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Autore: Vicarious10    15/01/2016    3 recensioni
Nell'anno 3234, il pianeta Mobius fu distrutto dall'impatto di un meteorite. I mobiani che riuscirono a salvarsi cominciarono una nuova vita sulla Terra, trovandosi però in un modo pieno di lotte per il potere. Sonic the Hedgehog, a causa dei poteri acquisiti dagli Smeraldi del Chaos, decide di rimanere per sempre nella sua forma "super" e viene visto sia dai mobiani che dagli umani come una divinità.
Dopo 100 anni, il mondo è sull'orlo di una catastrofe a causa del pesante razzismo verso i mobiani e della criminalità organizzata. Il governo continua a nascondere al popolo la verità con ogni mezzo necessario e senza alcuno scrupolo.
Un solo essere può fermare tutto questo, un mobiano creduto morto da più di un secolo.
Il suo nome è Shadow the Hedgehog.
[Questa fic è una versione aggiornata e riscritta di "Black Hedgehog"]
Genere: Avventura, Drammatico, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro Personaggio, Shadow the Hedgehog, Sonic the Hedgehog, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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The Black Hedgehog
Revolution
 
3.
Colui che dimora nelle tenebre
 
 
L’orologio digitale sul comodino segnava le 11.
Dalla finestra, la luce del Sole illuminava quella camera da letto tappezzata di poster, una stanza molto più simile a quella di un adolescente che a quella di un venticinquenne.
Il sabato mattina per Francis the Cat portava quasi sempre un’aria di tranquillità più che benvenuta. Di solito si dedicava ai propri hobby, come leggere o rivedere per l’ennesima volta uno dei suoi film preferiti. Poteva persino concedersi una passeggiata mattutina fino a Central Park, magari per ammirare il paesaggio tranquillo dei quartieri più belli o anche solo per assaporare l’aria di fine Settembre. Avrebbe potuto chiamare qualche suo vecchio amico dei tempi della scuola con cui aveva mantenuto i contatti e fare colazione insieme, ricordando i vecchi tempi in cui le cose erano più semplici e meno intricate. Quella mattina, però, in quel letto sfatto e bisognoso di un cambio di lenzuola non c’era un gatto assonnato e felice per il meritato riposo che gli avrebbe concesso il fine settimana.
Rannicchiato in posizione fetale, Francis teneva gli occhi spalancati e consumati per l’assenza di sonno. Non sentiva nulla dentro di sé oltre ad un incolmabile vuoto e ad un indomabile paura che non provava da tanto tempo. Quando era tornato lì nel bel mezzo della notte, confuso e tremante per lo shock, si era immediatamente occupato della ferita che si era procurato sulla mano sinistra, medicandola e fasciandola come gli avevano insegnato ad un corso qualche anno fa. Aveva bisogno di un doccia, ma non trovava la forza di alzarsi da quel letto e darsi alla quotidianità di un mobiano single e con delle responsabilità.
Non riusciva a smettere di pensare.
Non riusciva a togliersi dalla testa quel dannato vicolo buio. Le urla dei criminali che volevano farlo secco, il rumore di ossa spezzate, il suono della pioggia che batteva incessantemente sul terreno..
E poi, ovviamente, c’era lui.
Era sicuro che fosse un maschio, anche se non riusciva a spiegarsi il perché. Continuava a scrutare nei minimi particolari l’immagine di quell’essere, ma non riusciva a venire a capo di quell’enigma.
Chi o cosa era il suo “salvatore”?
Nessuna risposta, solo ipotesi. Nonostante lo stato semicatatonico in cui si trovava ora, Francis poté concentrarsi più a fondo per farsi una domanda apparentemente più semplice.
Quello era davvero il vigilante di cui si parlava nei bassifondi?
La strane descrizioni dei testimoni, l’ora in cui era accaduto il fatto, la rapidità, l’assenza di ogni freno inibitorio e la ferocia che lo muoveva.. tutto sembrava combaciare alla perfezione.
-Francis? Sono Jerry-
D’un tratto, la segreteria del telefono si accese in automatico, facendo partire i messaggi registrati delle chiamate a cui il gatto non voleva rispondere.
-Mi dispiace per quello che è successo. So di avertelo già detto e che forse sentirlo un’altra volta ti farà incazzare, ma sono preoccupato per te. So che vuoi stare da solo e ti capisco, ma chiamami appena senti questo messaggio. C’è ancora un posto qui per te al New Frontier-
Quella voce piena di rammarico e di pentimento spezzo il cuore di Funky. Aveva avuto quello sfogo così violento e non si era accorto di ciò che aveva suscitato al suo datore di lavoro. Era fortunato a lavorare per uno così, perché probabilmente altrove lo avrebbero preso a calci in culo per poi buttarlo in strada. In quel momento, però, Francis non volle avere nessun contatto con Jerry. Più in là gli avrebbe spiegato tutto, ma ora non trovava nemmeno le parole per esprimere ciò che provava.
Intorpidito e freddo com’era, il gatto grigio si alzò dal letto, lasciando che i suoi piedi nudi toccassero il pavimento ghiacciato. La schiena gli doleva più della mano ferita, mentre la testa gli pesava a causa dell’ubriacatura del giorno precedente. Mentre la sua coda sembrò riprendersi da tutte quelle ore passate a stare fermo, il gatto si massaggiò la fronte non appena il mal di testa si fece più forte. Gli tornò in mente qualcosa che prima sembrava aver dato per scontato.
Riportò la sua mente al momento in cui non c’era più luce nel vicolo. Rivisse tutto nei minimi dettagli dentro di sé, concentrandosi sul lampo che aveva illuminato la zona. Nascosti da quello che sembrava un mantello, c’era delle ciocche di..
No, non erano capelli.
Supponendo per un attimo che quello fosse lo stesso vigilante che da decenni se ne andava in giro indisturbato per le strade di notte, Francis tentò di fare mente locale.
Era alto quanto lui, quindi circa 1 m e una decina di centimetri.
Le ciocche che aveva visto di sfuggita sembravano essere aculei tremendamente appuntiti.
Se tutte queste cose erano vere, allora la soluzione era una soltanto.
Di colpo, Francis ripensò a quello che Vicky gli aveva detto l’altro giorno.
Chi ti dice che sia un uomo? E se fosse un..
-Un mobiano!- esclamò il giornalista senza neanche accorgersene.
Che tipo di mobiano aveva gli aculei?
Domanda stupida con molteplici risposte.
 
