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Autore: CossNiehaus    20/01/2016    0 recensioni
Questa è la storia di una ragazza sopravvissuta al terribile Attacco Atomico Mondiale avvenuto nel 2049.
Ha un'unico obbiettivo: trovare i superstiti dell'attentato e portare giustizia, scoprendo chi ha provocato tale carneficina.
Tra mille peripezie farà conoscenze a lei veramente speciali, e certe completamente sgradevoli. Ma sarà questo a renderla l'eroina che (forse) porterà pace e serenità sulla Terra.
Genere: Avventura, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash, FemSlash
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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Gli cadde la radiolina dalle mani, ma non se ne accorse, stava ignorando tutto attorno a lui, il suo sguardo era proiettato su di me. Mi scrutò da capo a fondo senza tralasciare un minimo centimentro e dal retro della sua schiena svelò un pugnale, puntandomelo.

Rabbrividii alla vista di quell'arma così affilata e appuntita. I bagliori della luce provenienti dalla finestra riflettevano su di essa e mi disturbavano la vista, se mi avrebbe attaccata lo avrei scoperto troppo tardi, e questo mi preoccupava.

"Cosa sei?" mi interrogò, impassibile.

Provai una sensazione di disagio, era da così tanto tempo che non sentivo voce al di fuori della mia. Sgranai gli occhi e provai a rispondergli, ma pure quest'ultima cosa mi venne difficile da fare.

La mia bocca non collaborava.

Prima di rispondere mi soffermai sulla sua domanda. Cosa significava quel 'cosa sei?', era palese che ero una persona, un'essere umano.

Decisi quindi di fare il suo stesso gioco, per comprendere meglio le sue intenzioni.

"Potrei farti la stessa domanda, rispondimi prima te" sentenziai con un tono che non ammetteva repliche.

Il suo pugnale rimase immobile senza spostarsi di un centimentro.

Feci un passo in avanti per togliermi il bagliore riflesso sugli occhi di dosso, ma il ragazzo scetticamente scosse l'arma con enfasi per intimorirmi. Mi armai di determinazione e ne feci un'altro.

A poca distanza da lui mi fermai, e con lo stesso tono autoritario di prima conclusi ,"dimmelo".

Il giovane abbassò di poco il coltello e rispose "un'essere umano.".

Compreso che non aveva altro da aggiungere risposi a mia volta.

"Lo sono anche io, potrei essere altro?", il giovane non parlò e questo stuzzicò la mia curiosità.

Riponendo l'arma na posto si separò dalla poltrona e si diresse verso l'uscita dell'ospedale, lo seguii.

Tirai un sospiro vedendo che nel seguirlo non mi minacciò nuovamente.

Se avesse voluto che non lo facessi mi avrebbe già fatto assaggiare la lama del suo coltello,ed era l'ultima cosa che volevo in quel momento.

Camminava velocemente e lo persi un'attimo di vista. Questa cosa mi impaurì come quando, da piccola, vidi un ragno sul soffitto della cucina. Lo tenni d'occhio per assicurarmi che non si muovesse da lì, ma poco dopo mi distrai e quando notai che non era più al suo posto era troppo tardi. Assistetti al suo atterraggio sul mio braccio e scoppiai in un urlo assordante sventolanto il mio povero braccio nel tentativo di scaraventare via il mostriciattolo.

Aumentai il passo, ma quando lo raggiunsi lo sorpresi con un piccolo pettirosso tra le mani.

Rimasi stupita nel vedere quella piccola creatura, era così sana ed energica, cercava in tutti i modi di scappare, era il primo animale che vedevo dopo la mia Dakota.

Guardai il giovane e sul suo sguardo si dipinse un'espressione minacciosa. Teneva quel maledetto pugnale premuto contro il petto dell'uccellino e capii subito i sui malati propositi. Poco prima si era definito un'essere umano e ora stava per compiere un gesto simile? Feci per replicare a tutto tono, quando mi precedette "Sta a te decidere.". Ero confusa, cosa voleva da me quella persona? Anche se fosse stata una trappola nessuno avrebbe perso la vita quel giorno, e nemmeno in quelli a venire. Gli innocenti dovevano vivere.

