20)Here I am
alive.
Leah
p.o.v.
Il
giorno del matrimonio è arrivato.
Mi
sveglio tra le braccia di Mike e con un gemito vedo che qualcuno ha
appeso all’armadio il suo smoking e un vestito azzurro per
me. Il mio gemito lo sveglia e
mette a fuoco i due abiti.
“Qualcuno
è entrato mentre dormivamo, inquietante.”
Borbotta
con la sua voce roca.
“Qui
è quasi normale.”
Gemo io.
“Il
vestito azzurro è per te, sembra uno di quelli della regina
Elisabetta: gonna
al ginocchio, giacca coordinata, camicia bianca, cappellino
stravagante…
A
proposito, non è che sua maestà verrà
al matrimonio?”
“No, non verrà.
Conosceva
mia nonna, ma non frequenta i miei e ne sono felice.”
“Anche io, così non dovrò temere che il
principe Harry ti porti via da me.”
“Scemo.
Vado
a farmi una doccia, ricordati…”
“Puntualità ed eleganza?”
“Sì.”
Mi faccio una lunga doccia e poi se la fa Mike, dopodiché
scendiamo a fare
colazione in pigiama, mia madre ci rivolge delle sentite occhiate di
disapprovazione.
Come al solito ci sono solo the e biscotti, inutile chiedere
caffè o latte
perché i domestici ignorerebbero la richiesta. La
considerano una bestemmia.
Finito
torniamo in camera nostra e io mi chiedo come farò a
sopravvivere a questa
cerimonia senza della caffeina. Ci stiamo per vestire quando qualcuno
bussa
delicatamente alla porta, io apro e mi trovo davanti Miles con due
tazze di
caffè.
“Miles,
sei un angelo!
Ti abbraccerei se non tu non avessi le tazze in mano. Mike,
c’è del caffè!”
“Evviva!”
“Per la signorina è forte e zuccherato, va bene
anche per lei?”
Mike si gratta la testa, perplesso sul fatto che qualcuno gli dia del
lei.
“Sì,
va bene.
Grazie
mille, signor Miles.”
L’uomo annuisce e si ritira discretamente, io mi butto sulla
mia tazza.
“Caffè!
Sia benedetto chi l’ha inventato!”
Mike
ride.
Beviamo
le nostre tazze e poi le appoggiamo alla scrivania, Miles
verrà a prenderle
dopo probabilmente. Il mio ragazzo si mette il suo smoking, sembra
persino più
magro del solito e io digrigno i denti, mia madre non si è
nemmeno premurata di
cambiare le misure che probabilmente erano per Ronnie con altre
più adatte a
Mike. Così sembra un profugo!
In
quanto al mio vestito è troppo stretto, l’ha
deliberatamente scelto così per
farmi sembrare grassa. Chiudo gli occhi e stringo i pugni.
“Dio,
dammi la pazienza perché se mi dai la pazienza faccio una
strage.”
Il mio sguardo cade sul crocifisso-pugnale.
“No,
Leah. Non penso che fare una strage il giorno del matrimonio di tua
sorella
migliorerà i rapporti con i tuoi.”
“Ma
gioverebbe alla mia salute mentale!
Guarda!
A te hanno preso un vestito con le misure sbagliate per farti sembrare
uno
straccione e a me uno troppo stretto per farmi sembrare
grassa.”
Lui mi appoggia le mani sulle spalle e mi spinge con delicatezza fuori
dalla
stanza, sebbene sia ancora fumante di rabbia.
Nell’ingresso
troviamo mia madre.
“Ti
trovo in forma incantevole, cara.”
Dice con voce flautata.
“Anche
io. Quel giallo canarino è perfetto per la fiera degli
uccelli.”
Lei arrossisce in modo sgradevole.
“Come
osi dirmi una cosa del genere dopo che io ti ho
preso…”
“Un vestito che mi facesse sembrare grassa? Penso di averne
il diritto.”
