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Autore: Tizio_Caio    13/01/2016    0 recensioni
Il racconto qui pubblicato è una storia tra l'epos e il fantasy, poichè lo stile è chiaramente epico.Narra la guerra tra il principe Airel di Alra e di Calior signore di Sirica nella terra di Airan. In seguito ho intenzione di pubblicare altri capitoli. Se la storia vi piace, fatemi sapere ;). Leggete, commentate e se avete miti o leggende di qualsiasi divinità di qualsiasi civiltà, ditemi subito, sarete ascoltati. Buona lettura :)
Genere: Fantasy, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Non-con, Tematiche delicate
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III

LE CURE DI AIREL



 
Raccolse il pesante corpo dell’amico ucciso, il prode Calior signore di Sirica, e si incamminò lungo la strada che portava alla reggia splendente. Lungo la strada vide gli altri nobili signori, pallidi e attoniti in volto: il loro sgomento fu grande quando videro il cadavere inerme del bello, del sommo Leinar. La Fama, la grande annunciatrice di ogni notizia, sia essa fausta o infausta, corse rapida di bocca in bocca. Il popolo tutto accorse lungo la strada, in modo tale da accertare quell’infausta voce purtroppo vera. Le donne si velarono il capo, gli uomini si levavano i berretti di lana in segno di lutto. Urla strazianti seguite da pianti amari riecheggiarono per le strade di una città ora accorsa in strada a salutare il suo cittadino più illustre, l’uomo più forte, l’amante più desiderato. I nobili suoi pari corsero a chiamare lo sfortunato Airel e il povero Baler loro padre. La gente, al passaggio del deceduto, esclamava accusando il siricano:
“Cane! Sia la tua stirpe maledetta in eterno, giacché uccidesti col dardo il nostro amato principe!”
I più arditi e i più boriosi gli sputavano addosso mentre le madri nascondevano i volti ai bambini per fare in modo che essi non vedessero il macabro spettacolo. Dalla folla cominciarono allora a levarsi insulti e minacce sempre più gravi e un uomo, un soldato della guardia alto più di due uomini e robusto quanto una quercia, gli si parò innanzi, sferrando un violento pugno al volto di Calior. Cadde per la prima volta il siricano, disteso a terra come un tronco appena caduto.
Il giovane si rialzò a stento, proseguendo il suo lento viaggio verso le sale della casa di Airel, sovrano di Alra. La gente intanto, presa da un furore crescente, cominciò a lapidarlo, costringendo il principe a celare il corpo del morto sotto il suo, esponendolo così al flagello delle pietre. Tale la rabbia del popolo, che i ragazzi facevano a gara nel cercare di colpirlo, scagliando via via sassi e pietre sempre più grandi. Il fresco volto subì lo sfregio del sangue e degli ematomi, così come anche il torace e la schiena furono colpite subirono lesioni gravissime. Cadde a terra una seconda volta il misero Calior, colpito da una grossa pietra alla meninge: come un tronco appena viene tagliato o come il grano appena falciato cadde il sire Calior, disteso col corpo dell’amico stretto alle sue braccia.
Ancor più a fatica si rialzò, e con la vista accecata da una parte proseguì la sua strada. Ma la gente adesso lo voleva vedere morto. Vennero a prenderlo in due dozzine, armati di pietre e bastoni, e uno di loro portava un cappio di fino canapa, lungo quanto basta per poter legarlo saldamente ad un albero. Presero il corpo dalle mani di Calior, picchiandolo a sangue, sputandogli in faccia, calciandolo sui genitali, strappandogli le vesti regali, maledicendo il suo nome.
Ma quale visione, quanto attoniti rimasero gli astanti nel sentirle, le trombe! Come un raggio che squarcia le nubi ed illumina la terra sottostante, eccolo, Airel lo splendente, accorrere in aiuto dell’amico in groppa al suo bel destriero, nero come la pece.

“Amico mio, appena in tempo!”

“Amico. Quale parola mi tocca vedere uscire dalla bocca del carnefice di mio fratello: potessero i miei occhi non assistere a tale misfatto, le mie orecchie non udire ciò che invece hanno udito, sarei più che contento di poterti chiamare anch’io così, amico. Ma adesso, mettiamo via i dissidi: ti condurrò a palazzo, dove verrai curato, e una volta che ti sarai ripreso, solo allora potremmo parlare.”

Calior fu dunque condotto alla reggia, ove fu medicato da ancelle esperte nel curare le ferite e da saggi guaritori conoscitori attenti dei segreti del corpo. Furono spalmati sulla sua pelle martoriata olii di ogni genere. Dapprima gli furono applicati impacchi di ghiaccio di montagna, aceto e sale per sgonfiare i lividi e pulire le ferite. Bende e garze di lino finissimo intinte nel vino, strette abbastanza in modo tale da far respirare le piaghe, andarono a fasciare quest’ultime, e creme a base di miele ed erbe furono spalmate sul resto del corpo.
Furono serviti cibi e vivande magre quali formaggi di capra, pani di orzo e olive, brodi di carne ed infusi alle erbe per curare anche dall’interno le ferite corporee. Il corpo del ferito venne adagiato su un comodo letto, le cui gambe erano fatte di solida quercia, e il materasso era imbottito a strati alterni di morbide piume d’oca e di foglie essiccate miste, intervallate tra di loro da stuoie in pelle di montone; comodi e morbidi guanciali fecero d’appoggio per il capo del principe mentre calde e soffici coperte di lana coprivano il suo corpo. Solo una fiaccola venne accesa, per timore di rendere l’aria della stanza calda e irrespirabile per via del fumo: al loro posto furono bruciati rametti dei più squisiti incensi, seguiti a ruota dalle foglie di menta.
Fu stabilito che tre ancelle, un medico e un sacerdote avrebbero vegliato per tutta la notte il principe Calior, mentre fuori della stanza furono poste due guardie per proteggerlo da qualsiasi pericolo. Passò così la notte il principe di Sirica, curato dagli unguenti e dalle preghiere del suo amico Airel che ciononostante diede prova di grande cura e rispetto per una persona del suo rango, ma soprattutto diede prova di aver rispettato la sacralità dell’ospite.   
 
   
 
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