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Autore: Gattina Pazza    22/01/2016    0 recensioni
Alice si è ferita accordando fiducia alla persona sbagliata.
Zane è il migliore amico di chi le ha fatto così male.
Alice vorrebbe solo dimenticare e vivere tranquilla,ben protetta dietro un muro impenetrabile.
Zane vuole conoscere Alice, e salvarla dalla sua solitudine.
Riusciranno i due a incontrarsi? O le difficoltà impediranno loro di sfiorarsi,
pur trovandosi a meno di un passo di distanza l’uno dall’altro?
***
-Che mossa?
-Mah, qualcosa del tipo: “chiedermi della mia vita dopo aver appena cercato di vendermi nuovamente al tuo carissimo amico” ti va bene come risposta?
-Io non sto cercando di venderti a nessuno, ragazzina. Voglio guadagnare la tua stima, fino a che non ti fiderai abbastanza di me da raccontarmi la tua versione.
-Cosa?
-Voglio sentirla. Hai ragione, io so solo quello che mi ha detto Damian, ma chi mi dice che non ci sia altro? O che lui mi abbia riferito solo quello che gli faceva comodo?
-Va bene, frena un attimo… E perché dovrebbe interessarti?
-Questo è un segreto, ragazzina. Ora vado davvero, perché temo che se ti rimarrò davanti ancora per un secondo mi ucciderai sul serio. Ma sarò qua anche domani, sappilo…
Genere: Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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AFTER ALL THESE YEARS
 
11. Niente è cambiato

 
Aveva i capelli più lunghi dell’ultima volta che l’avevo vista, ma non nutrivo il minimo dubbio: era lei. Avanzava con passo sicuro lungo la via, su tacchi vertiginosi che sembravano non metterla minimamente in difficoltà. E quando mai era successo? Volteggiava su trampoli altissimi già due anni prima, quando era ancora una ragazzina. E quella che stavo osservando ben protetto dietro gli occhiali da sole era una donna; mi domandai in che momento del tempo che eravamo stati lontani fosse avvenuta in lei quella trasformazione. Durante la sua permanenza di sei mesi in Inghilterra? Oppure durante l’anno in cui mio padre mi aveva spedito a lavorare come cameriere da un amico in Francia?
Si fermò all’improvvisa per estrarre il cellulare dalla borsa di marca. Lo osservò per qualche istante e poi sorrise deliziata, scuotendo la testa. Le era arrivato un messaggio dal suo uomo, da colui che l’aveva trasformata nella donna elegante che sfilava per le vie della città? Chi era, lui? Che cosa rappresentava per lei?
Riprese a camminare, e il cappotto di marca che le cadeva perfettamente attorno al corpo le sventolò alle spalle. Mi sembrava così bella che il fiato si mozzò in gola il respiro; com’era possibile che mi facesse ancora quell’effetto dopo tutto il tempo che era passato? Avevo trascorso il primo anno cercando di non pensare a lei e di resistere all’impulso di presentarmi sotto casa sua per sapere dai genitori dove si trovasse esattamente per poterla raggiungerla; immagino che i suoi dovessero sentirsi affranti quanto me per averla persa. Ero certo che non avesse chiuso in maniere più simpatica con loro di quanto avesse fatto con me.
Ad un certo punto, mi venne il dubbio che mi avesse visto. Aveva rallentato progressivamente il passo, il capo reclinato nella mia direzione. Gli occhiali scuri m’impedivano di vedere la traiettoria del suo sguardo, ma un brivido mi attraversò la schiena… e solo lei era in grado di produrre quell’effetto su di me con una sola occhiata. Era quasi ferma, ormai.
-Zane!!
Due braccia esili mi si allacciarono attorno al collo da dietro. Amy mi si strusciò contro tutta contenta di vedermi. –Ti ho chiamato tre volte e tu non mi hai nemmeno sentita! Si può sapere a cosa stai pensando?!
-Io…- balbettai, girandomi per quanto la sua stretta me lo permettesse.
-Oh, hai di nuovo quello sguardo trasognato che ti viene qualche volta. A chi stai pensando, traditore?!- esclamò Amy subito prima di stamparmi un bacio sulle labbra.
Con il panico addosso, tornai a voltarmi verso la donna che non avevo ancora dimenticato. E benchè avessi cercato di fare null’altro che quello negli ultimi due anni e quattro mesi e credessi di esserci riuscito, era bastata la sua visione da lontano per farmi ritornare a quel giorno d’estate in cui l’avevo osservata allontanarsi da me per sempre. Ed ora eccola lì in piedi che mi fissava. Non avevo più dubbi sul fatto che mi avesse notato; sorrideva impercettibilmente e avrei messo la mano sul fuoco che mi stesse osservando in modo malizioso dietro gli occhiali.
