Capitolo 4.
Martedì mattina, 7:30. Vestita di tutto punto Karen controllava il suo zainetto, più voto che altro; era il suo primo giorno di scuola, una vera, non una fatta di suore. Non era nervosa tanto per il primo giorno, quanto più perché non essendo la scuola dell'orfanotrofio non c'erano altri orfani come lei. Non era stata ufficialmente adottata da Kidd e Law e francamente non sapeva come spiegare quella situazione; temeva che se spiegava il tutto, l'avrebbero portata via da quella casa.
-Nervosa, Karen-ya?-
-Non più di tanto.-
Il silenzio calò nuovamente in
casa Eustass, mentre con le sue piccole mani Karen cercava di
abbottonarsi il giubbotto viola. Si specchiò nel suo riflesso,
lo specchio posto accanto all'appendiabiti; aveva i capelli tagliati
in modo particolare e gli occhi ambrati. Anche nella nuova scuola
l'avrebbero isolata per quello? Cosa avrebbero pensato gli altri
bambini e gli insegnanti?
Era più ansiosa di quanto volesse
ammettere.
Con le sue scarpe da ginnastica, jeans, sciarpa e guanti la piccola uscì di casa seguendo Law. Kidd aspettava in macchina, seduto al volante e pronto a partire; il moro era pronto ad accompagnare la bambina da solo, per lui il problema non esisteva, ma suo marito aveva puntato i piedi.
“Devo vedere la scuola. Se fa schifo, io non lì non ce la mando.”
Aveva detto proprio così,
testuali parole. E con quelle, Law aveva capito quanto fosse
diventato geloso e protettivo Kidd nei confronti di Karen; un po' lo
faceva sorridere e un po' lo faceva pensare, perché in realtà
non era così buffa la faccenda.
Eustass prima aveva
cercato di puntare i piedi e trovare scuse per non mandare la bambina
a scuola; non avendo speranze di riuscire nell'intento, era passato a
essere irremovibile sull'accompagnarla e vedere l'ambiente.
Karen era già stata etichettata
in orfanotrofio “strana” per i suoi occhi, su questo Kidd
non aveva dubbi, ci era passato già anche lui d'altronde.
Temeva che in un ambiente completamente nuovo trovare altri bambini
che la isolassero o etichettassero ancora, l'avrebbe messa a disagio
e fatta soffrire ancora di più.
Senza contare che gli altri
bimbi avevano tutti la mamma e il papà, forse alcuni genitori
erano divorziati, ma comunque c'erano entrambi.
I due mori presero posto in macchina, Law accanto a Kidd e Karen dietro; si allacciò la cintura e guardò fuori dal finestrino il paesaggio che cominciava a scorrere piano. Non aveva mai viaggiato in macchina: quella macchina dall'esterno rosso fiammante e l'intero nero in pelle, emanava un profumo di menta piacevole ed era comoda. Il riscaldamento poi scioglieva il freddo che aveva arrossato il naso della mora.
Eustass gettava occhiate continue allo
specchietto, controllando la bambina. Sapeva che era agitata, lo
vedeva da come muoveva piano i piedi e dalle dita guantate che
picchiettavano sulle ginocchia; lui si sentiva di parte, simile a lei
grazie agli occhi e all'orfanotrofio, in più Karen era
tranquilla e non troppo vivace.
Si era abituato a sentire il suo
buongiorno sottile e assonnato, a vederla di fronte a sé
durante i pasti e tante altre piccole cose per cui lui sentiva di
aver ragione nel provare quell'istinto protettivo verso di lei.
Kidd temeva che potessero portarla
via, lei e quelle piccole cose a cui lui si era abituato. Se solo ci
avessero provato, Kidd li avrebbe pestati a sangue e fatto passare la
voglia di avvicinarsi a Karen.
Era in casa loro da una settimana
e quello era diventato il suo posto, lì era e lì
sarebbe rimasta non c'era ma che teneva per Eustass.
Curiosamente per Law, il rosso si era
abituato in fretta alla bambina. E quando Eustass Kidd si abitua a
qualcosa, strappargli via l'abitudine è impossibile. Non che
Law fosse disposto a farsi portare via Karen, al contrario, era
pronto a ricorrere a suo padre Doflamingo, sindaco di Sabaody, pur di
tenerla in casa.
D'improvviso il moro impallidì:
Doflamingo non sapeva di Karen. Avrebbe dovuto presentarla a lui e a
tutta la famiglia, gli era venuto in mente solo ora.
