Libri > Hunger Games
Ricorda la storia  |      
Autore: Kary91    16/01/2016    3 recensioni
[Post-Saga | One-Shot | Gale & Haley (bimba) Mellark | Fluff, Introspettivo]
“Non fa niente se non mi credi: gli adulti non credono mai a niente. Però almeno promettimi che non sarai più triste quando guarderai le stelle” lo pregò a quel punto la bambina, posandogli entrambe le mani sulle spalle. “Anche se ti faranno venire in mente le persone che sono morte. Anche se non ci credi, puoi almeno fare finta di credere che sono sempre con noi, dietro il buio. E ognuna di loro ha la sua stella. Anche noi ce l’abbiamo” aggiunse, dando qualche colpetto sulle spalle di Gale. “Tu ed io. E Joel. E lì ci aspettano tutte le persone che sono già in cielo: come i miei nonni, i miei zii e il tuo papà.”
Genere: Fluff, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Bimba Mellark, Gale Hawthorne
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
- Questa storia fa parte della serie 'Figli del Giacimento - The Hawthorne Family.'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Questa storia si ispira ai prompt "Haley/Gale - Notti Luminose" lasciatomi da Macy McLaughlin e “Haley/Gale – Pensi che assomiglio alla mia mamma?” lasciatomi da Giraffetta per il Girotondo di Prompt di The Capitol.

Questa storia è ambientata a quasi sedici anni di distanza dalla fine della Rivolta: Gale vive da quasi un anno nel Distretto 12 assieme a suo figlio Joel e alla sua fidanzata, Johanna Mason. Rory, Vick e Posy sono cresciuti e hanno dei compagni e dei figli. Haley Mellark è la figlioletta di Katniss e Peeta e in questa storia ha circa 8 anni. La storia si ispira largamente alla canzone “All of the Stars” di Ed Sheeran. Se vi va, ascoltatela durante la lettura!

 

 

«In ogni cosa c'è un'incrinatura. È così che entra la luce.»

Leonard Cohen

 

All of the Stars

 

Era una sera come tante quella in cui la famiglia Hawthorne si riunì nello spiazzo di prato che un tempo aveva ospitato le miniere di carbone. Forse un po’ più luminosa e calda delle precedenti, ma pur sempre una sera qualunque.

Gli adulti della comitiva erano seduti a semi-cerchio su una manciata di coperte e chiacchieravano vivacemente, mentre tenevano d’occhio i figli che giocavano poco distante. Un thermos pieno di the passava di mano in mano, mentre agli estremi del semi-cerchio i due fratelli Hawthorne di mezzo – Rory e Vick – rievocavano alcuni ricordi d’infanzia. Erano i pochi allegri e gioiosi che avevano conservato di quel periodo e questo contribuì a strappare diverse risate ai presenti, in particolare a Danielle – la moglie di Vick – e al fidanzato di Posy, Dru, che non erano cresciuti nel Distretto 12.

Di tanto in tanto i loro discorsi venivano interrotti dall’arrivo di uno dei bambini: i gemellini Adam e Noel, per esempio, non perdevano occasione per atterrare in rovesciata sulle coperte e rubare un bacio alla mamma ogni volta che il loro pallone finiva da quelle parti. La loro irrequietezza venne più volte ricambiata da qualche commento seccato di Johanna Mason che, seduta vicino a Posy al centro del semi-cerchio, aveva sperato fino all’ultimo di potersi liberare almeno per qualche ora di quel clan di demonietti che il suo ragazzo – un po’ troppo  indulgentemente – definiva ‘nipoti’.

C’era solo una persona rimasta in disparte, i gomiti appoggiati alle ginocchia e lo sguardo intento a seguire le corse del figlioletto: Gale aveva l’aria distante,  un sorriso malinconico e il vuoto attorno, assottigliato solo dalla luce insolitamente accesa delle stelle. Non riusciva a sentirsi isolato:  da quella posizione poteva distinguere con nitidezza gli accesi scambi di battute fra Rory e Johanna, che non perdevano mai occasione per battibeccare. E di fronte a lui, Joel e i suoi cugini non perdevano occasione per cercare di attirare la sua attenzione, chiamandolo e correndogli incontro.

