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Autore: verichan    23/01/2016    2 recensioni
Fu una cosa piuttosto veloce: il giorno prima completava il suo Tormento, il giorno dopo lasciava il Circolo.
Ma partiamo dal principio.
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Una voce tonante, lontanissima e al contempo vicinissima, echeggiò nella sua testa. Appollaiato su un ponte di pietra, all'interno di un'immensa caverna, un drago mastodontico e in serio bisogno di una manicure al naso incitava con fiamme e “grrr” intraducibili le truppe di prole oscura marcianti sotto di lui.

Elmer aprì gli occhi con un terremoto nel cranio, consapevole di cosa aveva sognato. L'arcidemone non si dimenticava facilmente e un mago del suo calibro era troppo abituato a tener testa a sogni ben più spaventosi per farsi sopraffare dal disorientamento: abbassò la fronte sui palmi e regolarizzò il respiro mentre il rumore dei suoi pensieri scacciava le ultime briciole della visione. I ruggiti che la bestia aveva emesso per comunicare, quelli sì che gli aveva mandato brividi su per la colonna vertebrale. Non aveva capito una mazza di cosa avesse annunciato ma il senso era il sempiterno motto del cattivo della storia, “marciate, mie truppe. Presto sarà l'alba della nostra era”, ogni sillaba intrinsecata con una volontà che poteva solo definirsi malvagia.

“E io dovrei battermi contro un mostro del genere? Ma anche no.”

Risollevò il volto. Si era addormentato sulla stuoia vicino al calore del fuoco, dopo un estenuante allenamento con Regar; le braccia erano indolenzite e la caviglia dove la donna l'aveva beccato facendolo capitolare pulsava fastidiosamente. Le stelle ancora non si erano presentate sul manto scuro ma le tende erano state montate. A una manciata di passi da lui il resto dell'allegra combriccola era affaccendata: Morrigan aveva turno di cucina e badava alla lepre arrostita; Leliana aveva ripulito un masso sporco e ribattezzato palcoscenico con il suo liuto; Levi era ammaliato dalle dita aggraziate sulle corde dello strumento e il sospiro che fuggiva dalla sua bocca era più che giustificato. Lui stesso si soffermò sulla giovane asserente, sulle labbra seducenti e il canto che spiccava dolce un volo nell'aria quasi domestica di quel momento. Una ballata in fereldano sulla leggenda che diede origine ai Guerrieri della Cenere. La lanciere era al limitare del campo, gli occhi vigili e le orecchie in ascolto; Adro non era in vista, probabilmente in ricognizione. Alistair lo stava fissando.

«Che c'è?»

«Incubi, eh?»

«Sì. Nulla di nuovo.»

«È comune sognare la prole oscura, per i maghi?»

«Tu cosa ne sai di cosa ho sognato?»

«Perché l'ho sognato anch'io poco fa. Noi Custodi Grigi abbiamo la capacità di udire l'arcidemone esattamente come la prole oscura.»

«Cioè, quando quel coso parla ai suoi tirapiedi, lo sappiamo pure noi? È questo che intendevi quando mi parlavi di incubi sulla prole oscura?»

«Sì. Col tempo si impara a bloccarli. I Custodi anziani riescono perfino a intuire qualcosa di quel che dice l'arcidemone, ma non li invidio.»

«Meraviglioso. Un altro punto a favore dell'essere un Custode.»

«Beh, quando ho visto che ti agitavi nel sonno ho pensato dovessi saperlo. Il solito me: portatore di buone notizie.» scherzò rattristato.

Elmer lo ignorò e optò per quattro passi. La cupa visione significava che il sangue ingerito all'Unione stava avendo effetto. Dannazione. Il tempo scorreva e lui era costretto a subire la maledizione che gli avevano imposto senza poterla contrastare.

Zoppicò fianco a fianco a Regar. Di tutti i suoi compagni, Regar era la sua preferita: parlava poco e quel che le usciva di bocca erano cose concrete, e non era affetta da pippe mentali. Per esempio, Alistair era sempre nervoso nell'aprire la ciabatta, Morrigan prestava molta attenzione alla reazione del suo interlocutore, Leliana spesso sembrava scegliesse con troppa cura le frasi più banali, Levi era un tantino in soggezione e cercava di non sfigurare accanto agli esperti di armi. Regar non aveva di queste preoccupazioni, parlava col preciso intento di comunicare qualcosa e ricevere una risposta del medesimo peso. Era una persona logica con una testa indipendente, non per niente non aveva dato retta alla stupida propaganda di Loghain. Era bello stare con lei, con o senza chiacchiere.

«I lividi?»

«A posto.» Bugia, erano una seccatura abnorme, soprattutto il collo del piede. «La spalla?» si informò a sua volta, sedendosi.

«A posto.»

Aveva ricevuto una martellata da un bandito qualche ora prima, non che questo l'avesse resa meno efficiente nell'addestramento. Aveva declinato con gratitudine la sua magia ma accettato l'aiuto nello spalmare e bendare la zona lesa. Stranamente non lo indispettiva il suo no alle arti magiche. Forse per lei era una sfida, oppure non voleva abituarsi a contare su una via facile; in ogni caso era certo che la ragione fosse pratica e non dettata da pregiudizi.

«Ti do il cambio. Ho dormito abbastanza.» Regar annuì.

«Adro starà con te. Ti porterò la cena quando è pronta.»

Il cane trotterellerò da lui da chissà dove. Gli grattò le orecchie per ben due secondi e poi ritrasse la mano strofinandosi le dita sul soprabito per ripulirsi delle tracce di terriccio. Non era cambiato molto nel loro rapporto, la sua igiene personale gli faceva immancabilmente schifo, nonostante la bavosa simpatia e senso dell'umorismo. Il mabari si distese accanto all'umano con la testona giù a riposo. Elmer condusse in serenità il turno di guardia; i suoi sensi di mago, migliorati con l'uso, scandagliavano l'area a interruzioni regolari. Mangiò la lepre che Regar gli consegnò, ascoltò le conversazioni alle sue spalle e andò a dormire quando Leliana lo sostituì. Una serata come le altre.

«Ci ritroviamo, giovanotto.» disse il finto vecchio sulla sua finta seggiolina di fronte al finto fuoco. «Sei stato irraggiungibile in questi giorni. Mi sei mancato.»

Elmer si voltò con un sogghigno diabolico.

«Sei mio, vecchio.»

Non ci fu bisogno di vocaboli raffinati, la magia accorse da lui in un istante e le mani si impregnarono del potere dei fulmini. La caverna fu invasa da scariche elettriche e quella che prima era una prigione per lui, ora lo era per la creatura.

«È giunta l'ora della rivincita, feccia dell'Oblio!»

