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Autore: _armida    18/01/2016    3 recensioni
“Sono stupito, non credevo che un bel faccino riuscisse anche a maneggiare un’arma con tale bravura”, disse il Conte.
Elettra provò a tirarsi su, ma finì per andare ad urtare contro la lama della spada, ferendosi leggermente uno zigomo.
“Dovete stare attenta, non volete di certo rovinare tutta questa bellezza così”, aggiunse allontanando la spada dalla faccia della ragazza. Doveva dargliene atto, era davvero bella. Non lo aveva notato prima, quando Grunwald l’aveva portata all’accampamento priva di sensi, era troppo preso dal chiedere al garzone di Da Vinci dove si trovasse la chiave.
Fece cenno a due guardie svizzere di tenerla ferma, mentre lui la perquisiva in cerca di altre armi nascoste. Non ne trovò, ma la sua attenzione fu catturata da qualcosa che la ragazza teneva nella tasca sinistra dei pantaloni: si trattava del suo blocco da disegno. Quando fece per sfogliarlo, una moneta, contenuta al suo interno cadde a terra; non si trattava di una moneta comune, era in oro e presentava sulla sua superficie la faccia di un dio pagano. La raccolse e la osservò accuratamente.
“Cosa sapete riguardo ai Figli di Mitra?”
VERSIONE RIVEDUTA E CORRETTA SU WATTPAD
Genere: Avventura, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Girolamo Riario, Giuliano Medici, Leonardo da Vinci, Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Elettra'
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Capitolo XXVI: Arrivederci
Alcuni giorni dopo...

"E' ora di alzarsi, mia diletta"
Elettra mugugnò qualcosa di incomprensibile mentre Girolamo le solleticava un orecchio con il suo sottile accenno di barba.
Fece per alzarsi dal letto, ma la ragazza gli si stinse ancora di più addosso, appoggiando la testa sul suo petto e mettendosi in una posizione il più comoda possibile, ma sempre cercando il massimo contatto con il suo corpo, che rilasciava un piacevole calore.
Girolamo sorrise malinconico, mentre le accarezzava lentamente i biondi e soffici capelli.
Gli sarebbero mancati quei piccoli ma dolci gesti. 
Gli sarebbe mancata lei. E quel suo modo di fare per nulla convenzionale.
Non lo avrebbe mai pensato, eppure, gli sarebbero mancati anche la sua impertinenza e quell'avere sempre la risposta pronta, che riuscivano ogni volta a farlo irritare oltre ogni modo.
Una parte di lui non vedeva l'ora di tornare a Roma, di tornare a casa, lontano da quella corte troppo chiassosa e da quel covo di eretici e sodomiti che era Firenze. Ma una parte di lui, una parte che prima di quella visita credeva di aver sepolto per sempre, aveva trovato qualcosa di prezioso ed importante, in quella strana città: aveva trovato lei.
Cosa sarebbe successo, d'ora in avanti?
Girolamo sospirò, non sapendo neanche lui cosa l'avvenire avrebbe riservato loro. Sentiva una strana morsa allo stomaco, una sensazione, anche quella, che non provava da tempo, ormai.
Le sue carezze si fecero più possessive e nervose.
Elettra, sentendo quell'improvviso cambio di modi, aprì finalmente gli occhi, incontrando immediatamente quelli color nocciola di lui. Gli baciò delicatamente il mento, sorridendogli poi dolcemente.
Girolamo si umettò le labbra, segno che, per quanto cercava di non darlo a vedere, si sentiva nervoso. "E' ora di andare", le disse, appoggiando le proprie labbra sulla sua testa.
La ragazza sospirò, per nulla contenta.
"Non voglio che Lorenzo si insospettisca per la tua improvvisa assenza", le sussurrò ad un orecchio. Sapeva che avrebbe dovuto allentare la stretta intorno al suo punto vita, per permetterle di alzarsi, vestirsi ed uscire un'ultima volta da quelle stanze, ma la parte non razionale del suo cervello, in quel momento, stava avendo la meglio.
