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Autore: Eustass_Sara    16/01/2016    2 recensioni
Buuuuuuon salve! :D Yeah, bimbi, sono tornata!
Seguito di Quella strana cosa chiamata matrimonio: cinque anni dopo il matrimonio di Kidd e Law, i due sposini di ritrovano alle prese con un piccolo uragano che sconvolgerà la loro vita.
Questo piccolo uragano è sicuro di sé e composto, il riflesso di Law, ma è anche determinato e testardo, il riflesso di Kidd.
Un piccolo uragano che ha tanto da imparare, tanto da insegnare e tante sorprese in serbo.
Un piccolo uragano tutto al femminile.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Eustass Kidd, Nuovo personaggio, Trafalgar Law | Coppie: Eustass Kidd/Trafalgar Law
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Sotto lo stesso tetto.'
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Capitolo 4.



Martedì mattina, 7:30. Vestita di tutto punto Karen controllava il suo zainetto, più voto che altro; era il suo primo giorno di scuola, una vera, non una fatta di suore. Non era nervosa tanto per il primo giorno, quanto più perché non essendo la scuola dell'orfanotrofio non c'erano altri orfani come lei. Non era stata ufficialmente adottata da Kidd e Law e francamente non sapeva come spiegare quella situazione; temeva che se spiegava il tutto, l'avrebbero portata via da quella casa.

-Nervosa, Karen-ya?-

-Non più di tanto.-

Il silenzio calò nuovamente in casa Eustass, mentre con le sue piccole mani Karen cercava di abbottonarsi il giubbotto viola. Si specchiò nel suo riflesso, lo specchio posto accanto all'appendiabiti; aveva i capelli tagliati in modo particolare e gli occhi ambrati. Anche nella nuova scuola l'avrebbero isolata per quello? Cosa avrebbero pensato gli altri bambini e gli insegnanti?
Era più ansiosa di quanto volesse ammettere.

Con le sue scarpe da ginnastica, jeans, sciarpa e guanti la piccola uscì di casa seguendo Law. Kidd aspettava in macchina, seduto al volante e pronto a partire; il moro era pronto ad accompagnare la bambina da solo, per lui il problema non esisteva, ma suo marito aveva puntato i piedi.

Devo vedere la scuola. Se fa schifo, io non lì non ce la mando.”

Aveva detto proprio così, testuali parole. E con quelle, Law aveva capito quanto fosse diventato geloso e protettivo Kidd nei confronti di Karen; un po' lo faceva sorridere e un po' lo faceva pensare, perché in realtà non era così buffa la faccenda.
Eustass prima aveva cercato di puntare i piedi e trovare scuse per non mandare la bambina a scuola; non avendo speranze di riuscire nell'intento, era passato a essere irremovibile sull'accompagnarla e vedere l'ambiente.

Karen era già stata etichettata in orfanotrofio “strana” per i suoi occhi, su questo Kidd non aveva dubbi, ci era passato già anche lui d'altronde. Temeva che in un ambiente completamente nuovo trovare altri bambini che la isolassero o etichettassero ancora, l'avrebbe messa a disagio e fatta soffrire ancora di più.
Senza contare che gli altri bimbi avevano tutti la mamma e il papà, forse alcuni genitori erano divorziati, ma comunque c'erano entrambi.

I due mori presero posto in macchina, Law accanto a Kidd e Karen dietro; si allacciò la cintura e guardò fuori dal finestrino il paesaggio che cominciava a scorrere piano. Non aveva mai viaggiato in macchina: quella macchina dall'esterno rosso fiammante e l'intero nero in pelle, emanava un profumo di menta piacevole ed era comoda. Il riscaldamento poi scioglieva il freddo che aveva arrossato il naso della mora.

Eustass gettava occhiate continue allo specchietto, controllando la bambina. Sapeva che era agitata, lo vedeva da come muoveva piano i piedi e dalle dita guantate che picchiettavano sulle ginocchia; lui si sentiva di parte, simile a lei grazie agli occhi e all'orfanotrofio, in più Karen era tranquilla e non troppo vivace.
Si era abituato a sentire il suo buongiorno sottile e assonnato, a vederla di fronte a sé durante i pasti e tante altre piccole cose per cui lui sentiva di aver ragione nel provare quell'istinto protettivo verso di lei.

