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Autore: ___scream    18/01/2016    4 recensioni
[30 kiss otp challenge - raccolta - slash - newtmas]
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1- Un bacio al sapore di whisky
2- Un bacio sussurrato
3- Un bacio pieno di odio
4- Un bacio al cinema
5- Un bacio e poi addio
6- Un bacio fasullo
7- Un bacio al ballo scolastico
8- Un bacio sotto la pioggia
9- Un bacio da nerd
10- Un bacio magico
11- Un bacio al sangue
12- Un bacio alla sposa
13- Un bacio non voluto
14- Un bacio che uccide
15- Un bacio animalesco
16- Un bacio alla tua anima gemella
17- Un bacio in televisione
18- Un bacio a Dio
19- Un bacio sulla strada di casa
20- Un bacio sotto i fuochi artificiali
21- Un bacio da musical
22- Un bacio alla fine del mondo
23- Un bacio alla persona sbagliata
24- Un bacio davanti ai genitori
25- Un bacio incestuoso
26- Un bacio che mi ricorda la mamma
27- Un bacio che mi ricorda mio padre
28- Un bacio che vorrei dimenticare
29- Un bacio indecente
30- Un bacio dato per 30 volte
Genere: Fluff, Romantico, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Minho, Newt, Thomas, Un po' tutti
Note: AU, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Genere: Romantico, Sovrannaturale, Fluff
Words: 9092
Raiting: Giallo
Pairing: Newt/Thomas, slash
Warning: AU
Note: Okay, sembro un disco rotto ma lo ripeto: sono imperdonabile. Purtroppo mi stanno succedendo cose che mi tengono lontana dal computer e da internet, e la scuola è solamente una parte di queste. So di aver detto che avrei aggiornato prima - due settimana fa, in effetti - ma la situazione che sto passando non è delle migliori, anche se non è niente di così grave, ma vi chiedo comunque scusa. Ora, ringrazio ancora infinitamente tutte quelle persone che l'hanno messa tra le preferite - 20, ragazzi, siete malati -  e le 31 che l'hanno recensita. Inoltre ringrazio tutti quelli che l'hanno messa tra le seguite e le ricordate, siete veramente la mia gioia ç.ç Vabbè, questa OS era nella cartella da un bel po' di tempo, circa novembre, L'ho rispolverata e ho corretto qualcosina. Questa è una parte ridotta, quella orginale vanta ben 24.000 parole circa, ed è solo a metà haha. Boh, spero che vi piaccia e buona lettura!
Disclaimer: non mi appartengono, non sono sadica come quel bastardo di Dashner e faccio vivere più a lungo i miei personaggi  e non scrivo a scopo di lucro bla bla bla, capito no?



 
KISS ME LIKE YOU WANNA BE LOVED

Oh, honey, you're the one that I want!


 

«Soggetto A5, Soggetto A14 e Soggetto A17, siete i prescelti per la missione contro il branco di Denver».
È quasi stupefacente come la tua vita possa cambiare solo in una frase. Come il tuo destino possa essere deciso dagli altri.
Alla WCKD Corporation, era così. Ti manovravano come marionette, tiravano i giusti fili e tu eri morto, stecchito, per una buona causa.
Era quella la loro scusa.
Newt si girò non appena venne chiamato.
Soggetto A5.
Era lui. Dio, sembrava tutto così irreale.
Incontrò le figure della madre e della sorella, strette l'una all'altra, gli occhi pieni di terrore, paura, rassegnazione. Sua madre si staccò dall'abbraccio, avvicinandosi lentamente a lui.
Si ritrovò stretto dalle sue braccia, in una morsa disperata, materna.
«Il mio bambino», mormorava, la voce spezzata e dolorante. «Il mio piccolo bambino».
Newt non ebbe cuore di dirle di smetterla di comportarsi così. La strinse e basta, affondando il viso nella sua spalla e cercando di trattenere a sua volta le lacrime.
«Non andare».
Lui sospirò non appena sentì quelle due parole. «Devo, e lo sai. È un mio dovere».
«No, non lo è», ribatté Sonya, sua sorella, fulminandolo con lo sguardo. Aveva gli occhi lucidi e tremava, se dalla rabbia o dalla paura non sapeva dirlo con certezza. Tirò su col naso, poco elegantemente. «Non possono portarti via, non possono permettersi di rovinare così quello che abbiamo-».
Newt si staccò dalla madre, arrivando davanti alla sorellina. Le mise un dito sulle labbra. «Sh, Sonya. Questo è solo un nostro piccolo segreto». Che, tra le righe, voleva dire stai zitta prima che ti sentano.
La ragazza si fece scappare un singhiozzo e gli buttò le braccia al collo. Newt cercò di calmarla, accarezzandole la schiena e baciandole la tempia. Voleva un bene dell'anima a sua sorella: era tutta la sua vita. Fin da piccolo si era preso cura di lei e l'idea di separarsene lo terrorizzava a morte.
«Torna da me», singhiozzò Sonya. «Torna da me e dalla mamma».
Lui deglutì a fatica, annuendo. Sollevò gli angoli della bocca in quello che assomigliava ad un sorriso. «Te lo prometto».
Oh, non si era mai sentito così tanto un bugiardo. Uno sporco e lurido bugiardo, che alimentava la sua famiglia di false speranze riguardo la sua salvezza.
Non sarebbe tornato, lo sapeva al cento percento. Era la sua unica certezza, in quel momento. Sonya sembrò capirlo, perché lo fissò ancora più disperata di prima.
«Soggetto A5 in sala addestramento».
Sua madre e sua sorella lo strinsero un'ultima volta, baciandolo sulle guance.
«Vi voglio bene», disse loro, prima di venir trascinato via dalle guardie.
L'ultima immagine che vide, fu quella delle persone più importanti della sua vita piangere e urlare.
«Soggetto A5, concentrazione», lo ammonì una guardia.
Fu chiuso nella sala di addestramento, insieme ai soggetti A14 e A17.

La sua fine era cominciata.

 

*

 

