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Autore: nellad    16/01/2016    4 recensioni
Pochi giorni al Natale, per Jane e Maura un caso dagli insospettabili risvolti
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Un po' tutti
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno
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~~Ok a questo punto della storia, mi piacerebbe avere un vostro parere. Sinceri, ma siate comprensivi, è la mia prima fanfiction.


Constance, la madre adottiva di Maura, suonò il campanello della casa di sua figlia in una fredda mattina di dicembre. Attese qualche minuto, accanto al suo autista che reggeva due grandi pacchi con carta natalizia. Quando ormai iniziava a temere di essere arrivata troppo tardi, la più cara, la sola amica di sua figlia, le aprì.
C: Jane, che piacere vederti. Maura non è ancora pronta? Posso entrare? Lui è Robert, l'autista del professor Isles
Jane ancora un po' turbata per quanto era successo e per la visita di Constance, si spostò per farli entrare.
J: Maura è di sopra, sta finendo di prepararsi. Posso aiutarla? Disse rivolgendosi a Robert.
C: No grazie Jane, ci pensa lui. Lascia i regali sotto l'albero, grazie Robert. È un pensiero mio e di suo padre, un po' in anticipo, visto che saremo già partiti al ritorno di Maura da Washington.
R: l'aspetto all'automobile Signora. E salutando Jane con un cenno del capo, Robert uscì.
Jane pensò, dal saluto rivoltole dall'autista, che questi dividesse il mondo in Signore e ..cenni del capo.

C: che buon profumo di caffè e croissant. Fece  Constance aggirandosi per l'open space che fungeva sia da cucina che da salotto.
C: vi ho forse interrotte? Jane con una mano nei capelli e lo sguardo rivolto alle scale, sperava che Maura scendesse il prima possibile.
J: no, cioè sì, cioè Maura ha preparato la colazione e si è dimenticata che stavi arrivando.
Constance fissava Jane non capendo tutta quella agitazione.
J: non intendevo che si è dimenticata, è  solo un po' in ritardo.
Constance si mise a ridere. Seppur non fosse la madre biologica, l'eleganza Maura l'aveva di certo avuta da lei. In lei come in sua figlia, c'era molto di aristocratico,  ma a modo loro, mai altezzoso, mai scostante, e le loro risa seppur delicate erano coinvolgenti.
J: ok Constance,  che ne dici di un caffè? Disse Jane per uscire dall'imbarazzo.
C: grazie Jane. Jane? Va tutto bene? Con Maura intendo.
Jane che dava le spalle a Constance e le stava versando il caffè,  si bloccò.
C: perché questa partenza improvvisa per Washington? L'altra sera al telefono, mi è sembrata piuttosto strana.
Jane temendo altro, trasse un sospiro di sollievo.
J: si,  va tutto bene, c'è bisogno di Maura per un caso difficile. E non aggiunse che fosse dipeso dal Detective Rizzoli, Maura non si sarebbe mossa da Boston.

Maura le raggiunse. Indossava un completo gonna e maglia strech che metteva in risalto il suo fisico, e un paio di dècolletè con plateau molto alte, che sebbene spledide, a Jane sembrarono poco indicate ad un viaggio in aereo con valige al seguito.
C: chèri sei splendida. Le sorrise la madre.
Le due donne si scambiarono un bacio di saluto sulla guancia.
M: merci maman
C: i regali sono già sotto l'albero, uno ha il fiocco, come piace a te, ok? Ragazze mie ora scappo, tuo padre non apre una conferenza se non mi siedo in prima fila. Maura, stai attenta. E anche tu Jane, di entrambe. Ed uscì.

Rimaste a guardare la porta per un attimo di troppo, sole senza saper che dire, Jane decise di interrompere quella situazione d'imbarazzo.
J: caffè e brioche sono ancora caldi, dovremmo fare colazione, o faremo tardi.
M: si, certo.
Maura sbocconcellava il croissant guardando Jane, che gomiti sul bancone e tra le mani una tazza di caffè bollente, pareva cercare le risposte a molte domande, in quel liquido scuro.
Jane era di certo una bella donna, ma alcuni particolari erano addirittura splendidi, agli occhi di Maura. I capelli indomabili le incorniciavano il viso, le ciglia lunghissime rendevano il suo sguardo decisamente dolce, il collo lungo e sottile le conferiva un aspetto delicato, e poi le braccia, le mani di Jane.
Era decisamente forte Jane, Maura l'aveva vista in più di un'occasione prendere e sbattere al muro qualche facinoroso, ma a vedere quelle braccia così sottili, non si sarebbe detto.
Era sciocco,  ma a Maura piaceva quando l'orologio di Jane, sempre troppo largo, si muoveva sul suo polso, adorava quando il bracciale in argento coi ciondoli, le saliva fino a quasi metà avambraccio, per poi ricadergli sul dorso della mano, trovava ipnotiche quelle dita magre e nervose, e pensò a poco prima, quando quelle stesse dita si erano posate con delicatezza sotto al suo mento per sollevarglielo.
Jane sentiva lo sguardo della dottoressa.
Non le mancava il coraggio per guardarla, era la certezza di non riuscire a trattenersi dal voler ancora quel corpo su di sè, dal possedere quelle labbra che aveva, per un istante, quasi sfiorato.
Il cuore di Jane riprese a correre.
Inutile scacciare le sensazioni di poco prima, o della notte precedente quando, con Maura tra le braccia, si era sentita a casa, nella situazione,  nel ruolo, giusto per lei. Aveva del miracoloso come Maura fosse riuscita a scacciare i suoi incubi peggiori con il solo appoggiarsi della fronte sul suo collo. E coi sui incubi tornò il pensiero alla partenza.
J: dovremo proprio andare Maura. Porto le valige in auto, ok?
Maura ancora persa nei suoi ricordi, tornò alla realtà.
M: sistemo la cucina e arrivo.
Nemmeno un terremoto avrebbe distolto la dottoressa Maura Isles dal lasciare la casa perfettamente in ordine, luci e gas spenti, antifurto inserito.
Jane sorrise pensando a quanto fossero diverse.

 

   
 
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