Kidd temeva che potessero portarla via, lei e quelle piccole cose a cui lui si era abituato. Se solo ci avessero provato, Kidd li avrebbe pestati a sangue e fatto passare la voglia di avvicinarsi a Karen.
Era in casa loro da una settimana e quello era diventato il suo posto, lì era e lì sarebbe rimasta non c'era ma che teneva per Eustass.

Curiosamente per Law, il rosso si era abituato in fretta alla bambina. E quando Eustass Kidd si abitua a qualcosa, strappargli via l'abitudine è impossibile. Non che Law fosse disposto a farsi portare via Karen, al contrario, era pronto a ricorrere a suo padre Doflamingo, sindaco di Sabaody, pur di tenerla in casa.
D'improvviso il moro impallidì: Doflamingo non sapeva di Karen. Avrebbe dovuto presentarla a lui e a tutta la famiglia, gli era venuto in mente solo ora.

Una cosa alla volta, si disse, una cosa alla volta. Far conoscere Karen alla sua famiglia subito dopo il primo tesissimo giorno di scuola era come ricevere d'improvviso una secchiata d'acqua gelida: un trauma. La piccola non poteva reggere tanto, soprattutto non poteva reggere le stramberie di Doflamingo. Cosa poteva pensare una bambina ritrovandosi di fronte un colosso di tre metri vestito con colori sgargianti, cappotto di piume rosa e occhiali antiestetici perennemente sul naso?
Per non parlare del comportamento, della risata e del fatto che si, Doflamingo non era per niente normale.

Law se lo ricordava ancora l'abito nuziale che il biondo gli aveva regalato per le nozze. E come dimenticare la torta fallica? Oh, si ricordava tutto Law e se l'era pure legata al dito.
Forse piombare in casa Donxiquote e dire “ciao Doffy come va? Sei diventato nonno, io e Eustass-ya abbiamo adottato una bambina” gli sembrava una vendetta perfetta. Immaginava la reazione e la faccia pallida dell'uomo.

Tra Law che soffocava una risata mezza divertita e mezza sadica, Karen agitata e Kidd vigile ad ogni movimento della piccola, il tragitto non molto lungo terminò. Parcheggiata la macchina, i tre scesero ritrovandosi di fronte un palazzo enorme e bianco intitolato Newgate school.
Per arrivare all'entrata bisognava attraversare il grande cortile in cui erano posteggiate le macchine degli insegnanti e una scalinata bianca.

Karen si guardò attorno, spaesata e meravigliata: era quella la sua scuola? Quell'immenso edificio?
Una volta percorse le scale, entrarono respirando subito il profumo di caffè e sentendo il suono di una stampante in attività; solo l'atrio era immenso. In basso c'era il logo della scuola, una enne e una esse intrecciate fra loro.
Sulla sinistra c'era la segreteria e subito affianco la porta in noce chiusa della presidenza.

Sembrava una scuola per ricchi e Kidd si ritrovò a pregare che così non fosse: l'ultima cosa di cui Karen aveva bisogno erano dei compagni con la puzza sotto il naso.

-Salve, posso esservi d'aiuto?-

Una donna alta dai corti capelli castano chiaro e due occhi gentili sorrise verso di loro, fra le mani una cartellina blu e vestita di un elegante completo da ufficio. Elegante, ma non di marca e quindi non costoso, notò Law.

-Vorremmo iscrivere Karen a scuola.-

-Ma certo, seguitemi.-

Tutti e tre seguirono la donna rivelatasi la segretaria nel suo ufficio; Karen e Law si sedettero sulle sedie nere, mentre Kidd restò in piedi. In quella segreteria c'erano due scrivanie bianche, una occupata dalla donna appena conosciuta che stava tirando fuori fogli da un cassetto.
L'ambiente in sé era accogliente e semplice: sembrava urlare sfarzo dal pavimento lucido, scrivanie e armadi in legno chiaro, quadri di studenti e tappeti morbidi in cui le scarpe affondavano che era un piacere.

Malgrado l'apparenza però, Law l'aveva capito subito: era l'edificio a essere grande, l'arredo non era nulla di eccessivamente costoso e lo sapeva perché quelle scrivanie le aveva viste in vendita e il prezzo era accessibile anche per lui che era medico e non preside di chissà quale scuola.
Poi il legno non era pregiato, il davanzale delle finestre era solo finto marmo, le tende molto semplici così come le cornici in ottone, in legno o dipinte che vedeva qua e là.