Usciamo tutti e tre e saliamo in macchina senza scambiarci una parola,
non vola
una mosca nemmeno lungo il tragitto verso l’abbazia di
Westminster.
Sono
tentata di chiedere se la famiglia ha ancora soldi dopo aver pagato
quanto
devono alla chiesa per celebrare un matrimonio, ma mi trattengo.
Arrivati,
scendiamo e io cammino dritta verso le prime file, salutando
distrattamente
conoscenti e concentrandomi sulla stupenda architettura gotica. Sottili
ed
eleganti colonne che si uniscono a formare un fiore che sboccia nel
soffitto,
le magnifiche vetrate e il rosone decorato per non parlare del lusso
degli
interni che scintillano per l’oro di cui sono decorati. Gli
stessi lampadari
sono un’opera d’arte per me.
Penso
di averla scampata quando una bionda con un terribile vestito rosa
chiaro si
avvicina a noi insieme a un uomo dai capelli castano smorto. Mia cugina
Margareth e il suo fidanzato Alexander.
“Leah,
che bello vederti!”
Sì,
come no.
“E
lui è …?”
“Il mio fidanzato.”
“Quando vi sposerete?”
“Non penso di dovertelo dire, non verrà nessuno
della famiglia. Voglio che il
mio matrimonio sia un giorno felice.”
Lei mi fulmina.
“Tu
ci tratti così solo perché hai turlupinato nonna
Kate, ma un giorno troveremo
un modo per impugnare il testamento e avere ciò che ci
spetta.
Un
giorno…”
“Sì, vi vendicherete.
Aspetta
un attimo che tremo.
Vai
a sederti Margareth, il matrimonio sta per iniziare.”
Lei si siede nella fila dietro la mia borbottando maledizioni, io
guardo
l’altare decorato da una miriade di fiori bianchi.
Che
spreco.
Le
note dell’organo annunciano che mia sorella è
arrivata e infatti, con una
sbirciata, la vedo avanzare al braccio di mio padre.
Che
la cerimonia inizi.
La
tortura del cerimoniale mi è sembrata infinita.
Preghiere
su preghiere e discorsi, ma poi finalmente i due sposini si sono
scambiati gli
anelli e si sono baciati.
Adesso
Jasper può fregiarsi del titolo di lord e i miei hanno soldi
da spendere nelle
casse, evviva l’amore!
Usciamo
dall’abbazia, mi tengo lontano dal lancio del riso, ma quando
arriva il momento
del lancio del bouquet mi faccio viva. Ariadne si volta e lancia alla
cieca,
Margareth lo vuole così tanto da darmi una gomitata che come
minimo mi ha
incrinato una costola, ma non ce la fa. Con uno scatto lo prendo io e
poi mi
allontano ghignando.
Lo
punto contro Mike.
“Adesso
sei obbligato a sposarmi.”
Gli dico ridendo.
“Sì,
ma non qui. Una povera rockstar non può permettersi una
chiesa del genere.”
“A me va bene tutto.”
“Leah!”
La
voce sferzante di mia madre mi fa voltare.
“Smettila
di tenere quel bouquet dietro la testa, come se avessi cinque anni!
È
costato un patrimonio e io ti vieto di…”
“Sposare Mike?
Sai
una cosa? Posso farlo anche senza il tuo permesso!”
“Un
giorno troveremo il modo di riprenderci i soldi che ci hai sottratto
quando è
morta tua nonna!”
“E
siamo a due che ti minacciano, poi dicono che sono i messicani a essere
pericolosi.
C’è
qualcuno che non ti vuole vedere morta o povera in canna nella tua
famiglia?”
Io scuoto la testa alla domanda di Mike.
“No,
non penso ci sia. Non più almeno, nonna era
l’unica che mi volesse bene.
Mamma
da sempre vuole Margarita come figlia e se non avessi così
tanti tratti che
appartengono ai Lancaster probabilmente cercherebbe di verificare se
non ci sia
stato uno scambio alla nascita.”
