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Autore: Tabychan    26/01/2016    1 recensioni
Quando camminiamo, sotto ai nostri piedi c'è molto più di quanto immaginiamo. Terra, foglie, acqua, insetti. Un intero mondo. Ma se andassimo ancora più sotto?
Tre ragazzi vivono sopra.
Tre sotto.
Uno sta cercando la sua strada.
Possono mondi uguali e opposti mescolarsi? Sotto credono di no, sopra non sanno niente.
Per ora.
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Shoujo-ai
Note: Raccolta | Avvertimenti: Incompiuta
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Vincent aprì un occhio, ancora mezzo assopito, e fece un lungo sbadiglio, spalancando la bocca felina. Nonostante tutto, era contento della forma animale che la sorte gli aveva affidato: i giaguari sono veloci, versatili in battaglia e soprattutto vigili e reattivi, il che gli permetteva di addormentarsi sul lavoro senza sensi di colpa, sapendo che avrebbe potuto percepire il più piccolo rumore anche durante il sonno. Ovviamente questo logico ragionamento non sarebbe stato condiviso dai suoi datori di lavoro e per questo motivo stava ben attento a rannicchiarsi nei punti ciechi delle telecamere di sorveglianza, che ormai conosceva a menadito. Riprese forma umana e si diresse verso il portellone principale, dal quale cominciavano ad entrare gli addetti alla manutenzione giornaliera dell’impianto: una quindicina di persone si erano già disperse per i lunghi corridoi tubulari e si dirigevano verso le rispettive postazioni di controllo, per assicurarsi che la Materia Bianca venisse regolarmente diffusa in tutte le città sottomarine. Vincent li salutò distrattamente e si avviò verso la piazza centrale di Gordia, una delle città capitali del sistema, sede di uno dei maggiori giacimenti di Materia Bianca nonché dell’Ovarium del settore e soprattutto del Consiglio. Il grosso palazzo bianco come la neve si stagliava all’ingresso della città, a ridosso del fianco di un’enorme montagna sottomarina dalla quale fuoriusciva, come se fosse ferita, un’immensa mole di un minerale dall’aspetto e consistenza simile all’oro, ma completamente bianco. Sui lati del giacimento stesso erano collegati dei piccoli tubi, che procedevano con l’aggregarsi e l’ingrandirsi fino a diventare larghi abbastanza da permettere il passaggio di persone e merci al loro interno, mentre la facciata anteriore si apriva sulla strada che conduceva alla grande piazza cittadina, coronata al centro da una fontana sulla quale troneggiava una scultura di donna dalla coda serpentina e ali di drago.
Vincent camminava tra i larghi viali del centro con espressione assente: le sue giornate trascorrevano identiche l’una all’altra, alternando lavoro e ozio, e la sua testa si era ormai abituata all’apatica routine. Non amava neppure la compagnia dei colleghi, un po’ perché il suo impiego solitario non gli permetteva di averne molti, e un po’ a causa del suo carattere tranquillo e schivo: legava davvero solo con Morrigan. La vide già in lontananza aspettare davanti alla porta della pasticceria, lo sguardo addormentato di chi deve essersi svegliato nemmeno un’ora prima. Le fece un cenno di saluto, che la ragazza ricambiò appena lo riconobbe, e i due entrarono nel locale.
-Com’è andata oggi? -
Chiese lei, mentre esaminava la fila di mignon al bancone. -
-Come sempre, da quando hanno emanato l’Editto il lavoro è noiosissimo. Per carità, meglio così che essere costretti a stare sempre all’erta… ma resta noiosissimo. -
Vincent prese un cornetto al cioccolato, una grossa tortina alla frutta e un krapfen ripieno di crema pasticcera, ci aggiunse i pasticcini della sua amica, due caffè e pagò per entrambi. Prese i piattini con i dolci e si avviò verso un tavolino libero, in silenzio.
-Hai bisogno di zuccheri per caso? Sembri un’adolescente in crisi. Sei anche meno loquace del solito, non sarà un modo per dirmi che vuoi che parli anche al posto tuo? Perché sai che io certe occasioni le colgo al balzo. -
Il ragazzo scosse la testa.