Oh, era da tempo che non si sentiva così potente. Ogni notte aveva meditato, ogni notte aveva colto in sé una rinnovata forza man mano che le due donne instillavano in lui nuova conoscenza. Si sentiva invincibile.

Colpito da una scarica, l'illusione attempata scivolò via in favore di un mostro dalla pelle scura, gli arti lunghi e sottili, la coda scheletrica e una bocca ovale bordata di dentini aguzzi che invadeva quasi interamente la sua faccia. Un demone del terrore (c'aveva azzeccato sulla paura). La creatura balzò su di lui ma si scontrò con uno scudo magico, dunque tentò con l'allucinazione della maga del sangue di Redcliffe, tuttavia il ricordo di lei era talmente poco influente nel presente che la figura scarseggiava di contorni definiti. Elmer rise del suo scarso prodotto scagliandogli una folgore dritta nello stomaco. Lo spirito maligno non riuscì a schivare ed emise un verso raccapricciante. Realizzò finalmente di non avere alcun aggancio sulla sua psiche, le precedenti paure erano ormai troppo sbiadite, e provò a scappare. Disgraziatamente il raggruppamento di saette creava uno schermo impenetrabile, e si schiantò al suolo dopo essere stato frizzato a dovere. Elmer gli balzò sopra con la lancia, trionfante.

«Grazie per la chiacchierata.»

Gli piantò la punta nelle cervella, che esplosero al contatto. Il demone si dissolse, la caverna scomparve, l'Oblio era nuovamente attorno a lui nella sua sconclusionata scopiazzatura del mondo reale. Elmer si svegliò di ottimo umore.

 

«Hai dormito bene, Elmer?»

«Benissimo, grazie, Leliana.»

«Si vede. Oggi sei particolarmente raggiante.»

«E tu? Avuto bei sogni?»

«Se con sogni implichi le mie visioni, no, non ne ho avuti altri.»

«Avevo in mente sogni normali, ma se mai avessi altri messaggi dal Creatore sono disponibile all'ascolto. Se non altro sono interessanti.»

Leliana accettò di buon grado la diplomatica risposta e distese all'insù le estremità delle labbra carnose. Non si sarebbe mai stancato di apprezzarle.

«Dite, Custode: vi dilettate nel canto?» domandò con ilare cerimoniosità.

«Mia madre aveva una splendida voce. Temo che la vocazione abbia saltato la mia generazione. A messa il massimo della mia bravura erano gorgheggi granitici.» Tecnicamente la donna che l'aveva cresciuto non era sua madre ma vabbeh.

«C'è una grande differenza tra il cantare per piacere e il cantare per dovere. Le composizioni religiose non sono sempre all'altezza dell'amore che i fedeli desiderano mostrare al Creatore. Unitevi a me, Covaltin. Vi insegnerò la magia del canto.»

Aveva già rifiutato le lezioni di tiro con l'arco (inammissibile rovinarsi le dita), gli conveniva rimediare per non risvegliare in lei il lato schizofrenico.

Si cominciò con la breve spiegazione della respirazione e del diaframma, del muscolo che erano le sue corde vocali, gli esercizi base per il riscaldamento, la ricerca dell'intervallo vocale, eccetera eccetera. Il menestrello si compiacque della sua scala di note, questo però non lo rendeva miracolosamente bravo nel giro di mezz'ora.

«Leliana...» iniziò con un pelo di noia.

«Mentirei se ti dicessi che in pochi giorni sarai pronto per esibirti davanti a un pubblico. Occorrono anni di pratica.»

«Il fatto è che non mi interessa più di tanto accrescere la mia abilità in materia.»

“Ti prego non sbarellare.”

«Non cantare perché devi, canta perché senti di volerlo.» ripeté paziente. «Ti insegnerò delle brevi ballate, così potremo eseguirle insieme mentre procediamo. Il canto ha un potere lenitivo sulla mente e sul corpo, riporta la calma e regolarizza il respiro. Non sottovalutarlo.»

«Insomma dipende da come lo vivo?»

«Esattamente, mio buon Covaltin.»

«O forse potrebbe continuare con l'apprendimento della magia vera.» s'immischiò rudemente Morrigan.

«L'apprendimento porta sempre giovamento, cara Morrigan, di qualsiasi arte si tratti.» cinguettò l'asserente.

«Sono sicura che il Custode abbia cose più pressanti a cui rivolgere la sua attenzione.»

«Ogni tanto anche il grande studioso si concede una distrazione leggera dagli infaticabili viaggi del pensiero.»

«Al solito hai la risposta pronta. Come tutti i bravi credenti.»

«Alistair, lascia che ti dia una mano.» batté in ritirata il mago mentre la rossa raccoglieva ossigeno per il contrattacco. Creatore, quelle due non andavano proprio d'accordo.

Lo prendevano come scusa per battibeccare in quella loro maniera femminile che gli dava sui nervi: una tutta sorridente, l'altra tutta musona. Che se la sbrigassero tra loro senza metterlo in mezzo, checcavolo. Aiutò il biondo a piegare la tenda e sistemarono gli zaini con il suo idiotico chiacchiericcio e Adro che giocava a tirare i lacci della sua sacca. Gli intimò di piantarla e la bestia trottò da Regar ma giurò di averlo visto sghignazzare. Piccolo bastardo.

Nessuno aveva realmente fame, tranne Alistair e il mabari, perciò sbrigarono in fretta la colazione e si rimisero in marcia. Elmer schivò le donne e fece compagnia a Levi. Si informò dei suoi commerci, delle strade che percorreva e dei banditi a cui era sopravvissuto. Il Ferelden in genere non aveva grossa criminalità per le strade ed era preoccupante il lento e costante aumento. Una volta libero avrebbe dovuto scegliere con accortezza la strada da prendere.

Non successe niente in quegli ultimi dieci giorni a parte la sua trasformazione canina. Morrigan l'aveva rassicurato a modo suo: lei aveva speso molto tempo ad armeggiare con la sua prima forma, aveva dovuto fare questo e quello, e la concentrazione di qua e l'osservare di là, più bla bla bla e bla bla, e quando al quarto tentativo Elmer ci riuscì, la strega si zittì. Rise di gusto e dalle fauci uscì un verso stridulo che ferì i suoi stessi timpani. Adro saltellò da lui e lo annusò da capo a zampe. Elmer imitò i suoi movimenti sotto i commenti spiritosi dei compagni. Su una cosa non c'era dubbio: sniffare il culo di un animale con un olfatto canino era una gran cazzata. Fece fuoriuscire violentemente l'aria dalle narici, uno starnuto affatto elegante, e prestò udito a ciò che gli altri dicevano.

«Ohhh! Guarda che bel pelo lucido, e che begli occhioni. Come mai però non combaciano con i suoi originali?»