-Ah, ma quella la conosco!- esclamò Amy, facendomi trasalire. Era spuntata oltre la mia spalla e guardava ammirata nella direzione del mio sguardo. Lei, intanto, era passata oltre e continuava per la sua strada, superba e fiera.
-La conosci?
-Sì! Viene in università con me. La sua è una specie di leggenda. È arrivata durante il primo anno dopo parecchi mesi dall’inizio del semestre e ha dato tutti gli esami prendendo il massimo dei voti. Nessuno sa come ci sia riuscita, ma è così. Ora è al secondo anno con me, e non passa di certo inosservata. Guarda quant’è elegante! E poi la sua fama scolastica la precede!
Già, era tipico di lei. Arrivare e stupire tutti sfoggiando prima la sua intelligenza e poi la sua bellezza, avvolta nel mistero. Guardai la sua figura di spalle avanzare a passi decisi lungo strada e sentii la morsa del passato stringermi lo stomaco.
-Zane?
Silenzio. Lei si era bloccata in mezzo alla strada, sembrava sul punto di voltarsi. Pregai con tutto me stesso che lo facesse. Che si voltasse nella mia direzione e sorridesse. I due anni di lontananza sarebbero stati spazzati via come uno strato di polvere dal soffio di un bambino.
Ma non lo fece. Ovviamente.
-Zane?
Non sarebbe stata Alice, la mia bellissima e fiera Alice, se l’avesse fatto. Non l’avrei amata a tal punto, se fosse stato semplice.
-Zane!
-Scusa.- mi voltai con un sorriso amaro verso Amy. –Scusa, amore. Ho un po’ di mal di testa.
La mia ragazza sorrise con innocenza e mi prese le guance. –Quando fai così non sai quanto sei cucciolo!
-Non puoi dire ad un uomo che è cucciolo!
-Allora devo pensare che sia una bugia e mi stessi tradendo col pensiero?
Portai tutta la mia attenzione a lei, per verificare quanto facesse sul serio.–Ancora con questa storia…
-Magari ti sei innamorato a prima vista di Alice Marin.
Fu come se Amy mi avesse appena colpito allo stomaco con un pugno ben assestato. –Alice… Marin?
-La ragazza che è appena passata.
-Ah…
-Magari l’hai vista e hai pensato che te la faresti volentieri. E poi te ne sei innamorato a prima vista.
Sarebbe stato un colpo troppo grosso per lei se le avessi detto che anche se non era andato esattamente come aveva ricostruito, il risultato era lo stesso? Ovvero che amavo quella ragazza alla follia?
-Che idee assurde che ti vengono in testa, amore. Guardi troppi film.- Ridacchiai nervosamente. Non sapevo nemmeno io da dove avessi tirato fuori la forza per mentire. Amy si aggrappò al mio braccio. Sembrava non esserci accorta di quanto la situazione mi avesse turbato. Io e lei stavamo insieme ormai da quattro mesi.
Sette mesi dopo la partenza di Alice (quindi dopo nemmeno un mese che lei, da quel che avevo saputo da Amy, era tornata in Italia) mio padre, irritato al limite dell’estremo, si era rifiutato di continuare a pagare le tasse universitarie di un nullafacente come me; subito dopo mi aveva comunicato di essersi stufato pure di mantenermi, per poi spedirmi a spaccarmi la schiena in Francia a fare lo schiavo per il suo degno compare.
Quando ero stato richiamato in patria perché il vecchio si sentiva magnanimo e voleva concedermi un’altra possibilità, non avevo avuto dubbi. Giurai che mi sarei impegnato al massimo per laurearmi e trovare un lavoro decente il più presto possibile. Avevo un po’ tagliato i ponti con la vecchia compagnia; mentre ero in Francia c’eravamo sentiti per un certo periodo di tempo, ma progressivamente le chiamate, i messaggi e le promesse di venirmi a trovare erano diminuite, fino a cessare del tutto. Damian fu il primo a sparire. Per lui, per gente come loro, avevo perso Alice. Solamente quando fui tornato, si ripresentarono tutti uno dopo l’altro. Damian (che studiava a Milano ma non trovandosi per nulla bene tornava a casa ogni fine settimana) per primo, invitandomi a far serata per festeggiare il mio ritorno con tutto il gruppo riunito. Per poco non gli risi in faccia. Andare a ubriacarci assieme? Era quello il massimo che riusciva a propormi dopo un anno di lontananza? Alla fine andai con loro, solo per rimanere tutta la sera seduto con il broncio su un divanetto. Nessuno di loro si accorse di nulla. Sorseggiando l’unico drink che mi ero concesso, passai la notte a calcolare quanti esami sarei riuscito a dare quel semestre.