“Come
mai la chiami Margarita?”
“Odia
gli stranieri, quale modo migliore per infastidirla se non usando la
versione
spagnola del suo nome?”
Dico ghignando.
“Giusto.”
Ci infiliamo di nuovo nella macchina della mia famiglia, mamma si sta
rifacendo
il trucco perché come da tradizione ha pianto. Dubito
comunque che siano state
lacrime autentiche, ma questo le dà una scusa per non
parlarmi. Deve essere
irritata per come ho evitato i miei parenti e offeso la cara Margarita.
Anche
mio padre rimane in silenzio, probabilmente sta pensando che tutto
questo è una
grande seccatura e che a quest’ora avrebbe potuto essere da
qualche parte a giocare
a golf invece i condividere la sua preziosa aria con la figlia ribelle.
“Papà,
hai una vaga idea di cosa ci sia per pranzo?”
“No, ma tua madre ha fatto arrivare a posta escargot e
rane.”
Mike impallidisce accanto a me, a me viene voglia di urlare come una
matta, lo
sanno perfettamente che non le mangio.
Odio
la mia famiglia.
La
macchina finalmente giunge a destinazione e questa volta non posso
evitare le
ondate di parenti titolati che vogliono sapere che cosa faccio nella
mia vita e
chi è il ragazzo che è con me.
Dopo
aver soddisfatto la curiosità di tutti, scandalizzando
acutamente due vecchie
zitelle, entro nel ristorante e mi siedo al nostro tavolo. Seduti con
noi ci
sono i mie genitori, la coppia, Margarita e coso e i genitori di
Jasper. Suo
padre indossa una completo grigio come i suoi pochi capelli, sua madre
è la
replica della mia: stessi capelli color caramello, stessa linea del
vestito,
solo che il suo è di un rosa acceso.
Io
non posso stare allo stesso tavolo con una vestita così.
“È
stata una bella cerimonia, vero?”
Esordisce.
“Tu devi
essere Leah Marie, la sorella di Ariadne.”
“Sì, sono io.”
“E lui chi è?
La
tua guardia del corpo?”
Il suo candore mi fa venire voglia di finirla a craniate.
“No,
è il mio fidanzato. Si chiama Michael.”
Sul
suo volto appare un’espressione tra l’incredulo e
l’imbarazzato.
“Oh,
davvero?
Ehm,
è davvero di una bellezza…particolare.”
“A che famiglia appartiene?”
Chiede Mr grigio.
“Alla
famiglia Fuentes, sono figlio di immigrati messicani e suono la
batteria in una
band che si chiama Pierce The Veil, rappo anche.”
Rimangono tutti e due scioccati.
“Ester,
Mark, nostra figlia non sa ancora quello che vuole nella vita.
È confusa…”
“No, sono perfettamente in me. So cosa voglio fare nella mia
vita: il medico
per la band di Mike e stare con lui. Non sto facendo la ribelle, sono
me
stessa.
Una
tartina, Ester?”
Lei non mi risponde e non tocca la tartina. Peccato, perché
è davvero buona, la
salsa tonnata è semplicemente perfetta.
Durante
il resto del pranzo non mi parlano.
Io
mangio il risotto al tartufo, i ravioli ai funghi e carne di fagiano.
Ignoro
totalmente quello che mia madre ha ordinato per me, facendola irritare
ancora
di più.
Al
momento del taglio della torta ascolto a malapena i discorsi e non vedo
l’ora
che Ariadne affondi il coltello in quella montagna di panna e
cioccolato
bianco. Il mio piano prevede di filarsela non appena avrò
mangiato la dannata
torta.
So
cosa mi aspetta dopo: un ballo.
Io
odio i balli e il cerimoniale non prevede che io partecipi se non con
il primo ballo
della sposa.