«La magia rispetta le caratteristiche della razza.» spiegò la strega inacidita a Leliana.

Ecco, ora gli avrebbe tenuto il broncio perché ci aveva impiegato meno di lei. Era prevedibile che un mese fosse un periodo adeguato nell'acquisizione di un nuovo incanto, per un mago del Circolo che non avesse altro da imparare che quello. Non era colpa sua se era migliore di lei.

“Torre 1, stato brado 0.”

Avrebbe accettato qualsiasi critica verso la sua vecchia casa, a patto che fossero veritiere, e di balle non ce n'erano, la torre preparava ottimi elementi; non tutti, poiché ognuno aveva i propri limiti, ma non erano pochi i maghi che, come lui, superavano la media, destinati alla grandezza. Rinchiusa in un piccolo mondo, ma pur sempre grandezza.

«Il marrone è il colore dei mabari.» intervenne Regar. «Non troverete mai un mabari nero, quello è il pelo più scuro.» Fece cenno al mago di avvicinarsi. La lanciere gli sollevò la testa da sotto il mento e osservò le sue iridi con fare esperto mentre l'asserente gli accarezzava la schiena emozionata. «Nocciola chiaro, un colore piuttosto comune.»

Da parte sua, stava studiando la nuova altezza e le nuove sensazioni, dalla terra sotto le zampe al contrarsi quasi involontario delle orecchie; il suo corpo era massiccio e pesante, dotato di una forza fisica che da umano non avrebbe saputo adoperare. Qui aveva dentoni e artiglioni, che diamine! Adro era inarrestabile: gli si strofinava contro giocoso e fu convinto a rincorrerlo per testare le capacità motorie, ma quando fecero per azzuffarsi Elmer si ritrasse intimidito. I mabari mordevano e graffiavano con quelle tenaglie dentate che avevano per mascelle, se azzannava qualcuno gli staccava una mano, o peggio, Adro la staccava a lui. Da un lato scodinzolò alla sua straordinaria potenza, dall'altro rammentò di mantenere un saldo autocontrollo. Seguì il consiglio di Morrigan restando in quella forma fino all'esaurirsi dell'effetto (dieci minuti buoni, un ottimo tempo iniziale) e nei giorni successivi si trasformò una volta al dì.

Il ventisettesimo giorno, puntualissimi, arrivarono ai tunnel sottostanti la fortezza, unico attraversamento per arrivarci. La miniera era un labirinto di cunicoli e pozzi profondi, con l'aggiunta di animali selvatici che erano approfittati dell'assenza dell'uomo per farne la propria tana. Ci fu un momento di desolante imbarazzato alla scusa della mappa inumidita di Levi che seguì la domanda di Alistair «Ci siamo persi?», ma dopo l'incertezza, i piedi si posarono sulla bianca neve del picco. Una scalinata ricoperta di neve conduceva all'entrata affiancata dalle mura esterne e una serie di torri difensive integrate; la saracinesca di ferro era alzata. Il mastio, reso tetro dalla foschia, sovrastava il vasto edificio.

«Avevi ragione. È grande.» Calcolò quanto sarebbe occorso nel ricercare l'agognata ricetta: troppo. Se l'avesse trovata e se fosse stata intatta e leggibile. «Creatore, aiutami.» mormorò in una rara preghiera.

Era un peccato lasciarsi alle spalle un tragitto pieno di bei momenti ed essere nuovamente posti di fronte ai problemi della propria giovane esistenza.

«C'è qualcosa, in questo luogo.» si portò avanti al gruppo Morrigan, scrutando la costruzione antica. «Lo senti?»

Elmer espanse la sua mente. C'era un flebile movimento nel mana, niente di allarmante.

“Azzardati a portare sfiga e ti...”

«Si dice che il Picco sia infestato.» raccontò ancora Levi, deglutendo. «Chi vi si è avventurato non ha più fatto ritorno.»

“Oh, per favore.”

«O hanno trovato un tesoro e lasciato il paese.» disse pragmatica il Guerriero della Cenere, provocando uno sbuffo divertito nel moro e una risata cristallina in Leliana.

«Sicuramente il Picco ha avuto le sue battaglie, è normale un lieve flusso anomalo nel Velo là dove sono decedute molte persone. Non credo ci siano veramente spiriti che vagano nei corridoi.» concluse il mago.

«Il Velo?» domandò il mercante.

«Ciò che ci separa dall'Oblio.» delucidò, meravigliandosi della sua ignoranza su una nozione tanto basilare.

Fatto stava che, varcato il portale che dava accesso al cortile, dei fuochi fatui levitavano a due metri da terra e donarono loro una visione del passato: soldati con l'insegna reale parlavano di prendere i Custodi per fame, comandi del sovrano. Sogni ad occhi aperti, pezzi di vite trapassate che indugiavano nel mondo materiale grazie all'energia proveniente da una lacerazione nel Velo. Nel Picco del Soldato c'erano una o più finestre spalancate verso l'Oblio.

«Ma porca di quella maledettissima trota!» sibilò a denti stretti Elmer, serrando i pugni.

Perché?! Era così vicino! Quanta spazzatura demoniaca c'era là dentro? Dieci? Cento? Mille?! Tolse via il cappuccio e si passò le mani sulla fronte e tra i capelli. Esasperato, strappò via il laccio per dare campo libero alle dita nella sua chioma e respirò a pieni polmoni con le palpebre abbassate. Non doveva perdere le staffe.

«Per lo spirito del Creatore!» esclamarono Alistair, Leliana e Regar in diverse tonalità.

«C-cos'è stato? Ho avuto un capogiro...» si spaventò il tris nipote.

«Ancora sicuro che non ci siano spiriti che vagano per i corridoi?» canzonò la strega.

«Non sono pazzo, vero? Avete visto anche voi?» si agitò il mercante.

«Una volta ho sentito una ballata orlesiana su qualcosa del genere... una bellezza intrappolata in un sogno. Nel canto, Bellissa non si risvegliava mai.» raccontò la rossa arciere con la sua splendida e inquietante voce.

«La vostra graziosa amica mi sta facendo innervosire, Custode...»

«Una barriera?» Elmer si rivolse a Morrigan, stanco del cianciare per un cavolo.

«Non c'è altra spiegazione. Una forza magica trattiene lo squarcio del Velo nell'area della roccaforte. Arduo percepirlo dall'esterno. Consiglio di procedere con cautela.»

Procedere, tsk. Che senso aveva rischiare il suo prezioso collo per una formula che forse non era nemmeno lì? Avrebbe viaggiato all'estero.

«Direi che è meglio lasciar perdere.»

«Cosa? Voi dite, Custode?» tentennò il mercante. Eccellente. Spaventare Levi era un gioco da ragazzi, la cacarella gliela si leggeva negli occhi.