Con determinazione prelevai dalla tasca del mio giubbotto la Beretta e la puntai addosso a quel pazzo, minacciandolo "Fallo e ti ritrovi anche tu un buco nel torace", tolsi la sicura. Il pettirosso stava soffrendo, e io con lui assistendo a quella scena violenta. Volevo mettere fine a quella scena cruenta. Stavo per sparare, iniziai a fare pressione sul grilletto con l'indice.

 

 

 

Tirani un enorme sospiro quando lasciò la creatura, sorridendomi.

Abbassai l'arma da fuoco, e attesi spiegazioni.

"Rispondo alla domanda che mi hai posto prima. Sì, potresti essere altro ma no, non lo sei. Dall'Attacco molte persone sono rimaste in vita, ma poche non ne sono rimaste lese, e noi facciamo parte di quelle poche. Devi sapere che molta gente sopravvissuta ha mutato il loro DNA per via delle radiazioni, ma non si tratta di semplici deformazioni corporee. Non si era mai vista una reazione simile prima d'ora: la loro pelle è diventata scura, bruciata dal fuoco ardente dell'esplosione che si è inciso nel loro codice genetico. Loro non hanno occhi per vedere, e questo è un punto a nostro favore perchè hanno perso la cosa che li accomuna a noi. Sto perlando dell'umanità. Loro mangiano qualsiasi cosa gli capiti a tiro se hanno fame, e di certo non si farebbero scrupoli se si trovassero di fronte una bella ragazza o un vecchio indifeso. Devi stare attenta; hanno dei sensi accurati. Dalle fonti che sono riuscito a raccogliere queste persone vengono chiamate Menmod, non sò altro".

 

 

Quella sera decisi di andarmene da quel posto.

Grazie al fascino convincente che riesco a donare alle mie parole ogni tanto riuscii a convincere il giovane, che diceva di chiamarsi Caleb, a venire insieme a me alla ricerca di quelli 'come noi'. Era un ragazzo molto accorto, e mi rassicurava sapere che al mio fianco ci sarebbe stato anche lui.

Dakota fece subito amicizia con lui, e questo mi fece molto piacere. Durante il viaggio verso la prossima destinazione lei si addormentò sulle sue gambe, provai tenerezza.

Guidai tutta la notte mentre gli altri dormivano, non chiesi il cambio a Caleb. C'era il pensiero di ciò che mi disse qualche ora prima che mi teneva sveglia. Ci pensai quasi ossessivamente, a volte lo facevo talmente troppo che sentivo delle fitte allo stomaco colpirmi. Di solito mi venivano quando mi chiedevo dove fossero tutte queste persone, effettivamente non le avevo mai viste.

 

Verso l'alba mi lasciai andare godendomi il sole spuntare da dietro le colline sopprimendo il buio, e con lui pure i miei pensieri. Era piacevole il calore che percepivo quando i suoi raggi mi accarezzavano la pelle.

Lungo la strada notai a qualche kilometro da me una tenda piazzata nel mezzo di un campo. Più mi avvicinavo e più capivo che quel posto poteva essere abitato. Una corda era legata a due alberi secchi fungendo da stendipanni e un falò era stato spento evidentemente da qualche ora.

Accostai la macchina e svegliai i miei compagni di viaggio.

"Ma è ancora l'alba" si lamentò Caleb riuscendo a mala pela ad aprire gli occhi. Mi era dispiaciuto svegliarlo, si vedeva che stava dormendo con gusto. La mia cagnolina invece fu felice di vedermi quando aprì gli occhi. Si stiracchiò e mi balzò addosso leccandomi la guancia, quanta energia che emanava.