Il Soggetto A14 si rilevò essere un tizio simpatico, e Newt fu quasi dispiaciuto di aver cominciato la conversazione. Vederlo morire sarebbe stato più difficile del previsto. Non poteva permettersi di affezionarsi, anche se l'aveva già fatto. Si chiamava Alby, gli piacevano i film d'azione e le commedie – quando ancora potevano permettersi di guardare la TV o andare a teatro.
I Creatori – o Salvatori, ognuno li chiamava in un modo diverso – lo avevano accolto nel Quartiere Generale quando aveva solo quattro anni, insieme a sua zia Trisky e suo fratello Jacob.
I suoi genitori erano stati brutalmente uccisi da due cacciatori, che avevano oltremodo mutilato la sua sorellina Janet, di sette mesi, all'epoca. Ne parlava con freddezza e distacco, come se fosse successo a qualcun altro.
Tutti quelli ammessi nel Quartiere Generale della WCKD Corporation avevano una storia drammatica alle loro spalle, quindi non era inusuale sentire di genitori e parenti brutalmente uccisi.
I cacciatori erano il vero problema. Loro e la stupida avversione per il soprannaturale. Alla fine, gli esseri umani erano così: sempre terrorizzati dal diverso. Non lo capiva.
Era estenuante dover sempre stare in allerta, anche a caccia. Dover sempre rientrare prima che il sole calasse.
Si allenarono e bevvero per rafforzarsi il più possibile, limitando il tempo delle chiacchiere.
«Soggetti in sala rifornimento. Siete in partenza».
Alby gli rivolse un sorriso triste, prima di dirigersi dove l'altoparlante aveva indicato.
Newt si prese un momento per fare il check-point di come si sentisse. Qualcosa – o meglio, qualcuno – urtò la sua spalla, facendogli perdere l'equilibrio per qualche secondo.
Era il Soggetto A14, che si girò e gli fece un ghigno prima di sparire da dietro le porte.
«Soggetto A5 in sala rifornimento».
Quello era l'ultimo avviso, o sarebbe stato ucciso prima di essere quantomeno partito per questa famigerata missione.
Seguì i due coetanei, desiderando che tutto finisse il prima possibile.
Camminò per il lungo corridoio, le luci che illuminavano a malapena il percorso, il cuore in gola.
Arrivò alla sala indicata, aprendo la porta ed entrando.
«.. il piano è semplice», stava dicendo Janson, l'unico umano di tutta la WCKD Corporation. Era quello che si occupava dell'organizzazione delle missioni. Si bloccò non appena lo vide, sorridendo in modo falsissimo – Newt poteva dirlo con certezza. «Signor Newton! È bello vedere che non abbia rinunciato alla missione!», esclamò. Lui rispose con un grugnito e un cenno della testa, e Janson ricominciò a parlare.
Non ascoltò nemmeno una parola.
La sua mente era completamente scollegata, vagava nel nulla. Sentiva il pasto dell'ora precedente che pompava nel suo corpo, dandogli la carica, ma la lucidità faticava nell'arrivare.
Tutto quello a cui riusciva a pensare era il volto distrutto di sua sorella, che lo implorava di tornare, di non morire. Era difficile ricordarsi di quella ragazzina tutta bionda che correva fra gli alberi insieme a lui, vantandosi di poterlo battere – in realtà era lui che fingeva sempre di perdere, per vederla sorridere – quando nella mente aveva quell'immagine.
«Signor Newton, lei ha la parte più importante della missione».
Fu quella frase ad attirare la sua attenzione. Raddrizzò la schiena, mettendosi in ascolto. Janson sogghignò.
«E sarebbe?», chiese, temendo la risposta.
«L'abbiamo osservata per tutto il tempo che ha trascorso qui, alla WCKD Corporation. Le sue incredibili capacità, sia nella lotta, che nella corsa, ma anche semplicemente celebrali, l'hanno resa il nostro asso nella manica nell'attacco al branco di Denver». Newt ebbe paura di quello che sarebbe venuto dopo. Si rifiutò di chiudere gli occhi, accettando tutta la potenza del colpo direttamente in faccia, quando Janson riaprì bocca. «Deve uccidere l'Alpha. La veda come una sorta di promozione».
Newt trattenne il respiro. Quella non era di sicuro una promozione.
Era una condanna a morte bella e buona. Anche se fosse riuscito ad uccidere l'Alpha, l'intero branco si sarebbe rivoltato contro di lui, e sarebbe finito a pezzi.
Tremò leggermente, stringendo i pugni.
«Auguro buona fortuna a tutti voi. Spero di rivedervi».
Con queste ultime parole, Janson imboccò la via di ritorno per il Quartier Generale, lasciando la sala rifornimenti.
Il Soggetto A17 fischiò, occhieggiandolo. «Be', il tuo bel faccino ha attirato la loro attenzione, a quanto pare. Non so se congratularmi o farti le mie condoglianze, A5», commentò, la voce aspra. «Sappi che se vuoi tirarti indietro, io sarei molto felice di prendere il tuo posto e staccare la testa a quella feccia di cane. La loro puzza non sono mai riuscito a digerirla».
«Ah, stai zitto!», sbottò Alby, fulminandolo con lo sguardo. «Piuttosto, prepariamoci tutto il necessario. Ci serviranno armi e un bel po' di strozzalupo, contro quei cosi», continuò, dandogli una pacca sulla spalla per farlo riprendere. Newt annuì meccanicamente, dirigendosi verso i proiettili e le pistole. Ne caricò due, mettendosi poi i proiettili rimanenti nella tasca del giubbotto di pelle che indossava.
A17 era già uscito, e rivolgeva il suo sguardo alla luna. «Due lune», disse. «Due lune e il mondo sarà più pulito». Fece scintillare le zanne, prima di cominciare a correre.
Alby gli chiese se andasse tutto bene. Newt annuì ancora una volta, mentre nella sua testa non faceva altro che urlare.
«Andrà tutto bene», gli disse.
Newt lo fissò negli occhi, sorridendo tristemente. «No, Alby. Questa è la nostra fine».

 

*

 

Correvano da quando avevano lasciato la WCKD Corporation. Dalla loro avevano il fatto di non poter stare male e il pasto sostanzioso fatto prima di partire.
La mente di Newt era lucida e concentrata, la pistola che pesava nella tasca posteriore dei jeans e i proiettili di strozzalupo che non facevano altro che ricordargli la sua missione: uccidere il capobranco.
Superarono il confine della zona Sud Est di Minor City, correndo e correndo, senza fermarsi.
Settecentocinquanta chilometri li separavano dal branco che dovevano attaccare.
L'ansia cresceva e cresceva, bloccandogli le vie respiratorie – non che ne avesse bisogno. Dopo la sua trasformazione, gli attacchi di panico erano stati una delle molte cose che erano sparite, accompagnate dalla leggera acne e dalle varie funzioni vitali. Il suo battito cardiaco era inesistente e tutto il calore del suo corpo era svanito non appena le zanne di sua madre gli avevano perforato la giugulare, trasformandolo irreversibilmente.
Si fermarono quando ormai un giorno era passato, rifugiandosi nei boschi. Newt inspirò, prima di gemere al profumo del sangue umano che scorreva nelle vene di chissà chi. A17 lo fermò, mettendogli una mano sulla spalla.
«A5, concentrazione. Sai cos'ha detto Janson. Massimo due vittime per ognuno di noi. Limitiamoci ad una».
Lui trattenne un ringhio, prima di sfrecciare verso la periferia della città più vicina.
Il vento era come una carezza sul suo viso, ma la fretta e la fame non lo fecero soffermare a lungo su pensieri poetici.
Trovò quello che cercava proprio pochi minuti più tardi.
La donna che adocchiò era carina, sui trent'anni. Il suo sangue era pulito, ma il suo cuore no. Riuscì a sentire i barlumi di una conversazione. Capì solo trasporto di essere umani, illegale. Donne da far prostituire per ricevere soldi, forse. Non riuscì a collegare tutti i pezzi, ma tutto quello che bramava era il suo sangue.
Le si avvicinò, facendo utilizzo delle sue capacità recitative.
«Mi scusi, signorina!», esclamò, raggiungendola. La donna lo guardò con fare apprezzato, prima di arrotolarsi un ciuffo fra le dita.
«Cosa posso fare per te, hm?».
Newt sorrise, facendo poi finta di essere impacciato. «Stavo cercando un pub qua vicino. Mi sono appena trasferito, sa, e vorrei davvero rilassarmi. Saprebbe consigliarmene uno?».

 

 