Una cosa
alla volta, si disse, una cosa alla volta. Far conoscere Karen alla
sua famiglia subito dopo il primo tesissimo giorno di scuola era come
ricevere d'improvviso una secchiata d'acqua gelida: un trauma. La
piccola non poteva reggere tanto, soprattutto non poteva reggere le
stramberie di Doflamingo. Cosa poteva pensare una bambina
ritrovandosi di fronte un colosso di tre metri vestito con colori
sgargianti, cappotto di piume rosa e occhiali antiestetici
perennemente sul naso?
Per non parlare del comportamento, della
risata e del fatto che si, Doflamingo non era per niente normale.
Law se lo
ricordava ancora l'abito nuziale che il biondo gli aveva regalato per
le nozze. E come dimenticare la torta fallica? Oh, si ricordava tutto
Law e se l'era pure legata al dito.
Forse piombare in casa
Donxiquote e dire “ciao Doffy come va? Sei diventato nonno, io
e Eustass-ya abbiamo adottato una bambina” gli sembrava una
vendetta perfetta. Immaginava la reazione e la faccia pallida
dell'uomo.
Tra Law che
soffocava una risata mezza divertita e mezza sadica, Karen agitata e
Kidd vigile ad ogni movimento della piccola, il tragitto non molto
lungo terminò. Parcheggiata la macchina, i tre scesero
ritrovandosi di fronte un palazzo enorme e bianco intitolato Newgate
school.
Per arrivare all'entrata bisognava attraversare il grande
cortile in cui erano posteggiate le macchine degli insegnanti e una
scalinata bianca.
Karen si
guardò attorno, spaesata e meravigliata: era quella la sua
scuola? Quell'immenso edificio?
Una volta percorse le scale,
entrarono respirando subito il profumo di caffè e sentendo il
suono di una stampante in attività; solo l'atrio era immenso.
In basso c'era il logo della scuola, una enne e una esse intrecciate
fra loro.
Sulla sinistra c'era la segreteria e subito affianco la
porta in noce chiusa della presidenza.
Sembrava una scuola per ricchi e Kidd si ritrovò a pregare che così non fosse: l'ultima cosa di cui Karen aveva bisogno erano dei compagni con la puzza sotto il naso.
-Salve, posso esservi d'aiuto?-
Una donna alta dai corti capelli castano chiaro e due occhi gentili sorrise verso di loro, fra le mani una cartellina blu e vestita di un elegante completo da ufficio. Elegante, ma non di marca e quindi non costoso, notò Law.
-Vorremmo iscrivere Karen a scuola.-
-Ma certo, seguitemi.-
Tutti e tre
seguirono la donna rivelatasi la segretaria nel suo ufficio; Karen e
Law si sedettero sulle sedie nere, mentre Kidd restò in piedi.
In quella segreteria c'erano due scrivanie bianche, una occupata
dalla donna appena conosciuta che stava tirando fuori fogli da un
cassetto.
L'ambiente in sé era accogliente e semplice:
sembrava urlare sfarzo dal pavimento lucido, scrivanie e armadi in
legno chiaro, quadri di studenti e tappeti morbidi in cui le scarpe
affondavano che era un piacere.
Malgrado
l'apparenza però, Law l'aveva capito subito: era l'edificio a
essere grande, l'arredo non era nulla di eccessivamente costoso e lo
sapeva perché quelle scrivanie le aveva viste in vendita e il
prezzo era accessibile anche per lui che era medico e non preside di
chissà quale scuola.
Poi il legno non era pregiato, il
davanzale delle finestre era solo finto marmo, le tende molto
semplici così come le cornici in ottone, in legno o dipinte
che vedeva qua e là.
-Allora, Karen giusto?-
-Si.-
-Piacere, io mi chiamo Koala. Quanti anni hai?-
-Otto, dovrei fare la terza.-
-Bene.-
La castana scrisse qualcosa sui suoi fogli per poi porgere un foglio a Law e rivolgendosi stavolta a lui, per nulla preoccupata dallo sguardo severo di Kidd che come una guardia del corpo stava in piedi ad osservare tutto.