Fu un bussare insistente alla porta d'entrata, a riscuotere entrambi dai loro pensieri, ognuno rivolto all'altro.
"Chi c'è?", chiese Girolamo, cercando di mantenere quel suo solito tono di voce freddo e distaccato; quando c'era sempre lei, nelle vicinanze, non riusciva proprio a sembrare l'inflessibile Conte di Imola e Forlì. Si diresse velocemente verso l'entrata.
"Conte, siamo pronti a partire". Era la voce del Capitano Grunwald.
Girolamo tirò un sospiro di sollievo. "Ottimo", disse, anche se non lo pensava affatto, mentre si affacciava alla porta. "Trenta minuti e sarò da voi. A più tardi Capitano" lo congedò velocemente.
Tornò nella camera da letto, trovando Elettra intenta a cercare con lo sguardo il proprio vestito. La vide alzarsi dal letto, trascinandosi dietro le grandi lenzuola in cui aveva avvolto il proprio corpo sottile.
Girolamo non potè fare a meno di sorridere, di fronte a quell'inaspettata manifestazione di pudore: ormai conosceva ogni singolo centimetro della sua pelle, così candida e delicata.
La ragazza si chinò su una delle numerose poltrone, prendendo il mano il proprio vestito. Era blu notte, con una pesante gonna in broccato e il corsetto stretto. Decisamente non da Elettra.
"Spero che tu non faccia l'abitudine a questi abiti così tetri", commentò Girolamo. Era la prima volta che la vedeva con un abito dai colori così scuri. "Trovo che ti mortifichino troppo", disse gentilmente, per non offenderla.
"In fondo, non c'è proprio niente da festeggiare", ribattè lei, in tono malinconico. Sul suo volto, però, comparve presto un sorriso divertito. "Almeno fino a stasera: Fabrizio ha organizzato una festa clandestina nelle cucine"
Il Conte ridacchiò sommessamente: per un istante si era davvero preoccupato di aver avuto una cattiva influenza su di lei.
"Ti perderai anche il lancio di tutti questi orribili vestiti con gonne ampie e corsetti stretti dalla finestra di casa mia", continuò Elettra. 
"Allora c'è davvero qualcosa di positivo, nella mia partenza", commentò Girolamo, ironico.
'Indosserei sempre un corsetto, pur di svegliarmi ogni mattina al tuo fianco', pensò lei. Ma quel pensiero non si tramutò in parole: non voleva dargli quella soddisfazione. Di certo non dopo il tono di voce che aveva usato, troppo scherzoso, per passare nuovamente a discorsi seri. "Già, ho trovato un lato positivo", disse la ragazza. "Unito al fatto che da questo pomeriggio potrò tornare ad indossare i miei amatissimi pantaloni". Se le sue labbra aveva assunto una curva ironica, i suoi occhi erano tristi. 
Girolamo parve notarlo e le si avvicinò, carezzandole con il palmo della mano una guancia. Con il pollice tracciò più volte il contorno delle sue labbra. "Ammettilo che ti sei affeziona a me", le sussurrò, ad un soffio dal viso.
"Magari un pochino", ribattè lei.
"Io l'ho fatto"
Elettra quasi si commosse a sentire parlare così l'inflessibile e spietato Conte Girolamo Riario: come faceva quell'uomo ad essere così freddo con gli altri e così dolce con lei?
Sarebbe stato quello, il momento di dire quella frase: due semplici parole, cinque lettere in tutto. Ma nessuno dei due lo fece, nessuno dei due era pronto a dichiarare all'altro i propri sentimenti in modo così aperto. Sarebbe stato troppo. Sarebbe stata una promessa troppo grande. 
Restarono entrambi in silenzio. Un silenzio pesante, fatto di sguardi carichi di malinconia e parole non dette.
