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Autore: blackmiranda    17/01/2016    5 recensioni
*INCOMPIUTA* Sette anni dopo la battaglia contro Deep Blue, una nuova minaccia si profila all'orizzonte. C'è solo un problema: le Mew Mew hanno definitivamente perso la loro mutazione e non possono più trasformarsi. Di conseguenza, Ryou è costretto a creare una nuova squadra di combattenti.
Riusciranno le nuove ragazze a sopportare il peso della loro missione e ad uscire a testa alta dal confronto con Ichigo, Minto, Retasu, Purin e Zakuro? E chi c'è dietro a questi nuovi attacchi alla Terra?
I nostri eroi saranno costretti ad affrontare un passato dimenticato e un futuro incerto, riscoprendo, passo dopo passo, l'amicizia e l'affetto che li legavano un tempo.
(Anche se dall'introduzione può non sembrare, in questa storia sono presenti tutti i personaggi dell'anime, più qualche "new entry". Mi impegno a dare a tutti loro il giusto spazio, magari sotto una luce diversa).
Era incredibile come nessuno di loro tre fosse riuscito ad essere immune al fascino di quelle umane ibridate. Cosa avevano mai di così speciale, da farli cadere ai loro piedi in quel modo vergognoso? Che diamine di sortilegio avevano gettato su di loro?(Cap.28)
Genere: Azione, Drammatico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo Personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
Capitoli:
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29. Far apart






Purin incrociò le braccia dietro la testa, saggiando con le nocche la consistenza spugnosa dell’asciugamano rosso sotto di sé. Taruto non aveva voluto teli o asciugamani che fossero, preferendo stendersi direttamente sull’erba ghiacciata. “Sono abituato a ben altro.” aveva scherzato, lanciandole un’occhiata complice, dopodiché aveva preso a fissare la volta celeste sopra di loro.

Si erano dovuti allontanare parecchio dalla città per poter ammirare le stelle, ma grazie al teletrasporto di Taruto il viaggio non era durato che un istante. Purin non avrebbe saputo dire da quanto tempo erano sdraiati uno di fianco all’altra, muti, ad osservare il cielo.

Tutto quello che sapeva era che non avrebbe desiderato essere da nessun’altra parte.

Sbatté le palpebre, cercando di godersi lo spettacolo della volta celeste meglio che poteva. Si chiese quanto aliene potessero sembrare le stelle terrestri a Taruto. “Anche voi avete le costellazioni?” gli chiese all’improvviso, girando leggermente la testa verso di lui.

“Hm.” rispose lui, annuendo appena. “La prima volta che le ho viste è stata quando sono partito per la Terra.” Fece una pausa, corrugando la fronte. “Quella è Orione, vero?” chiese poi, indicando una sequenza di tre stelle luminose alla loro sinistra.

Purin esitò un attimo prima di rispondere. “Credo di sì. È quella che assomiglia ad una caffettiera, vero?”

L’alieno abbassò il braccio. “Ehm…cos’è una caffettiera?” chiese, una punta di imbarazzo nella voce.

Purin ridacchiò. “Altra cosa da aggiungere alla mia lista: farti provare il caffè.”

“Mi sa che prima o poi troverai qualcosa a cui sono allergico, e allora ci lascerò le penne…” fece lui in tono esasperato, girandosi di nuovo a guardarla.

Lei si mise su un fianco, le ginocchia leggermente piegate, la guancia destra appoggiata al palmo della mano. “Beh, finora è andata bene. E poi, non è meglio che mangiare le porzioni liofilizzate che vi siete portati dietro dal vostro pianeta?” chiese, sogghignando, gli occhi nocciola fissi in quelli di lui.

Taruto fece una smorfia, incrociando le braccia al petto. “Devo ammettere che su questo hai ragione. Il cibo non è per niente male, qui da voi.”

Purin ammiccò. “Abbiamo un sacco di belle cose, qui.” E vorrei mostrartele tutte quante, pensò, evitando però di dirlo ad alta voce.

“Anche da noi ci sono un sacco di belle cose.” ribatté lui, ignaro di ciò che le passava per la testa. “Una volta finita la guerra, tornerà tutto come dovrebbe essere.” aggiunse in tono determinato.

La ragazza si sistemò il berretto di lana sulla fronte. “È stata dura, in questi anni?” chiese, augurandosi di non essere troppo invadente.