«I demoni non sono un gioco, Levi. Potremmo rimetterci molto più che la nostra vita, se entriamo.» disse con voluta tetraggine. «Meglio che se ne occupi chi di dovere. Cioè la Chiesa.» Stava per aggiungere tragici esempi sull'argomento (la chiesa andrastriana amava le scritture di questo stampo) quando venne figurativamente colpito a tradimento.

«Dunque non mentono le voci secondo cui i maghi del Circolo sono solo topi da biblioteca.»

Era troppo intelligente per cadere nella puerile trappola, ma la uccise con lo sguardo. Morrigan rimase sanissima e sogghignante.

«Potremmo provare per un tratto.» propose Regar, trovando l'appoggio di Leliana. «Avanziamo finché la situazione lo consente.»

«Le donne hanno più fegato degli uomini, a quanto sembra.» le spalleggiò la strega strafottente.

Creatore! Quanto le avrebbe voluto mollare una bastonata in bocca e spaccarle la dentatura. Cosa le importava, poi, a lei, di impicciarsi degli affari di Levi? Non aveva approvato la spedizione fin dal principio, sebbene avesse tenuto la boccaccia chiusa. Ora invece ci si voleva buttare a capofitto per fargli un dispetto?

“Ero così tranquillo e sereno prima di arrivare.”

«Custode. Forse, un tentativo...»

Okay, aveva perso Levi. Guardò Alistair, ex templare. Sicuramente lui-

«Io vado dove vai tu.»

“Grazie al cazzo, Alistair.”

Era in netta minoranza. Se insisteva lo avrebbero ascoltato? Occhieggiò di nuovo la roccaforte. La formula forse era lì, trascritta su un misero foglietto di pergamena in attesa di essere riportato alla luce. Da solo non ci sarebbe mai tornato, e quel gruppetto sconclusionato era l'unico esercito di cui avrebbe mai disposto. La prudenza dettava di alzare i tacchi, la necessità pregava di provare almeno una volta, almeno una.

«D'accordo.» si arrese. «Ma a delle condizioni: esploreremo l'esplorabile con molta, molta discrezione e ingaggeremo il nemico esclusivamente se costretti. Nel fortunato caso in cui riuscissimo ad addentrarci a fondo, setacceremo la biblioteca e l'ufficio del comandante; nient'altro. Una volta usciti, manderemo una lettera anonima alla Somma Sacerdotessa affinché i templari si occupino della questione. Tutto chiaro?»

Le teste annuirono e Levi alzò una timida mano.

«Io vi seguirò da una certa distanza.»

“Sono circondato da imbecilli.”

«Non ho mai affrontato un demone. Consigli?» domandò la sempre pratica Regar.

«La stragrande maggioranza degli spiriti dell'Oblio ha bisogno di un corpo materiale per manifestarsi nel nostro mondo. Useranno i resti dei soldati per combatterci; in duecento anni ci saranno per lo più scheletri malmessi, ma non sottovalutate la resistenza e la forza date dalla presa demoniaca. Ci sono tre eccezioni: i demoni trascinati qui con un'invocazione diretta saranno nelle loro sembianze originarie, cioè creature inumane così come appaiono nell'Oblio; i maghi, se posseduti da morti, saranno orrori arcani, guerrieri con abilità magiche pari o superiori al cadavere invaso; e i maghi posseduti da vivi... saranno abomini, la forma più temibile di possessione. Interi villaggi e squadroni di templari sono stati annientati da un singolo abominio.»

Tranne Morrigan, la serietà aveva preso il posto sui volti di tutti. Levi sembrava sul punto di cambiare idea, ma alla fine entrarono. Magari non sarebbe stato poi così terribile. Il numero di Custodi sarà stato esiguo e i corpi dei soldati reali saranno stati sicuramente soggetti a un degno funerale. Bisognava essere ottimisti.

“Ma sì. Le mie palle di fuoco e coni di ghiaccio funzionano ovunque.”

 

Una freccia sibilò a un centimetro dal suo orecchio ma Elmer era troppo occupato nel creare un muro di ghiaccio a sostituzione della porta scardinata per preoccuparsene. Con quel dardo Leliana centrò il demone dell'Ira in un occhio, il quale si ritrasse andando a sbattere contro due scheletri dietro di lui. Morrigan bevve del lyrium e gli diede manforte, così che la porta di legno fu presto bloccata dal gelo.

Levi gridò rannicchiato in un angolo, indicando in preda al panico i prossimi avversari. Grazie al cielo erano tre scheletri e non cose peggiori. I guerrieri e il cane se ne sbarazzarono con grugniti di sforzo e quando il silenzio, rotto dai lamenti del commerciante e dai colpi aldilà del ghiaccio, si presentò, Elmer non trattenne la sua rabbia.

«La prossima volta che dico “è meglio lasciar perdere”, gradirei che voialtri maledetti imbecilli mi deste retta invece di fare le grandonne!» Specialmente Morrigan.

Nessuno rispose, forse perché stavano riprendendo fiato. Tsk! Se c'era uno che doveva riposare era lui. Meno male che era stato abbastanza accorto da non consumare più di una dose di lyrium. Sarebbero schiattati tutti, senza il sottoscritto, e qual era la ricompensa per il suo impegno? Finire incastrato in... dove accidenti erano?

“Nell'archivio. Che grande senso dell'umorismo, Creatore.”

«Mi dispiace così tanto, Custode.» piagnucolò Levi. «Non avrei dovuto convincervi a-»

«Meno chiacchiere, più azione.» tagliò corto il mago. «Non siamo ancora morti e intendo continuare su questa linea. Morrigan, stai alla porta, gli altri setaccino l'archivio.»

Specificò che qualunque informazione relativa ai Custodi Grigi valesse oro, tuttavia, come aveva presupposto, i testi erano stati danneggiati dai lunghi anni di incuria e il salvabile comprendeva libri datati o libri mastri sull'amministrazione della fortezza. Ebbero la loro terza visione (la seconda era apparsa all'entrata, dove Sophia Dryden si era mostrata una gran cazzuta) che costituiva in due archivisti intenti a descrivere l'accaduto per i posteri prima d'essere trucidati; inutilmente, poiché le frasi erano ormai illeggibili.

«Che cosa sarà successo?» si domandò Leliana intristita.

«Re Arland sembrava un gran pezzo di idiota.» replicò il moro di malumore. «Scommetto che avrà assoldato un eretico per aprire il Velo all'interno e decimare i Custodi. I deficienti però non si sono scomodati a rattoppare lo squarcio.» Non era un buon segno quando gli uscivano parolacce con facilità.

«Pensavo avremmo incontrato più ostilità.» disse Regar e Levi la guardò con tanto d'occhi esprimendo tutto il suo dissenso.