"Girolamo, potresti, per favore, allacciarmi il corsetto?", chiese Elettra. Fece per girarsi e dargli la schiena, ma lui le prese delicatamente una mano tra le sue.
"Aspetta", disse, mentre la conduceva verso il letto.
"Non abbiamo tempo", protestò la ragazza. 
Alla fine, si convinse a sedersi di fianco a Girolamo, sul bordo del letto.
Lui le prese entrambe le sue mani tra le sue, stringendole in modo apprensivo. "Promettimi...", si umettò le labbra. "Promettimi che non verrai mai a Roma"
Elettra piegò la testa di lato, osservandolo parecchio confusa. "Girolamo, io...". Perchè non poteva andare a Roma per, ad esempio, fare visita a suo fratello?
"Se ti dovesse succedere qualcosa...Io a Roma non posso proteggerti", il Conte sospirò sconfortato. "Resta qui. A Firenze sarai al sicuro. Resta vicino ai Medici e...", le sorrise, "Non ho mai neanche immaginato di poterlo dire, ma cerca di restare vicino anche a Da Vinci. So che per le persone a cui tiene veramente farebbe qualsiasi cosa. E so anche che tu rientri tra di loro"
Questa volta fu Elettra, a sospirare. 
"Promettimelo", insistè lui, stringendole un po' di più le mani. "Solo per Roma. Quando sarò ad Imola o a Forlì, potrai venire a farmi visita tutte le volte che vorrai", cercò di tranquillizzarla.
La ragazza annuì, impercettibilmente ma annuì.
Girolamo parve soddisfatto di sè stesso. Si avvicinò ancora di più al suo viso, annullando ben presto ogni distanza che divideva le loro labbra. Se non fosse stato per il poco tempo a loro disposizione, probabilmente, da quel bacio sarebbe nato altro. Invece si limitarono ad osservarsi, con i battiti del cuore accelerati e il respiro irregolare.

Quando Elettra uscì dal bagno degli appartamenti di Girolamo era pronta per andarsene: indossava quel lungo abito blu notte, si era truccata e i capelli, seppur lasciati sciolti -perchè a Girolamo piacevano così-, erano stati pettinati raccogliendo il ciuffo davanti un una morbida treccia, che andava poi a scomparire dietro l'orecchio.
Guardò l'orologio: quei dannati trenta minuti erano quasi passati. Sospirò, mentre si dirigeva verso il salotto, dove Girolamo, seduto sulla sua solita poltrona, giocherellava con un rimasuglio di liquore nel bicchiere: non aveva mai visto il Conte bere alcol al'infuori del bicchiere della staffa e di un po' di vino durante i pasti; doveva senz'altro averlo influenzato lei.
Gli si mise di fronte, osservandolo con un sorriso malinconico.
Lui, sentendosi addosso i suoi occhi, alzò i propri, incrociando immediatamente i suoi.
"Io...dovrei andare", disse riluttante Elettra.
"Si...dovresti". Anche la voce del Conte appariva decisamente poco convinta. Girolamo si alzò dalla poltrona. "Ti accompagno fino alla porta"
Mancavano pochi passi all'uscita, quando lui la prese dolcemente per mano, impedendole di allontanarsi. "Aspetta, mi stavo quasi dimenticando". La lasciò un attimo sola e si diresse velocemente verso la camera, dove vi erano i suoi bagagli, pronti per essere trasportati fino a Roma. Andò verso uno dei bauli, lo aprì ed estrasse qualcosa. Tornò da lei, che, nel mentre, lo osservava curiosa.
Girolamo teneva in mano un libretto dall'aria vissuta, con una copertina in pelle nera.