Taruto corrugò la fronte, incerto su cosa dire. “Sai…” esordì dopo un attimo di silenzio, “la cosa che mi fa veramente arrabbiare è che andava tutto bene…stava andando tutto bene. E poi sono arrivati loro a rovinare tutto. Per cui…sì, è stata dura.” Il ragazzo chiuse le mani a pugno. “Non hai idea di quanto li detesti. Vorrei vederli tutti…” Si interruppe, lanciandole un’occhiata dispiaciuta. “Scusa. Lascia stare.” borbottò, ritraendosi impercettibilmente.

Purin distolse lo sguardo, mortificata. Non sapeva bene cosa dire…forse avrebbe fatto meglio a non sollevare la questione. In fondo, cosa poteva saperne lei? Cosa avrebbe dovuto dirgli? Che l’odio che provava non gli sarebbe servito a nulla? Eppure, anche lei aveva odiato, e per certi versi poteva capire come si sentiva.

“È comprensibile, quello che provi.” si lasciò sfuggire, forse un po’ troppo cupamente. “Voglio dire, io detesto mio padre, quindi…” aggiunse con un mezzo sorriso, cercando di sdrammatizzare.

Taruto sollevò un sopracciglio. “Davvero? Come mai?”

Lei continuò a sorridergli, sforzandosi di mascherare i sentimenti negativi che la figura di suo padre le trasmetteva ogni volta che ci pensava. “Ci ho messo davvero tanto a rendermi conto di quanto ci abbia trattati male, a me e ai miei fratelli. Ci ha abbandonati qui, se ne è lavato le mani e non si è interessato a noi per anni. Io ho dovuto prendermi cura da sola di Heicha e degli altri, e la cosa bella è che all’epoca non mi pesava affatto, perché non mi ero mai soffermata a pensarci su. Me ne sono resa conto solo dopo, sai…crescendo.”

Buttò fuori quella specie di confessione tutto d’un fiato, senza quasi rendersene conto, e fu come liberarsi di qualcosa di viscido e gelido che – sentiva – le strisciava dentro da molto tempo. In tutta onestà, non avrebbe saputo dire se detestasse di più l’uomo che era suo padre o il modo in cui la faceva sentire pensare e ripensare a lui e a come aveva finito per comportarsi da quando sua madre era morta.  

Taruto la osservò con quello che le sembrò rispetto misto a dispiacere, ma non commentò, e quasi gli fu grata per questo. Nessuno dei due aggiunse altro, e per un po’ tornarono semplicemente a fissare il cielo, lui supino, lei in posizione fetale sul fianco destro, il viso appoggiato sulle mani, impegnata nel cercare di scacciare i brutti pensieri. Decise di focalizzarsi su altro. Il suo sguardo vagò pigramente sul paesaggio rurale attorno a loro, ma ben presto si posò di nuovo su Taruto, sui suoi lineamenti appena percepibili nella penombra e su quegli occhi straordinari, che brillavano nel buio come quelli dei gatti. Si ritrovò a trattenere il fiato, inconsciamente, per evitare che le nuvolette di vapore acqueo la tradissero.

Erano vicini, ma comunque a distanza di sicurezza, in un precario equilibrio che nessuno dei due sembrava avere il coraggio di spezzare.  
Non riusciva a dare un nome a quello che provava, realizzò d’un tratto. Si era sempre sentita incuriosita da lui, quasi attirata come un pezzo di ferro ad un magnete. Da bambina, aveva provato un sentimento fortissimo, per lui. Profondo affetto, senza dubbio…e anche in quel momento, dopo tanti anni di silenzio, provava affetto nei suoi confronti, e fiducia – altrimenti non gli avrebbe confessato la terribile verità su suo padre: solo Retasu, oltre ai suoi fratelli, sapeva quanto lo detestasse.

Le era venuto così naturale, dirglielo. Semplicemente, dirglielo.

Aveva le farfalle nello stomaco. Avrebbe tanto voluto baciarlo di nuovo…era la sensazione più bella che avesse mai provato…

…ma era amore, quello? Purin non lo sapeva proprio. Se quella fosse stata una domanda in un’interrogazione, era certa che avrebbe fatto scena muta. Era innamorata di quello strano ragazzo volante, tornato sulla Terra dopo tanti anni per mera necessità..?  