Si arrampicò sull'albero più alto, il viso rivolto verso l'alto.
Così, a mente lucida e sazio, pensò.
Tutto, di quella missione, gli sembrava sbagliato. Iniziare una guerra contro i lupi mannari? Davvero?
Cos'avevano di così tanto diverso da loro? Erano nella stessa merdosa barca, sempre in lotta contro i cacciatori e a proteggere le loro famiglie da una morte ingiusta e atroce.
Che senso aveva?
Non voleva continuare con la missione, e se ne rese conto solo in quel momento. Non solo perché temeva per la propria vita – ci mancherebbe altro - ma anche perché non gli sembrava affatto giusto.
Poi, uccidere il capobranco? L'Alpha? La guida di un intero branco di licantropi? Gli suonava così stupido.
Sapeva che se non l'avesse fatto, la WCKD avrebbe trovato il modo di vendicarsi, in un modo o nell'altro.
Potevano prender di mira sua sorella e sua madre, o il fratellino di Alby. Stava tutto nel rischiare, e lui non era ancora convinto se continuare o no.
Una luna. Una sola luna e poi ci sarebbe stato il plenilunio.
Una sola luna, e sarebbe morto, ucciso per una buona causa.
Sospirò, passandosi le dita fra i capelli biondo cenere e ritrovandosele imbrattate di sangue. Ne era abituato, ormai. Leccò via i residui, un piccolo sorriso che gli arricciava le labbra.
Finché avrebbe avuto quella piccola estasi, quel piccolo angolo di paradiso, sarebbe andato tutto bene. Era ciò che si ripeteva continuamente.
Chiuse gli occhi, rilassandosi contro la corteccia del tronco dell'albero. L'ansia gli scivolò via come sabbia fra le dita, e si ritrovò quasi a cadere fra le braccia di Morfeo, quando una voce conosciuta e che lo irritava a livelli massimi, lo distrasse.
«Non ti facevo così silenzioso e tranquillo, A5».
Trattenne uno sbuffo, guardando giù. A17 girava intorno all'albero, gli occhi rosati che lo scrutavano dal basso.
«Sono una persona piena di sorprese», replicò, decidendo poi di ignorarlo.
«Mi chiedo se tu lo sia anche mentre scopi. Rilassato, tranquillo». Newt s'irrigidì a quelle parole, mantenendo comunque un'espressione facciale neutrale.
«Secondo me gemi come una puttana. O almeno, lo faresti se sarei io a scoparti. Che ne dici? Ci stai?».
Con un ringhio scese dall'albero, lo afferrò per il colletto della maglietta e lo fece sbattere contro il tronco. «Toccami con un solo dito e non rivedrai più le amate mura della tua WCKD Corporation, mi hai sentito?». Lo lasciò, il nervoso che scorreva sotto la sua pelle.
A17 gli rivolse uno sguardo infuriato, molto probabilmente per il modo in cui l'aveva trattato. Il ghigno che aveva sulle labbra era completamente sparito, sostituito da una smorfia infastidita.Se ne andò senza dire una parola, e Newt poté tornare sopra al suo albero, a guardare l'alba. Voleva godersi gli ultimi istanti della sua vita senza dover sentire parole inutili e proposte rivoltanti.
Il cielo si schiarì sempre di più, e lui sorrise non appena i raggi toccarono il suo viso.
«Il dovere chiama, Newt!», gridò Alby, da sotto l'albero.
Il biondo scese a malincuore, prima di seguire i suoi compagni di missione verso Denver.

Sì, il peso che gravava sul suo cuore non aveva fato altro che aumentare.

 

*

 

A17 non avanzò più proposte, ma la sua arroganza non migliorò affatto.
Newt ascoltava la metà delle parole che che diceva, concentrato solo sulla missione. Entro quella sera avrebbero raggiunto il branco di Denver. Si fermarono per bere più volte, per ritrovarsi più carichi che mai.
La prospettiva di dover combattere contro un intero branco di licantropi non lo spaventava più così tanto. Si era rassegnato alla sua fine. Si era già arreso prima di cominciare a combattere, poiché le false speranze lo avevano sempre innervosito. Che senso aveva sperare in qualcosa di impossibile?
Se Alby notò il suo umore nero non disse una parola.
Erano tutti e tre tesi, la morte che pesava sopra le loro teste, pronta per cadere in tutto il suo peso.
Andrà tutto bene, aveva detto Alby, prima che partissero.
Torna da me e dalla mamma, aveva pianto Sonya.
Aveva mentito, promettendo che sarebbe tornato. Quella sera sarebbe finito a pezzi, probabilmente dallo stesso Alpha che doveva uccidere.
Finì il suo pasto giusto a pochi chilometri dal branco.
Mentre si preparavano all'attacco, Newt pensò a sua sorella.
Pensò alla risata e alla sfumatura violacea degli occhi di sua madre, ai versi che faceva Sonya quando veniva battuta a Risiko o a come si addormentasse velocemente con la testa posata sul suo petto.
Pensò alla sua famiglia, mentre la luna piena sorgeva.
Un ululato lo fece raggelare, ma i suoi muscoli si tesero dall'adrenalina.

Poi, la battaglia cominciò.

 

*

 

Perse di vista Alby e A17 non appena l'allarme suonò. Si divisero per il territorio che il branco occupava, decisi a non lasciare scoperta nemmeno una zona.
Fu quando si ritrovò davanti il primo licantropo, che Newt non ce la fece. Alzò le mani in segno di resa, prima di cominciare a correre così in fretta che fu impossibile perfino per altre creature sovrannaturali vederlo.
Corse e corse, schivando ogni balzo dei lupi che si trovava di fianco. Si nascose per un momento dietro ad uno dei muri dei complessi abitativi che c'erano lì, per riprendere fiato e concentrarsi. Doveva solo fermare l'attacco.
Era decisamente più facile da dirsi che da farsi.
Alle sue orecchie arrivò il lamento agonizzante di uno dei lupi. Seguì quel suono, trovandosi davanti A17, che stava per dare il colpo finale al licantropo che aveva davanti, che stava a sua volta proteggendo una bambina.
I capelli biondi e la sua faccia completamente terrorizzata lo fecero immobilizzare per un secondo. Poi, il momento più tardi, stava già sfrecciando contro A17, spingendolo lontano e facendolo cadere a terra. Il lupo cadde, forse senza sensi, forse morto, e lui ne approfittò per fare quello che questi non era riuscito a fare: proteggere la bambina.
La piccola lo fissava con occhi spaventati, e lui allungò una mano. «Fidati di me», le disse, supplicandola. «Lascia che ti porti al sicuro».
Lei fece un cenno con la testa, e lui la sollevò di slancio, caricandosela in braccio. Seguì con l'olfatto l'odore di altri bambini, e raggiunse quella che non era altro che un'altra abitazione.
Una donna con la pelle olivastra e vestita di nero stava radunando tutti i bambini del branco, facendoli entrare nell'edificio. Lui la raggiunse, e venne accolto con un ringhio.
Non che non se lo aspettasse.
La bambina si diresse verso la donna, toccandole un braccio con la mano. Newt vide come ella spalancò gli occhi, fissandolo. Poi, con un cenno della mano, gli porse una mano, che lui fu indeciso se stringere o no.
La donna la lasciò cadere senza dargli il tempo di prendere una decisione. «Grazie», disse poi, prima di prendere in braccio la bambina e chiudersi insieme agli altri nell'edificio.
Newt si girò, tornando alla battaglia. Doveva trovare A17 e l'Alpha.
Doveva convincere il capobranco a fermare gli altri licantropi, perché quella non era nient'altro che una perdita di tempo.
L'odore dei Beta non fu abbastanza forte da coprire quello che stava cercando.
L'Alpha.
L'Alpha era davanti a lui e ringhiava addosso ad A17.
Il vampiro si girò non appena si accorse della sua presenza. «Te l'ho detto che avrei preso il tuo posto», sibilò, sogghignando.
Newt ringhiò, attirando l'attenzione degli altri licantropi e del capobranco, che lo scannerizzò con i suoi occhi rossi – così uguali ai suoi, benché fossero di due specie diverse.
Lui non diede il tempo a nessuno di far qualcosa; si lanciò contro A17, abbattendolo.
L'altro vampiro non si sottomise, spingendolo indietro a sua volta. Gli si mise a cavalcioni, assestandogli un pugno sulla mascella. Newt, infuriato, ribaltò le posizioni, inchiodandolo al terreno.
«È finita, A17».
Gli afferrò il braccio sinistro, prima di dislocarlo dalla spalla e strapparlo brutalmente dal torace.
A17 urlò dal dolore, gli occhi rosati spalancati che uccidevano Newt col pensiero.
Fece per attaccargli la giugulare, ma un ringhio potente lo fermò. L'Alpha era davanti a lui, le zanne spalancate.
Newt rispose al ringhio, per niente spaventato. Si alzò dal corpo in agonia di A17, pronto a fronteggiarlo.
Non voleva ucciderlo, ma non voleva neppure lasciar in vita A17.
L'Alpha gli si buttò addosso, ma Newt riuscì a divincolarsi dalla presa e gli assestò un calcio al muso, che lo fece ululare.
Gli altri Beta fecero per intervenire, ma il capobranco li ammonì, prima di rivolgere la sua completa attenzione al vampiro biondo che gli stava davanti.
A noi due, pensò quello, ghignando. Scoprì i canini in un altro ringhio, fiondandosi avanti.
La colluttazione continuò per un tempo indeterminato, ma ben presto furono entrambi sfiniti, accasciati al terreno. A17 era stato, molto probabilmente, imprigionato nel frattempo.
Newt si alzò allo stesso tempo dell'Alpha, e gli si mise davanti.
Il lupo gli arrivava al mento, in tutta la sua altezza. Con un cenno della testa, dichiararono il combattimento finito.
Newt sentiva di essere ridotto male, ma la consapevolezza che neppure l'Alpha se la fosse cavata meglio lo rincuorava notevolmente.
Poi, cadde al suolo, senza sensi.