"Il mio blocco da disegno", commentò Elettra, stupita di ritrovarselo di nuovo davanti. Strano, eppure era certa di ricordarselo in condizioni migliori. Lo prese tra le mani, sfogliandolo: c'erano molti abbozzi di progetti della biblioteca dedicata a Cosimo, qualche ritratto, tra cui riconobbe il viso di Giuliano e Vanessa. Sorrise, al vedere un disegno rappresentante Leonardo, Nico e Zoroastro intenti a dare forma ad una qualche nuova invenzione; accarezzò i loro volti con fare malinconico, sperando che, ovunque fossero, stessero bene. C'erano anche altri disegni, alcuni precisi nei minimi dettagli, altri semplicemente abbozzati; disegni di ciò che aveva intorno, fatti così, a volte per noia, in altri casi per stemperare la tensione: c'erano volte in cui solo il disegno le permetteva di tranquillizzarsi. Era così che aveva imparato a controllare gli attacchi di panico. C'erano anche dei suoi autoritratti, fatti davanti ad uno specchio, come esercizio.
"Non posso accettarlo", disse dopo un lungo silenzio, restituendo il blocco a Girolamo.
L'uomo la osservò confuso. "Ma è tuo, è giusto che te lo restituisca"
"E' stato con te per tanto tempo, voglio che ora lo tenga tu". Prese la mano libera di lui tra le sue. "Così, quando lo guarderai, ti ricorderai di me"
"Tu di me, però, non hai niente"
"Non è vero, ho la cosa più importante di tutte"
Si guardarono intensamente negli occhi.
"Ora credo proprio che tu debba andare". Era già la terza volta che uno dei due ripeteva quella frase.
"Già..", commentò Elettra. Fece alcuni passi verso la porta, dandogli le spalle ma tenendo sempre stretta la mano di Girolamo. Quando arrivò il momento di lasciarla, si fermò.
Lui la osservò malinconico, notando  il tremolio delle sue spalle tese. La vide girarsi nella sua direzione: due grandi lacrime le solcavano il viso. Un attimo dopo, le sue braccia erano strette attorno al collo di Girolamo. Lui la strinse ancora di più a sè, appoggiando le labbra sui suoi soffici capelli mentre, le proprie mani percorrevano la sua schiena, nel tentativo di tranquillizzarla.
Anche gli occhi del Conte divennero lucidi e, involontariamente, una lacrima solitaria percorse tutto il suo viso, finendo la sua corsa sui capelli di Elettra. Da quanto tempo non piangeva? Tanto, davvero tanto tempo. L'ultima volta era stata quando aveva stretto le sue mani intorno al collo di sua madre...
La ragazza si era ripromessa che quel giorno non avrebbe versato neanche una lacrima, che sarebbe stata forte ma...ma quando aveva visto la porta avvicinarsi sempre di più, si era resa conto che presto sarebbe cambiato tutto. Quando un sistema veniva perturbato, esso si spostava in modo da poter tornare all'equilibrio. Già, ma, loro, questo equilibrio, lo avevano appena trovato. E presto sarebbe cambiato di nuovo tutto. Quanto tempo ci avrebbero messo, questa volta?
Suo padre se ne era andato, Leonardo se ne era andato e, adesso, anche Girolamo stava per lasciarla...
"Andrà tutto bene mia diletta", disse lui, con una voce decisamente più tremante del previsto.
Elettra alzò la testa dall'incavo della sua spalla, osservandolo negli occhi e trovandoli anch'essi lucidi. Si mise in punta di piedi, per arrivare meglio alle sue labbra, e lo baciò.
"Ogni bacio trasmette un messaggio", disse. Lo aveva sentito da Leonardo, molto tempo prima. "E questo è un arrivederci".
Senza indugiare oltre, si staccò da Girolamo ed uscì per l'ultima volta da quegli appartamenti.
Cercò di asciugarsi le ultime lacrime con il dorso della mano ed osservò malinconica la porta che si era chiusa alle spalle: aveva lasciato una parte di sè, là dentro.
A passo spedito si diresse verso il proprio studio, per, almeno tentare, di darsi un'aria presentabile.