Per un attimo, Francis rimase sbalordito dall’incredibile ironia della sorte.
Aveva disprezzato la storia del vigilante fin dall’inizio, stroncando sul nascere ogni versione sovrannaturale del “mito”. Era sicuro che non ci fosse niente di vero nei numerosi racconti dei criminali malmenati violentemente nel corso del tempo, eppure eccolo lì, per strada, dubbioso e impaurito come mai prima di allora mentre si apprestava a raggiungere un Internet Point, un locale tra Cicero e la 54esima dove si poteva usufruire di una connessione di gran qualità ad un buon prezzo. Inizialmente era riluttante all’idea di avventurarsi fuori di casa, ma l’aria aperta e la visione dei marciapiedi pullulanti di persone gli avrebbero sicuramente evitato una chiusura totale in sé stesso ed eventuali sintomi di pazzia e paranoia, cose che cominciavano a manifestarsi. Aveva indossato un cappotto verde scuro più pesante della solita giacca a vento che indossava, siccome quest’ultima era fradicia e sporca a causa della brutta nottata che aveva passato. Curvo e con lo sguardo assente, il gatto divorò in un sol boccone un hot dog che aveva comprato per non morire di fame.
Non sapeva esattamente cosa cercare, ma l’immensa rete del web lo avrebbe potuto aiutare di più rispetto al semplice farneticare a caso su una possibile spiegazione all’esistenza di quella cosa, ammesso che fosse veramente il vigilante su cui doveva scrivere e che fosse davvero un mobiano.
Era così scosso dalla cosa che, per strada, temeva che chiunque lo avesse salvato lo stesse seguendo in quel momento. Magari era nascosto sui tetti dei palazzi circostanti ad aspettare che Francis fosse solo.
Magari, quando la notte sarebbe calata del tutto, sarebbe planato su di lui e lo avrebbe..
Ma che cazzo sto dicendo?” pensò il gatto ritornando alla realtà.
Entrato finalmente nel locale, vide al bancone una figura amica, la prima di quel giorno. Era un ragazzo poco più grande di lui, dai capelli biondi e con un leggero pizzetto ben curato. Stava seduto lì a leggere svogliatamente una rivista di informatica, mentre i numerosi computer di penultima generazione stavano lì desiderosi di essere usati.
-Hollis?- chiese Francis avvicinandosi al bancone.
Il ragazzo alzò lo sguardo, sorridendo non appena incrociò quello di Francis.
-Funky! Che sorpresa!- esclamò l’umano alzandosi dalla sedia.
Uscito dal bancone, Hollis Kubert si avvicinò al gatto per abbassarsi e abbracciarlo affettuosamente. Fu un gesto troppo improvviso per il mobiano, soprattutto per via dei suoi nervi al limite della sopportazione. Nonostante la situazione non fosse delle migliori, Francis fu contento di rivedere il suo vecchio compagno di stanza dei tempi dell’università. Mentre lui studiava lettere, Hollis frequentava la facoltà di ingegneria.
-Mio dio, ne è passato di tempo!- commentò il ragazzo tornando dietro il bancone.
-Puoi dirlo forte- aggiunse Francis sorridendo -Cosa ci fai qui? Credevo che ormai vivessi a New Miami-
-Eh, sai, la Florida non sarà mai bella quanto questa città. Sono tornato per riflettere un po’, magari per trovarmi un altro lavoro. Nel frattempo ho trovato questo, anche se non è il massimo. La paga però è una consolazione- disse Hollis mettendo la rivista dentro un cassetto del largo bancone -Tu invece? So che lavori per il New Frontier! Ti ho visto al Thurdsay Night Talking, mi è preso un colpo quando ho capito che eri tu!-
-Meglio non parlarne, Hollis- rispose il gatto -Mi stanno facendo passare i guai per quella storia-
I due cominciarono a parlare delle loro vite negli ultimi tempi, ma dopo un po’ Francis volle concludere quell’imprevista rimpatriata. Non riusciva a staccarsi per un attimo dalle sue ricerche, aveva bisogno di informazioni il più presto possibile.
-Sicuro di stare bene, Funky?- chiese ad un certo punto l’umano -Mi sembri un po’.. scosso-
-Oh, non preoccuparti. Sono solo stressato per il lavoro. Ho un sacco di cose da fare per lunedì.. e negli ultimi giorni non ho fatto altro che oziare a casa mia- rispose Francis cercando di sembrare il meno sgarbato possibile.
-Ah, ti capisco sai? Qui è un bel casino. Ci sono un sacco di computer liberi comunque, mettiti dove vuoi- disse Hollis facendo un occhiolino.
Dopo essersi congedato, il giornalista si avviò verso il fondo della grande sala, facendosi strada tra quella moltitudine di scrivanie, fili e computer. Si sedette nella zona più isolata, lontano dagli altri clienti quanto bastava per stare tranquillo.
Accese il computer, un modello un po’ diverso dal suo ma con lo stesso sistema operativo, e avviò il motore di ricerca. Non sapeva esattamente cosa cercare, si limitò a digitare le parole Neo Crisis City e vigilante. Uscirono tanti risultati, di cui solo una manciata sembravano essere utili o almeno  inerenti alla questione. Aprì il primo link, trovandosi un resoconto sulla “leggenda” scritta sicuramente da un deficiente che non aggiungeva niente di più a quello che conosceva già. Anzi, forniva alcune delle teorie più gettonate dai soliti creduloni, tirando in ballo cose come il vampirismo o i licantropi. Gli altri risultati erano articoli di giornali online sul ritrovamento di qualche teppista con un po’ di ossa rotte e nient’altro.
In una di queste, però, si aprì un annuncio riguardante un'altra pagina esterna.
Antiche leggende e famosi eroi di Mobius era il titolo.
Inizialmente Francis fece per ignorare quel link, ma si convinse a farvi visita poiché mosso dalla curiosità. Si aprì una pagina che mostrava alcune immagini dei luoghi più famosi di Mobius. C’erano Echidnapolis, Angel Island, Green Hill, Mobotropolis e tante altre. Scorrendo più in basso, il gatto trovò una foto che ricopriva gran parte dello spazio. Un gruppo di mobiani, tutti sorridenti e con gli occhi rivolti verso l’obbiettivo. Tra questi, Francis riconobbe fin da subito colui che stava esattamente al centro dell’immagine. Era giovane, con gli occhi verde smeraldo e una pelliccia blu. Il modello sportivo delle sue scarpe rosse lasciavano intuire il suo amore per la velocità, mentre gli aculei appuntiti che incorniciavano il suo volto sprezzante e fiero scaturivano un senso di libertà.
Sonic the Hedgehog, questo era il suo nome.
In quel momento, Francis si sentì schiacciato dal peso della storia.. della sua storia. Il passato dei mobiani, le radici della sua gente e della loro antichissima cultura. Un senso di tristezza lo assalì, ricordandosi che, da bambino, avrebbe dato di tutto per visitare Mobius. Crescendo, si era reso conto che era impossibile, così come lo era tornare indietro per lui e per tutti i suoi simili.
Quel pianeta non esisteva più. Lì dove avrebbe dovuto esserci vi era ormai uno spazio vuoto in quel grande quadro che era l’universo.
Accanto al riccio blu più famoso del mondo, l’unico sopravvissuto all’esplosione di  Mobius nonché l’unico essere ormai così potente da sollevare una montagna con una mano, vi erano altre persone. Alcuni li riconobbe perché se ne parlava ancora tra i mobiani, altri invece non li aveva mai visti in vita sua.
C’erano una ragazza riccio di colore rosa, Amy Rose, un’echidna rossa, Knuckels the Echidna, e tanti altri fino ad un’avvenente ragazza pipistrello che, se la memoria di Francis non lo ingannava in quel momento, doveva chiamarsi Rouge. Il gatto, però, notò qualcosa di strano in quell’immagine.
La foto finiva proprio dopo la figura del pipistrello, ma sembrava essere stata modificata poiché, poco prima del margine, si poteva vedere un braccio di colore nero.
Il “possessore” di quel braccio non era una personalità famosa probabilmente, ma Francis non si convinse del tutto di quel pensiero. Copiò l’immagine e la inserì nel motore di ricerca che stava usando, sperando di poter trovare quell’immagine tutta intera nel vasto mondo di internet.
Cliccò su “start” e gli si aprirono di fronte ai suoi occhi una grande quantità di immagini, del tutto identiche a quella che aveva già trovato. Tra le tante miniature, Francis si bloccò quando ne vide una che sembrava più grande delle altre. Vi ci puntò il cursore e cliccò, lasciando che la foto apparisse nella sua naturale grandezza occupando lo schermo.
Questa volta l’immagine mostrava qualcuno accanto a Rouge. Un riccio nero, ma con delle striature rosse su tutto il corpo, più evidenti soprattutto sulla testa. Al contrario degli altri, le sue scarpe sembravano essere di metallo e ricordavano dei piccoli ma potenti razzi. Sui polsi e sulle caviglie vi erano degli strani anelli dorati, mentre sul petto vi era una folta pelliccia bianca che, seppur piccola, creava contrasto con quel nero scuro. Gli aculei erano appuntiti e rigidi, abbastanza simili a quelli di Sonic, ma il suo volto aveva un espressione totalmente diversa.
Composto, severo, fiero.. il suo sguardo cupo sembrava esternare un potere superiore rispetto a tutto il resto. I suoi occhi erano di rosso scarlatto intenso, abissale.
Francis sgranò gli occhi, mentre il mal di testa tornò a farsi sentire più violento di prima.
Era lui.
Avrebbe riconosciuto quegli occhi dovunque ormai, perciò non si sentiva di azzardare troppo quando affermò che il riccio nella foto dall’insolito colore nero scuro era lo stesso che lo aveva salvato ieri notte. Preso da un brivido, il gatto sobbalzò dalla sedia per lo spavento, ritornando subito composto per paura che qualcuno lì lo avesse notato. Si guardò intorno per assicurarsi di non aver attirato l’attenzione di nessuno per poi tornare a fissare impallidito quella vecchissima fotografia. La sua parte razionale, quella che dominava quasi sempre incontrastata nelle sue scelte, gli diede dell’imbecille per essersi spaventato in quel modo.
Quella foto era datata 3229 secondo il calendario mobiano, ovvero il 2012 secondo quello umano, cioè poco più di un secolo fa. Non era possibile che quel riccio fosse sopravvissuto alla distruzione di Mobius e anche se ci fosse riuscito sarebbe comunque morto di vecchiaia. Francis però rimase comunque troppo curioso di sapere chi fosse quel mobiano dall’aria così severa e cupa, anche perché non era la prima volta che vedeva un riccio simile in vita sua. Chiuse l’immagine e tornò ad usare il motore di ricerca, digitando Altri eroi di Mobius. I risultati furono ovviamente tantissimi, così Francis dovette scegliere automaticamente il primo link. Si ritrovò una lunga lista di nomi mobiani, alcuni erano gli eroi che conosceva già, mentre altri ancora dovevano essere delle personalità influenti della società dell’epoca. Scorrendo la lista, trovò una sottosezione con su scritto Agenti G.U.N.
Rimase perplesso all’inizio, ma poi si ricordò che l’omonima organizzazione mondiale che conosceva già era una specie di “omaggio” alla precedente, attiva sia su Mobius che sulla Terra, ovviamente con soldati, agenti e amministrazioni diverse. Tornò alla lista, trovandovi il nome Rouge the Bat, l’affascinante pipistrello che aveva visto nella foto.
Sotto il suo, vi era scritto il nome “Shadow the Hedgehog”.
Francis si bloccò.
 