Scesi dal veicolo e posizionai le mie pistole in due apposite fondine che creai alla bene e meglio. Caleb confuso chiese spiegazioni, gli dissi ciò che avevo visto. Se quel posto non era abitato da Menmod avremmo potuto trovare dei nuovi alleati che magari ci avrebbero dato maggiori informazioni riguardo le persone modificate, o meglio ancora dei responsabili di quell'inferno.

Ci incamminammo verso l'accampamento.

Notai che Cal non possedeva una pistola, decisi quindi di dargli una delle mie. Volevo fidarmi della persona che avevo davanti, ma la prudenza prima di tutto. Non mi ero mai fidata totalmente della gente prima dell'Attacco e di sicuro non avrei iniziato ora. Gli diedi quella che aveva solo due colpi disponibili.

Rimase meravigliato dal mio gesto e a sua volta mi pose uno dei suoi pugnali.

"Così siamo pari" disse giustificando il suo dono.

Strinsi l'arma e gli feci cenno di continuare a camminare.

A pochi metri dall'abitacolo ci nascondemmo dietro a degli arbusti per accertarci che non ci fosse stato nessuno nei paraggi.

Era davvero faticoso tirare delle conclusioni con un solo occhio funzionante.

Ci avvicinammo ancora di più mimetizzandoci ancora tra i cespugli circostanti.

Il silenzio regnava, mi voltai verso Cal per vedere se riteneva anche lui che il posto era sicuro, annuì con un gesto del viso.

Con passo felpato ci avvicinammo alla tenda, appoggiai un'orecchio sul tessuto.

Silenzio.

"Questo posto è pulito, proviamo ad entrare nella tenda".

Feci per entrare quando Caleb mi bloccò dal braccio "prima io", rimasi confusa.

Si spiegò subito dopo "Io non ho nulla da perdere in questa partita, te invece si. Hai un compito ben preciso da portare a termine e io mi fido di te. Se qualcuno sarà al suo interno colpirà prima me e tu potrai salvarti. Quindi, prima io e poi te".

Riconobbi l'umiltà dell'uomo e ne fui grata, sapere che avevo un'amico che teneva a me in quel caos di mondo mi dava ancora più speranza.

 

Entrò e rimase per un'attimo sulla soglia dell'entrata, poi fece cenno con la mano di entrare.

Entrai, e mi fece cenno col dito di non far rumore.

Non capii; poi guardandomi meglio attorno notai una giovane ragazza accovacciata su un'ammasso di coperte che dormiva, tenendo una lancia di legno appuntita stretta a sè, quasi fosse un peluche.

I capelli corvini e mossi le contornavano il viso, la sua pelle era abbronzata ma le sue labbra erano comunque in risalto dal resto del viso.

Mi incantai a guardarla, o meglio, ammirarla quando Cal mi sussurrò "credi che stia dormendo veramente?".

Mi svegliai dallo stato di trance e riosservai la ragazza. Apparentemente dormiva, ma non ne ero certa. Mi avvicinari a piccoli passi verso di lei per cercare di capire.

Con un balzo rapido la giovane si precipitò su di me scaraventandomi contro un tavolo, mi lasciai cadere perdendo quasi i sensi.

Caleb corse verso la ragazza per fermarla ma lei lo seminò scappando da un'uscita secondaria. Riacquistai nel giro di pochi secondi i sensi e raggiunsi Cal che stava inseguendo la bruna.

Ma la botta risultò nemica, non riuscivo a correre e mi fermai guardandomi la scena dell'inseguimento.

Cal riuscì ad acciuffare la fuggitiva e ne fui fiera, senza il suo aiuto non avrei concluso nulla.

Tornarono entrambi indietro, lei aveva i polsi legati dalla cinta di lui che nel frattempo la teneva stretta a sè senza darle modo di muoversi,

"non parla" mi informò il mio amico.

Mi avvicinai alla ragazza per scrutarla meglio, era sana, le domandai il suo nome ma non rispose. L'avvicinai a me "ti ho chiesto come ti chiami, non intendo farti del male".

Non volle far crollare il muro che costruì, ma con me questo gioco non funzionava. Avrebbe potuto non aprire bocca, ma io li notai i suoi occhi.

