Quella
giornata era davvero degna di un’ estate torrida. Peccato
fosse autunno e
c’erano trenta gradi all’ombra, non ero andato a
scuola quella mattina, non ero
riuscito ad alzarmi dal letto tutto sudato e addormentato
com’ero, quindi
passai la mattina a guardare programmi idioti alla Tv e a sistemare la
camera
al ritmo delle canzoni dei Green Day.
Quando la
mia compagna di banco mi aveva scritto che sarebbe venuta da me dopo
scuola, io
le dissi che mi aveva salvato la giornata che senza il suo intervento
si
sarebbe rivelata un bellissimo modo per pensare a Miles che mi
malmenava, come
succedeva spesso ultimamente. Tuttavia questo non gliel’avevo
detto.
Pensavo a
quella notte ininterrottamente e continuai a farlo finché
Molly suonò al
campanello. Mi trovavo sulla veranda di casa mia con la ragazza a bere
limonata
ghiacciata con un ventilatore sul tavolo a massima velocità
che ci scompigliava
leggermente i capelli, asciugando le goccioline di sudore sui nostri
visi.
Erano passate
due settimane dall’inizio della scuola e avevo fatto nuove
conoscenze: Jake e
CC, si chiamava Christian Coma, ma tutti ovvero io ,Molly e Jake lo
chiamavamo
così. Li avevo conosciuti una sera a casa di Molly quando si
erano presentati
da lei a sorpresa.
Coma era il
più grande, infatti avrebbe finito la scuola
quell’anno invece Jake aveva la
stessa età mia e della ragazza.
-Andy…ehy!-
mi sentii chiamare e mi riscossi dai miei pensieri.
–Ci
sono, ci
sono!- dissi
battendo le mani sul
tavolo.
-Sei strano
in questo periodo…- Non
avevo raccontato
a Molly dell’incidente, ma pensavo che lei avesse intuito la
situazione. A
Educazione fisica quando mi asciugavo la fronte sulla maglietta notavo
che
tutti mi fissavano il petto coperto dalle garze e avevo beccato anche
Purdy a
guardarle pensando che non lo vedessi.
In quel
periodo i litigi con i suoi erano più violenti, lui usciva
spesso e nessuno lo
rincorreva. L’avevo visto diverse volte arrampicarsi sul
tetto, ma non avevo
mai tentato di parlargli.
-Scusa Molly
solo che ho un po’ di roba per la testa…- la
ragazza sorrise e si passò una
mano fra i capelli.
–Non
preoccuparti penso di aver capito..-
Lanciò un’occhiata alla casa
affianco, pensai
lo stesse facendo apposta perché nell’ ora di
storia mi aveva visto guardare il
mio vicino, più di una volta.
-Ashley! No!
Stai scherzando vero?- lei scosse la testa.
–
Intendevo
il ballo! Hai già ricevuto richieste per il
Sadie’s?-
Alzai un
sopracciglio confuso –Il che?- lei si mise a ridere cadendo
quasi dalla sedia. –Il
Sadie’s Oak! Il ballo di inizio scuola, più o
meno. Le ragazze invitano i
ragazzi.-
Io sbuffai
divertito dalla spiegazione della ragazza. Non pensavo che anche in
quella
scuola si facessero balli, ma chi prendevo in giro? Tutte le scuole
facevano
balli.
-Se ti
riferisci alla catasta di bigliettini multicolori nel mio armadietto
penso che
le ragazze della nostra scuola siano impazzite e comunque penso di non
andarci.-
Molly si
alzò e prese lo zainetto nero a texture. –Vieni
con
me?- Feci finta di pensarci e annuii e lei si avvicinò ad
abbracciarmi,
ricambiai e lei se ne andò poco dopo lasciandomi solo con i
miei pensieri di
nuovo concentrati su una notte in particolare.
Le grida del
compagno di mia madre mi raggiunsero distinte da dietro la porta, non
sarei
uscito per nessun motivo, anche se avesse minacciato di ammazzarmi.
Abbracciai
le gambe al petto e mi misi seduto sul letto. Mi aveva spaccato il
labbro la
scorsa sera, la scusa era stata che uscivo troppo spesso. Alzai il viso
e me lo
trovai davanti, non lo avevo sentito entrare.
Non ero un
ragazzo debole ero rispettato da tutta la scuola, ma non avevo mai
avuto il
coraggio di ribellarmi a quell’uomo che apparentemente era
solo duro e cinico.