Shadow the Hedgehog.
 
Il giornalista aveva già sentito questo nome molte altre volte. Si massaggiò le tempie e chiuse gli occhi, cercando stupidamente di ricordarsi dove diamine l’avesse già sentito. Di colpo la sua mente lo riportò a quando aveva dodici anni, ricordandosi di Fieldy.
Prima ancora che quel pipistrello cominciasse la sua forte e drammatica dipendenza dal toxin, i due mobiani erano soliti leggere fumetti ogni giorno. Fieldy sapeva persino disegnare molto bene, per questo sperava  di poter lavorare per qualche casa editrice, o magari come illustratore. Le cose andarono diversamente da come entrambi speravano, ma Francis non si soffermò in quel momento sulla parte triste della storia. Durante una giornata estiva, il pipistrello aveva raggiunto Francis e gli altri del loro gruppo con un nuovo disegno. Il nome del personaggio che aveva ritratto era proprio Shadow the Hedgehog!
Non ricordava molto del disegno, Francis riuscì a far riaffiorare solo una parte dell’accaduto. Decise quindi di cliccare su quel nome, anche se con titubanza. Ad una prima occhiata, il gatto dovette riconoscere che i gestori di quel sito avevano fatto un lavoro più che eccellente. Si aprì un documento di tre pagine, con un'unica foto che ritraeva lo stesso riccio nero che Francis aveva scambiato per il suo salvatore. Stessa cupa espressione del volto, ma con le braccia incrociate e lo sguardo fisso verso un punto non precisato.
Sotto il titolo principale, ovvero il suo nome, vi era un sottotitolo che recitava “La Forma di Vita Definitiva”.
-Chi diavolo eri?- sussurrò Francis assorto nella lettura.
L’articolo cominciava spiegando che la figura di questo Shadow rimaneva una delle poche ad essere avvolte nel mistero ancora oggi. Il gatto lesse i nomi di Gerald Robotnik, uno dei più illustri scienziati del mondo e di sua nipote Maria. L’umano conduceva degli esperimenti sulla Colonia Spaziale ARK, e fin qui Francis riuscì a seguire, ma quando il racconto mostrò l’orrendo fatto di sangue avvenuto in quel luogo, il gatto dovette fermarsi un attimo per il disgusto.
Una bambina.. una semplice bambina malata che venne crivellata dai proiettili dei soldati G.U.N.
Troppo orribile e troppo perverso, anche per gli standard delle squadre d’assalto militari. Ci volle molta fatica per non pensare ad una cosa così deplorevole, ma Francis, ripreso il racconto, rimase ulteriormente shockato quando lesse della nascita del riccio nero.
Egli non era nato come tutti gli altri, ma bensì era stato creato in un laboratorio nella ARK. Un essere artificiale dotato di poteri fuori dalla portata di chiunque. Come Gerald Robotnik era riuscito a farlo era un mistero.
La storia continuava raccontando della comparsa di Shadow e della sue prime imprese come aiutante del Dottor Eggman.
-Eggman?- ripeté perplesso Francis.
Conosceva quel nome e sapeva bene che razza di criminale era stato, per questo il giornalista rimase incredulo a quella notizia. Continuando a leggere, però, Francis ebbe modo di scoprire la redenzione della Forma di Vita Definitiva e del suo ruolo nel salvataggio della Terra insieme a Sonic e ai suoi amici. Quella era stata la prima volta che i mobiani avevano varcato il territorio terrestre. Qualche anno più tardi, Shadow riuscì a sventare un invasione aliena da parte delle Black Arms, una specie ostile che voleva prendere il controllo del pianeta Terra. Dopo l’accaduto, il riccio nero era stato assoldato dalla G.U.N. come agente speciale, formando una squadra denominata Team Dark. Oltre a lui vi erano la già citata Rouge the Bat e un robot chiamato Omega E-123, ultimo storico modello creato da Eggman ma successivamente rivoltatosi contro di lui.
Francis, ormai totalmente catturato dalla storia, continuò a leggere indisturbato fino ad arrivare alla fine del racconto, scoprendo qualcosa che lo lasciò pietrificato. Shadow the Hedgehog, al contrario di tutti gli altri eroi, era morto cinque anni prima che il pianeta venisse distrutto. Non veniva spiegata la causa della sua morte, l’articola diceva soltanto che perse la vita in una missione per conto della G.U.N.
 