***

Il Cardinale Mercuri batteva impaziente il piede sul pavimento della corte interna di Palazzo della Signoria: non vedeva l'ora di poter finalmente lasciare quel covo di eretici e sodomiti che era Firenze. Ma la delegazione romana non poteva di certo andarsene senza prima aver salutato tutti i membri del casato dei Medici. E ovviamente Giuliano de Medici non si era ancora presentato. Insieme a quell'impertinente della sorella del suo assistente. Sbuffò, attirando su di sè l'attenzione di tutti.
"Non preoccupatevi, Cardinale, sono certo che Elettra e Giuliano arriveranno presto", provò a confortarlo Aramis; anche lui era abbastanza inquieto, circa quel ritardo. Ma sapeva benissimo quanto sua sorella ci tenesse, a salutarlo un'ultima volta. Non lo avrebbe mai lasciato partire così.
"La signorina Becchi ha sempre avuto qualche problema con l'orologio", disse il Conte. "Suppongo che abbia contagiato anche il giovane Giuliano"
Lorenzo gli sorrise nervoso, maledicendo in cuor suo quei due combinaguai.
Pochi minuti più tardi, quando ormai erano in pochi, a sperare ancora nel loro arrivo, eccoli scendere dalla scalinata: Giuliano teneva Elettra a braccetto, sussurrandole qualcosa di divertente all'orecchio.
Girolamo aveva notato che solitamente la ragazza rispondeva a quelle battute con la sua risata cristallina ma, quel giorno, con una punta di tristezza, la vide solamente piegare le labbra vermiglie in un timido sorriso.
Per una frazione di secondo, quando i due giovani misero piede a terra, furono fulminati dallo sguardo adirato di Lorenzo. Fortunatamente, l'intervento di Clarice, che gli appoggiò delicatamente una mano sull'avambraccio, massaggiandoglielo lentamente, lo fece calmare.
"Bene", disse il Magnifico con un sorriso, "Eccoci finalmente tutti qui"
Girolamo cercò con lo sguardo Elettra che, intenzionalmente, guardava ovunque tranne che nella sua direzione.
"Conte Riario", continuò Lorenzo, porgendogli la mano e distogliendolo così dai suoi pensieri, "E' stato un piacere, avermi come mio ospite". Sapevano entrambi che non era vero e che quella era tutta una farsa. Si strinsero la mano.
Mentre Girolamo e il Magnifico parlavano, Elettra, seguita da Gentile Becchi, si avvicinò ad Aramis. 
"Comportati bene a Roma, fratellone", gli disse, abbracciandolo forte. "E non esagerare troppo con le messe: non voglio che ti vada il cervello in pappa un'altra volta"
Risero entrambi di gusto, vedendo il Cardinale Mercuri, di fianco a loro, alzare gli occhi al cielo.
"E tu cerca di non cacciarti nei guai", ribattè lui. Si guardarono per un attimo negli occhi, scoppiando nuovamente a ridere: sapevano benissimo tutti e due, che erano parole al vento.
Gentile Becchi appoggiò una mano sulla dei suoi due nipoti, in un raro gesto d'affetto. "Buona fortuna", disse semplicemente. 
Elettra sospirò, asciugandosi velocemente una lacrima con il dorso della mano. Notò che anche Aramis, aveva gli occhi leggermente lucidi.
Guardò il Cardinale Mercuri e il Capitano Grunwald, osservare la scena seccati. Strano a dirsi, eppure in quel momento le apparivano più insensibili del Conte.
"Ammettetelo che un po' vi mancherò", disse sarcastica.
"Io non ci metterei la mano sul fuoco, Madonna", rispose il Cardinale, ma il suo tono di voce aveva un chè di ironico.
Il Capitano, con sorpresa di tutti, le fece un veloce baciamano.
Il saluto più 'complicato' fu, come ovvio, quello al Conte Riario: nessuno dei due sapeva come comportarsi, senza destare sospetti.
Elettra gli si avvicinò, sospirando. "E così, Conte, è arrivato il momento di salutarci"
"E' stato un piacere conoscervi, Madonna". Stava per farle anche lui un baciamano, ma la ragazza fu più veloce e lo abbracciò in un gesto d'impeto.