-Allora, Karen giusto?-

-Si.-

-Piacere, io mi chiamo Koala. Quanti anni hai?-

-Otto, dovrei fare la terza.-

-Bene.-

La castana scrisse qualcosa sui suoi fogli per poi porgere un foglio a Law e rivolgendosi stavolta a lui, per nulla preoccupata dallo sguardo severo di Kidd che come una guardia del corpo stava in piedi ad osservare tutto.

-I due anni precedenti dove li ha fatti?-

-In un orfanotrofio ma ho fatto in modo che si rimettesse in pari col programma.-

-Molto bene, allora compili questi dati. Li invierò anche al preside ma la bambina potrà già andare a seguire le lezioni.-

Numero di casa, indirizzo, nomi... Law inserì ogni informazione necessaria, non soffermandosi troppo sulla scelta presa così su due piedi: Karen Eustass. La bambina avrebbe preso quel cognome e in realtà darglielo voleva dire tanto, si sentiva come se stesse compilando e firmando i documenti per adottarla più che per iscriverla a scuola.

Una volta terminato, il moro riconsegnò i documenti alla segretaria che li mise temporaneamente da parte per poi recuperare da un mobiletto vari libri di testo. Erano i libri di scuola.
Con lo zaino, il diario e l'astuccio che Law gli aveva comprato ieri pomeriggio dopo la merenda, ora Karen poteva dire di avere davvero tutto.

-Allora questi sono i nostri libri, ne teniamo di copie nuove proprio per i nuovi arrivati. Qui al piano terra abbiamo i vari laboratori, due bagni e le prime mentre al piano superiore ci sono le seconde e le terze, al terzo ed ultimo piano le quarte e le quinte. La tua classe è la terza C.-

-Grazie mille.-

-Il primo giorno, se preferisci, puoi essere accompagnata dai tuoi tutori fino alla porta della classe. In questo modo ti sarà più semplice trovare e memorizzare la tua classe.-

Karen annuì, sollevata. L'idea di affrontare l'immenso edificio per la prima volta da sola non l'allettava per nulla; andarci con Kidd e con Law la tranquillizzava. Almeno il primo giorno, solo quello, poi avrebbe fatto da sola il tragitto nei corridoi.
Convinta, la mora si fece aiutare da Kidd a mettere a posto i libri nello zaino; si era già letta i titoli mentre metteva i volumi nello zaino uno alla volta. Chiuse lo zaino e afferrò la copia dell'iscrizione che Koala le aveva appena fornito.

-Le lezioni qui iniziano alle otto, poi c'è una piccola pausa per la merenda. All'una c'è la pausa pranzo, se volete potete usufruire del servizio mensa presente. Poi le lezioni riprendono alle due e terminano alle quattro.-

-E se non possiamo venire a prenderla alle quattro?-

-C'è un servizio post-scuola, completamente gratuito in cui teniamo i bambini e li facciamo giocare e divertire fino all'arrivo dei genitori.-

Law, scrupoloso fino all'osso, fece domande su domande alla segretaria che sembrava del tutto a suo agio; voleva il meglio e soprattutto non voleva che Karen potesse sentirsi sola. La iscrisse anche alla mensa, convinto che la bambina avrebbe avuto occasioni in più per stringere amicizie e poi, purtroppo, non poteva permettersi di mollare il suo turno ospedaliero per andarla prendere e farla magiare a casa. Kidd poteva farlo, ma ci perdeva tempo fra andata e ritorno, tempo prezioso.

La mensa era l'ideale e in più c'era un servizio gratuito in cui tenevano i bambini fino all'arrivo dei genitori senza che questi dovessero uscire prima e senza lasciare loro il pensiero di lasciare da soli i propri figli.
Era così preso da tutto, che Law non si accorse nemmeno di come gli veniva naturale considerare i vantaggi sia per figli e genitori. Figli e genitori.

Il rosso, dal canto suo, era leggermente più calmo. Non si era fatto ammorbidire dalla gentilezza della castana, per lui tutti sono capaci a trattarti coi guanti e poi fregarti da sotto il naso; era calmo per le mancate domande spinose, ovvero “è stata adottata? Quando? Avete i documenti?” solo ora realizzava che avevano corso un bel rischio.