Eppure,  era contento di essersi ritagliato un momento da trascorrere in silenzio:  in certe occasioni  le parole – specialmente le sue – lo spossavano senza motivo e finivano per sembrargli di troppo, così preferiva tacere. E in quel momento,  stava vivendo una di quelle occasioni. Perché, anche se agli occhi di molti quella era una serata qualunque, per lui le cose andavano diversamente. Esattamente un anno prima, in quello stesso prato, aveva avvistato una cometa[1] che gli aveva fatto fare inversione di marcia, riportandolo a quella che un tempo aveva considerato casa: il posto in cui era nato e cresciuto.

Era la cometa che suo padre aveva desiderato di vedere sin da quando era ragazzino e forse proprio per quello, in sere luminose come quella, guardando le stelle Gale non riusciva a meno di pensare a lui. Pensava al signor Hawthorne e a tutte le persone che come lui non avevano più una luce propria, spesso a causa d’altri. Spesso perché qualcuno li aveva spento brutalmente: e a volte, sebbene  indirettamente, quel qualcuno era stato lui.

Le sue riflessioni vennero interrotte da due palmi sottili appoggiati alle sue palpebre.

“Indovina chi sono?” esclamò una vocetta allegra.

Un sorriso indulgente nascose un po’ della malinconia dal volto di Gale.

“Probabilmente una principessa…” rispose, sollevando la testa per incontrare lo sguardo della persona che gli aveva coperto gli occhi. “… O magari una cometa[2]?”

La prima cosa che vide, quando il suo campo visivo venne sgombrato, fu un paio di iridi azzurre, incorniciate da disordinate ciocche corvine. Il visetto sbarazzino di Haley Mellark comparve alla sua destra, mentre la bambina si sedeva sorridendo di fianco a lui: i suoi genitori e il suo fratellino erano rimasti a casa per una serata in famiglia, ma lei aveva insistito così tanto per uscire  con gli Hawthorne che Katniss alla fine era stata costretta a lasciarla andare. Era difficile togliere dalla testa di Haley qualcosa a cui teneva particolarmente e per la ragazzina ogni occasione era buona per stare in compagnia della famiglia Hawthorne, della quale facevano parte entrambi i suoi migliori amici.

“Che fai tutto solo, papà di Joel?” domandò Haley, incrociando le gambe e sistemandosi una coperta a quadri sulle spalle a mo’ di mantello. “Stai cercando una stella cadente?”

Il pilota indirizzò un’occhiata serena al figlioletto, che stava giocando a una strana variante di Nascondino con i cugini più grandi, e scosse la testa.

“Non ho fortuna con quelle” ammise, tornando a voltarsi verso la bambina. Non era del tutto la verità: una sera di qualche mese prima, proprio in quel punto, aveva visto una stella cadente. Non gli piaceva notarle: non era mai riuscito a spiegarsi il perché, ma gli mettevano tristezza.

“Neanche io ne ho viste molte” rivelò Haley, facendo spallucce. “Peccato, perché sono veramente belle. Qualcuna però mi è capitato di vederla” proseguì poi, ravvivando la sua espressione. “E a te?”

“Un paio” replicò Gale, guardando verso l’alto. “Soprattutto da piccolo.”

“E cosa pensavi quando le vedevi?” domandò la bambina, cercando di annodarsi al collo la coperta.

Gale aggrottò le sopracciglia: era una domanda insolita, la sua. D’altronde, però, era abituato a quel genere di richieste da parte sua.

“Non ricordo a cosa pensassi da bambino. Adesso, capita che mi facciano pensare alle persone che non ci sono più” ammise, parlando in tono di voce neutro. “Quelle di cui sento maggiormente la mancanza.”