“Purin, stai bene?” le fece lui d’un tratto, guardandola con la coda dell’occhio.

La ragazza si riscosse, sorridendo appena. “Sì…ho solo un po’ freddo.” ammise, alitandosi sulle mani. Le punte delle dita le si stavano congelando, in effetti, così come l’estremità del naso.

Taruto fece una smorfia. “Forse non è stata una buona idea, stare all’aperto di sera…”

Purin scosse la testa. “No, è stata un’ottima idea, invece. È…bellissimo qui.” Gli sorrise apertamente e lui parve convinto delle sue parole. Ricambiò il sorriso, un po’ impacciato, e tornò a fissare il cielo.

Chissà se lui provava la stessa cosa nei suoi confronti, si chiese con un mezzo sorriso. Avanzò di qualche centimetro, finendo al limite del telo. “Ti do fastidio?” gli chiese, cercando un contatto visivo. Lui le lanciò un’occhiata imbarazzata, ma scosse la testa.

Il cuore prese a batterle più forte, mentre, improvvisamente decisa a rischiare, gli si avvicinava ancora un po’, fino ad arrivare a sfiorare i fili d’erba con la spalla. Sì, voleva stargli vicino, voleva condividere con lui tutto quello che conosceva, tutto quello che rendeva piena e felice la sua esistenza, e anche quello che la rendeva triste, o che la faceva arrabbiare. Stava così bene, insieme a lui…

Eppure, nel profondo, era come se ci fosse qualcosa che stonava, con cui Purin sentiva di essere in muto conflitto: la sensazione di stare giocando con il fuoco, forse, o di stare facendo il passo più lungo della gamba..?

Ancora una volta, scacciò il pensiero fastidioso.

Socchiuse gli occhi e gli scoccò un bacio sulla guancia, accoccolandosi al suo fianco.

“Purin…” mormorò Taruto, quasi sospirando nel mentre.

La ragazza sollevò appena la testa da terra. “Sì?”

Taruto si girò verso di lei con tutto il corpo, un’espressione grave dipinta in viso. Erano uno di fronte all’altra, talmente vicini che i loro respiri si mescolavano…“Ti ricordi il discorso che ho fatto la sera di Natale? Sul fatto che per noi…l’amore è una cosa molto seria?” le soffiò il ragazzo sulle labbra, gli occhi socchiusi.

Purin avvertì una piacevolissima stretta allo stomaco, le guance che friggevano. Annuì, il sangue che le rombava nelle orecchie, in trepidante attesa di quello che stava per dirle…o per farle

L’alieno parve esitare, poi si scostò, alzandosi improvvisamente a sedere.

Dopo un attimo di perplessità, Purin lo imitò. Non capiva dove volesse andare a parare, ma aveva sperato in un bacio, e il fatto di non averlo ricevuto la intristì.

Taruto allungò la mano destra a stringere la sua, guantata. “Credo di essere sul punto…” esordì, ma si bloccò, quasi indispettito, umettandosi le labbra. “Io…io credo di stare per innamorarmi di te.” confessò alla fine, guardandola di sottecchi.

Purin lo fissò con gli occhi sgranati, ammutolita. Una serie di emozioni la attraversarono in meno di un secondo: sorpresa, gioia, stupore, incredulità…panico.

Sussultò quasi impercettibilmente. Perché aveva improvvisamente paura?, si chiese, mentre le si chiudeva la gola. Aveva appena detto di essere innamorato di lei…quasi faticava a crederci…

Taruto incrociò le gambe, intrecciando le dita della mano a quelle di lei. “Ecco, io…pensavo…quando tutto sarà finito, cosa faremo? Perché anche volendo, non credo che potremmo sposarci. E dove vivremmo? Io dovrei tornare a casa, e tu…”

Purin ritrasse la mano lentamente, sgomenta. “Cosa? Sposarci..?” balbettò, incredula.

Lui annuì, confutando la possibilità che la ragazza avesse sentito male. La fissava, improvvisamente adombrato, come se si aspettasse qualcosa. Una risposta, probabilmente, ma Purin non aveva risposte da offrirgli, solo domande che oscillavano tra l’incredulo e lo sconvolto.

In un flash, la figura alta e imponente di Yuebin le attraversò la mente, e fece del suo meglio per ricacciarla nell’angolo da cui era uscita.