Si allontanarono subito entrambi, parecchio imbarazzati. La faccia di Elettra aveva assunto un colore che si avvicinava molto alla veste vermiglia che Lorenzo indossava in quel momento.
Uscirono tutti fuori dal palazzo ed Elettra osservò molto attentamente Girolamo salire sul proprio andaluso nero. 
Una volta in sella, lui cercò subito il suo sguardo. I loro occhi si incontrarono per un'ultima volta, prima che il cavallo partisse velocemente al galoppo.
Elettra lo osservò per alcuni secondi, immobile in mezzo alla strada fino a quando non scomparve alla sua vista. Cominciò a sentire le lacrime pizzicarle gli occhi. 
Si congedò velocemente e corse nella biblioteca di Cosimo: sapeva che ci sarebbe tornata, in quell'angolino, a piangere. Ma non pensava così presto.
 
***
 
Quella notte...

Era restata là, a piangere su quel freddo marmo bianco, fino a quando Giuliano non l'aveva trovata; si era seduto di fianco a lei e le aveva fatto appoggiare la testa sulle proprie ginocchia, parlandole e rassicurandola fino a quando non si era calmata. Non le aveva chiesto il motivo di quella crisi di pianto, ma aveva certamente intuito qualcosa: di certo sapeva benissimo che tutte quelle lacrime non erano solo per il distacco dal fratello. Ma aveva paura a chiederle altro. Temeva che l'amicizia che li legava avrebbe subito un drastico mutamento, se lei gli avesse rivelato la verità. Preferiva di gran lunga lasciare le cose come stavano.
Una volta uscita dalla biblioteca, Elettra era corsa a cambiarsi, indossando finalmente un paio di pantaloni. Non un paio qualsiasi: per quel giorno aveva scelto il suo paio preferito; dei pantaloni neri, stretti e molto usurati, tanto da apparire un po' sbiaditi e con un taglio su uno dei ginocchi. Sopra ad essi aveva indossato una semplice camicia bianca e una giacca di pelle nera. 
Poi, sempre insieme a Giuliano, erano andati alla festa clandestina nelle cucine. Peccato che quando erano arrivati, si erano ritrovati davanti Gentile Becchi, Lorenzo e Clarice, lividi di rabbia. Inutile dire che la festa se la sarebbero potuti giusto scordare.
Ci sarebbero state delle conseguenze, ma il verdetto sarebbe stato dato solo il giorno dopo.
Elettra ora si trovava davanti alla porta di casa. 
C'era una bottiglia di acquavite, ad attenderla impazientemente in salotto: la giusta fine per quella giornata da dimenticare. L'aveva preparata lì quella mattina, apposta.
Inserì la chiave nella serratura ed entrò. Come ormai suo solito, non ci pensò neanche ad accendere qualche lume, ma utilizzò il proprio ciondolo. 
Eppure, appena messo piede nel salotto, tutte le luci si accesero contemporaneamente. 
Sospirò, intuendo già chi ci fosse, ad attenderla. "Al-Rahim", lo salutò ancora prima di individuarlo, seduto comodamente su una delle numerose poltrone.
"Salve a voi, Elettra"
"Posso sapere cosa ci fate a casa mia?", chiese lei, mentre prendeva due bicchierini dalla dispensa.
"Vi avevo detto che sarei tornato"
La ragazza sospirò. "Immagino che mi direte dove mia sorella si trova". Porse uno dei due bicchierini al Turco. Lei, dal canto suo, lo bevve  tutto d'un fiato, tornando a riempirlo subito dopo: per parlare di certi argomenti, l'alcol si rivelava strettamente necessario.
"No, non so con esattezza dove Anna e Lucrezia sono tenute prigioniere"
Elettra sbarrò gli occhi, a quell'affermazione. "Tenute prigioniere?"