Una volta chiusa la porta di casa si rivelava uno sfruttatore senza
scrupoli.
Se doveva alzare le mani le alzava e ogni occasione era buona per
mettermi alle
strette e di conseguenza ricevevo ogni giorno una buona dose di botte.
-Pensavi di
scappare di nuovo?- mi
si congelò il
sangue nelle vene, alzai la testa e lo guardai negli
occhi. Non l’avevo sentito entrare e per
l’ennesima volta dei lividi si stavano formando sulla mia
schiena e sulle mie
braccia. Quando la tortura finì uscii dal tetto e corsi via
con il telefono
alla mano. Composi il numero di Jinxx.
-Hey amico!-
dissi nel tono più allegro che potevo fare.
–Ehy
Ash..hai bisogno di qualcosa?- mi fermai
davanti alla casa del mio amico.
–Senti..-
Non
riuscii a continuare la frase che la serratura della porta
scattò e mi
avvicinai. Il viso del mio amico fece capolino dalla porta con il
cellulare in
mano-
-Entra..i
miei sono via per lavoro.- sorrisi impercettibilmente e entrai.
–è successo di
nuovo vero?- annuii, non volevo spiegare cosa era successo nei minimi
particolari, lui mi lasciò usare il bagno per darmi una
ripulita, ma stetti in
silenzio per tutta la serata.
Le nostre
litigate erano così violente che anche i vicini le avevano
sentite, avevo visto
infatti Andy uscire di casa per controllare da dove venissero le urla,
mi
vedeva spesso correre via.
Per quanto
sarebbe andata avanti?
Quella notte
dormii dal mio amico o almeno, cercai di addormentarmi. Mi svegliavo
continuamente credendo di essere a casa mia, riuscii a prendere sonno
solo
verso le tre di mattina. Mi svegliai con un pungente mal di testa e una
nausea
costante che non voleva andarsene.
Naturalmente
dovevo andare a scuola. Che avrebbe pensato Ronnie se io, il suo amico
più
fidato, lo avessi abbandonato? Avrei potuto avere tutto quello che
volevo, ma
mi ero abbassato a stare in un gruppo di bulli che non avevano nulla da
invidiare al mio patrigno, con i miei voti sarei potuto passare alla
classe
avanzata di Chimica e Matematica, ma non dovevo sembrare intelligente,
dovevo
sfruttare i Freshman per i compiti, come Ronnie mi ordinava. Tutti
avrebbero
saputo che in realtà Ashley Purdy odiava far del male alla
gente.
Entrare a
scuola non era mai stato più difficile di quel giorno, mi
guardai in giro ed
entrai venendo subito raggiunto da Jade, Ronnie e Lizzie. La prima si
attaccò
al mio braccio e per un attimo mi convinsi che avrebbe fatto le fusa.
-Ehy
Ash...vero che vieni al Sadie’s con me?- disse con un tono di
voce stridulo e
acuto, lo disse in modo teatrale, pronta a gettarsi ai tuoi piedi .
-Certo
piccola! Con chi pensavi che andassi, con la Parkinson?- le risposi
dando una spallata
alla ragazza che tutti reputavano una sfigata, JAde mi fece un
sorrisino e
guardò male la ragazza dai capelli rosa.
Poco dopo
vidi Andy, Ronnie lo spintonò in avanti facendolo sbattere
contro gli
armadietti. Trattenetti il respiro per un momento, ma il moro ci
ignorò e
raggiunse Molly salutandola con un abbraccio. Lo guardai meglio e poi
mi girai
scuotendo la testa. No, non era decisamente degno di nota, quei capelli
rasati,
quel piercing. Solo un emo-goth.
-Chi si
crede di essere quel Biersack!- disse il mio amico, non risposi, mi
limitai ad
abbassare la testa.
Alla prima
ora avevo Storia, era la lezione in comune con Andy, presi il libro
dall’armadietto ma non feci in tempo a girarmi che il mio
amico mi si avvicinò
di nuovo.
-Vieni con
me sul campo da baseball abbandonato?- scossi la testa e mi passai una
mano fra
i capelli. Lui non sapeva del mio patrigno, se l’avesse
saputo l’avrebbe sfruttato
per togliermi dalla mia posizione accanto a lui e catalogarmi come
viscido
sfigato.