Taruto corrugò la fronte, manifestatamente deluso dalla sua reazione. “Non vuoi sposarmi, vero?” mormorò, abbassando lo sguardo. “Avrei dovuto immaginarlo…”

Purin dovette sforzarsi per far uscire la voce. “Ta…taru-taru, aspetta un attimo! Che discorsi fai? Mi parli di matrimonio, così di punto in bianco…insomma, io…come ti aspetti che dovrei reagire?” esclamò con voce tremante, un sorrisetto nervoso dipinto sulle labbra. Si augurò con tutta sé stessa che si trattasse di uno scherzo. Doveva essere uno scherzo…era troppo ridicola, come cosa…

L’alieno scosse la testa. Aveva le orecchie abbassate, notò lei, come un cane bastonato. Le si strinse il cuore. “Sto solo cercando di capire come conciliare tutto questo!” replicò lui. “Non siamo più bambini, Purin. Io devo sapere come finirà questa storia, perché altrimenti…” si interruppe di nuovo, in preda ad un evidente nervosismo, e scivolò in piedi, fluttuando a qualche centimetro da terra.

“Altrimenti cosa?” replicò lei, alzandosi in piedi a sua volta, le lunghe trecce bionde oscillanti sulle spalle.

Si osservarono in silenzio per qualche istante, lei incredula, lui improvvisamente sulla difensiva.

“Altrimenti cosa?!” ripeté Purin, alzando la voce. Le sue parole parvero echeggiare nel vuoto della notte. Il sorriso sulle sue labbra era scomparso.

Ti ricordi il discorso che ho fatto la sera di Natale? Sul fatto che per noi…l’amore è una cosa molto seria?
 
“Ascoltami, io…” esordì Taruto, dopo aver preso un paio di respiri profondi. “Devi capire che per noi è diverso. Per me è una cosa tremendamente seria, questa.”

“E per me, credi che non lo sia?” replicò lei, i pugni serrati lungo i fianchi.

Il ragazzo sospirò tristemente. “Non allo stesso modo.”

Fu come ricevere una stilettata in pieno petto. L’aria fuggì dai suoi polmoni; si sentiva soffocare.

Ma la cosa peggiore, molto più che sentirsi improvvisamente così vulnerabile, e messa alle strette, e sotto accusa…era che non se la sentiva di dargli completamente torto. Distolse lo sguardo, gli occhi che le si inumidivano. “Io ho solo diciassette anni. Non ero pronta a sposarmi quando ne avevo dieci e - sai che c’è - non lo sono nemmeno ora!” fece, la voce che le si riempiva di livore. “E non credo ci sia niente di strano in questo!”

Improvvisamente era furente. Cosa diamine pretendeva, da lei? Le sembrava di essere destinata a combattere tutta la vita contro la nozione stessa del matrimonio.

Non erano molte le cose capaci di spaventarla, doveva ammetterlo, ma l’idea di sposarsi era tra queste. Era una prospettiva che la atterriva. Aveva lottato anima e corpo per impedire il matrimonio combinato con Yuebin, ed esserci riuscita l’aveva riempita di orgoglio e gioia. Il matrimonio è la tomba dell’amore, pensò, e non sapeva bene da dove provenissero quelle parole, né da chi le avesse sentite.

D’un tratto, tutto le sembrò incredibilmente pesante. Fissò il ragazzo, l’alieno, che si trovava di fronte. Non riusciva a credere che l’avesse messa con le spalle al muro a quel modo.

Tirando rabbiosamente su col naso, puntò lo sguardo a terra.

“Mi dispiace…” fece lui con un filo di voce.

Nessuno dei due si mosse. Purin si lasciò sfuggire un verso a metà tra uno sbuffo e una risata. “Tutto questo è ridicolo.” sbottò, lo sguardo vacuo ancora fisso sull’erba.

E rimasero così, sgomenti, le spalle curve, separati da appena pochi metri di brina e un asciugamano rosso stropicciato.
 

***

 
Suika emerse dalla doccia in una nuvola di vapore profumato, si asciugò e si vestì già con il pigiama, dato che da lì a poco sarebbe dovuta andare a dormire. Era un pigiama di quelli di flanella, pesante, l’immagine di un orsetto rosa che occupava gran parte della maglia.