Ed era vero, anche se il pensiero di esserselo fatto scivolare fuori dalle labbra lo lasciò perplesso: non ne aveva mai parlato con nessuno.

Eppure erano anni che i cieli luminosi, la luna e le sue stelle lo tormentavano, facendo echeggiare alle sue orecchie suoni, risate e frasi di alcune fra le persone che aveva perso.

Le stelle avevano il suono della voce roca e scherzosa di suo padre, che da ragazzo era stato convinto di poter cambiare il mondo solo avvistando una cometa.

Avevano la risata malandrina di Aris[3], il piccolo ribelle del Distretto 2: il ragazzino che gli aveva ricordato quanto fosse importante battersi con le unghie e con i denti pur di difendere i propri ideali. Aris che aveva imparato ad amare le stelle grazie a Posy e che era morto a tredici anni, ucciso da quell’altruismo che aveva sempre cercato di nascondere.

Il cielo stellato, ogni tanto, risuonava anche dei sussurri di conforto di Prim, che voleva bene al cielo tanto quanto Posy: risuonava delle rassicurazioni che da piccola l’avevano protetta, ma che crescendo aveva imparato a utilizzare per proteggere a sua volta. Eppure, proprio come era accaduto ad Aris a diversi anni di distanza, il suo istinto a proteggere aveva finito per ucciderla.

Haley dapprima assunse un’espressione dispiaciuta, per poi scuotere la testa.

“Lasciatelo dire, papà di Joel” esclamò infine, posandogli una mano sull’avambraccio. “Ogni tanto sei proprio strano. Non te l’ha mai detto nessuno che quando si vede una stella cadente bisogna pensare a un desiderio da esprimere?”

Il pilota abbozzò un sorriso.

“Non ho mai creduto a questo genere di cose” ammise, passandosi una mano dietro una nuca. “Ma se mi capiterà ancora di avvistarne una, prometto che terrò da parte il desiderio per te, così potrai utilizzarlo.”

Gli occhi di Haley brillarono di gratitudine e il suo sorriso si fece più vispo.

“Allora esprimerò un desiderio per te, così non sarai più triste quando guarderai le stelle.”

Ancora una volta, le parole della bambina sorpresero Gale.

“Chi ha mai detto che le stelle mi rendono triste?”

La ragazzina gli rivolse un’occhiata furba.

“Non l’hai detto, però si capisce che è così. Basta guardare la tua faccia: non sembri felice.”

Il pilota scosse la testa.

“Ne abbiamo già parlato, Hales: questa è la mia espressione di sempre, ma non significa che sia sempre triste.”

“E invece no!” ribatté pronta la bambina, mettendosi a braccia conserte. “Hai la faccia ancora più triste del solito. E poi l’hai detto tu che le stelle ti fanno pensare alle persone che non ci sono più!” gli ricordò.

A questa affermazione, Gale non riuscì a rispondere: Haley aveva ragione.

“Però la vuoi sapere una cosa?” chiese la ragazzina, sollevando lo sguardo per fissare il cielo.

Gale sospirò.

“Spara.”

“Certe volte anche a me vengono in mente i morti, quando guardo le stelle” ammise, strizzando gli occhi per poterle osservare meglio. “Non quelle cadenti: quelle normali, che brillano ma se ne stanno ferme al loro posto. E a volte quando ci penso mi sento triste, perché mi accorgo che sono davvero lontanissime da noi.”

Istintivamente, allungò una mano per stringere quella di Gale. Il pilota le rivolse un’occhiata indagatrice, preoccupato al pensiero di averle trasmesso quel moto di malinconia di avvertiva, ma la bambina non sembrava turbata.

“Eppure le stelle ci conoscono” rivelò con un po’ di impaccio, spolverando un vecchio ricordo d’infanzia. “Sai, quand’ero piccolo mio padre – il nonno di Joel – mi diceva sempre che le stelle sanno la storia di ciascuno di noi, perché sono le fiabe che raccontano alle loro piccole per farle addormentare all’alba.”