-I due anni precedenti dove li ha fatti?-
-In un orfanotrofio ma ho fatto in modo che si rimettesse in pari col programma.-
-Molto bene, allora compili questi dati. Li invierò anche al preside ma la bambina potrà già andare a seguire le lezioni.-
Numero di casa, indirizzo, nomi... Law inserì ogni informazione necessaria, non soffermandosi troppo sulla scelta presa così su due piedi: Karen Eustass. La bambina avrebbe preso quel cognome e in realtà darglielo voleva dire tanto, si sentiva come se stesse compilando e firmando i documenti per adottarla più che per iscriverla a scuola.
Una volta
terminato, il moro riconsegnò i documenti alla segretaria che
li mise temporaneamente da parte per poi recuperare da un mobiletto
vari libri di testo. Erano i libri di scuola.
Con lo zaino, il
diario e l'astuccio che Law gli aveva comprato ieri pomeriggio dopo
la merenda, ora Karen poteva dire di avere davvero tutto.
-Allora questi sono i nostri libri, ne teniamo di copie nuove proprio per i nuovi arrivati. Qui al piano terra abbiamo i vari laboratori, due bagni e le prime mentre al piano superiore ci sono le seconde e le terze, al terzo ed ultimo piano le quarte e le quinte. La tua classe è la terza C.-
-Grazie mille.-
-Il primo giorno, se preferisci, puoi essere accompagnata dai tuoi tutori fino alla porta della classe. In questo modo ti sarà più semplice trovare e memorizzare la tua classe.-
Karen
annuì, sollevata. L'idea di affrontare l'immenso edificio per
la prima volta da sola non l'allettava per nulla; andarci con Kidd e
con Law la tranquillizzava. Almeno il primo giorno, solo quello, poi
avrebbe fatto da sola il tragitto nei corridoi.
Convinta, la mora
si fece aiutare da Kidd a mettere a posto i libri nello zaino; si era
già letta i titoli mentre metteva i volumi nello zaino uno
alla volta. Chiuse lo zaino e afferrò la copia dell'iscrizione
che Koala le aveva appena fornito.
-Le lezioni qui iniziano alle otto, poi c'è una piccola pausa per la merenda. All'una c'è la pausa pranzo, se volete potete usufruire del servizio mensa presente. Poi le lezioni riprendono alle due e terminano alle quattro.-
-E se non possiamo venire a prenderla alle quattro?-
-C'è un servizio post-scuola, completamente gratuito in cui teniamo i bambini e li facciamo giocare e divertire fino all'arrivo dei genitori.-
Law, scrupoloso fino all'osso, fece domande su domande alla segretaria che sembrava del tutto a suo agio; voleva il meglio e soprattutto non voleva che Karen potesse sentirsi sola. La iscrisse anche alla mensa, convinto che la bambina avrebbe avuto occasioni in più per stringere amicizie e poi, purtroppo, non poteva permettersi di mollare il suo turno ospedaliero per andarla prendere e farla magiare a casa. Kidd poteva farlo, ma ci perdeva tempo fra andata e ritorno, tempo prezioso.
La mensa
era l'ideale e in più c'era un servizio gratuito in cui
tenevano i bambini fino all'arrivo dei genitori senza che questi
dovessero uscire prima e senza lasciare loro il pensiero di lasciare
da soli i propri figli.
Era così preso da tutto, che Law
non si accorse nemmeno di come gli veniva naturale considerare i
vantaggi sia per figli e genitori. Figli e genitori.
Il rosso, dal canto suo, era leggermente più calmo. Non si era fatto ammorbidire dalla gentilezza della castana, per lui tutti sono capaci a trattarti coi guanti e poi fregarti da sotto il naso; era calmo per le mancate domande spinose, ovvero “è stata adottata? Quando? Avete i documenti?” solo ora realizzava che avevano corso un bel rischio.
Non sapeva dire se la scuola avesse il diritto di chiedere un simile documento, forse si, ma per fortuna non era successo; Karen abitava da loro ma legalmente abitava all'orfanotrofio, se li avessero beccati la bambina sarebbe stata riportata lì e non esisteva proprio. Piuttosto Kidd si sarebbe fatto arrestare per aggressione agli assistenti sociali e suore.
Lanciò
un'occhiata calma alla bambina, ricambiato dai suoi occhioni ancora
spaesati che poco a poco si calmarono. Il tempo scorreva e il momento
in cui Karen sarebbe rimasta sola fra altri bambini in un nuovo
ambiente si avvicinava sempre di più.