 

Si risvegliò ansimante, scattando a sedere.
La prima cosa che notò, fu di essere steso su una brandina. E che la suddetta branda fosse all'interno di una cella.
Balzò in piedi, sentendosi parecchio intontito. Avanzò fino alle sbarre, posandoci sopra i palmi. Scattò all'indietro, quasi scottato, mentre un dolore lancinante si estendeva per tutte le sue braccia.
Argento.
«Precauzione necessaria», esordì la voce di una ragazza. Newt sobbalzò, lo sguardo che saettò alla figura della giovane, appoggiata al muro al di fuori della cella, gli occhi gialli puntati nei suoi. «Non vogliamo farti del male, tranquillo», aggiunse, sorridendo.
Era giovane – la sua età, forse di qualche anno più vecchia – e la sua pelle era leggermente abbronzata. I capelli neri come la pece le scendevano lungo le spalle, posandosi scomposti sopra l'accappatoio viola che indossava.
Si alzò, avanzando fino alle sbarre della cella, dopo di chè allungò una mano, continuando a fissarlo negli occhi. «Sono Teresa», si presentò, il sorriso che non accennava a sparire dalle sue labbra.
«A5», replicò, stringendo la sua mano. Era calda – troppo calda, rispetto alla sua.
«Uh, e il tuo vero nome?».
«Newt», si arrese a rispondere, lasciando andare la presa sulla sua mano. Teresa si sedette per terra, a gambe incrociate.
«Piacere di conoscerti, Newt. Come va?».
«Mi sento abbastanza intontito. E ho decisamente fame. Tu? Che mi racconti?». Era quasi spontaneo conversare con Teresa. La risposta gli uscì automaticamente dalle labbra, senza che avesse bisogno di pensarci.
«Non c'è male. Siamo riusciti a curare tutti dallo strozzalupo, dopo il vostro attacco».
Newt deglutì. «Sì, mi dispiace, a proposito».
Teresa sorrise. «Non devi. Ci hai salvati, te ne siamo riconoscenti», disse. «Il processo per A17 è fra giusto dieci minuti. Il nostro Alpha ha richiesto la tua presenza. Non ti vogliamo fare del male», ripeté, poi.
Lui annuì, a disagio. Poi, qualcosa – o meglio, qualcuno – gli venne in mente.
«Alby», sussurrò.
«Come?».
«Alb- avete trovato un altro vampiro, per caso? Alto, occhi ambrati, carnagione scura?».
Teresa scosse la chioma corvina. «Nessun altro succhia sangue, oltre te e il povero malcapitato che hai mutilato».
Sospirò. Era riuscito a scappare. Alby era relativamente salvo.
Si lasciò andare contro il pavimento freddo, gli occhi chiusi.
Cosa ne sarà di me, però?, si chiese, preoccupato.
Si ricordò delle parole di Teresa, e sperò che fossero vere.
Sonya, forse torno veramente a casa.

 

Il processo si sarebbe svolto all'esterno, nella radura.
Newt fu accompagnato da Teresa, che non aveva smesso di parlare nemmeno per un minuto. I licantropi discutevano, urlavano. Alcuni perfino ridevano, forse contenti dell'essere sopravvissuti. Newt notò la mancanza dei bambini. Si chiese se stessero bene.
Il baccano s'interrompe non appena arrivò l'Alpha, trascinando il prigioniero per l'unico braccio rimasto, come se fosse un sacco pieno di letame.
Newt sentì il cuore – ormai immobile – ricominciare a battere quando incrociò la figura dell'Alpha con lo sguardo.
Era un ragazzo alto, abbronzato, vestito solo con un paio di jeans neri. I capelli neri erano spettinati e disordinati, e gli occhi rossi scintillavano in mezzo a quel viso dai tratti delicati. Si ricordò della battaglia della notte precedente, e sobbalzò quando vide l'ombra di quelli che sembravano lividi sul suo corpo perfetto, quasi scolpito.
L'Alpha incrociò il suo sguardo, prima di camminare spedito fino al centro. Sbatté a terra il prigioniero, mentre i licantropi lo fissavano con riverenza e rispetto.
«Il vampiro A17», esordì. «È qui condannato per aver preso parte all'attacco contro al nostro branco, la notte precedente, e per aver quasi ucciso tre dei nostri compagni, fratelli, amanti, figli. È inoltre colpevole del tentato omicidio del sottoscritto e di Kathy Jones», continuò. «Così, lo condanno alla massima pena».
Morte.
A17 sarebbe stato ucciso dal licantropo.
L'Alpha lo fissò nuovamente. «Concedo al vampiro A5 la possibilità di eseguire la condanna con le sue stesse mani».
Newt si sentì quasi mancare. I Beta si girarono verso di lui, adocchiandolo. Passo dopo passo, si ritrovò al fianco dell'Alpha, che lo incoraggiò con un cenno della testa.
A17 si alzò in piedi, dirigendosi velocemente verso il capobranco e squadrandolo. «La WCKD Corporation te la farà pagare, lurida feccia. La farà pagare a te, e a tutti i tuoi lupacchiotti domestici». Dopo di che, gli sputò in faccia. Newt ringhiò al gesto, disgustato. Si lanciò contro A17, atterrandolo come la sera precedente.
«Hai fatto un errore a decidere di correre con i lupi, A5. Un grave errore. Faranno a pezzi te e il tuo prezioso Alpha prima ancora che te ne accorga».
Il vampiro biondo si avventò contro la sua gola, demolendogli la carotide e l'osso del collo. Morse e morse, dilaniando e distruggendo.
Afferrò la testa per i capelli rossi, tirandola fino a quando non si staccò dall'incavo delle spalle. Si alzò in piedi, tenendola davanti a sé.
«Il tuo bel faccino ha attirato la loro attenzione», ripeté le stesse identiche parole che quello gli aveva detto qualche sera prima. Lasciò cadere a terra la testa, precipitandosi a staccare le altre parti del corpo.
Un boato si sollevò fra i Beta, che urlarono dalla gioia non appena il vampiro fu morto.
«I miei complimenti».
Si girò in tempo per vedere l'Alpha sorridergli, avvicinandosi. «Anche per il combattimento di ieri. Pochi riescono a tenermi testa».
Newt ghignò. «Hai ancora tante cose da imparare». Dedicò un'occhiata indifferente al corpo di A17, che stava per venir bruciato.
L'Alpha gli rivolse uno sguardo compiaciuto. Poi, gli tese la mano. «Sono Thomas. Tu sei.. Newt, giusto?».
Il vampiro annuì, stringendogli la mano.
«Be', Newt, avrei delle cose importanti da discutere insieme a te», disse. «Ma qui non mi sembra il luogo adatto. Seguimi».
Dopo un cenno affermativo, si diressero al limitare del bosco, dove si sedettero ai piedi di uno degli alberi. Thomas fissava l'orizzonte, prima di dedicargli tutta la sua attenzione.
«Mi dispiace doverti dare questa notizia, ma non possiamo permettere che tu ritorni dalla tua famiglia. Hai visto troppe cose del nostro branco, ed esporrebbe tutti noi ad un grosso pericolo».
Benché se lo aspettasse, fu comunque un colpo al cuore quando lo sentì. Chiuse gli occhi, sentendoli bruciare da dietro le palpebre.
«Per cui, ho per te una proposta».
Newt lo guardò dritto in viso, curioso. «Ossia?».
Thomas sorrise. «Puoi restare qui. Puoi entrare a far parte del branco, oppure contribuire e basta».
«È la mia unica possibilità, vero?».
«No», disse Thomas. «Potresti vivere in solitudine nei dintorni, senza però poter raggiungere la tua famiglia. Saresti controllato la maggior parte del tempo, e faresti vivere tutti noi nella paura». L'ultima parte della frase la soffiò, quasi, ridacchiando.
Lui annuì, prima di sospirare. «Sono affamato e non riesco a pensare. Fammi andare a caccia e poi valuterò. Questa è la mia condizione».
Thomas non poté ribattere alcunché. «Certo. Prenditi tutto il tempo che ti serve, Newt».
Il vampiro sorrise, triste, prima di alzarsi e sfrecciare per i boschi, nella mente solo il viso di sua sorella che gli implorava di tornare a casa.