Haley distolse la sua attenzione dal cielo e gli rivolse un’occhiata affascinata.

“Ma allora ha tutto senso!” esclamò all’improvviso, balzando in piedi per l’entusiasmo. “Lo sai, papà di Joel, io ho una teoria. Posso dirtela?” chiese poi trafelata, prima di tornare a sedersi di fianco a lui. Non attese la risposta di Gale: partì subito con la sua spiegazione.

“Sai, io penso che il buio in realtà sia rotto in tanti piccoli pezzettini e che in mezzo ad ogni pezzo ci siano tipo delle crepe. Da quelle crepe si vede tutta la luce che c’è dietro il buio. Ed è lì che stanno le stelle!”

Haley parlava con l’euforia che la sorprendeva ogni volta che era entusiasta per qualcosa – il che, fu sorpreso ad ammettere con un mezzo sorriso, capitava spesso.

“Le stelle sono un po’ come delle finestre nel buio e attraverso di loro possiamo vedere tutta la luce che c’è dietro. Le persone che sono morte, secondo me, stanno lì, Gale: dentro a quella luce. E le stelle imparano le nostre storie da loro, perché gliele raccontano. Forse c’è una stella-finestra per ognuno di loro e qualche volta ci guardano attraverso per vederci!”

Il vortice di parole di Haley era sempre più articolato e Gale non aveva idea di come fare per interromperlo. Non che volesse fermare la sua inventiva, ma si accorse di sentirsi molto a disagio nell’ascoltarle. Era strano, per un adulto come lui, essere l’interlocutore di un discorso così fantasioso. Suo fratello Vick, da sempre un grande sognatore, probabilmente non avrebbe avuto problemi a sostenere quella conversazione e nemmeno Posy. Ma lui e Rory erano i due razionali della famiglia: quelli  fin troppo realisti, con i piedi ben piantati per terra. Gli riusciva difficile anche solo complimentarsi con Haley per la sua idea sulle stelle.

I miei nonni ormai sono quasi tutti lì e  anche i miei zii” stava proseguendo con il discorso la bambina, additando il cielo con entusiasmo. “Zia Prim, per esempio, secondo me è dentro quella stella. La vedi? Quella più luminosa. E anche il nonno di Joel è da quelle parti. E perfino Ranuncolo!”

Un lieve sorriso malinconico tornò a piegare le labbra dell’uomo nel sentir nominare il vecchio gatto di casa Everdeen.

“A Ranuncolo le luci piacevano parecchio” le rivelò, facendole una carezza sui capelli.
“Si troverebbe bene da quelle parti.”

L’espressione della piccola si fece, se possibile, ancor più raggiante.

“Allora mi credi?” chiese, alzandosi sulle ginocchia per poter essere alla sua altezza.

Gale esitò; tornò a guardare Joel, che aveva smesso di giocare a nascondino e stava cercando di acchiappare qualche lucciola in compagnia dei suoi cugini.

La bambina sospirò.

“Non fa niente se non mi credi: gli adulti non credono mai a niente. Però almeno promettimi che non sarai più triste quando guarderai le stelle” lo pregò a quel punto, posandogli entrambe le mani sulle spalle. “Anche se ti faranno venire in mente le persone che sono morte. Anche se non ci credi, puoi almeno fare finta di credere che sono sempre con noi, dietro il buio. E ognuna di loro ha la sua stella. Anche noi ce l’abbiamo” aggiunse, dando qualche colpetto sulle spalle di Gale. “Tu ed io. E Joel. E lì ci aspettano tutte le persone che sono già in cielo: come i miei nonni, i miei zii e il tuo papà.”

Qualcosa di pesante e fastidioso si ancorò all’altezza del petto di Gale. Un dolore sottile, leggero, gli schiacciò lo sterno e la gola gli si fece secca.