La mora mordicchiò
il labbro inferiore e col consenso della segretaria, uscì
dall'ufficio con affianco i due uomini. In un gesto istintivo, la
bambina si aggrappò con una mano al jeans di Kidd rifiutandosi
di nascondersi dietro alla sue gambe robuste e forti malgrado la
forte tentazione.
Quasi in un muto obbligo, i tre camminarono a passo lento e sempre lenti salirono le scale. Guardarono ogni porta, ogni piastrella del pavimento e ogni disegno appeso al muro pur di rallentare il momento inevitabile. Kidd non era sicuro di lasciarla fra mocciosi sicuramente più ignoranti, Law assecondava il passo di Karen cercando di tranquillizzarla e la bambina cercava di convincersi che era tutto ok.
E in fondo
lo era: quella era una scuola pubblica, non l'orfanotrofio freddo e
duro. Non c'era motivo perché le cose andassero male, no?
Forse stavolta sarebbe riuscita a farsi degli amici, chissà. E
poi aveva l'opportunità di imparare tanto in un'apposita
scuola elementare.
Con un improvviso moto di coraggio, lasciò
la presa sui jeans di Kidd e si portò di pochi passi avanti
ammirando la porta in legno scuro e la targhetta d'ottone recante la
scritta 3°C. Era arrivata.
Strinse il
foglio, decisa a mantenere il controllo. Non c'era ragione perché
le cose andassero male, si ripeté, non c'era ragione; cercò
di preservare quel coraggio e si girò verso Kidd e Law,
sorridendo. Un sorriso bello, convinto, forse ancora un po' insicuro,
ma deciso ad andare fino in fondo.
E i due uomini capirono.
Con un
cenno della mano, Law salutò Karen e trascinò via Kidd
che aveva iniziato a borbottare qualcosa del tipo “se quei
mocciosi le dicono qualcosa, li prendo per il collo”.
Li
vide sparire dietro l'angolo e a quel punto Karen bussò alla
porta. Il sottile brusio di voci che si era accorta provenire dalla
classe cessò e un “avanti” femminile le arrivò
in risposta.
Prendendo un profondo respiro, Karen aprì la
porta ed entrò nella sua nuova classe.
°°°
-Voglio adottare Karen-ya.-
L'improvvisa affermazione di Law arrestò i pensieri frenetici di Kidd. Aveva sentito bene? Trafalgar Law voleva adottare Karen? Di riflesso, il rosso rallentò e accostò la macchina in un piccolo spiazzo.
-Ma sei serio?-
-Dobbiamo Eustass-ya, se dovessero mai chiederci un documento che noi non abbiamo chiameranno gli assistenti sociali che la riporteranno all'orfanotrofio. Tanto è solo un foglio, Karen-ya vive già da noi, si tratta solo di rendere tutto legale.-
-Quindi ora andiamo al fottuto orfanotrofio?!-
-No, ora andiamo a lavorare. Siamo già in ritardo entrambi e prima di adottare Karen-ya c'è una cosa che devo fare.-
-Che cosa? Non ci sto capendo un cazzo, Trafalgar, parla chiaro!-
-Non adesso Eustass-ya. Pensa a guidare.-
Rimettendosi in corsia, Kidd premette l'acceleratore quanto bastava e portò Law all'ospedale scaricandolo lì e avviandosi alla sua officina. L'idea di rimettere piede nell'orfanotrofio non lo allettava per nulla: rivedere quella gabbia, quei brutti musi e rivivere il poco tempo passato fra quelle mura lo caricava di disgusto e odio ma del resto non avrebbe permesso a Trafalgar di andarci senza di lui.
Farlo
andare da solo lo faceva sentire come se fosse trafugato del suo
stesso passato: il moro che andava là da solo gli sembrava che
lo facesse per ispezionare l'ambiente in cui aveva vissuto per un
certo periodo della sua vita e di cui non andava fiero. Non che
avesse subito chissà che, anzi, non aveva subito nulla perché
era proprio stato isolato.
In un certo senso si vergognava di aver
vissuto una piccola parte della sua vita fra quello schifo.
Perché
per Kidd lo schifo non era il sudore misto a olio di motori sul corpo
e sulla tuta; non era vivere per strada accanto alla spazzatura. Lo
schifo per lui era aver dedicato la sua presenza a degli stupidi che
avevano saputo solo isolarlo per il suo aspetto e rifiutandosi di
conoscerlo, aver dormito in una stanza anonima e priva di un vero
arredo come se lui non fosse nessuno.