«Gli spiriti si mangiano tra loro.» apostrofò il mago, quasi offeso da tanta mancanza di istruzione. «Col passare dei secoli e nessuna nuova vittima da occupare, il numero è calato drasticamente.» Toc, toc, bussarono feroci le creature sulla parete di ghiaccio. «Ciò non li rende meno pericolosi.»

Il livello dei mostri non era alto, che fosse sintomo di un'invocazione demoniaca malriuscita? Gettò sul pavimento il prossimo libro da buttare della collezione. Si trovava in una situazione analoga alla torre di Ishal, ovvero una situazione di cacca maleodorante. La possibilità di non sopravvivere all'impresa lo angustiava ma relegò la sensazione in un angolo e tenne la mente sgombra ed efficiente. L'aveva detto lui che non era una buona idea, ma no, i rimbambiti che aveva per compagni volevano andare nella casa infestata dai fantasmi nonostante chiunque in possesso di facoltà mentali sane anche solo per metà avrebbe fatto tutt'altra scelta. Perché? Perché doveva essere un lupo solitario nell'avere un cervello operante? Non pretendeva che raggiungessero il suo genio, però un minimo di giudizio...

Quando fu chiaro che niente si sarebbe ricavato dalla stanza, Elmer si ripromise che se lo studio del comandante fosse stato identico, avrebbe fatto a tutti una gran lavata di capo, perché lui l'aveva detto, caspita se l'aveva detto! L'aveva già detto che l'aveva detto? Adorava sbatterlo in faccia alla gente.

Sorpassato l'archivio e raggiunto un ampio stanzone, la verità sull'infestazione fu rivelata: nel flashback Avernus, mago Custode, incitato dalla Comandante Sophia, aveva invocato le creature per combattere contro le forze del re. A dimostrazione di quanto questo genere di trovate fossero autentiche cazzate che non finivano mai bene, un demone più scaltro degli altri aveva resistito alla sottomissione dell'incantesimo e a cadere trucidate sul pavimento furono entrambe le fazioni. Da bravo mago del sangue quale era, Avernus se l'era filata lasciandosi indietro il casino e gli amici nei guai.

“E questa sarebbe la fratellanza che unisce i Custodi?” si disgustò.

Non fecero in tempo a discutere sull'infamante atto che una nuova sfida si presentò. Il boss era un abominio incollerito. Grazie al Creatore, il mago posseduto era stato un principiante. Dopo parecchi colpi capirono che gli scagnozzi dietro di lui rigeneravano le sue ferite. Alistair e Leliana si presero cura dei seguaci, Adro svolse un lavoro magnifico nell'attirare l'attenzione dell'abominio e in men che non si dica lo fecero letteralmente a pezzi. Erano stati fortunati.

Si fermarono per respirare e il tonfo di un oggetto attirò la loro attenzione. Il menestrello raccolse il bastone da terra e glielo consegnò, sperando fosse utile. Lo era.

«Per le tette di Andraste.»

«Deduco sia meglio della tua lancia.»

«Non immagini quanto.»

Era incrostato di sangue e sporco di polvere e altro, ma il legno incantato non aveva il minimo sentore di marcio e il metallo delle spartane aggiunte estetiche alle estremità, tranne per delle scalfitture superficiali, era integro e fresco al tocco. Lo testò con il suo mana e si ritenne più che soddisfatto: magia elementale del ghiaccio potenziata, roba da incantatori anziani.

«Custode.» lo richiamò dal suo rapimento la lanciere. «Cosa facciamo con questo?»

Ah già, lo squarcio costellato di lucenti scariche elettriche. Erano così fortunati da aver trovato la porta verso l'altro mondo. I peli gli si rizzarono mentre le onde di magia che ne fuoriuscivano lo attraversavano lente e costanti. Aveva studiato che l'apertura era un vantaggio anche per i maghi ma soltanto adesso che ne provava il piacere di persona riusciva a comprendere il perché i più deboli o più avidi tra loro avrebbero rischiato di lasciare aperta la porta. Entrambe le categorie rientravano nella cieca pazzia, comunque, poiché, nonostante l'eccitazione che provava, la decisione di sigillarlo non era mutata. O forse la sua assennatezza era maggiore rispetto ai valori comuni.

«Ha perfino una forma definita.» commentò la strega. Non aveva torto: c'erano scalini e abbellimento architetturale. Seriamente.

«Che ti aspettavi dopo duecento anni? Non invidio i templari che dovranno chiuderlo.»

«Non possiamo chiuderlo noi?»

«Io non ho abbastanza esperienza, o potere.» ammise il mago, e pure Morrigan fece cenno di diniego.

«Perché la fessura non si espande?»

«Il Velo non è una scienza esatta. Ci sono molte cose che non sappiamo.»

«Allora, cosa rinchiude i demoni nella fortezza?»

«Deve essere stato Avernus.» ipotizzò. «È fuggito dalla battaglia, l'abbiamo visto. Probabilmente l'imbecille avrà fatto almeno una cosa giusta prima di morire.»

«Lo incolpi di quello che è successo?» si accese inspiegabilmente la strega. «A me è sembrato che i Custodi Grigi fossero d'accordo nell'utilizzo della magia.»

«Non m'importa di chi sia stata la brillante idea. I demoni non sono bambole con cui giocare, né devono essere presi in considerazione come ultima risorsa. Soltanto degli ingenui ignoranti, o folli, sperano di trarre beneficio dal loro intervento.»

«Questa è la Torre del Circolo che parla.» ribatté la ragazza delle Selve.

«No, è semplicemente buonsenso.»

La mollò lì, altrimenti l'avrebbe schiaffeggiata nella speranza di instillarle quel buonsenso nel cranio. Tutto questo gli riportava alla mente Jowan e la cattiva strada che aveva imboccato; ci mancava solo Morrigan a insinuare che le invocazioni demoniache per scopi personali avessero un briciolo di criterio.

Levi e Alistair erano ancora scandalizzati per la notizia che l'ordine e la bis bisnonnina avessero compiuto un simile atto e insistevano per trovare prove tangibili. A Elmer non gliene fregava un accidente. Non era vicino col cuore ai Custodi, né a parenti altrui; insomma, per lui non era cambiato nulla. Continuarono a esplorare fino a una saletta con un altare di Andraste e due porte, di cui una serrata da una barriera magica. Dalle fessure provenivano soffi d'aria fresca quindi dedussero che fosse l'accesso al ponte che collegava la roccaforte al suo mastio.

«Proviene dalla stessa fonte della barriera che circonda l'edificio?» domandò Leliana.

«Impossibile stabilirlo. A logica direi di sì.» Allungò una mano per esaminarne la natura: la magia era salda. Notevole per un vecchio incanto senza incantatore.