La ragazza afferrò un asciugamano e prese a frizionarsi vigorosamente i capelli, dopodiché acconciò l’asciugamano a mo’ di turbante sulla testa e uscì dal bagno, in cui l’umidità e la temperatura avevano raggiunto un livello a dir poco soffocante.

Attraversando il salotto, diede la buonanotte a sua madre e a sua sorella, che stavano guardando uno show alla televisione.

Si chiuse la porta della camera da letto alle spalle e riprese a frizionarsi i capelli. La cosa che amava dei capelli corti, rifletté con una punta di soddisfazione, era che non c’era davvero mai bisogno di asciugarli con il phon, ed erano estremamente pratici da portare.

Una serie di pigolii misti a rumori elettronici attirò la sua attenzione, e d’un tratto si accorse che Nao, sdraiato nel bel mezzo delle coperte disfatte del suo letto, stava giocando con una pallina di pelo rosa che riconobbe essere Masha, il robottino di Shirogane.

“Nao-chan, cosa combini? Lascialo stare!” esclamò Suika in tono bonario, ridendo sotto i baffi. Il gattino nero teneva saldamente Masha con le zampe anteriori, mentre con le posteriori lo graffiava; inoltre, alternativamente mordicchiava e leccava una delle orecchie rosa del piccolo robot. Masha si lamentava, cercando di divincolarsi come poteva, ma il gatto non sembrava intenzionato a mollare la presa. Vicino a lui, il vecchietto della casa, Ichiro, osservava la scena con un occhio semichiuso.

“Uuuhh…lasciamiiii…” protestava il robottino con la sua vocina acuta, sbattendo le ali a vuoto.

Suika si avvicinò, allungando la mano. “Adesso basta, Nao-chan, su!” ordinò, afferrando delicatamente Masha nel tentativo di sottrarglielo. Il gattino però non fece altro che affondare ancora di più gli artigli nel pelo rosa confetto, guardandola male con gli occhioni blu.

La ragazza sospirò, afferrando una delle sue felpe preferite, che giaceva sullo schienale della sedia di fronte alla scrivania, e fece oscillare uno dei laccetti di fronte al muso del gatto. La strategia funzionò e Masha riuscì a liberarsi, mentre l’attenzione di Nao veniva catalizzata dal laccio. Il robottino svolazzò per la camera, emettendo dei pigolii che Suika interpretò come versi stizziti. “Scusalo, Masha…non lo fa apposta. Spero che non ci sia niente di rotto…” disse, posando l’asciugamano bagnato sulla scrivania.

Il piccolo robot scese ad appollaiarsi sulla sua spalla. “Nao-chan è cattivo! È cattivo!” esclamò Masha, risentito.

Suika gli sorrise, dispiaciuta. “No, Masha, davvero: Nao non lo fa apposta, è semplicemente nella sua natura. Comunque, per il futuro, cerca di evitare di svolazzare in giro quando uno dei miei gatti è presente. Forse dovrebbe tenerti una delle altre…così non rischieresti di-”  

Il robot, tuttavia, la interruppe gridando: “Alieni! Alieni!”

Suika sgranò gli occhi, improvvisamente spaventata. “Oddio, dove?!” chiese freneticamente al robot, stringendolo tra le dita.

Poi sentì una breve risata alla sua destra, e il suo cuore fece un tuffo. Si girò, il fiato corto, e si ritrovò faccia a faccia con Kisshu, che fluttuava a sette piani di altezza fuori dalla finestra di camera sua.

L’alieno sembrava sinceramente divertito. “Ciao bambolina, mi fai entrare?” le fece, le braccia incrociate al petto.

Suika era come paralizzata. Il cervello le si era inceppato. Masha prese a svolazzarle intorno, picchiettandole la testa: “Suika-chan? Suika-chan!” la chiamò, e lei cercò pure di rispondergli, ma non aveva più voce, o meglio non riusciva ad articolare una risposta coerente.
Tutto quello che riusciva a pensare era: c’è Kisshu alla mia finestra e io sono in pigiama, con i capelli arruffati e la pelle lucida da doccia. Oddio, ho il pigiama di una taglia più grande, con gli orsetti stampati sopra…e Kisshu mi sta fissando…

Le girava la testa. Sentì le ginocchia tremare e poi piegarsi come se fossero fatte di burro; la visuale le si riempì di puntini neri…e in un attimo era crollata a terra.
 