Questo per Eustass Kidd era
lo schifo e si, se ne vergognava.
Si vergognava di aver dormito in una stanza che lo dipingeva come uno fra tanti, si vergognava di aver vissuto lì dentro seppur per poco. Perché Eustass Kidd era molto di più: era un amante dei motori che bene o male ci aveva sempre capito molto di essi, era una persona con carattere da vendere e ora era un uomo con la sua stanza della sua casa, con un lavoro per lui soddisfacente e un marito affianco.
Eustass
Kidd è l'uomo irascibile che ama bere rum e alcolici vari,
l'uomo che non si pone problemi a parlare come gli pare e piace,
l'uomo che adora prendersi Law quando gli va e come gli va a
cominciare dalla sua bocca fastidiosa.
È l'uomo possessivo,
geloso, determinato e orgoglioso che prima di darla vinta a qualcuno
lotta con tutto ciò che ha finché ha forza e fiato.
Anche
se sarebbero andati all'orfanotrofio per Karen, Kidd e Law dovevano
andarci assieme perché quel posto era pur sempre un pezzetto
del passato del rosso e il passato non si cancella; si può
dimenticare e tenere a mente i ricordi più belli tra vecchi e
nuovi, ma quello resta lì in attesa di essere ricordato e
pronto a ricordare chi si è stati un tempo.
Kidd non
voleva ricordare più di quanto già faceva ma sarebbe
andato lo stesso perché diavolo, lui era forte, era migliore,
era testardo. Era Eustass Kidd e lo avrebbe sbattuto in faccia a
tutti.
E avrebbe tirato fuori da lì Karen. Per sempre.
°°°
Una
volta entrata, Karen si guardò velocemente attorno con gli
occhi mentre avanzava verso quella che era una cattedra; era piena di
fogli, penne documenti e qualche libro, accanto a un piede di essa
c'era una borsa da donna. Ma ciò che più incuriosiva
Karen, era la donna che sedeva dietro la cattedra.
Anche lei
avvolta in un completo da ufficio la cui giacca era sullo schienale
della sedia, portava lunghi capelli neri legati in una coda alta,
pelle chiara e occhi azzurri profondi.
-Ciao. Io sono Nico Robin, tu chi sei?-
-Karen.-
-Piacere, Karen. Ti va di dirci qualcosa in più?-
Ancora spaesata, Karen cercò di non guardare la moltitudine di occhi che si erano posati su di lei. C'erano davvero tanti bambini e tutti la fissavano in attesa che dicesse qualcosa; guardando di sfuggita il foglio che reggeva, Karen sorrise trovando le parole da dire e sperando che bastassero perché davvero non sapeva cosa inventarsi.
-Mi chiamo Karen Eustass, sono stata da poco adottata. Non ho mai frequentato una vera scuola, ho sempre studiato all'orfanotrofio, però spero di trovarmi bene.-
-Sono sicura che ti troverai benissimo, vero bambini?-
-Si, si!-
-Molto bene. Vai pure a sederti là, accanto a Camilla.-
Con un sorriso piccolo che sembrava timido, Karen porse il foglio alla maestra che lo lesse velocemente per poi scrivere ciò che gli interessava sul suo registro. Intanto la mora andò a sedersi nel posto indicatole ovvero sulla terza fila che affiancava il muro con le finestre; accanto a una di queste c'era una bimba col sorriso più grande che avesse mai visto, aveva lunghi capelli biondi stretti in due codine che ricadevano morbide sul petto.
I capelli non troppo lunghi incorniciavano un visino dolce dalle guance piene malgrado il fisico snello, il naso piccolo e due bei occhi verdi come Karen non aveva ancora visto. Fece appena in tempo a posare lo zaino per terra e a slacciare il giubbotto che aveva dimenticato abbottonato dall'ansia, che la bambina picchiettò felice il banco vuoto.
-Dai, dai, siediti!-
Contagiata dalla sua allegria, Karen ridacchiò e posò la giacca sedendosi e tirando fuori il suo astuccio. Forse ci aveva visto giusto: lì dentro si sarebbe fatta degli amici anzi, probabilmente ne aveva già trovato uno. Con un fare furtivo, Camilla si avvicinò al suo orecchio e coprì la propria bocca per impedire agli altri di capire cosa aveva da dire.
-Stiamo facendo storia!-
Complice,
Karen si voltò verso di lei sussurrando un grazie e prendendo
il libro in questione; mentre Camilla diceva la pagina alla mora,
Robin sorrideva divertita non notata dalle due bambine.