«Se la magia fosse così semplice da decifrare non esisterebbero i maghi.» sparse la sua dose di acido la donna delle selve. Si era indispettita per il loro scambio di opinioni? Andraste, che strazio.

«Scusa se ha chiesto.» difese l'ex templare.

«Diventa sempre meno sorprendente la maniera in cui la gente comune tratta i nostri simili.» continuò lei, chiaramente in cerca di sfogo. «Non capiscono la materia e pretendono che qualcun altro gliela spieghi.»

«La Chiesa non costringe nessuno a fare niente.» rispose a tono il biondo, seguito a ruota da una più pacata Leliala. Adro mugolò.

«Possiamo oltrepassarla?» chiese Regar affiancandoglisi.

«Il potere mio e di Morrigan combinato dovrebbe farcela, con abbastanza lyrium. Ma a meno che l'ufficio non si trovi proprio dall'altro lato di questa porta, non vedo il motivo di sprecare energie e tempo.»

«Ipotizziamo che sia quello il caso.»

«Avranno un magazzino nei paraggi.» disse dopo una breve riflessione. «Il lyrium non va mai a male. Con pozioni a sufficienza ce la faremo. Preferirei comunque non ricorrervi: berne troppo non è esattamente salutare.» Regar annuì.

Si voltarono e assistettero per dieci secondi alla guerra verbale tra i fronti opposti. Era un dibattito talmente futile... A cosa serviva? Tranne che a nutrire la sete di litigiosità di Morrigan, ovviamente. Eppure Flemeth, seppur con due o tre rotelle fuori posto, non gli era sembrata aggressiva. Doveva essere la differenza di età, Morrigan dopotutto era giovane quanto lui, con il difetto di essere cresciuta in un ambiente senza molta educazione sociale. Era sua madre a battibeccare con lei, e alla vecchia Morrigan portava rispetto, qui invece si trattava di gente secondo lei sotto il suo livello.

«Sognano di sconfiggere un Flagello, ci credi?»

«Non per niente la definiscono “impresa”, Custode.» La pronta risposta gli rubò una breve risatina. Gli piaceva l'umorismo di Regar, era confortante avere vicino una persona normale.

«A te l'onore di richiamarli all'ordine.»

«Che bello.» Batté le mani e alzò la voce. «D'accordo, torniamo al lavoro. Basta perdersi in polemiche. Niente “ma”. Concludiamo la perlustrazione: troviamo l'ufficio.»

Morrigan lo squadrò indignata, poi modificò tattica e si finse apatica alla sua presenza. Non era degno della sua attenzione, certo, bravissima. Che continuasse pure così, la stronzetta, lui non ci avrebbe perso il sonno, poco ma sicuro. Trattenne un sofferto sospiro. Era ora di dare un taglio a quell'avventura uscita dai binari.

L'entrata sul muro accanto era, grazie al Creatore o chi per lui, l'ufficio del comandante, ma la gioia della scoperta venne offuscata dal corpo sciupato di Sophia Dryden dietro la sua scrivania. Il corpo parlava.

«Non un altro passo, Custodi. Essa desidera parlarvi.»

«Un abominio!» si strangolò Alistair.

Il sopracciglio destro di Elmer andò verso l'alto. I cugini di prima avevano avuto sembianze mostruose e zero cervello, con l'unico intento di distruggere, questo aveva mantenuto il più possibile quelle dell'ospite originale e si prendeva la briga di chiacchierare, come i demoni nell'Oblio. Tanto di cappello per un non-abominio.

«Quella è la mia bis bisnonna?» Avendo visto Sophia attraverso i flashback, la visione del presente era piuttosto macabra. Povero Levi.

«Perché dovremmo accontentarti?» La voce gli uscì sicura. Non aveva paura di quella mezza tacca che si fingeva più potente di quanto in realtà non fosse. Non aveva corretto Alistair per una ragione.

«Poiché il Picco è mio. Essa è Dryden, la Comandante, Sophia... Tutte queste cose.»

«Credi che basti possederla per ottenere il suo ruolo e il suo titolo?» la derise.

«Essa ha sentito la tua forza mentre falciavi i suoi simili. Essa ha una proposta.»

«Una proposta? Questa la devo proprio sentire.»

«Non direte seriamente! Non resta più nulla della Comandante Dryden, è posseduta.» disse l'asserente, che ovviamente non aveva la preparazione accademica per comprendere che creatura, spaventosa eccetera, si sentiva minacciata da loro. Era più debole, lo sapeva, e stava cercando di salvarsi il collo.

«La tua novizia dovrebbe imparare a stare al suo posto. Mansueta, sottomessa, silenziosa.» contraccambiò la gentilezza il mostro. «Essa è intrappolata nel Picco del Soldato. Essa ha visto molti luoghi allettanti nei ricordi di Dryden... Essa vorrebbe vedere il mondo di persona. Per liberarla recati nella vecchia torre del mago e distruggi. In cambio essa sigillerà il Velo. Niente più demoni, niente più nemici. Il Picco sarebbe sicuro, tuo. Devi soltanto liberare essa.»

Pazzesco. Neanche ci girava attorno, gli sbatteva in faccia quello che doveva fare e poi si aspettava che accettasse. Ah! Aveva un gran sorriso stampato in faccia e non riusciva a toglierlo. Stupida creatura e stupidi i rincoglioniti che cascavano in tranelli tanto ridicoli. C'era davvero chi si piegava a simili ricatti?

“Beh”, si corresse tra sé, “non tutti magari avrebbero la forza fisica o magica per sopravvivere a un rifiuto.”

«Custode, non possiamo fidar-» Alzò il retro della mano e Leliana tacque. Non era un rincitrullito, grazie.

«Ti renderai conto che la tua specie non è famosa per l'onestà e la correttezza. Rispondi a qualche mia domanda e poi deciderò.»

«Essa sarebbe una stolta a tradire il Custode. Essa conosce la sua forza.»

«Prima domanda: cosa c'è nella torre del mago che ti blocca?»

«Gli incantesimi, il mago, la tengono imprigionata qui. Distruggi tutto ciò che si muove, la pietra stessa, se ne sarai in grado!» si infuriò.

«Per mago intendi Avernus?»

«Colui che aprì il Velo.»

Dopo duecento anni il codardo respirava ancora? Il demone si sbagliava, non aveva coscienza del trascorrere del tempo; erano gli incantesimi dell'incantatore ad essere attivi.

«Perché non sei andata tu stessa nella torre?»

«La barriera blocca il passaggio.» Come supposto, non superava le energie combinate di lui e Morrigan. «Hai finito le tue domande?»

«Ho l'ultima: se distruggo ciò che ti imprigiona, cosa mi garantisce che in seguito tu manterrai il patto e chiuderai il Velo?»

«Essa promette.»

«Sei un demone, le tue promesse non valgono molto. Ho una controproposta: tu chiudi il Velo e dopo io andrò a distruggere.»