Il suo ultimo atto eroico fu quello di salvare la vita di 57 bambini in una scuola.
 
Fine della storia, oltre non c’era più nulla.
Francis si tirò indietro e rimase in silenzio. Non sapeva bene il perché, ma leggere ciò che ancora si sapeva su questo Shadow lo aveva lasciato incredibilmente vuoto. Diede un’ultima occhiata all’articolo, trovandovi una lista dei già citati poteri.
Manipolazione del Chaos Control e derivati;
Forza e agilità sovraumane;
Supervelocità tramite le scarpe-razzo;
Prima di leggere l’ultimo punto della lista, il gatto grigio sgranò gli occhi e ci rifletté  un attimo.
Cosa poteva uccidere uno del genere?
Forse non sarà stato il più forte di tutti considerando che nemmeno lui era riuscito ad evitare la morte, ma bisognava davvero mettercela tutta per togliere la vita ad un tipo soprannominato “Forma di Vita Definitiva”.
L’ultimo punto della lista fu il colpo di grazia per Funky.
Virtualmente immortale.
Ciò significava che se non fosse stato ucciso un secolo fa, Shadow the Hedgehog sarebbe ancora vivo!
-Incredibile..- sussurrò Francis.
Era l’arma letale per eccellenza, il soldato perfetto, il guerriero più temibile che non sarebbe mai invecchiato. Per sempre giovane ed eternamente potente..
La mente del gatto cominciò a prendere in considerazione una teoria. Era fantasiosa, assurda e ridicola persino per lui.. ma valeva la pena di pensarci anche solo per un attimo.
Che prove aveva al momento riguardo l’effettiva morte di questo riccio accaduta un secolo fa?
E se il vigilante di Neo Crisis City fosse..
“Troppo lontano, Funky.. sei un idiota” pensò Francis spegnendo il computer- Si alzò dalla sua postazione con fare stanco. L’assenza di sonno cominciava a farsi sentire.
“Non hai più otto anni. Queste cazzate lasciale ai bambini”
Si avviò verso il bancone, trovandovi Hollis ancora intento a leggere la sua rivista.
-Hai trovato quello che cercavi?- gli chiese l’umano quando lo vide arrivare.
-No, credo che dovrò consultare gli archivi del mio ufficio-
Grandissima balla. Non c’era niente negli archivi del New Frontier al riguardo, ma non trovò un’altra scusa che reggesse in quel momento.
Francis tirò fuori otto dollari per pagare la sua permanenza, poi si avviò sconsolato verso l’uscita.
-Potremmo vederci in questi giorni, che ne dici?- gli chiese Hollis prima di salutarlo.
-Appena ho un po’ di tempo libero ti chiamo- rispose Funky cercando di essere convincente.
Prima che posasse la sua mano destra sulla maniglia della porta d’uscita, il gatto grigio si rivolse un’ultima volta verso il suo vecchio compagno di stanza.
-Hollis.. tu l’hai mai visto un riccio nero?-
Il ragazzo rimase perplesso a quella domanda.
-Intendi uno di quelli tinti? Tipo neopunk o robe del genere?- chiese Hollis.
-No, non tinti. Un riccio il cui colore naturale è proprio il nero- specificò Francis.
L’umano ci pensò un attimo, cercando di ricordarsi se ne avesse davvero mai visto uno.
-Veramente.. no- rispose infine Hollis -Ad essere sincero, non credo nemmeno che esiste un riccio con un colore così scuro. Ne ho visti tanti, ma mai neri-
-Fa niente.. grazie lo stesso-
Prima che Hollis potesse chiedere spiegazioni, Francis si era già congedato per tornare a camminare da solo in strada. Ormai era ora di pranzo, ma la fame non era il problema principale al momento. Il gatto era stato così preso da quelle assurde ricerche senza senso da non aver più pensato a ciò che sarebbe successo domenica a mezzanotte.
Il peso della criminalità organizzata tornò a tormentarlo come sempre, ritrovando quel senso di impotenza e debolezza che lo aveva quasi portato alla pazzia la sera precedente.
Che senso aveva vivere in un mondo così?
Passava il tempo, cambiavano le usanze e le culture, ma la domanda era sempre quella. Come si poteva rimanere puliti in un mondo così spietato, così crudele?
Era tutto così freddo.
Il cielo sopra la città era nuvoloso, probabilmente avrebbe piovuto anche quel giorno. Mentre si accingeva ad accendersi la prima sigaretta della giornata, Francis rivolse lo sguardo in avanti, camminando in una piccola via che conduceva al palazzo  più grande della metropoli. Un tempo quello era l’Empire State Building, ma quando venne ricostruito dopo i bombardamenti la sua struttura, così come quello che conteneva all’interno, cambiò radicalmente. Al contrario di tutti gli altri edifici, il palazzo in questione sembrava un enorme blocco di metallo e circuiti. Non c’erano finestra che potessero mostrare un piccolo squarcio visto che l’aria veniva filtrata all’interno con degli speciali macchinari. L’unica entrata era un portone d’acciaio inossidabile posto sopra una piccola scalinata. Quelli che ne entravano o ne uscivano erano persone che non si confondevano mai tra la folla. Su tutte le fiancate vi era un unico e grande logo.
Quello della G.U.N.
Intorno all’edificio vi era una piccola piazza con cespugli ed alberi ben curati da netturbini e giardinieri ogni settimana. La gente non sostava mai lì perché era vietato, per questo Francis si mantenne a debita distanza per non avere guai. Ogni città degli Stati Uniti presentava lo stesso edificio, usato come collegamento per la sede centrale dell’organizzazione a Washington D.C. . C’è ne erano alcuni anche negli altri continenti, ma solo nelle capitali come Londra, Roma, Parigi, Vienna e così via.
Francis, così come tutti gli altri civili, non sapeva il perché della presenza di quelle costruzioni. Erano lì e basta, non avevano alcun diritto di farsi domande. Dopotutto, G.U.N. era e doveva essere assolutamente un segreto per chiunque non fosse ai piani alti del governo, al contrario della sua omonima precedente. Avevano il potere, ma perché non facevano nulla per contrastare il crimine? Perché nessuno di quei dannati soldati usciva da lì e ripuliva le strade dalla feccia più violenta e aggressiva?
Nessuna risposta, solo il silenzio della strada.
Il gatto grigio stava per incamminarsi di nuovo, ma una voce lontana attirò la sua attenzione. Sul marciapiede di fronte ai vari negozi, un vecchio uomo isolato dalla folla sbraitava contro la gente che passava. Nessuno osava avvicinarsi a lui, temevano troppo per la propria incolumità.
-I mari diverranno rossi e la terra diverrà arida! Nessuno potrà sfuggire alla punizione!-
Era barbuto e vestito di qualche vecchio straccio come tutti i disperati della città, ma nei suoi occhi vi era una scintilla di rabbia e disperazione.
-I nostri peccati sono troppi e non saranno perdonati! L’omicidio, l’adulterio, l’avarizia, la corruzione.. ci porteranno tutti di fronte al grande giudizio! Siamo tutti peccatori agli occhi del Creatore, non c’è più salvezza per noi! Il diluvio ci sommergerà e nessuno ci salverà, solo i più puri potranno sopravvivere! Chi sarà degno saprà nuotare nel sangue dei suoi fratelli, gli altri saranno solo corpi senza nome e senza storia!-
Francis odiava quei predicatori da strapazzo. Esaltati e violenti, non c’era modo di poter avere un vero dialogo con loro. In quel momento, però, il giornalista rimase lì a sentirlo mentre tutto il mondo andava avanti e se ne fregava.
-Quando i peccatori saranno puniti e torturati tra le braccia di Lucifero, l’angelo più potente del cielo scenderà su queste terre. Il suo manto dorato ci permetterà di riconoscerlo, così i degni potranno essere accolti e portati nella Terra Promessa! Pentitevi ora, prima che sia troppo tardi, solo così potrete salvarvi!-
Francis deglutì.
 