Urlavano paura e rabbia. Non la biasimavo, anche io nei suoi panni mi sarei comportata così. Appoggiai una mano sulla sua spalla. Se non voleva parlarmi con le parole avrei usato il suo stesso linguaggio. Con l'altra mano le alzai delicatamente lo sguardo verso i miei occhi e lei mi capì.

"Lasciala andare, Cal".

"Sei impazzita? Scapperà" ribattè lui scocciato.

"Prima hai detto che ti fidavi di me, bene, dimostramelo".

Non gli lasciai scelta, fece come gli ordinai ma puntandogli il coltello sulla giugulare nel caso che lei si fosse ribellata.

Le scalcciò la cinta che le stringeva i polsi e alzò la mano libera facendomi capire che ora era completamente libera, libera di fare qualsiasi cosa. Pregai qualche divinità perchè le mie previsioni si rivelassero vere. Se mi sarei sbagliata avremmo rischiato grosso e avrei perso anche la fiducia di Caleb. Non potevo accettarlo.

Passarono diversi secondi e la ragazza rimase al suo posto, ma rimasi sempre sull'attenti; avrebbe potuto scattare all'improvviso come prima nella tenda. Decisi quindi di rompere il ghiaccio.

"Lui è Caleb, il mio nome invece per ora non è affar tuo. Siamo esseri umani e cerchiamo persone come noi. Sono partita giorni fa' da Washington con uno scopo ben preciso: trovare i responsabili di questo inferno e fargli provare quello che noi abbiamo subito per causa loro.

Qualsiasi essere vivente incontreremo sul nostro cammino che potrà essere salvato noi lo accoglieremo, alla fine di tutto questo sarebbe bello ricominciare da capo creando una società priva di cattiveria come quella che ci siamo appena lasciati alla spalle. Per quanto questo possa suonarti come utopia noi ci crediamo fino a fondo. Se vuoi unirti non serva che mi parli, se non te la senti. Stringimi la mano e saprò che potrò contare su di te.".

Lei non cambiò sguardo, mi fissava e mi studiava.

Il suo silenzio mi stava ammazzando, avevo usato le parole giuste per farla sentire al sicuro con noi? Caleb mi guardò preoccupato, temeva da un momento all'altro una brutta reazione della giovane.

Avevo bisogno di una risposta, la guardai nuovamente negli occhi comunicandogli scongiura.

Allungò la mano avvolgendola nella mia, arrossi senza volerlo.

Cal abbassò l'arma e tirò un sospiro, le sorrisi.

La seguimmo verso la sua tenda: prese un borsone e ci inserì accuratamente i suoi effetti personali. Poi, si avvicinò a un piccolo baule e tolse dei fogli ponendomeli poi.

Su di essi vi eran disegnati degli esseri spaventosi. Riuscii a riconoscere i Menmod, da quanto appurai la ragazza li aveva visti e li aveva anche studiati scovando ogni loro caratteristica. Sfogliando le pagine mi soffermai sul disegno di un robot ovale che aveva sul davanti una striscia nera rettangolare e a partire dalle sue estremità partivano due striscie che contornavano l'essere. In cima alla pagina lessi 'Gerak'.

Su di loro c'era ben poco contenuto, ma non lessi nemmeno una parola di quel malloppo. Non in quel momento. Riposi tutto nella tasca interna del mio cappotto e uscii dalla tenda.






Note dell'autrice:
Vorrei ringraziare veramente tanto tutti coloro che stanno leggendo la mia storia, per me è una grande soddisfazione condividerla con voi. SOOO aspetto sempre vostre recensioni, mi piacerebbe sapere cosa ne pensate! Un ringraziamento speciale va invece alla mia sis, ti voglio bene :3 ... Nei prossimo capitolo Fav riscoprirà un sentimento soppresso da tempo, quale sarà questa volta? Ci vediamo al prossimo chapter bella gente.

Coss
   
 
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