Dopo un mese arrivò Amy. Paradossalmente me la presentò la famosa ex che avevo mollato per divertirmi durante l’estate. La notai, non era assolutamente male: carina, esuberante e molto stupida. Ma l’elemento più importante era che assomigliava ad Alice: capelli ricci e biondi e occhi scuri e grandi; anche se ovviamente l’illusione si infrangeva non appena apriva bocca. Quella fu la prima cosa che pensai quando ci incontrammo, e fu anche il motivo principale che mi spinse a chiederle di uscire. Dopo due appuntamenti finimmo a letto insieme e le chiesi di diventare la mia ragazza. Per la prima volta nella mia vita mi ritrovai in una relazione che volevo mantenere e che intraprendevo con la ferma intenzione di non tradire la ragazza. Amy non era cattiva e col tempo mi affezionai a lei; e poi, era notevole il vantaggio che talvolta osservandola di spalle riuscissi a convincermi che Alice fosse con me nella stanza. Quelle erano le uniche fantasticherie che mi concedessi su quella ragazza, che per il resto ero riuscito ad allontanare dalla mia mente dopo molti sforzi.
Ed ora, eccola di nuovo qui che girava per la città. Vestita con un’eleganza impeccabile, avanzava verso di me. Ci incrociavamo, mi sorrideva maliziosamente. E passava oltre senza il minimo turbamento. D’improvviso Amy mi apparve in tutta la sua banalità. Come avevo potuto pensare che sarebbe bastata una così per sostituirla?
E fu così che l’unico avvenimento che avrei voluto evitare per il resto dei miei giorni mi piombò addosso in una ventosa giornata d’autunno.
 
Quella sera era in programma un torneo di calcio alla play station a casa mia. Non avrei voluto organizzare un’idiozia simile, ma piuttosto che starmene tutta la sera rintanato a pensare ossessivamente alla fugace apparizione di Alice preferivo di gran lunga perdere il tempo così. Il gruppo si riunì in camera mia all’incirca alle dieci di sera, munito di alcol in abbondanza per affrontare la serata; eravamo in una decina, gli amici più stretti della vecchia guardia. Il programma era quello di giocare un torneo ad eliminazione indiretta, in modo da protrarre la cosa il più a lungo possibile, fino a che non fossimo stati troppo ubriachi per continuare a giocare.
Parlai poco quella sera, di cattivo umore com’ero, ma ovviamente nessuno se ne accorse.
Damian e gli altri che non stavano giocando in quel momento sedevano per terra passandosi la bottiglia di vodka e facendo un gran baccano. Li guardavo con espressione torva, ma erano troppo ubriachi o menefreghisti per farci caso. Dopo essermi arrovellato per quasi due ore su ogni particolare dell’incontro di quel pomeriggio mi sentivo parecchio irritato e di certo quei caproni non aiutavano per nulla.
Non so come successe, ma ad un certo punto udii qualcuno dire a voce ben altra e chiara: -Oggi ho visto la tua ex in centro, Damian. Sai quella molto bella che era in classe con te?
Un silenzio di tomba calò sulla stanza. Mi accorsi che tutti gli occhi erano puntati su di me. E, nello stesso istante, registrai che a parlare ero stato io.
-Ma chi? Alice?- domandò Damian, corrugando la fronte.
-Sì, credo si chiamasse così…
-Sai che roba. La incontro di continuo, in giro.
La sua risposta mi lasciò interdetto. –Sì? Io è la prima volta che la rivedo da… da non so quanto.
-Anche io la incontro sempre in facoltà.- s’inserì Greg. -Cazzo, vecchio. Già prima era una tipa da stupro, ma ora è diventata incredibile. Me la scoperei volentieri.
-Lo so, l’ho vista. Mi pento di essermela lasciata sfuggire. Era una rompicazzo, ma ne valeva la pena. Potevo farmela e poi mollarla.
-Cazzo, è quello che penso ogni volta che la vedo.
-Sei stato un vero coglione, Damian!