L’angelo più potente del cielo
 
Anche chi passava e faceva finta di non ascoltare aveva capito a chi si riferisse quel vecchio pazzo. L’animo del gatto si rabbuiò, decidendo finalmente di allontanarsi da quelle fandonie maniacali. In cuor suo si spense quell’ultimo barlume di speranza che gli aveva permesso di andare avanti in tutti quegli anni.
La voce cavernosa e rovinata del predicatore gli arrivò di nuovo all’orecchie.
-Pentitevi!-
Sta volta fece finta di non averlo sentito. Per lui la giornata sarebbe finita in quel momento, poiché si sentiva più che convinto di tornare a casa e di non uscirne più. Avrebbe trovato il modo di non pensare a quell’orrore. Magari avrebbe potuto guardare un film o ascoltare un vecchio vinile, ma sapeva che niente lo avrebbe portato via da quella realtà. Prima che potesse imboccare una delle numerose strade che lo circondavano, il giornalista sentì squillare il proprio cellulare. Lo usava solo per lavoro, difatti era un modello utile solo per le chiamate. Osservò il display, notando che il numero del mittente gli era familiare.
-Pronto?- disse Funky dopo aver risposto con titubanza.
-Ehi balordo, indovina chi sono!- esclamò una voce femminile dall’altro capo del telefono.
Vicky?” pensò il gatto.
-Non è un buon momento, Vicky-
-Si che lo è- lo interruppe la ragazza scoiattolo -Sono stata con mia  madre e mia zia. Siamo andate a fare un giro fuori città, abbiamo fatto un po’ di shopping-
-Vicky, mi fa piacere per te, ma sono serio- protestò deciso il giornalista -Non è davvero un buon momento-
-Stai ancora lavorando alla storia del vigilante?-
Quella domanda lasciò perplesso quel gatto ormai sull’orlo del baratro.
-Beh.. ad essere sincero me ne ero totalmente dimenticato-
Francis mentì spudoratamente. D’altronde, cosa mai poteva dire alla ragazzina che aveva visto crescere? Raccontargli di essere stato lo “spettatore” di qualcosa che fino a ieri credeva soltanto essere una stupida e vecchia leggenda urbana era da evitare, perciò decise che fare il finto tonto era un buon modo per lasciarsi quello schifo alle spalle.
-Allora ti farà piacere sentire che ho parlato con mia madre. Ricordi? Lei dice di averlo visto quand’era bambina-
Bloccatosi di colpo, Francis rimase a bocca aperta. Si era totalmente dimenticato di quel particolare. Ragionandoci meglio avrebbe considerato quella “testimonianza” come non attendibile, ma la sua mente in quel momento non riuscì a formulare un ragionamento veramente sensato. Stava accadendo tutto troppo in fretta.
-Ehi, ci sei ancora?- chiese Vicky.
-Si si!- esclamò il gatto -Dicevi?-
-Ti dicevo che mia madre mi ha raccontato di quando l’ha visto- cominciò la voce proveniente dal telefono -Aveva qualcosa come undici o dodici anni. Aveva litigato con mio nonno, per questo era scappata di casa durante la notte..-
Nella mente di Francis, il racconto cominciò a materializzarsi fino a diventare qualcosa di tangibile, come un vecchio film noir o uno di quei racconti del mistero che adorava leggere da bambino. Vide la madre di Vicky, Martha, ritornata all’età della preadolescenza, mentre camminava da sola e impaurita nella Neo Crisis City di trent’anni fa, ovvero l’anno 2087.
Si immaginò il freddo che mordeva la pelle della piccola mobiana, la sensazione di vuoto che provava nell’essere scappata via dalla sua stessa casa e la paura che l’attanagliava nel camminare nel buio alla ricerca di un luogo provvisorio dove poter sentirsi temporaneamente al sicuro.
Immaginò il suo cuore mentre cominciava a battere più forte del normale quando udì un rumore provenire dall’alto. Si sentiva più grande per la sua età, quella giovane Martha the Squirrel, per questo si convinse che quei sussurri erano solo il rumore del vento che sbatteva contro le finestre. Era troppo tardi perché qualcuno si avventurasse per quella strada di notte, sicuramente la bambina sapeva anche che i criminali non bazzicavano mai lì.
Stavolta il rumore si fece più forte e la bambina si lasciò prendere dai brividi.
La piccola mobiana alzò di scatto la testa, notando immediatamente qualcosa sul tetto dell’edificio alla sua sinistra. Si aspettava di trovare qualche pipistrello notturno appollaiato a testa in giù, ma c’era qualcosa che oscillava lì.. ed era più grande.
Si, era decisamente più grande per essere un piccolo animale.
Una figura nera che sembrava entrata in simbiosi con quella costruzione stava accovacciata all’estremità del tetto. Era troppo lontano da lei per poterla descrivere, per questo Martha si convinse a forza che era solo un illusione ottica provocata dal buio.
Francis immaginò i suoi occhi animarsi dal terrore quando vide quella strana figura muoversi.
-.. scappò via. Era così spaventata che ritornò immediatamente a casa. Alla fine credo che avesse fatto pace con il nonno-
Impietrito dalla storia che aveva sentito, Francis ebbe uno strano presentimento.
La madre di Vicky non era stata salvata da un vigilante, l’aveva semplicemente visto sulla cima di una palazzo, magari di due o tre piani. Era solo un intuizione quella, ma il gatto non aveva nessuna carta da poter giocare in quel momento.
-Ehi, vuoi rispondermi si o no? Sono stata brava come “fonte”?-
La ragazza scoiattolo scherzava, poiché anche lei era scettica riguardo la storia di sua madre. Francis ormai non l’ascoltava più, era troppo indeciso su quello che avrebbe dovuto fare.
-Vicky.. tua madre si ricorda l’indirizzo di quel palazzo?-
 