Fino al
suono della campanella del pranzo mi concentrai sulle lezioni di
scienze e
fisica poi scesi nella mensa, ma presto venni attaccato da una decina
di
ragazze che mi chiesero se ero già occupato per il
Sadie’s. Non ne potevo più
di tutte quelle oche che mi tiravano da una parte all’altra
del tavolo. Ero
nervoso per quello che era successo ieri, per quello che sarebbe
successo non
appena sarei tornato a casa, celai tutto dietro un sorriso di
circostanza.
Mi alzai e
liquidai tutti dicendo che dovevo andare in bagno. Arrivato alla
toilette mi
sciacquai il viso e poco dopo sentii il rumore dello sciacquone, poco
dopo Andy
aprì la porta e si avvicinò ai lavandini.
-Ehy!- mi disse.
Io avevo la testa
ancora china e le mani appoggiate al lavabo, non risposi.
–Ashley?- Mi
appoggiò una mano sulla spalla io
sobbalzai. Anche se quel contato non era nulla per un momento avevo
avuto
paura. Sentii poco a poco la rabbia crescere nel mio petto.
–Vattene!-
gli urlai contro e mi
pentii di averlo fatto quando lui uscì dalla porta
lanciandomi un’occhiata
compassionevole.
Mi ero seduto
sugli spalti del campo da basket con Jake e guardavo i giocatori
correre dietro
al pallone arancio saltando con tutte le loro forze, il rumore
stridente delle
suole riempiva l’aria della palestra e dava fastidio agli
spettatori di quell’amichevole.
Solo dopo aver osservato per un po’ i giocatori delle squadre
il moro parlò.
-Beh, dovevi
parlarmi Jake?- il ragazzo in questione sorrise e si passò
una mano fra i
capelli. Jake Pitts seguiva molti dei miei stessi corsi ed era un
ragazzo estremamente
dolce e simpatico.
-Io..insomma
c’è un mio amico..- iniziò, ma sapevo
che l’amico non era nient’ altro che Jake
stesso. -A questo mio amico non piacciono le ragazze..non so se mi
spiego e ha una
cotta per Jeremy Ferguson, lui si chiede che cosa può fare
per farsi notare..-
Ridacchiai,
bene a quanto pare non ero l’unico a cui non piacevano le
forme rotondeggianti
e morbide di una ragazza. Pensai a una risposta da dargli, ma prima gli
feci
una domanda. Gli chiesi di descrivermi Jeremy.
-Oh..sta con
Purdy e Radke, ma non è un cattivo ragazzo, suona la
chitarra e sorride a tutti
in corridoio, è del nostro anno.- Bene, il mio amico aveva
una cotta spaventosa
per un seguace dei due principi della scuola.
–Secondo
me potrebbe parlarci, il tuo amico..-
feci ammiccando al ragazzo accanto a me, lui arrossì
leggermente e si girò a
fissare Jeremy che era appena entrato in campo. -Davvero, parlaci, non
sembra
come Ronnie non penso ti tirerebbe un pugno.- poi il mio sguardo venne
catturato da un paio di spalle ampie e un sorriso smagliante. Ashley.
Lo
guardai per un po’ e notai che a differenza dei suoi compagni
di squadra aveva
una t-shirt a maniche lunghe, invece della canottiera gialla della
scuola.
-Andy..ehy!-
-S-sì!
Dimmi.- Jake si mise a ridere
rumorosamente, poco dopo fece la sua comparsa sugli spalti Radke.
Cercai di non
guardarlo, ma entrambi ci prendemmo uno spintone che ci fece
traballare. Feci per
ribattere, ma mi dissi che non ne valeva la pena e insieme a Jake
uscimmo dalla
palestra. Cc si
fece vedere appena mettemmo
piede fuori dalla palestra con il suo sorriso strafottente sul viso e
in mano
delle bacchette della batteria.
-Dov’eri?-
Chiese Jake battendo il pugno contro quello del ragazzo.
-In
aula di musica.- sorrise e ci portò nella
stanza appena citata. Era piccola, ma abbastanza larga da farci stare :
una
batteria, tre chitarre elettriche e due classiche, due microfoni con le
rispettive aste e un basso. Mormorai un “Wow” a
mezza voce e vidi Jake
imbracciare la chitarra classica in meno di un secondo. Ci mise un
po’ ad
accordarla, ma alla fine il suono era abbastanza pulito, io non accesi
il microfono
ma iniziai a canticchiare una melodia del tutto inventata. La porta si
spalancò
e vedemmo entrare il professor Smith.
-Cosa ci
fate qui? Uscite subito!- disse facendosi diventare la faccia bordeaux.