“Ma lo sai che sei proprio una ragazzina in gamba?” riuscì a mormorare infine, sfiorandole una guancia con dolcezza. “Riusciresti a vendere della carta a quelli del Distretto 7, se solo lo volessi.”

Haley arrossì leggermente, un sorriso compiaciuto a illuminarle ulteriormente il volto.

“Magari allora un giorno riuscirò anche a sposarti![4]” esclamò poi con fare sbarazzino, nascondendo parte del viso sotto la coperta.

Gale si passò una mano fra i capelli con fare impacciato.

“Pensavo che questa tua fissazione per me ti fosse passata” le ricordò, punzecchiandole un fianco con l’indice.

Haley si strinse nelle spalle e nascose anche il resto della testa sotto il plaid.

“Un po’ sì, ma non del tutto!” ammise, parlando attraverso il tessuto. “Ehi, papà di Joel!” esclamò infine, emergendo di nuovo. “Secondo te assomiglio alla mia mamma?”

Gale le rivolse l’ennesima occhiata interdetta.

Nonostante conoscesse quella bimbetta ormai da un anno, non si era ancora abituato del tutto alla facilità con cui era in grado di passare di palo in frasca in pochi secondi.

Con un sospiro rassegnato, cercò di frapporre la figura di Haley a quella della madre. Le somiglianze fisiche fra la bambina e Katniss erano innegabili, proprio come quelle esistenti fra lui e suo figlio. Haley aveva la carnagione olivastra e i capelli scuri e lisci del Giacimento, ma c’era qualcosa di diverso nel suo volto che probabilmente dipendeva dagli occhi, ereditati da Peeta: non aveva l’aria cauta e fiera tipica dei bambini che un tempo avevano popolato la zona in cui viveva. Il suo sguardo era solare, sbarazzino e senza filtri. Parlava e si muoveva senza mai nascondere nulla di quello che portava dentro, un po’ come il padre, ma soprattutto come se stessa. Perché Haley era semplicemente Haley:    una virgola di vivacità in mezzo a tutti i punti fermi che la circondavano. Haley era l'incrinatura nel buio dei suoi genitori, quella attraverso cui Katniss, Peeta e persino Joel intravedevano la luce delle stelle.

E, in momenti come quello, anche lui.

"Di certo sei testarda come lei” decise di commentare infine, scuotendo giocosamente la treccia della bambina.

Haley roteò gli occhi, visibilmente delusa: quella reazione gli strappò un sorriso divertito.

"Ma sono anche un po’ bella?" chiese infine, tornando a nascondersi nella coperta. "Bella come lei?"

Le parole di Haley riuscirono a intenerirlo; non ne era certo – Haley gli era sempre sembrata piuttosto sicura di sé - ma di tanto in tanto gli era parso di cogliere un barlume di titubanza nei momenti in cui la bambina si paragonava alla madre.

"Sei senz’altro una delle bambine più carine del Distretto 12…” la rassicurò infine, sforzandosi di apparire il più serio possibile. "… Assieme alle mie nipotine. Parola di ex-soldato dell’Aeronautica."

Il sorriso della bambina emerse da sotto un lembo del plaid e in breve tempo anche il resto del suo volto riapparve: era tornata raggiante.

"Forse è perché mi chiamo come una cometa” azzardò, intrecciando le dita dietro la nuca. “Le comete sono un po' come delle stelle, eh? E le stelle sono sempre belle."

“Direi di sì” approvò il pilota, ricambiando il suo sorriso.

La fissò qualche istante, mentre la bimba tornava a sollevare lo sguardo verso l’alto, e infine decise di imitarla.

"Posso dirti una cosa, Gale?” esclamò dopo qualche minuto Haley, senza distogliere lo sguardo dal cielo.

L’uomo si limitò ad annuire.

“Sai, secondo me le stelle sono illuminate perché così è più facile trovarle. E così magari ognuno un giorno potrà trovare la sua. [5]."