Era una cosa da pazzi. Da ogni prospettiva, sotto ogni ragionamento logico, quella era una grandissima stronzata da fare. Seguire una pista che aveva come base il racconto di una bambina di trent’anni fa significava toccare il fondo per un giornalista.
Non ho niente di meglio da fare” non era una scusa valida, nemmeno in quel momento. Non si azzardò nemmeno a pensarlo, visto che la parte disperata che c’era in lui stava comandando le sue azioni. Per questo era lì, nella famosa quanto isolata Evergreen Street.
Un piccola stradina sperduta poco lontana dai bassifondi e dal degrado di Red Hook, molto conosciuta per la sua rilevanza storica. Dopo che le bombe cessarono di distruggere Manhattan, i palazzi di quella stradina erano gli unici ad essere rimasti miracolosamente in piedi anche se in uno stato abbastanza pietoso. Vennero restaurati, ritornando ad essere gli stessi identici palazzi costruiti all’inizio del ventunesimo secolo. Alcuni era stati affittati dai discendenti dei vecchi residenti, altri ancora erano disabitati, ma comunque erano soggetti a controlli più che scrupolosi ogni mese. I malviventi non si facevano mai vedere lì, forse a causa della mancanza di negozi, locali o attività di qualunque tipo. Era solo un posto noioso dove non si fermava mai nessuno, come se fosse una minuscola città fantasma dentro una delle metropoli più grandi degli Stati Uniti.
Una piccola Silent Hill o una Twin Peaks senza niente di importante.
Palazzi di quattro o al massimo sei piani, costruiti con vecchi mattoni e dipinti di colori spenti e rovinati dal tempo come il marrone chiaro o il bianco; questo era quello che circondava Francis. Il rumore del traffico, il mormorio della gente e tutto il resto erano una realtà che non riguardava minimamente quella piccola strada. Il progresso tecnologico la circondava come un grizzly farebbe con un ghiottone, una preda piccola che avrebbe combattuto con le unghie e con i denti pur di mantenere il suo posto nel mondo.
Funky non trovò un paragone più azzeccato di quello.
Scrutava quelle vecchie costruzioni in ogni piccolo dettaglio mentre camminava a passo lento sul marciapiede. Intorno a lui non c’era nessuno, cosa che gli fece riflettere sulle sue azioni oltre che a mettergli i brividi. Inizialmente non ci aveva fatto caso più del dovuto, ma vi era un piccolo palazzo il cui tetto era diverso dagli altri.
Circondato da un piccolissimo rettangolo di terreno arido che un tempo doveva essere stato un giardino vi era una palazzina di tre piani il cui tetto era a punta. All’estremità di questo, elevato sopra sei piccole finestre ve ne era una circolare il cui vetro era coperto da una fitta polvere.
Non sembrava messa malissimo, anzi, sembrava che qualcuno curasse quella costruzione con un po’ più di riserbo. Se a farlo fossero i netturbini pagati dal sindaco o qualche residente non era importante per il gatto grigio. Stando a quello che era il racconto di Martha the Squirrel, il giornalista presunse che la casa su cui la mobiana aveva “visto” quella figura nera e difficile da identificare non doveva essere più alta di quella.
Era un pazzia, ma entrarvi fu l’unico modo per mettere fine a quella storia.
Continuava ancora a chiedersi il perché della sua presenza lì, ma non voleva rispondere alle domande che si poneva da solo. Il suo spirito indagatore forgiato dai mille racconti che divorava da bambino e che l’avevano aiutato all’inizio della sua carriera aveva prevalso vittorioso, vincendo addirittura sulla ragione e sulla paura. Non vi era un campanello o un citofono, così Francis fu costretto a bussare. Non sapeva se c’era o meno qualcuno all’interno, così diede tre piccoli colpi secchi per poi aspettare in silenzio e con le orecchie ben aperte.
Passò qualche secondo prima di udire un rumore di passi.
Fu preso da un brivido fino alla punta della coda quando sentì la serratura scattare dall’interno.
Un vecchio uomo comparve sulla soglia, vestito di un maglione rosso scuro e con dei pantaloni rattoppati oltre l’inverosimile. Poteva avere sessanta o sessantacinque anni al massimo per Francis.
Gli occhi verdi dell’umano guardavano il mobiano letteralmente dall’alto verso il basso vista la sua altezza. I suoi capelli brizzolati ormai bianchi incorniciavano quello che era all’apparenza un volto sereno e percorso dagli anni.
-Desidera qualcosa?-
Il suo tono era gentile, per non dire quasi amichevole. Francis non fu tanto convinto di cominciare a sparare cazzate.
-Scusi il disturbo, mi chiamo Nathan the Cat. Lavoro per il Modern Mobian e sto scrivendo un articolo sulle case di Evergreen Street- cominciò il gatto -Lei è il custode di questo palazzo?-
L’uomo fu piuttosto titubante nel rispondere.
-Veramente si, ma nessuno mi ha avvisato della sua visita- rispose l’umano poco convinto.
-In ufficio abbiamo avuto dei problemi in questi giorni. Ci scusi se non l’abbiamo avvertita in tempo, signor..-
-Jeremy- rispose l’uomo per completare la frase di Funky -Mi chiamo Jeremy-
-Jeremy, certo..- ripeté il gatto -Volevo chiederle se conosce qualcuno qui in grado di darmi qualche informazione per il mio articolo-
Francis non notò nulla di sospetto nell’anziano signore che gli stava di fronte. L’unica cosa che dovette ammettere era che aveva un fisico abbastanza curato per la sua età. Magro e con la schiena dritta, l’esatto opposto di un qualunque umano sulla via della terza età nella media.
-Vivo qui da trentacinque anni- cominciò Jeremy -Credo di essere il più vecchio qui, se non l’unico custode. Credo che tutte le altre case che vede siano state affittate per qualche famiglia senza tetto già da un po’. Se vuole, quindi, posso darle io qualche dritta-
Un lampadina si accese nella testa di Francis.
Non poté fare altro che accettare l’invito di quell’umano così gentile.
-Entri pure- disse l’uomo facendogli spazio per poter farlo passare.
Il gatto grigio si trovò in quello che era il pianterreno del palazzo. Era stato arredato con un paio di divani, una poltrona, qualche mensola adibita a reggere una moltitudine di libri e una piccola cucina munita anche di lavandino e scomparti per i piatti e per tutte le altre stoviglie. Le pareti erano sul marroncino chiaro, piuttosto pulite nonostante qualche macchia qua e là. Un tavolino da caffè separava il divano dalla poltrona, mentre un vecchio televisore era posto sopra un comodino con dentro un antiquato lettore VHS e una moltitudine di cassette.
-Si sieda pure sul divano- gli aveva detto Jeremy -Avevo appena messo a fare il caffè, ne vuole un po’?-
-Grazie, ne avrei davvero bisogno- accettò Francis guardandosi intorno.
Il giornalista notò la rampa di scale che conduceva ai piani successivi e, accanto all’inizio dei gradini, l’entrata per l’ascensore, un modello di vecchio stampo arrugginito e mal funzionante se non del tutto rotto, cosa più probabile.
-Immagino che il suo lavoro la stressi molto- disse Jeremy versando il caffè in due tazze.
Il perché di quella domanda non fu esattamente chiaro per il mobiano. Si limitò a rispondere con una di quelle solite frasi fatte basate sui luoghi comuni del giornalista medio. Mentre era seduto, il suo sguardo fu attirato da qualcosa appeso alla parete. Una piccola miniatura del quadro La libertà che guida il popolo di Eugène Delacroix dentro una cornice in legno non era una cosa insolita, ma chi l’aveva già visto sapeva bene che non era quello. Francis sorrise quando notò la scritta Viva la Vida in bianco sull’immagine.
-Viva la vida or Death and all his Friends-
Il gatto grigio ebbe un piccolo sussulto quando si ritrovò l’umano seduto sulla poltrona.
-Le piacciono i Coldplay?- chiese Francis piacevolmente sorpreso della sua scoperta.
-Quando ero giovane. Erano altri tempi.. ora lo tengo incorniciato lì solo per ricordo- rispose Jeremy porgendo una tazza di caffè al proprio ospite.
Francis riuscì stranamente a rilassarsi in quel momento. Anche se lì non c’era nulla di quello che cercava, era comunque molto contento di aver conosciuto per caso una persona del genere, anche se con l’inganno.
-Questo palazzo apparteneva ai suoi parenti?- chiese il gatto.
-No- rispose Jeremy -Non so a chi appartenesse con esattezza. Badare a questo posto era l’unico lavoro che potessi fare. Avevo all’incirca trent’anni-
-Prima cosa faceva?-
Francis avvicinò le labbra alla tazza, mandando giù un piccolo sorso di caffè. In quel momento anche Jeremy fece altrettanto.
-Ero un professore dell’università di Cambridge, in Inghilterra. Insegnavo Storia-
Quella risposta lasciò colpito il giornalista. Sgranò gli occhi e cercò di contenere il suo stupore, chiedendosi poi tra sé e sé cosa ci facesse un professore universitario in un posto abbandonato come quello.
-Lei.. è inglese?- chiese Francis.
-No, sono nato qui in realtà. I miei genitori erano divorziati, così ho vissuto qui fino ai quindici anni con mio padre. Poi andai a vivere con mia madre a Northampton, in Inghilterra. Studiai lì e trovai impiego come professore, ma quando venni a sapere della morte di mio  padre, tornai immediatamente in questa città-
Quel breve racconto lasciò piuttosto colpito Francis. Quello che gli stava seduto di fronte era veramente un tipo interessante oltre che un individuo gentile.
-Lei vive da solo qui? Non ha una famiglia?-
L’umano sorrise a quella domanda.
-No, non ho né moglie e nemmeno figli. Sono solo-
-E non ha paura a vivere da solo qui?- continuò a chiedere Francis.
-Non succede mai niente qui, ad essere del tutto sincero. Durante la notte sento passare i soliti teppisti da quattro soldi, ma non provano a fare niente in questa stradina. Tutti sanno che non c’è niente da rubare in questi ruderi, signor Francis-
Mentre Jeremy parlava, Francis stava prendendo un altro sorso dalla sua tazza di caffè. Ogni pensiero, ogni parola, ogni domanda.. tutto si bloccò quando lo sentì. All’inizio pensò di essersi sbagliato, ma le successive parole dell’umano gli tolsero ogni dubbio.
-Il televisore non lo usò solo per guardare vecchi film, Francis. Ci sono ancora dei programmi che mi piacciono, come il Thursday Night Talking ad esempio, soprattutto dopo l’ultima puntata. Ha avuto veramente del fegato a insultare quel pezzente di Morrison- continuò l’uomo come se niente fosse.
Francis posò la tazza sul già citato tavolino posto di fronte e guardò dritto negli occhi l’uomo. Non c’era rabbia nel suo sguardo o risentimento per essere stato aggirato sull’identità del suo ospite.
-Posso spiegarle tutto..- cominciò Francis con un tono di voce flebile, mortificato per essere stato scoperto.
-Non c’è né bisogno- lo interruppe l’uomo -Lei non mi sembra certamente il tipo che accoltella qualcuno giusto per rubargli qualche spicciolo, come la maggior parte dei pazzi che girano per strada oggigiorno. Lei è solo un giornalista a caccia di qualche notizia o di qualche crimine per cui incolpare il sindaco e i suoi consiglieri. Mi dispiace per lei, signor Francis, ma qui non troverà chili di cocaina, rifugi per criminali o per prostitute-
Francis abbassò lentamente lo sguardo. Non per la vergogna, ma per il ritorno della morsa che lo attanagliava fino a poco prima di addentrarsi per quella strada.
-Se proprio vuole saperlo, una volta sono passato con il semaforo rosso. A diciassette anni ho fumato uno spinello e tenevo delle riviste sconce sotto il mio materasso, ma niente di più- concluse l’uomo con una punta di sarcasmo, cosa strana per quell’occasione.
-Se sapeva chi ero fin dall’inizio perché mi ha fatto entrare?- chiese Francis con un filo di voce.
-Sono vecchio, ragazzo. Ora non puoi capirlo, ma passare la vita da soli e invecchiare in posti del genere ti fanno apprezzare ogni sorta di dialogo con il mondo là fuori. Da quello con un filosofo a quello con un qualunque cialtrone, l’importante è che si parli. Volevo dialogare un po’ con qualcuno, ma è stato un caso che fosse proprio lei. Volevo solo soddisfare un mio bisogno, quindi se ti pagassi ora si potrebbe quasi dire che sei una prostituta-
Il Francis dei giorni d’oro avrebbe fatto battute simili, ma questo il vecchio Jeremy non poteva saperlo. Quello che si trovava dentro casa era un cittadino distrutto, vuoto e spento.
Furono queste tre cose che convinsero Funky a parlare.
-Non sono venuto qui per scrivere un articolo-
Quella frase era uscita così all’improvvisa che lasciarono davvero incuriosito l’umano.
-Ieri notte sono stato aggredito- riprese Francis alzando finalmente la testa, mostrando uno sguardo stanco e sfiduciato.
Fece quasi tristezza anche al suo interlocutore.
-Accade spesso in città come queste, purtroppo- commentò l’umano continuando a sorseggiare il suo caffè.
-Si.. ma sarei morto.. se non fosse stato per lui..-
Venute fuori quasi a forza, quelle parole sembrarono non avere alcun effetto su Jeremy questa volta.
-Il vigilante- cominciò Francis -Penso l’abbiano chiamato in molti modi, ma io non ho mai usato nessuno di questi. Fino a ieri era solo una storiella per me, solo una piccola balla usata per tenere a bada i più creduloni dal darsi al crimine. Avevo una mia spiegazione razionale a questa puttanata, una risposta logica che è stata distrutta con una velocità che non credo sia di questo mondo. Odio la violenza, ma quando l’ho visto.. ho provato un senso di.. libertà.. era come se tutte le mie frustrazioni fossero sfociate in un turbine di paura, come se mi fossero state strappate da dentro e gettate dentro un fuoco più antico di questo mondo. Era buio, ma io l’ho visto in tutti i suoi movimenti. Agile, forte.. perfetto e orrendo allo stesso tempo.. qualcosa che non può essere nato su questo pianeta, qualcosa che va ben oltre quello che pensiamo. La sola vista dei suoi occhi è riuscita a ghiacciarmi il cuore e a distruggere tutte le mie certezze, dandomi qualcosa di cui avevo bisogno per capire.. qualcosa come quella maledetta paura. Questa città è piena di pazzi, ma lui è qualcosa di diverso. Comincio a pensare che sia proprio lui la vera essenza di questo posto. Fossi stato un’altra persona avrei lasciato perdere e sarei andato avanti con la mia vita in questa discarica che ho sempre chiamato casa, ma c’è qualcosa in me che.. finalmente crede. Sta per arrivare un tempesta.. ma forse lui può sistemare tutto-
Quel monologo venne seguito dal silenzio più totale. Francis abbassò di scatto gli occhi dopo essersi reso conto dello sfogo quasi inconscio che aveva avuto con uno umano che conosceva da pochissimo. Sentiva solo l’eco dei suoi pensieri di vergogna e nient’altro.
-Mi scusi ancora, non sarei dovuto venire qui- disse Francis in un ultimo sussurro, alzandosi infine da quel comodo divano.
Si avviò verso la porta cercando di evitare un eventuale occhiata perplessa del custode di quel rudere.
Il silenzio, però, si ruppe.
-Lo vede l’ascensore?-
La voce dell’umano era stranamente diventata più stanca. Francis, bloccatosi all’udire quella domanda, si girò lentamente verso Jeremy.
-Ci sono cinque bottoni, prema il terzo a partire dall’alto. È l’unico modo per arrivare alla mansarda, l’ultimo piano- continuò l’umano improvvisamente rabbuiato.
Posò sul tavolino la sua tazza e tirò fuori dalle tasche una pipa e un po’ di tabacco.
-Perché vuole che io lo faccia?- chiese perplesso e stanco il gatto grigio.
-Vorrei poterti dire che si può guarire dalle sofferenze, ragazzo- cominciò Jeremy -Io non so come, però. Esistono delle cose che ancora oggi non riesco a spiegarmi, nonostante abbia la bellezza di sessant’anni ormai. Ragioni che continuano a sfuggirmi, dubbi che infestano la mia mente e paure che scorrono insieme al sangue nelle mie vene. Ho capito solo che alcune cose è meglio non saperle, che bisogna chiudere gli occhi e pregare che i fantasmi vadano via-
Un discorso strano, quasi innaturale, frutto della mente di un uomo che aveva visto qualcosa, secondo un Francis ormai fuori dalla sua strada.
-Vai lì dentro e scopri quanto buio è l’abisso- sembrò concludere l’anziano umano portando il boccale della pipa alla bocca.
 