«Il Custode mente.» non se la bevve essa dopo attenta valutazione.

«Certo che mento.» prese pari pari dal libro Indovinelli e tranelli. «Finché non vedrò con i miei occhi che chiuderai il Velo, non accetterò la tua proposta.» La falsa Sophia non ne fu felice ma sputò il suo consenso. Non aveva scelta. «Dopo di te.»

«Sai quello che stai facendo, vero?» deglutì Alistair.

«Fidati di me.»

Era certo al cento per cento che il suo semplice doppio gioco avrebbe reso bene. Tanto per mettere i puntini sulle i, scrisse in aria con la magia “chiuso Velo, ucciderla”, mentre la creatura li precedeva nello stanzone portandosi con sé una puzza di decomposizione tremenda al suo passaggio. Essa avvertì che i suoi simili avrebbero tentato di fermarli e Elmer ne approfittò per sapere dove fossero le scorte di lyrium per aiutarli ad affrontare la sfida. Tutti pronti, la falsa Comandante iniziò il rituale e il gruppo umano (più cane) la protesse. Non fu una battaglia particolarmente ostica, dato che si erano sbarazzati dei mostri dall'entrata fino a lì, e in men che non si dica il campo era cosparso di resti di scheletri e privo di porta luminosa verso il misterioso aldilà. Come aveva calcolato, il mostro era stanco.

«Ottimo lavoro. Mi sbagliavo sul tuo conto.» disse posizionandosi di fronte a lei, per distrarla, non prima di aver indicato agli altri di rimanere alle spalle di essa.

«Essa ha mantenuto la parola. Ora tocca a te, Custode.»

«Quanto hai ragione.»

A un suo cenno, i compari la trucidarono. Si godette l'espressione colma d'odio sull'orribile viso femminile finché l'ex templare schiacciò il cranio di essa con lo scudo. Ed essa schiattò.

«Mi aspettavo qualcosa di più.» commentò Regar rinfoderando la lancia.

«Essa non era un abominio, né un demone particolarmente potente.» fece spallucce il mago, intimamente molto fiero di se stesso. «Se Sophia fosse stata una maga, allora sì che saremmo stati nei guai.»

«Essa puzza ancora parecchio.» si tappò il naso il biondo. «Possiamo andare?»

«Perché no. Non credo che essa sentirà la nostra mancanza.» cinguettò l'arciere.

«Se tutti hanno finito con questo “essa”, propongo di proseguire.» intervenne la strega dall'alto della sua altezzosità. Ottenne una risata collettiva che alleggerì di parecchio gli eventi di quella lunga giornata.

Tornati all'ufficio, Elmer fu nuovamente deluso dal mancato ritrovamento della formula. Si grattò la testa, rassegnandosi alla sua sfiga, quando Morrigan portò l'attenzione sulla sparizione della barriera. Coincidenza? Nah, probabilmente era collegata allo spirito che si era ribellato all'evocazione; una volta deceduto, l'incantesimo aveva cessato di esistere, e a quanto pareva si trattava di Sophia. Visto che c'erano, valeva la pena perlustrare anche lì, no? Forse Avernus si era lasciato dietro qualcosa di rilevante. Superarono il breve ponte costellato di una manciata di scheletri e alcune trappole che Leliana individuò per tempo, ed entrarono nella torre del mastio. Elmer ebbe una strana sensazione.

«Non vi sembra che l'ambiente sia... vissuto?»

«Nel senso che qualcuno ci vive?» disse Alistair guardandosi attorno. «Sei sicuro?»

«Il Custode ha ragione.» confermò Leliana. «Lo spazio è stato utilizzato di recente. La libreria è pulita nei punti in cui i volumi sono stati consultati. Questa scrivania non è impolverata. La fiala, il libro.» Il menestrello sfogliò il tomo e la fronte le si corrugò. «Questo... Custode, credo dobbiate leggerlo.» disse in tono grave.

«Cos'è?»

La rossa non rispose. Il mago lesse le ultime annotazioni e il sangue gli si gelò nelle vene. Esperimenti umani. Avernus aveva usato i propri compagni come cavie e aveva dato libero sfogo alla sua fantasia eretica: la magia del sangue era in grado di modificare la corruzione della prole oscura? Se sì, in che modo? L'esito dei suoi quesiti, per quanto raccapricciante fosse anche solo immaginare le torture descritte, era stato positivo. C'era riuscito. Elmer fissò disgustato la fiala scarlatta che tanto gli ricordava i filatteri delle segrete della torre. Se ne stava lì sul tavolo, apparentemente innocua, a sinistra del disgraziato libro.

«Di cosa si tratta, Custode?» curiosò Levi.

«Di una diversa forma di abominio.» Non esitò. Prese l'ampolla, la gettò a terra e ne bruciò il contenuto vermiglio che era schizzato sul pavimento. Stessa sorte toccò al volume. «Non sono stati messi qui per caso. Chiunque sia, Avernus o un altro demone, siamo attesi.»

«Che cos'era esattamente?» volle sapere il biondo. «Ho avuto una sensazione strana quando hai distrutto la fiala.»

«Era sangue di Custode Grigio, mutato dalla magia del sangue.» informò il suo pubblico sbigottito. «Avernus ha torturato i suoi fratelli e sorelle per ottenere una mistura in grado di evolvere, secondo lui, gli effetti dell'Unione. Il rito che permette ai Custodi di essere Custodi.» spiegò.

«Dunque hai appena distrutto una pozione magica che ti avrebbe reso più forte.» tradusse Morrigan.

«È magia del sangue.» ribadì severo. C'era davvero bisogno di sottolinearlo?

La strega si ritrovò solitaria nella sua vista tollerante della pratica proibita, occhieggiata dagli altri, e Elmer scusò quel comportamento, dovuto al fatto di essere cresciuta da un unico genitore non completamente sano, lontano da cos'era considerata normalità. A suo parere, Flemeth era una maga del sangue. Fino a che punto non lo sapeva, ma se sua figlia non aveva problemi a sentir parlare di torture eretiche per ottenere più potere, allora poteva paragonarla alla vecchia di Redcliffe. E Morrigan? Lei era una praticante?

“Dovrei ucciderla?” Fu scosso dall'incertezza e distolse lo sguardo dagli occhi gialli di lei. Perché ci arrivava solo lui a certe conclusioni terribili? “La maledizione di un'intelligenza sopraffina.” Ma la battuta non gli risollevò l'animo. Era circondato da troppo sangue e, oltrepassata la porte, la frase ebbe una connotazione concreta.

«Creatore...»