La sua affermazione galleggiò morbida sopra di loro per qualche istante, attendendo con pazienza che Gale l’assorbisse a pieno.

“E con ognuno voglio dire proprio ognuno: tutti noi, perfino Baker” aggiunse, menzionando il suo gattino. “Così, un giorno, saremo di nuovo tutti insieme, solo che saremo dall’altra parte del cielo: dove sta tutta la luce.”

Ancora una volta, Gale avvertì la confusa sensazione di dolore che aveva provato poco prima. La gola tornò a bruciargli.

"E se uno si perde?” mormorò infine, il tono di voce improvvisamente rauco.

Haley si voltò verso di lui, un improvviso lampo di tenerezza a illuminarle il volto. Gli apparve più grande, in quel momento: non ricordava sua madre, però; sembrava solo più grande.

“Allora le stelle lo riporteranno a casa” dichiarò con decisione, tornando a stringergli la mano. Questa volta il pilota ricambiò la stretta. Il peso fastidioso all’altezza del petto era ancora lì – come sempre –  ma a quello, d’altronde, ci aveva ormai fatto l’abitudine.

Eppure si sentiva stranamente meglio, rispetto a poco prima. La notte luminosa che lo circondava gli sembrava meno minacciosa e più amichevole, quasi confortante. Fin da bambino aveva sempre temuto la luce  più della notte: il buio nascondeva gli orrori del giorno e tutti gli sbagli, mentre la luce li metteva a nudo e non le si poteva sfuggire.

Quella sera, però, le stelle erano dalla sua parte.

Erano anni che smarrito la via verso un luogo che gli appartenesse per davvero eppure, per qualche minuto, si sentì come se l’avesse ritrovata.

Per qualche istante si sentì a casa e a condurlo lì erano state le stelle: capitanate da una Cometa.

 

 

So open your eyes and see

The way our horizons meet

And all of the lights will lead

Into the night with me

And I know these scars will bleed

But both of our hearts believe

All of these stars will guide us home

All of the Stars. Ed Sheeran

 

Note Finali.

Ho ascoltato All of The Stars per caso, una volta, e me ne sono innamorata subito. Inizialmente volevo scriverci su qualcosa pre-saga, ma quella rompipalle di Hales mi mancava e alla fine non sono riuscita a resistere e l’ho buttata dentro al racconto. Gale e Haley nelle mie altre storie incentrate su di loro hanno questo rapporto particolare – uno pseudo miscuglio fra un’amicizia e un rapporto zio/nipotina – e ho sempre immaginato che lui trattasse la piccola sempre un po’ con quella dolcezza che ai tempi riservava solo per Catnip ( e che adesso riserva soprattutto al suo figlioletto). La citazione del Piccolo Principe l’ho inserita per continuare la serie di Gale!centric ispirate appunto ad alcune frasi del libro omonimo: “Quarantatré” e “Se tu mi Addomestichi”.

 

E niente, grazie infinite a chiunque sia passato a leggere questa storia! Significa molto per me!

Un abbraccio e a presto!

Laura



[1] Gale si riferisce alla cometa di Halley (la storia della cometa, della famiglia di Gale e di quella di Katniss viene raccontata nella serie incentrata appunto sulla storia della cometa di Halley).

[2] In “Comete, Principesse e Anime Gemelle”, Haley spiega a Gale che essere chiamata principessa le piace molto. Per quanto riguarda la cometa, Joel (il figlio di Gale) chiama Haley proprio Halley, visto che il suo nome ricorda molto quello della cometa.

[3] Aris e la sua storia sono stati raccontati nella one-shot “Guerriero”.

[4] Haley ha da sempre una piccola *coff coff* grande *coff coff* cottarella infantile per Gale.

[5] Passaggio riadattato tratto dal “Piccolo Principe”, di Antoine de-Saint Exupèry.

   
 
Leggi le 3 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Hunger Games / Vai alla pagina dell'autore: Kary91