“Suika-chan! Suika-chan!” pigolava il robot peloso, svolazzandogli freneticamente intorno. Kisshu lo scacciò con una mano, infastidito. Quel coso gli stava bucando i timpani…

La situazione era talmente comica che, nonostante tutto, non riusciva proprio a levarsi il ghigno dalla faccia. Sapeva di suscitare un certo effetto su una discreta quantità di femmine della sua specie, ma non gli era mai capitato, a onor del vero, che qualcuna svenisse per l’emozione di trovarselo di fronte. E una terrestre, per giunta!

Era una cosa lusinghiera, senza dubbio. Peccato che a lui, di lei, non importasse assolutamente nulla.

…se solo ad Ichigo fosse mai successa una cosa del genere! Ne avrebbe approfittato al volo, letteralmente. Gli tornò alla mente quella calda giornata di primavera in cui l’aveva sorpresa in pigiama, fiaccata dalla malattia…digrignò i denti al pensiero di come, quella come tante altre volte, se l’era lasciata sfuggire all’ultimo momento come sabbia tra le dita.

Alle volte avrebbe voluto sbattere la testa talmente forte da dimenticare, semplicemente. Non che non ci avesse provato, a strapparsela via dal cuore…

La ragazzina mosse lentamente la testa, distraendolo momentaneamente dal circolo vizioso di pensieri che aveva nidificato nella sua mente ormai da anni.

Era finita lunga distesa per terra, le braccia spalancate perpendicolari al busto, e Kisshu le aveva sistemato le gambe in modo che rimanessero sollevate, appoggiandole alla sedia della scrivania. Inclinando la testa verso destra, rimpianse vagamente che non indossasse una gonna, al posto di quei pantaloni larghi e pelosi…almeno avrebbe avuto qualcosa da fissare mentre lei riprendeva lentamente conoscenza.

Il robottino continuava a chiamarla, evidentemente preoccupato, mentre i due felini domestici sul letto lo fissavano con ostilità. Kisshu ricambiò lo sguardo, per nulla intimidito.

La ragazzina si portò una mano alla fronte, aprendo piano gli occhi marrone scuro. “Sei sveglia! Sei sveglia!” constatò il peluche volante, ma lei parve non sentirlo neanche. “Ouch.”, mormorò cercando di sollevare il busto.

“Ferma lì.” la ammonì prontamente Kisshu, chinandosi a guardarla. “O mi svieni di nuovo.” aggiunse, ridacchiando.

Suika gli lanciò un’occhiata smarrita, poi distolse lo sguardo, le guance e le orecchie imporporate.

Kisshu ghignò. “Bene, vedo che il sangue ti sta tornando alla testa.” commentò. Tutto sommato, si stava divertendo. Punzecchiare la gente, specie se così suscettibile, era uno dei suoi passatempi preferiti.

Lei chiuse gli occhi e si nascose il viso tra le mani. “Oddio, scusami…” biascicò. Sembrava sul punto di scoppiare in lacrime.

Il ragazzo sollevò un sopracciglio. “E di cosa?” chiese, incurante.

Lei non rispose, apparentemente troppo imbarazzata per spiccicare parola. Kisshu scosse la testa, gettando un’occhiata al paesaggio cittadino fuori dalla finestra. “Comunque, giusto perché tu lo sappia,” fece, adocchiando il riflesso della ragazza nel vetro, “c’è qualcuno che vi tiene sott’occhio.”

Suika sollevò piano la testa, tornando a guardarlo. “C-cosa?” balbettò, visibilmente a disagio.

Kisshu si girò a fissarla. “Un uomo in una macchina nera. Vi ha seguite quando siete uscite dal Café, oggi pomeriggio, e quando vi siete separate ha seguito te. E io ho seguito lui.” spiegò semplicemente. “Credo che abbia intenzione di restare parcheggiato qui sotto stanotte, e ho come l’impressione che domattina ti terrà d’occhio quando uscirai di casa.”