Il rumore dell’ascensore era fastidioso.
Le parole dell’uomo che risiedeva al pian terreno gli echeggiavano in testa e sembravano non volersene più andare da lì. Francis ci mise esattamente quarantasette secondi ad arrivare allo sgabuzzino all’ultimo piano. Non sapeva il perché, ma era entrato in quel macchinario con la sensazione di aver lasciato alla spalle tutto il resto. La sua vita, i suoi amici, tutti i suoi beni materiali.. non contavano nulla nella stanza che gli apparve oltre l’ascensore. Non c’era nessuno scatolone e nessun vecchio mobile. La finestra circolare che aveva notato per strada era lì infondo, sporca proprio come gli era apparsa all’interno. Un letto era stato posto proprio in un angolo a qualche metro dall’infisso.
Qualcuno invece stava seduto su una vecchia sedia di legno.
Il cuore di Francis sobbalzò quando comprese di non essere da solo. L’incognita seduta lì gli dava le spalle e rivolgeva lo sguardo verso la finestra. Il giornalista riusciva solo a vedere i suoi aculei neri.
Un nero abissale con delle striature rosse.
Gli occhi di Francis sembrarono quasi sbarrarsi senza la sua volontà. Le mani cominciarono a tremare mentre tutto il resto stava fermo. La sua pelliccia sembrò quasi rizzarsi di colpo, come un felino terrestre che avvertiva il pericolo. La mano che si era ferito tornò a bruciare.
La mentre di Francis tornò di nuovo indietro di tanti anni, riportando nella sua testa l’eco di un brano che lesse da bambino, simbolo della prima volta in cui aveva scoperto la paura. L’inno della sua parte più oscura che lo aveva quasi portato all’annientamento durante la sua adolescenza, quando aveva preso l’orrenda decisione di avere giustizia per la morte di  suo padre.
 