 

Durante tutto il tragitto, non si rese conto di essere seguito.
Era concentrato al massimo, sia sulla preda che sulla decisione da prendere. Cacciare lo rilassava, gli distendeva i nervi e gli faceva vedere le cose più chiare.
La solitudine non faceva per lui, e la proposta di Thomas era allettante, doveva ammetterlo. Ma il solo pensiero di dover vivere a stretto contatto con un branco di licantropi, senza un solo suo simile, lo metteva un po' a disagio.
Era un vampiro. Per quanto potesse provare a negarlo, aveva bisogno di qualcuno della sua specie. Aveva bisogno di un altro vampiro.
Per non parlare poi di quanto potessero essere diversi vampiri e licantropi.
I vampiri amavano la solitudine, il circondarsi dalle persone necessarie e basta. I licantropi si cercavano e si formavano un vero e proprio branco. Un gruppo in cui tutti erano allo stesso livello, in cui tutti erano amici, fratelli.
Non sapeva dire se fosse pronto o no. Era terrorizzato.
Decise di dedicare tutta la sua attenzione alla caccia. L'uomo che aveva adocchiato era sulla quarantina, il sangue ancora ottimo. Conduceva una vita sana e faceva tanta attività sportiva, da quello che poteva sentire. Lo avvicinò con la stessa scusa: chiedere un aiuto.
Era la tattica più semplice, oltre a quella della seduzione.
Dalla sua parte aveva la bellezza innaturale di cui era stato donato, e doveva ammettere di esserne sollevato.
L'uomo, completamente incantato dai suoi movimenti e dalla sua voce profonda e strascicante, non esitò a seguirlo lungo le strette stradine della città di periferia, borbottando su qualche scorciatoia.
Newt lo mise con le spalle al muro. «Scusami, sembri una brava persona. Ma si chiama istinto di sopravvivenza», gli disse, alzando le spalle, con tono indifferente. Visto che era giorno, tappò la bocca dell'uomo con una mano, affondando i canini nella gola e cominciando a bere.
Una volta finito, sistemò l'uomo con le spalle al muro e la testa girata, in modo da non far vedere il morso. Gli assestò un paio di colpi sul volto e sul petto, per farla sembrare un'aggressione. La polizia non ci avrebbe messo molto a trovarlo e le orecchie dei cacciatori erano molto allenate.
Si rese conto di essersi lasciato andare, scegliendo la prima vittima che gli era stata disponibile. Storse la bocca, prima di fare a pezzi il corpo e buttarlo in un cassonetto.
Newt inspirò, soddisfatto del pasto. Un ormai familiare odore gli arrivò alle narici.
«Avrei potuto ucciderti», si limitò a dire.
«Non capita tutti i giorni di vedere un vampiro cacciare», ribatté Thomas, avvicinandoglisi in pochi secondi. Newt gli sorrise, asciugandosi la bocca con il dorso della mano e leccando via qualche goccia di sangue. «Destabilizzante, hm?».
«È stato stupendo, Newt», ammise il licantropo, il tono sincero. Lui si sorprese. Stupendo sarebbe stato l'ultimo aggettivo con cui avrebbe descritto la caccia vampiresca, se non avesse mai provato la sensazione d'estasi nel suo corpo appena il sangue scivolava giù per la sua gola.
«Come, scusa?», balbettò, infatti.
«Stupendo», ripeté Thomas. «Come ti muovi, come riesci ad ingannare la preda. Come affondi i canini nella sua giugulare, in un modo completamente diverso rispetto a come hai fatto con A17. Posso provare sulla mia pelle l'estasi che provi tu, l'eccitazione che scivola fra le vene. Il tuo essere.. tu. Mi ha stupefatto. Ed è stato stupendo, assistervi».
Newt non si perse una parola del fiume che era esondato fuori dalla bocca del capobranco. Lo fissò a lungo e, se avesse potuto, sarebbe arrossito.
«Grazie», sussurrò, poi, imbarazzato. Non gli piaceva essere messo al centro dell'attenzione.
«È solo la verità».
Forse era il posto meno romantico per cominciare a sentire qualcosa di caldo e piacevole all'altezza del cuore, ma Newt non ci fece nemmeno caso. Lo provava e basta. Ogni volta che incrociava gli occhi dell'Alpha, ogni volta che sentiva la sua voce. Quell'ammissione non aveva fatto altro che farlo sentire bene, a suo agio. A posto con il mondo. Così, mentre infilava il braccio sinistro della vittima nel cassonetto, prese una decisione.
«Sì», disse, semplicemente.
Thomas fece una faccia confusa. «Sì, cosa?».
Newt prese un respiro profondo. «Voglio far parte del tuo branco».

 

*

 

Teresa lo fissava con un sogghigno sulle labbra e lui non sapeva dire se fosse felice o altro. Condivideva l'appartamento con lei – una sua proposta, che lui aveva accettato volentieri – e non gli mancava di certo la solitudine.
La ragazza si stava mettendo lo smalto sulle unghie, i piedi sul tavolo e coperta solo dalla propria pelle.
Newt doveva ammettere che era di una bellezza stupefacente. La solita vestaglia viola che le aveva visto addosso, era appoggiata all'appendiabiti dietro alla porta d'ingresso.
«Daranno una festa per celebrare la tua entrata nel branco, come da tradizione», lo informò, finendo il pollice della mano destra. «Sarà stupendo. Ti piacerà qui, vedrai. Siamo solamente una grande, grande, grande famiglia».
Newt annuì, speranzoso. Si alzò dal letto, avvicinandosi per prendere la spazzola poggiata sul tavolo. Senza neppure chiedere il permesso, cominciò a pettinarle i capelli, acconciandoli in una treccia. La fermò con una forcina, che Teresa gli passò gentilmente.
Era una cosa che faceva sempre con sua sorella Sonya, quando dovevano andare a caccia, o prima di dormire.
«Grazie, Newt», disse la ragazza, prima di aprire di nuovo la boccetta e cominciare la mano sinistra.
Grazie a te, Teresa.