Karen
lesse rapida un paio di righe nella mente, riconoscendo gli argomenti
con quelli che aveva studiato e sorrise ancora più felice:
stava andando tutto bene e si, aveva già un'amica.
Angolino Eustassiano_
Buon
salve fanciulle! Eccomi col quarto capitolo! :3
Prima che mi
diciate qualunque cosa, un paio di spiegazioni veloci che vi invito a
leggere attentamente: Kidd e Law, NON si considerano
ancora genitori né considerano ancora Karen come figlia.
Semplicemente io volevo spiegarmi al meglio nella descrizione della
scuola e mi è venuto spontaneo dire figli e genitori, ci ho
pensato in un secondo momento che scrivendola così può
sembrare che Law si veda come genitore. Non è così, è
ancora presto, semplicemente si stanno affezionando.
Seconda cosa:
la scuola che ho descritto in parte è inventata, in parte è
REALE.
Yep.
Mi spiego: io alle elementari sono andata alla Don
Minzoni (bei tempi quelli!) e a mio tempo le lezioni andavano dalle
otto all'una con pausa merenda e pausa pranzo. I miei non potevano
fare tutti i santi giorni i permessi per farmi mangiare, quindi mi
hanno iscritta alla mensa e poi c'erano lezioni di nuovo, stavolta
dalle due alle quattro. I miei uscivano più tardi e mo' che
dovevo fare, aspettare come una scema al freddo fuori? Eh no, c'era
il post-scuola gratuito, garantito dal Comune se non erro.
Fatto
sta che stavo lì a giocare e passare il tempo finché
papà non veniva a prendermi. Mi ricordo che una volta fuori
gli ho detto “ma papà, io giocavo!”. Si, volevo
stare ancora là xD
No, non per giocare, ma per il maestro.
All'epoca ero completamente cotta del mio maestro del post-scuola.
Già. Non sapete quanto ci sono rimasta di merda quando poi è
andato via, ero non depressa ma quasi.
Ora, a distanza di tutti
questi anni non so se funziona ancora così,
i tempi possono anche essere cambiati e anche gli orari e le regole.
Io mi sono basata sui miei ricordi e sulla scuola che ho fatto io, mi
sono ispirata alle mie elementari perché dai, è stato
il periodo più bello della mia vita per svariate ragioni. Il
post-scuola (che io chiamo ancora pomeriggiando :3), i furti che
facevo in mensa (si, hai letto bene, io rubavo il cibo dai piatti
altrui dopo essermi mangiata il mio xD), il maestro... troppa roba,
mi manca.
Ma oibò, lo diciamo qualcosa su questo cappy? No
perché c'è roba e tanta anche!
Insomma, finalmente
arriva il primo giorno di scuola di Karen e nulla, ho preso in
simpatia Camilla (inevitabile visto che mi sono ispirata alla mia
migliore amica xD), Kidd e Law che pensano di adottare Karen,
l'imminente presentazione di Karen a Doflamingo... wow, ho messo un
puttanaio di roba xD
E woooooooo, quanto caspita ho allungato il
mio angolino?! Roger santissimo, sembra un burrone, altro che
angolino! Va beh, allora vi do un'ultima precisazione sulla scuola:
quella reale è diversa. Non la ricordavo con esattezza, mi
ricordavo bene solo un dettaglio, ovvero che la Don Minzoni era
“fusa” in unico edificio con la Pascoli, scuola media.
Infatti all'interno dell'edificio c'è una porta che divide
scuola media da scuola elementare, ma noi logicamente usavamo le
porte esterne.
Vi metto il link per vedere la scuola dall'esterno
:3
E beh, non avevo molto da dire... non so cosa sia successo, ho
detto due cose ed è saltato fuori questo mega angolone di note
xD e va beh. Non aggiungo altro, vi aspetto nell'angolo recensioni!
<3
Alla prossima!
Kiss and Bye
Eustass_Sara
https://www.google.it/maps/place/Scuola+Media+Statale+Giovanni+Pascoli/@45.0103151,8.645711,3a,75y,206.47h,97.97t/data=!3m6!1e1!3m4!1sNufcFwE-q74iK4EI0wzOEA!2e0!7i13312!8i6656!4m2!3m1!1s0x0:0x3c9db72f104e6fa7!6m1!1e1