Sangue, sangue ovunque. Sulle pareti, sui cadaveri straziati, sugli attrezzi per le sevizie, per terra, dappertutto tranne che sull'alto soffitto. Secco e spento, il tanfo impregnava la grande stanza-laboratorio, fredda per le finestre spalancate, e c'era qualcosa, qualcosa che lo collegava a tutto quel rosso, che gli dava la sensazione strana che aveva percepito con la fiala e che pure Alistair aveva colto. Ebbe pochi secondi per connettere i punti e capire che era semplicemente l'Unione che aveva svolto il suo lavoro nel suo organismo, poiché la vecchia voce di un vecchio pazzo li accolse.

«Vi aspettavo.»

«Avernus.» Era lui, il neo sulla tempia era identico a quello dell'uomo nel flashback. «Sei vivo.»

«Sì.» confermò con orgoglio malcelato.

«Come? No, non dirmelo. Magia del sangue.»

«Ah, speravo in qualcuno con una mente più aperta.»

«Malata, vorrai dire.»

Il rugoso pelato dalla pelle emaciata sorrise indulgente e scese i gradini del rialzo su cui erano collocati la sua scrivania personale e un mucchio di scartoffie.

«La Chiesa proibisce stupidamente la magia del sangue.» Elmer emise un “hmph”. «Ci sono moltissimi segreti da svelare, giovane Custode. Man mano che il mio corpo deperiva ho trovato nuovi modi per sostenerlo. Ma oramai sono giunto al limite.»

«Poverino. Scommetto anche che non è stata affatto colpa tua la malriuscita dell'invocazione.»

«Per mesi preparai i circoli di evocazione.» si emozionò. «Feci ricerche sulle profondità più oscure dell'Oblio. Quell'attimo fu un vero e proprio trionfo di conoscenza demoniaca. Decine di demoni evocate per mano mia...» si perse nei felici ricordi. «Ma, con tutte quelle variabili, immagino che un errore di calcolo fosse inevitabile.» disse con leggerezza. «Mi mancava così poco...»

«Stai scherzando. Hai massacrato i tuoi compagni e te ne lavi le mani così? “Un errore di calcolo”?»

«Fu Sophia a darmi l'ordine.» si parò il culo il pazzoide. «Fin dal principio abbiamo scosso i nobili con la magia del sangue affinché si unissero alla nostra ribellione e mantenessero segreto il complotto. Se soltanto Sophia mi avesse permesso di scuoterli con più solerzia, il re non ci avrebbe teso un'imboscata all'incontro con teyrn Cousland.» si rammaricò. «Arland era un tiranno che governava con la paura, aizzando i suoi sottoposti gli uni contro gli altri, di modo che nessuno avrebbe mai potuto contrastarlo. Purtroppo per lui, sua cugina Sophia Dryden era sopravvissuta al rito dei Custodi Grigi a cui l'avevano costretta. Credo volesse conquistare il trono, nonostante il nostro ordine teoricamente dovrebbe essere neutrale nelle questioni politiche.»

«Avete delle prove?» spuntò d'un tratto la voce di Levi. «Era la mia bis bisnonna. Buone o cattive che siano, vorrei avere notizie di lei.» Mentalmente ne ammirò il coraggio. Erano davanti a un folle dotato del dono della magia e il mercante aveva la fermezza di portare a termine l'obiettivo che si era prefissato.

Avernus affermò che non c'era alcun tipo di testimonianza, tutto era andato perduto a causa dell'infestazione. Spese qualche bella parola sul suo carattere carismatico e poi tornò al fallimento dell'invocazione.

«Un vero peccato. Eppure era la nostra ultima risorsa, per sopravvivere.» scosse la testa amareggiato. «Rimpiango soltanto di aver fallito.»

«Dovresti morire.» sputò furibondo il moro.

«Morire?» si intromise Morrigan. «Di certo capisci che il suo unico crimine è stato sopravvivere. Le tue azioni non sono forse discutibili?»
«Le mie azioni? Quali azioni?»

«Non sei migliore dei demoni. L'hai dimostrato non molto tempo fa, o te ne sei già scordato?»

«Era un demone, Morrigan. È diverso. Non puoi paragonarlo a un essere umano.» disse, sconvolto che dovesse persino giustificarsi.

«La decisione di Elmer è stata giusta.» lo difese Leliala.

«Avernus è un essere umano e le sue ricerche hanno aperto nuovi orizzonti. Non è forse vero?» si rivolse al vecchio folle.

«Esatto, giovane donna. L'ordine utilizza la corruzione solamente per percepire la prole oscura; che futilità. La mia ricerca ha svelato nuove vette, con essa i Custodi diverrebbero molto più potenti.»

«Certo, sottoponiamo tutti i Custodi alla magia del sangue! Cosa mai potrebbe andare storto?!» Faticava a credere anche solo la formulazione di un tale scempio.

«Il mio scopo era liberare il Picco del Soldato e correggere gli errori del passato attraverso le nuove abilità che sto liberando all'interno nel nostro sangue. Sarà la nostra magia del sangue, non proveniente dai demoni. Ora che il Velo è stato ripristinato vorrei continuare in pace i miei esperimenti. Contribuirei al sapere dei Custodi, prima che la vecchiaia mi reclami. Odo già da un po' di tempo il richiamo della Chiamata...»

«Dovrebbe ispirarmi pietà?» Strinse il bastone magico e lo conficcò a terra. Udì gli altri prepararsi. «Compassione? Credi davvero di meritartelo?»

«Speravo avresti capito l'importanza del mio progetto.» ammise l'anziano mago con un sorriso mesto. «Non me ne andrò senza lottare.»






Note dell'autore:
Finalmente lo postai! Questo è l'ultimo capitolo scritto di Elmer che ho, perciò ciccia per i prossimi mille anni XD
No, dai, proverò come sempre a scrivere qualcosa nel tempo libero. Ho tipo un giorno a settimana che posso dedicare ai cacchi miei senza essere disturbata, quindi in teoria ce la farò, anche se sarà una lunga attesa per voi u_u
Ho poco da dire: i dialoghi di Avernus sono ovviamente presi dal gioco; descrizione del castello la metterò nel futuro capitolo così mi alleno e vedo che parere mi darà Emiliano; quando Elmer dice le parolacce... non è proprio un buon segno, ma qua si è trattenuto bene, siamo tutti fieri di lui! XD Morrigan mi sta sulle scatole, non so se si è notato :D
L'unica cosa che mi sento di poter dire con sicurezza sulle follie che sto scrivendo, è che forse pubblicherò una ficci auto conclusiva sul videogioco "Tales from the Borderlands". Mi ci sono immersa più di due mesi fa ma mi sono affezionata ai personaggi, e leggendo tante ficci in giro m'è venuta voglia di scriverne una. Non vogliateme se faccio prima quella invece dei capitoli di Elmer ç_ç

Un bacione a tutti quanti, alla prossima! ;)
  
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