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Autore: Afaneia    16/03/2009    2 recensioni
Questa songfic prende ispirazione dall'omonima canzone di De André. La trovo una canzone molto bella ed è sempre stata une delle mie preferite.
Genkay è una fanciulla cresciuta in un tempio; una volta cresciuta, però, è essenziale per i sacerdoti trovarle marito.
Genere: Romantico, Malinconico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
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L

L’Infanzia di Maria

Prologo- All’ora sesta

Forse fu all’ora sesta forse alla nona

Cucito qualche giglio sul vestitino alla buona

Forse fu per bisogno o peggio per buon esempio

Presero i tuoi tre anni e li portarono al tempio

Presero i tuoi tre anni e li portarono al tempio


 

Di quel giorno ricordi poco e nulla, fragile sposa.

Ricordi forse i volti dei sacerdoti?

Ricordi forse le loro parole, calme, rassicuranti, mentre ti portavano via dalla casa dove tua madre ti diede alla luce, appena qualche anno prima?

Ricordi qualcosa del giorno che morì, la tua bella madre senza marito, lasciandoti, quasi come unica eredità e lascito, al tempio?

No.

Non ricordi molto di quei giorni, bambina.

Perché è questo che sei, sposa.

Una bambina. Una bambina, o forse una ragazza.

Ma una ragazza, una ragazza, non una moglie e non una madre. Non sei nulla di tutto questo, Genkay. Ammettilo.

E mentre il tuo futuro marito ti conduce via, non sai fare altro che nascondere il volto, d’una straordinaria, terribile bellezza, tra le pieghe dell’abito.

Guardi un' ultima volta il tempio dove sei cresciuta.

Ma non c’è rimpianto nei tuoi occhi, non c’è tristezza nel tuo cuore.

Tu non ami quel posto e loro lo sanno.

E forse è per questo che ti hanno data in sposa.

Tu non ami quest’uomo. Lo sai, e lui lo sa e lo sanno i sacerdoti:ma non per questo non lo sposerai e non per questo non gli darai un figlio.

Rabbrividisci, stringi le gambe, sposa?

Rabbrividisci, stringi le gambe, sposa, sposa bambina, gemendo e piangendo in cuor tuo al pensiero.

Ma lui non lo saprà.

Non lo saprà, Genkay: non dovrà mai saperlo perché ora lui è il tuo legittimo sposo, perché avrà diritto di vita e di morte su di te. Su di te, sposa che non vuoi essere e che di certo sarai, perché è per questo che ora ti conduce via, per portarti al suo paese e prenderti in moglie.

Devi arrenderti.

Arrenderti a questa maledetta, stramaledettissima vita. Non sarai mai libera e lo sai. L’hai sempre saputo in verità: i sacerdoti non t’avrebbero lasciato e lo sapevi.

Adesso sei la moglie di quest’uomo, futura madre dei suoi figli. Ha accettato di prenderti in sposa nonostante tu, nel tuo intimo, chiedessi solo una cosa:di ottenere la libertà.

Quella libertà che sognavi quand’eri piccola e servivi i sacerdoti nei piccoli servizi, seguivi le ancelle del tempio a prendere acqua alla fonte: tu sognavi di correre libera lontana da quella prigione, fatta di inni e di preghiera. Bagnavi le candide mani nell’acqua corrente e vedevi il tuo bel viso, l’incantevole volto dagli occhi d’ebano scuro.

Molta gente, al villaggio, voleva la tua mano.

Ma nessuno ti amerà. Nessuno ti amerà mai per quello che sei, per quello che sai fare, per la forza che le tue braccia bianche tengono nascosta, forse nessuno ti amerà e basta.

Ti ameranno per i primi tempi, ameranno l’immagine pura e casta che si sono fatti di te, ma presto capiranno che non hanno sposato Genkay: loro hanno sposato l’idea di Genkay, hanno sposato la fanciulla dolce e innocente che si aspettavano.

Non ti amerà quest’uomo per quello che sei, e allora ti odierà, ti picchierà e ti farà del male, e tu non potrai fare altro che subire, subire e stare zitta, che è ciò che sei stata abituata a fare: eseguire gli ordini, chinare il capo, e tacere.

Tacere e accettare, in silenzio.

Questa è la vita che ti aspetta, Genkay, e tu lo sai.

Sai che vivrai infelice per il resto della tua vita, sai che non sarai altro che una serva.

Sai che sarai una schiava finchè vivrai, e morirai infelice e sola, e forse allora sarai libera.


 

   
 
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