Non
chiudevano mai le porte delle aule e questo era il risultato. Ci
ritrovammo
seduti alla caffetteria della scuola a chiederci cosa avremmo fatto
quel
pomeriggio. E Cc come al solito propose. Noi non riuscivamo mai a
pensare a
qualcosa, la mia conoscenza della città era ancora
elementare e l’unica volta
che Jake aveva fatto una proposta era scoppiato un temporale di
conseguenza ci
eravamo rifugiati in casa Pitts per un torneo di Final Fantasy.
Sotto la
guida di Christian ci spostammo al centro commerciale dove lui voleva
prendersi
qualcosa per il ballo del fine settimana.
Alla fine
tornammo a casa con due borse per ciascuno. Avevo comprato degli skinny
jeans
neri e una camicia bianca, mi ero lasciato tentare da una maglia
oversize
totalmente nera e anche quella era finita nel mio armadio.
Sabato si
avvicinava velocemente e io stavo iniziando a dire di non volerci
andare, sia a
Molly che ai miei, ma la mia amica mi aveva minacciato dicendo che mi
avrebbe
trascinato nella palestra della scuola se non fossi andato.
E quel
fatidico giorno era arrivato. Ero incredibilmente nervoso, gironzolavo
per
casa, ignorando mia madre che mi diceva di non fare scenate. Era solo
un ballo.
Sarei andato a prendere Molly alle sette e saremmo andati al ballo.
Uscii di
casa dopo essermi controllato allo specchio, avevo scelto i soliti
skinny e la camicia
bianca che avevo comprato qualche giorno prima per quella sera e avevo
paura di
non essere abbastanza elegante.
La casa di
Molly era vicina alla spiaggia e quindi ci misi una ventina di minuti
ad
arrivarci. La trovai davanti alla porta, sorridente come al solito. Era
avvolta
da un abito lungo fino al ginocchio color pesca e i suoi capelli rosa
erano
sciolti, impreziositi da un cerchietto bianco.
-Sei bellissima.-
dissi appena arrivai davanti a lei che arrossì
alle mie parole.
-Grazie..anche
tu non sei male, mio principe.- ci mettemmo a
ridere e poi ci incamminammo verso scuola.
La facciata
della palestra era stata decorata con foglie
finte e uno striscione che diceva “Sadie’s
Oak” sorrisi alla ragazza e una
volta dentro cercammo i nostri amici. Li trovammo seduti ad un tavolo,
i
bicchieri pieni di una bevanda rossastra già tra le loro
mani. Erano
accompagnati da due ragazze che mi si presentarono. Sammi e Cara.
-Ehi Andy,
Molly!- disse CC alzandosi.
-Christian,
Jake!- rispose Molly andando incontro ai due. Io
mi guardavo in giro, li studenti si accalcavano sulla pista da ballo,
spintonandosi per ballare.
Presi del punch
per me e Molly poi tornai da lei che ballava
all’angolo della pista.
-Grazie Andy!- a
malapena riuscivo a sentire la sua voce, la
musica era assordante ed era la tipica musica da discoteca. Rimasi
fermo a bere
il mio drink, sicuramente il punch era stato corretto dai ragazzi
più grandi, non
so quanti ne bevvi, ma improvvisamente tutto si fece opaco e i colori
diventarono soffusi avevo un gran mal di testa. Decisi di andare a
darmi una
rinfrescata negli spogliatoi, barcollante arrivai a destinazione.
Sentii subito
dei rumori, ma non ci feci caso. Mi avvicinai al lavandino e mi
sciacquai il
viso, i rumori si fecero più forti e capii di che cosa si
trattava quando vidi
un ragazzo uscire dallo spogliatoio mentre si tirava su la zip dei
jeans. Il
tipo alzò lo sguardo e io sgranai gli occhi, Ashley. Qualche
minuto dopo una
ragazza uscì dalla stessa porta, i capelli rossi erano
scompigliati e aveva il
rossetto sbavato. Mi guardarono entrambi poi lei uscì dando
prima un bacio al ragazzo.
-Che hai da
guardare?- disse il castano mentre si avvicinava
al lavandino.
-N-niente!- aggrottai
le sopracciglia e lo guardai infilarsi la giacca poi mi girai e uscii.
Cercai la mia
amica, ma in mezzo a quella massa di gente non
la trovai, cercai di tornare al tavolo. Jake era da solo, ancora con un
bicchiere tra le mani.
-Ho appena visto
Purdy in una versione insolita!- dissi
gridando per farmi sentire.