 

Un grande falò era stato acceso al centro della radura, fuori dai complessi di abitazioni. C'era della musica e la gente ballava e cantava, festeggiando. Alcuni gli diedero una pacca sulla spalla, altri lo abbracciarono.
C'era un sacco di cibo, ma Newt non poteva assimilare niente che non fosse composto dalla maggior parte da sangue, perciò si tenne lontano da quei pezzi di carne arrostita.
Dopo un po', il chiacchiericcio della gente e le urla cominciarono a fargli venire il mal di testa, così si avviò al limitare della foresta, osservando la festa da lontano.
«Già stanco?».
Sobbalzò appena sentì la voce, rilassandosi quando la riconobbe come quella di Thomas.
«Non sono abituato a tutta questa.. confusione?».
Thomas sorrise. «Siamo piuttosto rumorosi, sì», concesse. «Voi vampiri non fate feste?», chiese poi, interessato.
Newt scosse la testa. «Siamo piuttosto solitari. Stiamo con la nostra famiglia o da soli, non c'è una via di mezzo».
«Non avete amici?».
«Abbiamo alleanze», rispose lui. «Alleanze fatte con il solo scopo di sopravvivenza».
Thomas fece una smorfia, e Newt sorrise appena la vide. «È così triste», commentò. «Siete così..».
«Freddi?», gli venne in aiuto il vampiro.
«Primitivi. Avrei detto egoisti, ma non voglio ritrovarmi con la testa staccata dal corpo. E so che tu potresti farlo».
«Lo siamo. Siamo freddi, primitivi e sì, egoisti. Non c'interessa di nient'altro che non ci porti qualche guadagno. Nella nostra cultura solamente la sopravvivenza della specie e la famiglia hanno qualche importanza».
«Famiglia? Voi vampiri vi riproducete?», chiese Thomas, curioso e interessato.
«Non esattamente. Noi vampiri non siamo sterili, possiamo riprodurci con gli umani o solamente con quelli della nostra stessa specie. Ma i bambini che nascono, in entrambi i casi, sono prettamente umani. Hanno bisogno di cibo solido, di cure. L'unica caratteristica che li distingue, è che sono molto più resistenti e forti», spiegò. «Al raggiungimento di una certa età, c'è il morso».
Il licantropo restò in silenzio, assimilando tutte le informazioni. «E c'è un'età precisa?».
Newt scosse la testa. «E qua torniamo alla parte egoista e primitiva», rise. «Quando la famiglia è in pericolo, se ci sono ancora membri umani, questi devono essere morsi. È per aumentare la potenza e le possibilità di sopravvivenza contro quella minaccia».
«E tu quando sei stato morso?».
Il vampiro lo fissò a lungo, prima di sospirare e spostare lo sguardo sul terreno. Non voleva ripensare a quel periodo. Non voleva ricordare di come si fosse sentito fortissimo un attimo prima, e ridotto in cenere quello dopo.
Le urla di sua madre, il corpo a pezzi di suo padre, sua sorella che piangeva, nascosta dietro le sue spalle- no, era troppo. Chiuse gli occhi all'intensità del ricordo.
Suo padre gli mancava ogni giorno. Cercava di non fermarsi a pensarci, perché era semplicemente e puramente doloroso. Almeno, prima, alla WCKD Corporation aveva sua sorella e sua madre. Aveva la sua famiglia. Si svegliava ogni mattina con la consapevolezza di essere sì, in una prigione, ma accanto alle persone che amava con tutto sé stesso. Con le uniche persone che gli fossero rimaste.
Se Thomas si accorse di quello che la sua semplice domanda avesse scaturito in lui, non disse niente. Newt gliene fu grato.
Ma si sentiva quasi un codardo a non avere la forza di rispondere. Perciò, prese un respiro profondo.
«Quando arrivarono i cacciatori», rispose, semplicemente. «Cacciatori di vampiri».
Thomas si irrigidì e fece per fermarlo dal raccontare, ma Newt continuò.
«La mia famiglia si è da sempre stanziata in Inghilterra, nei dintorni di Londra. Mio nonno lavorava per la Regina, e la nostra famiglia è stata vampirizzata negli inizi del 600. Ovviamente, per non destare sospetti, mettevamo in scena questi finti decessi – una cosa davvero dura da organizzare, a sentire mia madre», raccontò. «Mia madre era ancora umana, quando sono nato io. È stata trasformata dopo che è nata mia sorella, Sonya. Ho vissuto la mia adolescenza lì, sai. Andavo a scuola, avevo degli amici; come un normale adolescente». Prese un respiro profondo, e Thomas si fece più vicino. Incatenò lo sguardo al suo, rosso contro rosso, e trovò la forza per continuare. «I cacciatori ci trovarono, e noi eravamo semplicemente troppo.. troppo immersi nella nostra vita, nella nostra messa in scena in cui recitavamo a fare gli esseri umani, per accorgercene prima e prendere provvedimenti. Così, quando ritrovammo le teste dei miei nonni e dei miei zii fuori dalla porta di casa, era già troppo tardi».
«Newt..», cercò di dire Thomas, ma lui continuò, gli occhi lontani.
«Mi morsero. Trasformarono me e mia sorella, ma era comunque troppo, troppo tardi», sorvolò sui dettagli del dolore che aveva provato non appena quei canini erano entrati nella pelle della sua gola, anche se solo il pensieri gli faceva venire i conati di vomito. «Fecero a pezzi mio padre. Io riuscii a fermare il secondo cacciatore, in tempo per far scappare mia madre e mia sorella. Non lo uccisi, e mi pento di questo. Non lo uccisi e scappai appena ne ebbi la possibilità. Fuggimmo per tutto il paese per almeno due giorni, prima di emigrare negli Stati Uniti. La WCKD ci trovò, e ci accolse nel suo Dipartimento».
Prese un respiro, prima di rendersi conto che tutto il peso che sentiva sulle spalle si era sollevato e l'aveva lasciato molto più leggero. Non era l'unico a saperlo. Qualcun altro sapeva la sua storia, quello che aveva passato. Sorrise a Thomas. «Ed eccomi qua. A far parte di un branco di licantropi. A parlare del mio passato oscuro con l'Alpha a cui dovevo staccare la testa», disse.
Thomas ridacchiò, tirandoselo addosso. Newt s'immobilizzò, prima di rilassarsi e lasciarsi andare contro quel corpo caldo. «E sono felice che tu sia qui con noi, Newt. Con me».
Il biondo non poté impedirsi di sorridere. «Sì, ne sono felice anch'io».

 

La festa continuava, nel frattempo, e i licantropi sembravano non essere nemmeno un briciolo stanchi.
Newt si ritrovò in mezzo al baccano, e – sorprendendosi – si stava anche divertendo da morire.
Alcuni raccontavano storie, sia su vampiri, che sui lupi mannari, o altre creature fantastiche (sentì parlare anche di fate, per esempio).
Altri intonavano canti della loro cultura, e si ritrovò ad ascoltarli più che volentieri. Di solito, il canto era accompagnato da balli – o addirittura gare – ed era una novità rispetto a quello che succedeva giornalmente alla WCKD Corporation. Non ricordava di essersi mai divertito così tanto.
«Te l'avevo detto», gli disse Teresa, quando rientrarono in casa.
«Cosa?».
«Che ti saresti trovato bene, fra di noi. Hai trovato una casa, Newt».

 

*

 