Fuori dalla visuale, qualcosa sibila
 
Francis cominciò a camminare lentamente e con passo titubante verso l’estraneo.
 
Plana con grazia antica
 
La luce filtrata dalla finestra sembra illuminare solo lui in quella stanza.
 
I suoi occhi brillano, privi di amore, gioia o dolore
 
Era al suo fianco ormai, ma il gatto non osò abbassare lo sguardo su di lui. Francis non sembra suscitargli il minimo interesse.
 
Il fiato caldo odora dei suoi nemici ormai caduti e di cose proibite, morte e maledette
 
Francis cadde pesantemente in ginocchio quando finalmente comprese. I suoi occhi sembrano quasi uscire fuori dalle orbite mentre seguono freneticamente ogni lineamento di quella figura quasi impossibile. Il respiro del giornalista si fece più pesante.
 
È il sopravvissuto più forte
Il guerriero più puro
 
Il gatto grigio non riuscì a capire perché il suo salvatore non muoveva un muscolo per la sua presenza. Teneva i suoi magnetici occhi scarlatti fissi nel vuoto, niente di più. Il suo unico movimento era il semplice respiro.
 
Risplende nel suo odio
 
Una sola lacrima percorre la guancia dello sconvolto giornalista mobiano. Una goccia di speranza, di consapevolezza.. ma anche di paura.
 
Ed è qui per farmi suo
 
-Non è possibile..- sussurrò Francis.
Aveva scoperto qualcosa che non poteva esistere fino a qualche minuto fa. La sua mente era ancora troppo confusa, ma ormai la verità era innegabile. A pochi centimetri stava colui che viveva nelle tenebre. Per sempre forte, per sempre invincibile e per sempre giovane.
Il gatto rimase shockato e in ginocchio mentre colui che lo aveva salvato la notte precedente e che puniva i criminali più viscidi rimaneva seduto su una sedia con lo sguardo fisso, spento e vuoto.
Shadow the Hedgehog era ancora vivo.
 
 
 
Angolo dell’autore
Ebbene si, il mistero è stato finalmente svelato.. o almeno non del tutto.
Non voglio mettervi sulle spine, almeno non più del dovuto XD Inizialmente il capitolo doveva essere un pochino differente, ma a causa del fatto che era già troppo lungo così ho dovuto tagliare alcune cose. Non c’è stata azione qui, ma spero comunque che anche questo capitolo vi sia piaciuto e che abbia saputo intrattenervi.
Spero di non sbagliarmi XD
Comunque, nuovi misteri stanno per presentarsi e nuove verità stanno per turbare ulteriormente il nostro Funky. Il prossimo capitolo sarà pieno di spiegazioni su quello che è successo.
Fino ad allora (e vi assicuro che non ci vorrà tanto tempo), vi ringrazio infinitamente per le vostre recensioni o anche solo per aver cominciato a leggere questa storia!!! :D
Vi mando un grande abbraccio, ci vediamo alla prossima!
Vic.
  
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