La ragazza, con molta fatica, si alzò in piedi, lasciandosi quasi cadere sulla sedia. Sudava freddo, si accorse Kisshu, e improvvisamente avvertì una punta di fastidio. Accantonato per un attimo il lato comico della faccenda, gli sembrava quasi una reazione esagerata, quella della ragazza, e non riusciva a capacitarsi del perché le facesse quell’effetto semplicemente vederselo di fronte. O era emotiva a livelli patologici, o…boh, non sapeva che altra spiegazione darsi. Se dovessi baciarla, collasserebbe?, si chiese, e quasi era tentato di scoprirlo…

“Una macchina nera?” ripeté lei, le mani saldamente ancorate ai bordi della sedia, come se temesse di vedersela sottrarre da un momento all’altro. Il rosso era svanito dalle sue guance, lasciando il posto a un pallore sudaticcio. “Vuol dire che…mi sospettano di qualcosa?”

Kisshu si strinse nelle spalle. “Probabilmente di essere una Mew Mew. A meno che tu non abbia un trascorso criminale alle spalle.” fece, la voce che grondava sarcasmo.

Suika deglutì rumorosamente. “Che cosa devo fare?” chiese, tremante. Notò che cercava di guardarlo negli occhi, per poi distogliere lo sguardo subito dopo. “Devo avvertire le altre?! E Shirogane? Devo chiamare Shirogane…e domani cosa faccio, non posso restare chiusa in casa..!”

Kisshu alzò gli occhi al cielo. “Cerca di calmarti. Se vuoi avvisare il biondino, fa’ pure, ma non usare i telefoni, potrebbero intercettarli. Domani mattina esci come sempre, fai la solita strada come sempre, non dai loro modo di sospettare ulteriormente di te…”

La ragazza parve non sentirlo. “Oddio, se viene fuori che sono una Mew Mew, cosa faccio?!” Si portò una mano alla fronte, gli occhi serrati. Il piccolo robot riprese a svolazzarle attorno: “Suika sta male! Sta male!” pigolò.

Kisshu sospirò pesantemente. “Ehi, ragazzina, la vuoi piantare di andare nel panico per ogni minima cazzata?” la rimbrottò andandole vicino.

Lei parve riscuotersi alle sue parole. Lo osservò dal basso in alto, gli occhi lucidi, le labbra pallide e tirate.

Lui la prese per le spalle e la tirò su di colpo, facendole sfuggire un’esclamazione di sorpresa. “Si può sapere che ti prende?! Reagisci, insomma!” sbottò. Iniziava veramente a infastidirlo. Quella avrebbe dovuto essere la nuova leader delle Mew Mew? Shirogane questa volta aveva davvero toppato...

Fu come se le avesse dato una scossa. Il suo volto avvampò di nuovo, il suo respiro accelerò. Si fissarono in silenzio per alcuni istanti, e di nuovo gli parve di percepire un calore bollente provenire dalla pelle della ragazza.

Strinse più forte le sue spalle. Le stava succedendo di nuovo quella cosa strana, e se una volta poteva essere stato un caso, due volte erano un pattern.

La studiò in silenzio. Di nuovo, lo sguardo le era diventato vacuo, come se fosse quasi in trance. Sentirsi fissato da uno sguardo del genere, non sapeva bene per quale ragione, lo metteva estremamente a disagio.

Stava per dire qualcosa, qualsiasi cosa, ripromettendosi che sarebbe andato a fondo a quella storia, perché era una cosa strana, e doveva capire – quando lei si sporse in avanti, gli si appese al collo con le braccia e lo baciò.  
 
 
  
 
 
     
 







...se dovessi descrivere questo capitolo con una parola, userei l’aggettivo sofferto.
Ho faticato un sacco per scriverlo, l’ho letto e riletto non so quante volte, ho tagliato frasi, riformulato e riscritto un bel po’ di pezzi, modificato la coerenza interna delle scene…
Poi, finalmente mi decido a pubblicarlo e l’editor di EFP mi va in malora. -____-‘’
Ovviamente la scena tra Suika e Kisshu non doveva finire così, nella mia testa…ma come al solito, i personaggi sembrano avere un volere indipendente dal mio…e io mi limito ad adeguarmi. XD So che la scena tra Purin e Taruto vi avrà ispirato istinti omicidi nei miei confronti. C’è da dire che almeno è qualcosa che non si vede spesso qui nel fandom, neh? :P
Beh, che dire, attendo i vostri commenti. Fatemi sapere cosa ne pensate, per favore: ne ho davvero bisogno! -.-‘’
 
   
 
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