«Perché i lupi sono così legati ai loro compagni?».
La domanda gli uscì spontanea, proprio mentre Thomas lo stava stringendo con più forza. Erano sdraiati nella Radura, il cielo che cominciava ad imbrunirsi. Newt si sentiva così bene. Si sentiva felice, ed era una novità per lui. Ormai erano passate settimane, da quand'era diventato parte del branco. Teresa non lo lasciava neppure un secondo, assicurandosi sempre che non stesse mai da solo. Sorprendentemente, questo non gli dava neppure il minimo fastidio.
«Sai che i lupi sono monogami, vero?», chiese Thomas, ricevendo un cenno affermativo come risposta. «Noi licantropi siamo lo stesso. Abbiamo uno stesso compagno e lo teniamo per tutta la vita. Appena ne scegliamo uno, ci leghiamo a lui per sempre. Il Legame consiste in un morso – di solito dipende dalla specie. Se il Legame si deve formare tra due licantropi, il morso è reciproco. Sono marchiati. Se nel caso c'è un licantropo e il partner è di un'altra specie, il morso viene dato solo dal lupo. È il lupo che sceglie il compagno, quella persona fatta apposta per noi, che ci fortifica».
Newt pendeva dalle sue labbra. «Non vi indebolisce? Avete un punto debole. Non è positivo, in battaglia».
Thomas ridacchiò. «Sei proprio freddo, Newt», scherzò, guadagnandosi un pugno tirato sul braccio. «Può essere visto come uno svantaggio, sì. Ma noi non basiamo la nostra vita sul campo di battaglia. Il nostro compagno è tutto, per noi».
«Da come ne parli, non posso fare a meno di pensare che tu.. abbia provato queste sensazioni sulla tua pelle. È così?».
Il cambiamento fu radicale, dopo la sua domanda. Thomas si allontanò dal suo corpo, quasi scottato, e Newt se ne pentì subito. Gli mancava di già il suo calore, il suo odore e le sensazioni che provava ad averlo così vicino.
«Stavo per legarmi a qualcuno, sì», rispose poi, il licantropo. Newt prese un respiro profondo e gli si fece più vicino.
Con sua somma sorpresa, Thomas non disse una parola quando lo prese fra le braccia, posando il naso sulla sua giugulare.
«Si è rivelata una cacciatrice. Si chiamava Brenda», mormorò. Sembrava più debole, quasi, e Newt si odiò per avergli portato alla mente quei ricordi. «Pensavo di amarla. Ne ero sicuro. Era tutto il mio centro, tutto il mio mondo. La mia vita ruotava intorno a lei. E poi ha fatto fuori una del mio branco, Stacy. Ha venduto le sue zanne».
Newt si ghiacciò. Thomas era stato tradito nel modo più crudele e letterale possibile.
«E ora.. dov'è, Brenda?». Pronunciò il suo nome con tutto il disprezzo che provava, e non se ne vergognò. Il pensiero che qualcuno fosse arrivato a fare così tanto male ad una persona lo meravigliava.
«È morta. Un licantropo l'ha morsa, e lei si è suicidata. Ho provato.. indifferenza, quando l'ho scoperto. Il lupo non l'ha mai presa in considerazione come compagna. Forse è per questo che è alla continua ricerca di anche una mera possibilità di un Legame».
Newt passò le dita fra i capelli neri del licantropo, gli occhi rossi che scrutavano il suo viso nei minimi dettagli.
«Ora tu sai qualcosa sul mio passato, come io lo so di te», disse Thomas, sorridendo, in modo da spezzare la tensione che si era creata.
Newt ricambiò il sorriso.
Thomas era bello. Di una bellezza selvaggia, che tradiva la sua vera natura. Perfino i suoi occhi rossi – che simboleggiavano il suo status sociale nel branco – li riteneva un vero capolavoro. Non era la stessa sfumatura cremisi dei suoi, era più un rosso scarlatto. Ci si poteva quasi perdere dentro.
Con le dita, tracciò i contorni del viso, partendo dall'attaccatura dei capelli sulla fronte, alle sopracciglia, al naso perfetto e all'insù, schiacciando le varie lentiggini e i vari nei. Poi, passò il contorno delle labbra, delicatamente, leggero come una piuma. Finì il suo percorso con il mento.
Non era abituato a tanta intimità, ma era qualcosa che lo scombussolava dall'interno.
In ventiquattro anni di vita – di cui due, passati da immortale – non aveva mai sentito niente come quello che provava quando stava con Thomas. Quel calore all'altezza del petto, che lo avvolgeva e lo cullava.
Thomas sembrò quasi accorgersene, ma poi chiuse le palpebre e si rilassò, la testa poggiata sul suo grembo.
«E nella vostra cultura, Newt? L'amore è importante?».
Fu poco più forte di un mormorio, ma lui lo sentì comunque.
«Sì», rispose. «Per la nostra famiglia. Per il partner – non siete le uniche creature monogame. Anche noi abbiamo un solo compagno per tutta la vita».
«E tu ne hai uno?».
«No. Non l'ho mai desiderato, non l'ho mai cercato. A17 aveva cercato di farmi una proposta, ma tutta su un piano strettamente sessuale. Non m'interessava allora, e neppure adesso direi di sì».
Thomas curvò le labbra in un sorriso, prima di mettersi a sedere, spalancando gli occhi. Passò con un dito lo zigomo di Newt, prendendogli poi il volto fra le mani. Si avvicinò lentamente, e il vampiro sentiva quasi come se il cuore stesse per uscirgli dal petto. Le labbra di Thomas erano sempre più vicine, ma non si posarono mai sulle sue. Piuttosto, sulla sua guancia.
«Sei un bravo vampiro, Newton».
Newt sorrise, felice, prima di scoppiare a ridere. Non si chiese neppure come facesse a sapere il suo nome completo. Si limitò a stendersi di nuovo sul terreno e a chiudere gli occhi.
Forse, dopo anni di dolore, poteva permettersi qualche attimo di felicità.

 

*

 