Mia
sorella taglia finalmente la prima fetta e poi lascia il posto ai
camerieri che
provvedono a distribuirla a tutti.
È
ottima, questo glielo devo concedere.
Non
ci vuole molto – purtroppo – per mangiare il dolce
e adesso mi tocca assistere
al primo ballo di Jasper e Ariadne. Il secondo è quello di
mia sorella e mio
padre, al terzo tocca a me.
Volteggiamo
sulla pista mentre lei non fa altro che vomitare cattiverie de genere
che sono
una pazza, una morta di fame che ha rovinato la sua vita e il suo
matrimonio.
Che a causa delle mie intemperanze ha sempre fatto fatica e trovare
degli amici
e a inserirsi in società, perché nessuno voleva
un’altra Lancaster pazza.
“Hai
finito?”
Gli chiedo a metà del ballo.
“Scusati,
almeno.”
“Scusarmi? Per
cosa?
Per
essere me stessa?
No,
grazie. E poi dove eri quando io stavo male?
A
leccare il culo a qualche sconosciuto per chissà quale
motivo.
Non
ti sei comportata da sorella e non vedo perché dovrei farlo
io.”
“Non usare parole volgari quando sei con me.”
“Io parlo come mi pare, Ariadne.
Ti
auguro un lungo matrimonio ipocrita.
Adesso,
scusami, ma io e Mike dobbiamo andare.”
Le dico non appena è finito il ballo, saluto i miei e i
genitori di Jasper
senza ricevere risposta. Mike si alza ed entrambi usciamo dal palazzo.
Sospiriamo
di sollievo e ci accendiamo una sigaretta.
“Pensavo
non finisse più.”
M dice mentre in cielo si accendono le prime stelle.
“Nemmeno
io. Pensavo che saremmo usciti strisciando domani mattina.”
“Ma davvero mangiate lumache e rane?”
Io annuisco tetra.
“Adesso
capisco perché odi la tua famiglia.
“Già. Spero di non vederli più per una
cinquantina d’anni. C’è un posto in cui
vorrei portarti, però.”
“Che posto?”
“Segreto!”
Esclamo ridendo e uscendo dal cancello.
La
tortura è finita.
Chiamo un taxi e gli comunico l’indirizzo di uno dei tanti
cimiteri di Londra.
“Ok,
che ti piacciono le lapidi e le tombe, ma non pensi sia un
po’eccessivo dopo
una giornata come questa?”
“Scemo, non ti porto lì a vedere le tombe, ma una tomba.”
“Oh.
Non ti chiederò quale.”
“Va bene.”
Mi
godo la vista della città che scorre dal finestrino del
taxi, domani ce ne
andremo e non mi mancherà. È una bella
città, ma piena di brutti ricordi e di
brutte persone.
Andare
via da qui è stata la decisione migliore della mia vita.
Il
taxi si ferma, io e Mike scendiamo e paghiamo il taxista, poi entriamo
nel
cimitero. È quasi l’ora di chiusura e ci sono solo
poche persone che si
affrettano a uscire.
Mike
si guarda intorno curioso, le tombe sono disposte in ordinati viali in
cui l’erba
è ben curata e le foglie dell’autunno sono state
spazzate via da un solerte
becchino.
Arriviamo
davanti a un severo mausoleo vittoriano in marmo nero che si staglia
scuro nel
cielo, la scalinata è di pietra e sopra la porta
è inciso il nome Lancaster a lettere
dorate.
“Credo
di capire.”
“Cosa?”
“Che tomba mi porti a visitare.”
“Allora
entriamo, non manca molto all’ora di chiusura e sono certa
che tu non voglia
passare la notte in un cimitero.”
All’interno l’unica luce è quella dei
lumini che proiettano ombre lunghe e luci
incerte e tremolanti su vecchie tombe.
Io
mi fermo davanti a una in marmo bianco con le scritte nere, la tomba di
Leah
Catherine Lancaster, la tomba di mia nonna.
“Mike,
ti presento mia nonna.”