-Ovvero!?- feci un
mezzo sorriso e mi alzai mimando con la bocca un “te lo
dirò”. Tornai a cercare
la mia amica che non era nientemeno che al centro della pista.
-Molly,
andiamo!- lei annuì e si mosse verso di me
barcollando, sospirai per l’ennesima volta. Accompagnare
Molly a casa mentre
era ubriaca si rivelò spassoso.
Per tutto il
tragitto la ragazza parlò di cose senza alcun
senso e rideva m fermandosi a volte contro
dei pali. La lasciai
a casa e mi incamminai verso il mio quartiere. Santa Monica era
illuminata
dalle più svariate insegne che nella notte illuminavano la
strada e il cielo
creando una specie di giorno continuo , ma dalla spiaggia, dove abitava
Molly,
a casa mia era tutto buio se non per le luci dei lampioni che
costeggiavano la
strada.
Dopo una ventina
di minuti dove avevo camminato velocemente
guardandomi sospettosamente in giro, arrivai a casa.
Le
luci erano spente
ed il silenzio avvolgeva ogni cosa, cercai di fare piano per non
svegliare
nessuno. Andai in camera mia e una volta girata la chiave nella toppa
mi
lasciai andare con un profondo sospiro, mi spogliai e misi una maglia a
righe
che avevo trovato sulla sedia poi presi le sigarette e uscii sul tetto.
Il fumo
riempì la mia gola e i nervi si rilassarono, sentii un
rumore e mi guardai in
giro. Niente. Mi girai verso la casa di Ashley e lo vidi uscire. Mi
sporsi un
po’ e lo vidi camminare avnti e indietro nel piccolo vicolo
tra le nostre case.
Tenne la sigaretta in bilico tra le labbra e rientrai in casa, misi le
scarpe e
uscii. Dovevo parlare con quel ragazzo.
Appena sbucai
nel vicolo Ashley sgranò gli occhi.
-Che ci fai
qui!?- disse quasi urlando.
- è
anche casa mia, fino a prova contraria.- risposi prima di
gettare fuori il fumo della cicca che era ormai alla fine. Mi sedetti
appoggiato al muro lui venne vicino a me, puzzava di alcool, ma aveva
anche un
profumo dolce che si mischiava all’odore pungente
dell’alcool.
-Mi hai visto
con Becky…- disse trascinando un poco le parole
come solo gli ubriachi fanno. Io feci un cenno con la testa e lui
appoggiò la
testa sulle ginocchia. –Tu sei strano, te ne freghi di quello
che dice la gente
tipo me e Ronnie. Come fai?- gli ubriachi erano sinceri no?
-L’hai
detto tu, me ne frego.- sorrisi e guardai la chioma
castana muoversi leggermente.
-L’ha
fatto di nuovo.- non capivo a cosa si stesse riferendo
ma lo lasciai parlare. –Mi ha di nuovo fatto quelle cose e io
non mi sono
difeso, non ce la faccio più...- disse a bassa voce
prendendosi la testa tra le
mani.
-Di cosa stai
parlando Ash..- lui tirò su il viso e solo in
quel momento notai l’occhio cerchiato di nero. –Chi
ti ha fatto..- allungai la
mano come per toccare quel livido scuro.
-Non sono affari
tuoi!- non mi lasciò finire la frase e alzò
la voce. Sembrava essere tornato lucido d’un tratto.
-Posso aiutarti
se me lo dici..- lui scosse la testa e io
ritentai. –Dai Ashley, chi è stato?- sorrisi e lui
mi lanciò uno sguardo, disse
un flebile “No” che io sentii a malapena poi
parlò ancora.
-Io vado. Ho
sonno.- si mise in piedi e barcollò poi si
appoggiò
al muro.
-Ti accompagno.-
sorrisi leggermente, lui andò fino alla
porta di casa seguito da me. Sgranò gli occhi appena vide la
luce accesa.
-Vattene Andy.-
mi disse, poi entrò
senza lasciarmi parlare.
Tornai nella mia
stanza e cercai di
capire che cosa aveva Ashley. L’avrei scoperto in un modo o
nell’altro. Rimasi
ancora a pensare a quell’occhio nero poi sgranai gli occhi,
avevo appena
raggiunto la soluzione. Erano i suoi genitori: la luce accesa, i litigi
e quando
scappava via. Ora avevo capito, l’avrei aiutato ad ogni costo
non mi
importavano le conseguenze.
Con questi
pensieri nella testa mi
addormentai, avrei visto Ashley domani e gliene avrei parlato.