Non sapeva dire se la scuola avesse il diritto di chiedere un simile documento, forse si, ma per fortuna non era successo; Karen abitava da loro ma legalmente abitava all'orfanotrofio, se li avessero beccati la bambina sarebbe stata riportata lì e non esisteva proprio. Piuttosto Kidd si sarebbe fatto arrestare per aggressione agli assistenti sociali e suore.

Lanciò un'occhiata calma alla bambina, ricambiato dai suoi occhioni ancora spaesati che poco a poco si calmarono. Il tempo scorreva e il momento in cui Karen sarebbe rimasta sola fra altri bambini in un nuovo ambiente si avvicinava sempre di più.
La mora mordicchiò il labbro inferiore e col consenso della segretaria, uscì dall'ufficio con affianco i due uomini. In un gesto istintivo, la bambina si aggrappò con una mano al jeans di Kidd rifiutandosi di nascondersi dietro alla sue gambe robuste e forti malgrado la forte tentazione.

Quasi in un muto obbligo, i tre camminarono a passo lento e sempre lenti salirono le scale. Guardarono ogni porta, ogni piastrella del pavimento e ogni disegno appeso al muro pur di rallentare il momento inevitabile. Kidd non era sicuro di lasciarla fra mocciosi sicuramente più ignoranti, Law assecondava il passo di Karen cercando di tranquillizzarla e la bambina cercava di convincersi che era tutto ok.

E in fondo lo era: quella era una scuola pubblica, non l'orfanotrofio freddo e duro. Non c'era motivo perché le cose andassero male, no? Forse stavolta sarebbe riuscita a farsi degli amici, chissà. E poi aveva l'opportunità di imparare tanto in un'apposita scuola elementare.
Con un improvviso moto di coraggio, lasciò la presa sui jeans di Kidd e si portò di pochi passi avanti ammirando la porta in legno scuro e la targhetta d'ottone recante la scritta 3°C. Era arrivata.

Strinse il foglio, decisa a mantenere il controllo. Non c'era ragione perché le cose andassero male, si ripeté, non c'era ragione; cercò di preservare quel coraggio e si girò verso Kidd e Law, sorridendo. Un sorriso bello, convinto, forse ancora un po' insicuro, ma deciso ad andare fino in fondo.
E i due uomini capirono.

Con un cenno della mano, Law salutò Karen e trascinò via Kidd che aveva iniziato a borbottare qualcosa del tipo “se quei mocciosi le dicono qualcosa, li prendo per il collo”.
Li vide sparire dietro l'angolo e a quel punto Karen bussò alla porta. Il sottile brusio di voci che si era accorta provenire dalla classe cessò e un “avanti” femminile le arrivò in risposta.
Prendendo un profondo respiro, Karen aprì la porta ed entrò nella sua nuova classe.

°°°

-Voglio adottare Karen-ya.-

L'improvvisa affermazione di Law arrestò i pensieri frenetici di Kidd. Aveva sentito bene? Trafalgar Law voleva adottare Karen? Di riflesso, il rosso rallentò e accostò la macchina in un piccolo spiazzo.

-Ma sei serio?-

-Dobbiamo Eustass-ya, se dovessero mai chiederci un documento che noi non abbiamo chiameranno gli assistenti sociali che la riporteranno all'orfanotrofio. Tanto è solo un foglio, Karen-ya vive già da noi, si tratta solo di rendere tutto legale.-

-Quindi ora andiamo al fottuto orfanotrofio?!-

-No, ora andiamo a lavorare. Siamo già in ritardo entrambi e prima di adottare Karen-ya c'è una cosa che devo fare.-

-Che cosa? Non ci sto capendo un cazzo, Trafalgar, parla chiaro!-

-Non adesso Eustass-ya. Pensa a guidare.-

Rimettendosi in corsia, Kidd premette l'acceleratore quanto bastava e portò Law all'ospedale scaricandolo lì e avviandosi alla sua officina. L'idea di rimettere piede nell'orfanotrofio non lo allettava per nulla: rivedere quella gabbia, quei brutti musi e rivivere il poco tempo passato fra quelle mura lo caricava di disgusto e odio ma del resto non avrebbe permesso a Trafalgar di andarci senza di lui.

Farlo andare da solo lo faceva sentire come se fosse trafugato del suo stesso passato: il moro che andava là da solo gli sembrava che lo facesse per ispezionare l'ambiente in cui aveva vissuto per un certo periodo della sua vita e di cui non andava fiero. Non che avesse subito chissà che, anzi, non aveva subito nulla perché era proprio stato isolato.
In un certo senso si vergognava di aver vissuto una piccola parte della sua vita fra quello schifo.