Lui guarda la foto: è una vecchia signora dai capelli neri
con un sorriso
aperto e due occhi penetranti.
“Ti
somiglia.”
“Io le somiglio, semmai.”
Dico ridendo.
“Giusto.
Buonasera, signora Lancaster.”
“L’ultima vera lady Lancaster di questa
famiglia.”
“No, l’ultima è qui accanto a
me.”
“Grazie del complimento. Nonna, lui è Mike.
È il
mio ragazzo, è messicano ed è una rockstar.
Oh,
sì. L’ho fatto alla fine, mi sono messa con un
musicista.
Lui
suona la batteria per una band di San Diego che si chiama Pierce The
Veil,
forse ti piacerebbero.
Scusa,
l’ora tarda, ma sono appena scappata dal matrimonio di
Ariadne. Si è sposata
con un industriale senza spina dorsale, che mira solo al titolo.
Immagino che
sia ok, perché la nostra famiglia mira solo ai suoi soldi.
Spero
che Mike ti piaccia e che tu stia bene dove sei.”
Non
so che altro dire, mi bacio una mano e poi la strofino sulla sua foto.
Usciamo
dal cimitero giusto in tempo per l’orario di chiusura.
Un
taxi ci riporta a casa mia, Miles è l’unico dei
domestici presenti in casa, gli
altri sono tutti via a godersi un giorno d ferie.
“Miles,
come mai sei qui e non a goderti il giorno di riposo?”
“Parti domani mattina e mi sono permesso di fare le vostre
valigie, così
potrete godervi Londra.”
“Sei
un tesoro. Mike, hai voglia di uscire?”
“Non conciato così e non dopo una buona
doccia.”
Detto
fatto, ci facciamo una doccia, ci cambiamo e salutiamo Miles. Non
abbiamo
voglia di andare in qualche club perché domani il nostro
aereo parte presto,
così ci limitiamo a passeggiare lungo il Tamigi come una
copia qualsiasi.
A un
certo punto lui nota un artista di strada e si ferma.
“Ce
lo facciamo fare un ritratto?”
“Perché no?”
Contrattiamo il prezzo con l’uomo e poi ci mettiamo in posa,
mezz’ora dopo
abbiamo in mano un disegno in cui siamo abbozzati felici e sorridenti,
ha
qualcosa di incompiuto che mi piace molto, come un futuro ancora da
scrivere e
che aspetta solo noi.
Torniamo
a casa mia e lo metto in valigia.
Siamo
stanchi e crolliamo subito a letto, la sveglia suona alle cinque
domani. Che
palle.
Non
che voglia rimanere qui, ma odio svegliarmi presto visto che adesso
riesco a
dormire in modo regolare e non sono più un’insonne
incallita.
La
mattina dopo la sveglia suona, non mi sorprende che i miei non siano
scesi a
salutarmi e che l’unico che ci sia sia Miles. È
lui ad averci preparato una
colazione come piace a me ed è sempre lui ad accompagnarci
all’aeroporto.
“Mi
mancherai, Leah. La casa è noiosa da quando te ne sei
andata.”
“Puoi venire a trovarmi negli Stati Uniti quando sarai in
pensione, ormai non
ti manca molto.”
Lo abbracciamo un’ultima volta e poi ci avviamo verso il
cancello di imbarco.
Io e Mike siamo mano nella mano e solo questo conta, la mia famiglia
non è
riuscita a dividerci, abbiamo resistito alla prova.
Solo
quando mi siedo sul sedile dell’aereo che mi
riporterà a San Diego sento la
tensione di questi giorni scivolare via lentamente. Finalmente me ne
sto
andando di nuovo, finalmente sono di nuovo libera di respirare e fare
come
voglio.
“È
bello tornare a casa, eh?”
Mi chiede Mike.
“Meraviglioso.”
Rispondo io mentre l’aereo si alza in volo e non
c’è niente di più vero.