Rimasi in silenzio, ammutolito. Cioè, quegli idioti che mi ritrovavo davanti l’avevano vista tutti quanti; probabilmente si erano pure sparati una sega pensando a lei; e poi non uno di loro che dicesse un emerito cazzo su di lei, nelle nostre riunioni settimanali? Dovevo venirlo a sapere così, incrociandola per strada.
Avevo deciso di bere poco per rimanere abbastanza lucido da studiare il giorno dopo, ma cambiai idea in fretta. Non potevo essere sobrio per quello che intendevo fare. Dopo aver buttato giù tre cicchetti di vodka, mi alzai. –Vado a prendere le sigarette. State pure.
Non credo nemmeno che mi sentirono. Con il cuore in gola uscii di casa e mi precipitai giù per le scale, per poi allontanarmi in tutta fretta dall’appartamento. Quando fui sicuro di essere abbastanza lontano dall’appartamento, estrassi il cellulare e aprii la rubrica. Era il primo numero tra tutti. “Alice”. Non avevo mai trovato la forza per cancellarlo. Ovviamente dopo che c’eravamo separati, avevo provato a chiamarla non so quante volte, senza che lei rispondesse mai. Dopo un po’ smisi, più che altro per paura di passare per un maniaco.
Suonò a vuoto due volte. Tre. Quattro. Socchiusi gli occhi. Cosa mi faceva credere che avrebbe risposto? Perché rendersi ridicolo ancora una volta di fronte a lei? Allontanai il telefono per annullare la chiamata.
Clic.
Mi bloccai di scatto. Dall’altra parte c’era silenzio, ma se ascoltavo attentamente riuscivo ad udire il suono di un respiro. Del respiro di lei.
-Alice.
Una breve pausa. –Zane.
-È da tanto che non ci si sente.- fu l’unica cosa che riuscii a balbettare. Non avevo preparato nessun discorso, perché non mi aspettavo che rispondesse davvero.
-Già. Due anni ormai.
-E due mesi.
Un risolino dall’altra parte. –Come passa il tempo.
Rimanemmo zitti per qualche secondo. Dall’altra parte sentivo un lieve brusio. Dove si trovava, ora? Se solo lo avessi saputo sarei corso da lei in quell’istante esatto, anche a costo di attraversare la città.
-Perché mi hai chiamato, Zane?
-Perché avevo bisogno di sentire la tua voce.
-Mm.
-Sei tornata. Perché non mi hai detto nulla?
-Perché avrei dovuto?
Mi mordicchiai il labbro inferiore. –Per avvertirmi che avrei potuto morire d’infarto in qualsiasi momento per strada, se ti avessi incontrato.
-Esagerato.
-No. Non hai la minima idea di quello che ho provato oggi.
-È carina.- commentò con indifferenza Alice, ignorando il mio ultimo commento.
-Chi?
-La tua ragazza. Si chiama Amy, giusto?
-Sì. È lei che mi ha detto di te. E della leggenda che ti si è creata attorno.
-Ah, tutte quelle storie. Non sapevo girassero ancora.
-È proprio da te.
-Cosa?
-Arrivare e sconvolgere tutti coloro che ti stanno attorno, e poi sorprenderti che sia successo. Non hai la minima idea del potere che puoi esercitare sulle persone.
Alice rimase in silenzio qualche istante. –Be’, forse hai ragione. Lascia che ti dica una cosa, però. Sconvolgere a questo punto le persone non è una cosa piacevole. Sono stufa. A me è successo solo una volta che una persona mi sconvolgesse nello stesso modo. E sono dovuta scappare.
-C’è una cosa che non sono riuscito a dirti quell’ultimo giorno che ci siamo visti.
-Lo so, Zane. E anch’io non ti ho detto qualcosa, perché non volevo farlo.
-Ti amavo. Ti amavo, davvero, Alice.
–Anch’io.
-Sì, ma…
Dall’altra parte si sentì una voce stagliarsi più forte delle altre. –Devo andare.- disse in tutta fretta.
-No, aspetta!
-Salutami Amy. Siete una bella coppia.
Poi riattaccò ed io mi ritrovai con un telefono inutile tra le mani, sconvolto nel profondo. Pur avendole rivelato quello che non ero riuscito a dirle allora, non le avevo esposto il vero motivo per cui l’avevo chiamata. Ovvero, che non era cambiato assolutamente nulla da quel giorno.
Nonostante fossero passati due anni e due mesi, l’amavo ancora come allora, e forse più di prima. 
   
 
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