Dopo un mese passato ad essere membro effettivo del branco, Newt fece la conoscenza di Minho.
Il licantropo era stato lontano da casa per tutto il tempo che il vampiro era arrivato, compresa la notte dell'attacco.
Non sembrò sorpreso a vederlo, anzi. Lo accolse a braccia aperte, con un ghigno dipinto sul viso. Da quel gesto, Newt capì che Thomas – o comunque qualcun altro dovesse avergli detto come si fossero risolte le cose, ossia che lui non era un assassino.
«Mi sembra ancora strano avere un succhia sangue nel branco, ma è una cosa abbastanza figa», aveva detto, ridacchiando. «Siamo il branco più strano del mondo! Umani, vampiri.. ci manca una banshee e siamo a posto». Il commento aveva fatto ridere anche Newt.
Minho era un tipo a posto. Magari troppo spesso non sapeva quando fosse l'ora di chiudere la bocca, e diceva le cose troppo schiettamente, facendo innervosire praticamente quasi tutti quelli con cui parlava.
Teresa gli aveva detto che era uno dei licantropi più forti e determinati del branco – l'unico che riusciva a tenere testa a Thomas, in effetti – e che c'era voluto poco che diventasse lui, l'Alpha.
Non conosceva bene le dinamiche all'interno di un branco di licantropi, e avrebbe dovuto documentarsi più a fondo.
Minho era forse l'unica persona – oltre a Teresa e Thomas, forse – a cui pensasse con il termine di amico. Benché tutti fossero simpatici e avrebbe dato la vita per ognuno di loro, la sua natura solitaria, tipica del vampiro che era, lo spingeva a considerare poche persone.. intime? Forse, sì.
Nelle settimane che seguirono, il loro rapporto si rafforzò sempre di più.
Minho lavorava come vigile del fuoco – un lavoro che gli si addiceva, se doveva essere sincero – ed era definito eroe dalle persone comuni. Molte volte gli diceva come scoppiasse a ridere al pensiero che lui era sì l'eroe, ma che su di lui ci facevano film horror, e che alcune persone vivessero nella paura di incontrarlo. Newt alzava le sopracciglia, prima di tirarlo in un abbraccio e dichiarare che fossero in due.
Erano creature orribili, ma la vita non era mai stata così bella e felice. Non se ne curavano.
Se con Minho le cose si evolsero, e diventarono veramente uniti, con Thomas, degenerarono.
L'Alpha era sempre fuori casa, o al lavoro o comunque immerso nei boschi. Il licantropo dai tratti orientali gli aveva detto che in certi periodi era così: voleva semplicemente stare da solo.
Ma Newt non voleva arrendersi. Gli piaceva da morire il tempo che passava con Thomas, non voleva rinunciarci.
Per questo, decise di non ascoltare gli amici che gli consigliavano di lasciar stare il capobranco, e andò a cercarlo nel bosco.
Era notte fonda e – non lo avrebbe mai ammesso, comunque – era piuttosto preoccupato.
Lo trovò seduto sotto la luna, gli occhi rossi che splendevano e la pelle leggermente abbronzata che sembrava più pallida, sotto la luce del satellite. Lo spiò per qualche minuto, nascosto dietro il tronco di uno degli alberi, prima di fare qualche passo in avanti.
Dalla sua aveva il suo essere una creatura sovrannaturale e super-silenziosa, per cui il licantropo non si accorse di lui fino a quando non gli fu steso di fianco.
«Che ti succede?», chiese, in un sussurro. Chiuse gli occhi, godendosi i raggi della luna sopra la sua pelle.
«Niente», fu la risposta sospirata di Thomas.
Lui mugugnò, accontentandosi apparentemente della risposta. Aprì un occhio, fissandolo. Gli si avvicinò e, per la prima volta, lo sentì irrigidirsi. Di solito era lui quello che diventava una statua di marmo sotto il suo tocco o per colpa della vicinanza.
«Newt», lo avvertì il licantropo.
«Cosa?», replicò lui, posando la testa sul suo petto e circondandolo con le braccia. Thomas esalò un sospiro, non accennando a rilassarsi nemmeno un minimo. «Mi sei mancato», esitò. «Tommy».
«Oh, Newt», gemette Thomas, quasi dolorosamente.
«Mi vuoi dire cosa c'è che non va? O dobbiamo giocare a Indovina-cos'ha-il-lupo-cattivo?».
Silenzio. Cadde semplicemente il silenzio fra di loro, ma Newt intendeva aspettare. Avrebbe aspettato tutta la notte, pur di avere una risposta.
Restarono sdraiati abbracciati sotto la luna, con il vampiro che ascoltava i respiri regolari e silenziosi di Thomas, e con la mente lontana. Il volto di sua madre tentò di apparire nella sua mente, ma lui lo scacciò via. Non era il momento adatto per farsi prendere dalla tristezza e dalla malinconia.
Un mese e tre settimane da quand'era diventato un membro effettivo di un branco, lo stesso branco che doveva distruggere.
Un mese, tre settimane e due giorni che non sentiva i capelli biondi di Sonya sotto le sue dita, la risata cristallina di sua madre e il rumore dei giochi di metallo che i bambini accettati dalla WCKD Corporation facevano cadere o frantumavano.
Era doloroso.
Si strinse di più a Thomas, che passò le dita fra i suoi capelli, pettinandoli. Non sapeva come avessero fatto a diventare così intimi- si sentiva semplicemente bene con lui. Era così e basta.
Chiuse gli occhi, inspirando. Il suo profumo era inebriante, ora che ci faceva caso. Mentre gli altri odoravano più di cane bagnato, Thomas profumava di bosco e corse sotto la luna.
«Il lupo ha scelto la persona che vuole come compagno».
L'ammissione lo fece irrigidire. Un dolore indescrivibile – davvero, cos'era? - lo colpì al petto e sentì la testa girare. Si staccò dal corpo del licantropo, allontanandosi.
Chi è?, voleva chiedere. Chi si è permesso? Perché non io? 
L'ultima domanda che affiorò nella sua mente lo fece tremare. Era sembrato così spontaneo aprire la bocca e chiederla, e la cosa lo mandava in confusione.
«Ne sono felice», disse, meccanicamente. La voce rischiò di spezzarsi, e lui deglutì inutilmente. Era più un istinto umano.
«Sì, anch'io. Molto», sorrise, Thomas.
Quella fu la goccia che fece traboccare il vaso. Era semplicemente troppo da sostenere. Si sentì anche piuttosto idiota a sentirsi in quel modo, a dirla tutta. Scattò in piedi, cominciando a correre per gli alberi, le foglie che gli sbattevano in faccia. Non gli facevano male, erano come dolci carezze, per lui. Sentì gli occhi bruciare, ma non si fermò. Non si fermò e basta, perché, se l'avesse fatto, sarebbe scoppiato.
Sentì il suo nome venir chiamato più e più volte, ma neppure lì fermò le sue gambe. Almeno fino a quando non si sentì afferrare per le braccia.
Si girò istintivamente, spalancando la bocca in un ringhio feroce, gli occhi che bruciavano.
Thomas lo fissava con gli occhi spalancati, ma non avvertì paura da parte sua.
Non ebbe il tempo di dire alcunché, che il capobranco lo afferrò per le spalle e attaccò le labbra alle sue. Newt rimase immobile, gli occhi spalancati, prima di chiuderli e ricambiare il bacio.
Non era per niente dolce. I canini del vampiro erano appuntiti e allungati dopo il ringhio che aveva emesso, perciò Thomas si tagliò.
Newt si tirò indietro non appena sentì il sapore del sangue del licantropo sulla sua lingua.
Lo fissò con sguardo leggermente affamato. Non era niente a confronto del sangue umano, ma c'era quella sfumatura di sapore che lo faceva comunque impazzire.
Thomas ricambiò lo sguardo, adorante. Fu una cosa che destabilizzò Newt. Ma non così tanto da far scivolare lo sguardo sulla sua gola.
Il licantropo non disse niente, ma inclinò il collo all'indietro. E quello fu semplicemente troppo. Newt si avventò sulla pelle leggermente abbronzata, affondandoci gentilmente i canini.
Succhiò, e quando il sangue gli scivolò giù per la gola, seppe che era la fine. Lo amava. Lo amava da morire, fin dal primo momento che lo aveva visto, nella sua forma completa, con gli occhi che lo avevano guardato dalla testa ai piedi.
Thomas si aggrappò alle sue spalle, e Newt lo fece sbattere con la schiena contro il tronco di un albero. Alcune foglie caddero, ma lui non si staccò da quel collo.
Solo quando si rese conto che stava esagerando, ritirò i canini. Thomas lo fissava dritto negli occhi, e Newt lo baciò.
Non si ricordò neppure che, per i vampiri, un bacio del genere equivaleva ad una promessa per la vita. Lo fece e basta, tirandogli i capelli mentre il contatto si approfondiva. Ed era bello baciarsi così, senza fermarsi, perché entrambi non necessitavano strettamente l'ossigeno.
Thomas ruppe il bacio, ansimando sulle sue labbra. «Sii il mio compagno», sussurrò. «Ti prego, Newt, ne ho bisogno».
Il vampiro cercò le sue labbra alla cieca, e quando le ritrovò, gli morse quello inferiore, succhiando il sangue anche da lì. Sentì Thomas gemere, ma non se ne curò più di tanto.
Non c'era bisogno di una risposta verbale. Quella era un'accettazione del legame che gli veniva offerto, una vera e propria.
Newt si staccò pochi secondi dopo, le labbra sporche di sangue e gli occhi che brillavano. Sorrise, i canini in mostra. «Certo, Tommy. Certo che voglio essere il tuo compagno».
Ma forse il lupo aveva bisogno anche di parole, non solo di fatti. Dopo quella sua affermazione, Thomas si pressò di più contro il suo corpo, la mente annebbiata e il suo essere che ringhiava, scalciava, lo incitava.
Prendilo, reclamalo. È tuo.
Newt rimase destabilizzato da come il licantropo lo stesse trattando: alternava momenti di estrema cura e attenzione a momenti puramente animaleschi, in cui lo girava e rigirava a suo piacimento, impregnando il suo odore su tutti i punti che riusciva a raggiungere.
Rimasero poi sdraiati, insieme, sotto la luce della luna, che presto si trasformò in alba. Si baciarono, non parlarono. Si strinsero, lottarono per la predominanza, prima di rendersi conto che erano semplicemente eguali.
Newt non aveva mai visto Thomas così felice. Sorrideva, mentre lo osservava. Lo stringeva e lo annusava, leccando la pelle esposta e mordicchiandogli il collo.
«Il mio compagno», mormorava, come un mantra, la gioia che esorbitava dalle sue parole. «Mio».
E Newt annuiva, spingendosi di più contro quel corpo caldo, così diverso dal suo, ghiacciato. Thomas non si lamentava, dicendo che era confortevole.
E lui lo amava. Oh sì, lo amava così tanto da fare quasi male.
Thomas lo guardò negli occhi; rosso che si specchiava con altro rosso. Il lupo ululò, ricordandogli che aveva trovato un compagno degno di essere tale.
Un Alpha per un Alpha.

E bastava sapere solo quello; bastava solamente sapere di essere eguali, di aversi l'un l'altro, per essere felici per tutta la durata della loro vita: per sempre. 

  
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