"Temiamo di sì". Anche Al-Rahim sembrava rammaricato, dalla propria constatazione.
"E chi le sta facendo questo?". Pensò a Lucrezia e a come sarebbe potuta stare, dopo quasi nove lunghi anni di prigionia; lei probabilmente non ce l'avrebbe fatta, sarebbe imapzzita prima...E se anche la sua gemella fosse impazzita? In che condizioni avrebbe riversato, quando finalmente l'avrebbe ritrovata?
Il Turco parve voler dire subito qualcosa, ma si bloccò, ponderando meglio le proprie parole. "Non ne abbiamo ancora la certezza", disse semplicemente.
"A me basta un nome", commentò Elettra, stringendo le dita a pugno, fino a farsi sbiancare le nocche. Avrebbe salvato sua sorella e sua madre, fosse anche stata l'ultima cosa che avrebbe fatto. E il responsabile o, come più probabile, i responsabili, avrebbero pagato con il loro sangue.
"E lo avrete, una volta entrata in possesso di alcuni documenti"
"Che documenti?"
"Immagino che avrete conosciuto il curatore degli Archivi Segreti Vaticani, Lupo Mercuri"
La ragazza annuì. "Era un Figlio di Mitra, prima di schierarsi con il Vaticano"
Questa volta fu il turco, a fare un gesto affermativo. "Ci tradì alcuni anni prima della scomparsa di vostra madre e di vostra sorella ma, tuttavia, quando scomparvero, avviò una ricerca. Sono certo che nei suoi appunti sul caso, troverete gli indizi che vi servono"
Strano, eppure era davvero la prima volta che il Turco aveva la piena attenzione di Elettra; prima, lei non si era mai completamente fidata di lui.
"Dove sono questi appunti?". Temeva di saperlo, però.
"Negli Archivi Segreti Vaticani"
La ragazza sospirò: non poteva andare a Roma, lo aveva promesso a Girolamo. E Al-Rahim non poteva non saperlo: quel ficcanaso era perfino più informato della migliore comara fiorentina!
"Immagino che conosciate la mia delicata situazione al riguardo"
"I patti sono fatti per essere infranti", disse il Turco, con un sorriso sottile.
Elettra non si aspettava di certo questi comportamenti da ribelle da una persona controllata, come poteva apparire quell'uomo misterioso.
"Voi la fate semplice, Al-Rahim", commentò lei, "Ma mettiamo anche che io, presa da non si sa quale folle idea, decida di andare a Roma, come pensate che possa farcela, ad entrare negli Archivi Segreti ed oltretutto uscirne incolume con quei documenti?"
"Non sarete sola"
"Non ho nessuna intenzione di coinvolgere mio fratello e Gi...il Conte Riario non mi aiuterà mai"
Il Turco si mise a sghignazzare, apparentemente divertito dall'affermazione della ragazza. "Non sarete di certo sola. Presto anche Da Vinci si recherà a Roma: vi aiuterete a vicenda"
"Cosa dovrebbe andare a farci Leonardo a Roma?". All'artista Roma non piaceva affatto e poi, bisogna sempre vedere se sarebbe tornato incolume dalla Valacchia...
"Riceverete presto un suo messaggio, nel quale vi comunicherà di recarvi immediatamente nella Città Eterna"
"Si ma..."
"Tenetevi pronta. Quando il messaggio giungerà, dovrete partire immediatamente", la interruppe lui, alzandosi dalla poltrona. 
Elettra fece per aggiungere altro, ma prima di poter aprire bocca, una luce accencante inondò la stanza.
Quando la ragazza aprì gli occhi, del Turco non c'era più traccia.
"Fantastico", commentò tra sè e sè, sacastica.


Nda
Vi prego, non prendetevala troppo con me. Era ASSOLUTAMENTE necessario ai fini della trama. Ma non preoccupatevi, in un modo o nell'altro, i nostri picciocini torneranno insieme anche nella prossima puntata :D

   
 
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