimbombava nel cranio, scuotendomi le ossa. Bagliori di luce ovunque. Oltre l'edificio verso il quale barcollavamo con grande fatica, erano divampati altri fuochi. In un paio di occasioni vidi dei fulmini entrare in contatto diretto con la parte superiore di una costruzione, facendo piovere mattoni e vetro sulle strade sovrastanti.
Il buio cominciò ad assumere una tonalità diversa, più grigia che marrone, e mi resi conto che le nubi della tempesta dovevano essersi addensate ed essere scese al suolo, aprendosi il cammino tra la polvere e la nebbia. Il vento si era leggermente placato, ma i lampi sembravano più potenti che mai.
Vedevo alcuni Radurai intorno a noi, che si muovevano tutti nella stessa direzione. Il numero sembrava diminuito, ma non ci vedevo ancora abbastanza per esserne certa. Con mio grande sollievo individuai Newt, poi Frypan. E Thomas. Erano terrorizzati quanto me, e correvano con lo sguardo rivolto verso la loro meta, ormai poco distante.
Minho perse l'equilibrio e cade, scivolando dalla mia debole presa. Allora mi fermai e, dopo essermi voltata, lo tirai in piedi come meglio potevo e risistemai il suo braccio sulle mie spalle. Un arco di un lampo accecante passò proprio sopra le nostre teste e colpì la terra alle nostre spalle. Non guardai, continuai a camminare malgrado le gambe indolenzite dallo sforzo che facevo per dare sostegno e stabilità a Minho. Un Raduraio alla mia sinistra si accasciò; non sapevo di chi si trattasse, non sentii le urla che sapevo erano seguite. Un altro ragazzo cadde alla mia destra, poi si rialzò. Un lampo esplose proprio davanti a noi, poi un altro a destra. Un altro a sinistra. Uno a pochi passi.Dovetti fermarmi, sbattere con violenza le palpebre finché non recuperai la vista. Allora ripartii al fianco di Minho.
Alla fine arrivammo. Il primo edificio della città. 
Nella morsa buia della tempesta, la struttura era completamente grigia. Enormi blocchi di pietra, un arco di mattoni più piccoli, finestre rotte. Thomas raggiunse la porta per primo, e non si prese la briga di aprirla. Era fatta di vetro, ma ne era rimasto solo qualche frammento, perciò rimosse con cautela i pezzi rimasti compendoli con il gomito. Fece segno a due Radurai di passare, poi entrò lui, inghiottito all'interno. 
Arrivai nello stesso momento di Newt, e gli feci un gesto per farmi aiutare. Lui e un altro ragazzo presero Minho, lo trascinarono all'indietro oltre la soglia dell'entrata aperta. I suoi piedi sbatterono contro il gradino mentre lo tiravano dall'altra parte. 
E poi, ancora sotto shock per la potenza delle esplosioni, li seguii, entrando nell'oscurità.
Mi voltai appena in tempo per vedere la pioggia che cominciava a cadere, come se alla fine la tempesta avesse deciso di piangere per la vergogna di quello che aveva fatto. 
   
 
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