Perché per Kidd lo schifo non era il sudore misto a olio di motori sul corpo e sulla tuta; non era vivere per strada accanto alla spazzatura. Lo schifo per lui era aver dedicato la sua presenza a degli stupidi che avevano saputo solo isolarlo per il suo aspetto e rifiutandosi di conoscerlo, aver dormito in una stanza anonima e priva di un vero arredo come se lui non fosse nessuno.
Questo per Eustass Kidd era lo schifo e si, se ne vergognava.

Si vergognava di aver dormito in una stanza che lo dipingeva come uno fra tanti, si vergognava di aver vissuto lì dentro seppur per poco. Perché Eustass Kidd era molto di più: era un amante dei motori che bene o male ci aveva sempre capito molto di essi, era una persona con carattere da vendere e ora era un uomo con la sua stanza della sua casa, con un lavoro per lui soddisfacente e un marito affianco.

Eustass Kidd è l'uomo irascibile che ama bere rum e alcolici vari, l'uomo che non si pone problemi a parlare come gli pare e piace, l'uomo che adora prendersi Law quando gli va e come gli va a cominciare dalla sua bocca fastidiosa.
È l'uomo possessivo, geloso, determinato e orgoglioso che prima di darla vinta a qualcuno lotta con tutto ciò che ha finché ha forza e fiato.

Anche se sarebbero andati all'orfanotrofio per Karen, Kidd e Law dovevano andarci assieme perché quel posto era pur sempre un pezzetto del passato del rosso e il passato non si cancella; si può dimenticare e tenere a mente i ricordi più belli tra vecchi e nuovi, ma quello resta lì in attesa di essere ricordato e pronto a ricordare chi si è stati un tempo.
Kidd non voleva ricordare più di quanto già faceva ma sarebbe andato lo stesso perché diavolo, lui era forte, era migliore, era testardo. Era Eustass Kidd e lo avrebbe sbattuto in faccia a tutti.
E avrebbe tirato fuori da lì Karen. Per sempre.

°°°

Una volta entrata, Karen si guardò velocemente attorno con gli occhi mentre avanzava verso quella che era una cattedra; era piena di fogli, penne documenti e qualche libro, accanto a un piede di essa c'era una borsa da donna. Ma ciò che più incuriosiva Karen, era la donna che sedeva dietro la cattedra.
Anche lei avvolta in un completo da ufficio la cui giacca era sullo schienale della sedia, portava lunghi capelli neri legati in una coda alta, pelle chiara e occhi azzurri profondi.

-Ciao. Io sono Nico Robin, tu chi sei?-

-Karen.-

-Piacere, Karen. Ti va di dirci qualcosa in più?-

Ancora spaesata, Karen cercò di non guardare la moltitudine di occhi che si erano posati su di lei. C'erano davvero tanti bambini e tutti la fissavano in attesa che dicesse qualcosa; guardando di sfuggita il foglio che reggeva, Karen sorrise trovando le parole da dire e sperando che bastassero perché davvero non sapeva cosa inventarsi.

-Mi chiamo Karen Eustass, sono stata da poco adottata. Non ho mai frequentato una vera scuola, ho sempre studiato all'orfanotrofio, però spero di trovarmi bene.-

-Sono sicura che ti troverai benissimo, vero bambini?-

-Si, si!-

-Molto bene. Vai pure a sederti là, accanto a Camilla.-

Con un sorriso piccolo che sembrava timido, Karen porse il foglio alla maestra che lo lesse velocemente per poi scrivere ciò che gli interessava sul suo registro. Intanto la mora andò a sedersi nel posto indicatole ovvero sulla terza fila che affiancava il muro con le finestre; accanto a una di queste c'era una bimba col sorriso più grande che avesse mai visto, aveva lunghi capelli biondi stretti in due codine che ricadevano morbide sul petto.

I capelli non troppo lunghi incorniciavano un visino dolce dalle guance piene malgrado il fisico snello, il naso piccolo e due bei occhi verdi come Karen non aveva ancora visto. Fece appena in tempo a posare lo zaino per terra e a slacciare il giubbotto che aveva dimenticato abbottonato dall'ansia, che la bambina picchiettò felice il banco vuoto.

-Dai, dai, siediti!-

Contagiata dalla sua allegria, Karen ridacchiò e posò la giacca sedendosi e tirando fuori il suo astuccio. Forse ci aveva visto giusto: lì dentro si sarebbe fatta degli amici anzi, probabilmente ne aveva già trovato uno. Con un fare furtivo, Camilla si avvicinò al suo orecchio e coprì la propria bocca per impedire agli altri di capire cosa aveva da dire.

-Stiamo facendo storia!-

Complice, Karen si voltò verso di lei sussurrando un grazie e prendendo il libro in questione; mentre Camilla diceva la pagina alla mora, Robin sorrideva divertita non notata dalle due bambine.
Karen lesse rapida un paio di righe nella mente, riconoscendo gli argomenti con quelli che aveva studiato e sorrise ancora più felice: stava andando tutto bene e si, aveva già un'amica.





Angolino Eustassiano_

Buon salve fanciulle! Eccomi col quarto capitolo! :3
Prima che mi diciate qualunque cosa, un paio di spiegazioni veloci che vi invito a leggere attentamente: Kidd e Law, NON si considerano ancora genitori né considerano ancora Karen come figlia. Semplicemente io volevo spiegarmi al meglio nella descrizione della scuola e mi è venuto spontaneo dire figli e genitori, ci ho pensato in un secondo momento che scrivendola così può sembrare che Law si veda come genitore. Non è così, è ancora presto, semplicemente si stanno affezionando.
Seconda cosa: la scuola che ho descritto in parte è inventata, in parte è REALE.
Yep.
Mi spiego: io alle elementari sono andata alla Don Minzoni (bei tempi quelli!) e a mio tempo le lezioni andavano dalle otto all'una con pausa merenda e pausa pranzo. I miei non potevano fare tutti i santi giorni i permessi per farmi mangiare, quindi mi hanno iscritta alla mensa e poi c'erano lezioni di nuovo, stavolta dalle due alle quattro. I miei uscivano più tardi e mo' che dovevo fare, aspettare come una scema al freddo fuori? Eh no, c'era il post-scuola gratuito, garantito dal Comune se non erro.
Fatto sta che stavo lì a giocare e passare il tempo finché papà non veniva a prendermi. Mi ricordo che una volta fuori gli ho detto “ma papà, io giocavo!”. Si, volevo stare ancora là xD
No, non per giocare, ma per il maestro. All'epoca ero completamente cotta del mio maestro del post-scuola. Già. Non sapete quanto ci sono rimasta di merda quando poi è andato via, ero non depressa ma quasi.
Ora, a distanza di tutti questi anni non so se funziona ancora così, i tempi possono anche essere cambiati e anche gli orari e le regole. Io mi sono basata sui miei ricordi e sulla scuola che ho fatto io, mi sono ispirata alle mie elementari perché dai, è stato il periodo più bello della mia vita per svariate ragioni. Il post-scuola (che io chiamo ancora pomeriggiando :3), i furti che facevo in mensa (si, hai letto bene, io rubavo il cibo dai piatti altrui dopo essermi mangiata il mio xD), il maestro... troppa roba, mi manca.
Ma oibò, lo diciamo qualcosa su questo cappy? No perché c'è roba e tanta anche!
Insomma, finalmente arriva il primo giorno di scuola di Karen e nulla, ho preso in simpatia Camilla (inevitabile visto che mi sono ispirata alla mia migliore amica xD), Kidd e Law che pensano di adottare Karen, l'imminente presentazione di Karen a Doflamingo... wow, ho messo un puttanaio di roba xD
E woooooooo, quanto caspita ho allungato il mio angolino?! Roger santissimo, sembra un burrone, altro che angolino! Va beh, allora vi do un'ultima precisazione sulla scuola: quella reale è diversa. Non la ricordavo con esattezza, mi ricordavo bene solo un dettaglio, ovvero che la Don Minzoni era “fusa” in unico edificio con la Pascoli, scuola media. Infatti all'interno dell'edificio c'è una porta che divide scuola media da scuola elementare, ma noi logicamente usavamo le porte esterne.
Vi metto il link per vedere la scuola dall'esterno :3
E beh, non avevo molto da dire... non so cosa sia successo, ho detto due cose ed è saltato fuori questo mega angolone di note xD e va beh. Non aggiungo altro, vi aspetto nell'angolo recensioni! <3
Alla prossima!
Kiss and Bye

Eustass_Sara

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