-Niente di che, non preoccuparti. Solo… pensavo a mio fratello. L’ho sognato per caso, prima, e-
-Dormi ancora durante l’orario di lavoro? Se il capo lo sapesse ti userebbe per farsi una pelliccia. -
-Non era questo il punto del discorso, Morry. -
-Lo so, so perfettamente qual è il punto del discorso. Manca molto anche a me, più… di quanto pensi. -
-So bene quanto e come possa mancare a te. Ma non era nemmeno lì che volevo arrivare. -
Morrigan arrossì e tentò di nascondere il colorito delle sue guance con la tazzina del caffè ormai vuota, con la quale finse di bere. Vincent se ne accorse, ma decise di risparmiarle la presa in giro.
-Mi stavo solo chiedendo perché è fuggito. Lui sembrava stare bene qui, era un Leggendario, gli avevano anche già offerto di vivere a Palazzo. In più aveva degli amici, una famiglia, viveva in una città tranquilla… sono sicuro che cercasse qualcosa. Avrei voluto che me ne avesse parlato, forse lo avrei aiutato a trovarla. -
-Forse non è qualcosa che avresti potuto trovargli tu, magari voleva conoscere il mondo superiore, ce n’è di gente che perde la testa per gli umani. Nonostante siano molto simili ai mannari è comunque una società diversa, e il fatto che ora ci sia proibito anche solo visitarla immagino aumenti la curiosità dei fanatici. -
Vincent annuì poco convinto, mentre ripercorreva con la mente le passate esperienza col fratello: i due avevano sempre avuto un buon rapporto, probabilmente anche grazie al fatto che erano entrambi persone calme e docili, propense più al quieto vivere che alla rivoluzione, il che rendeva ancora più inspiegabile la fuga del fratello. Era ancora immerso nelle sue ponderazioni, quando dei boati lontani giunsero alle sue sensibili orecchie: urla, rumori di oggetti rotti e un flebile odore di sangue lo fecero ridestare e scattare subito in piedi.
-Che succede? -
Chiese l’amica.
-C’è confusione in strada, forse una rissa, vado a vedere. -
-Sarà qualche ubriaco, n-
Morrigan non riuscì a terminare la frase: un ragazzo cadde all’interno del locale in un fragoroso schianto di vetri, travolgendo i tavolini e i clienti sulla sua traiettoria. Franò al suolo sbattendo la schiena sul pavimento marmoreo, che si macchiò del sangue che fuoriusciva dalle ferite di cui l’intero corpo del giovane uomo era ricoperto. Alla vista dell’urto tutte le persone presenti scattarono in piedi per lo spavento: un’anziana donna iniziò ad urlare alla vista del sangue, un paio di uomini tentarono di avvicinarsi e nel mentre Morrigan esaminava il ragazzo, il viso pallido e visibilmente turbato. Vincent, che sempre la osservava e conosceva il significato dei suoi cambiamenti d’espressione, sfruttando la sua appartenenza alle forze del governo riuscì a far allontanare le persone restanti e si avvicinò anche lui alla collega, seguendone lo sguardo con il suo. In quanto soldati, seppur di rango piuttosto basso, i due avrebbero dovuto soccorrere il ferito e consegnarlo ai superiori, ma vi era qualcosa, vi erano degli elementi in lui che fecero desistere entrambi dall’intento. Primo fra tutti il suo abito, o ciò che ne era rimasto: la stoffa era stata lacerata quasi completamente sul torso e in diversi punti delle gambe, ma i pochi lembi color bianco puro, incisi di marchi dorati, erano più che sufficienti per lasciar intendere che si trattava di un’uniforme dell’esercito, più precisamente quella di una guardia di alto rango. Nonostante il pessimo stato in cui si trovava in quel momento, era chiaro inoltre che il fisico del ragazzo veniva costantemente allenato: era alto, con muscoli sviluppati e probabilmente una buona resistenza, il che era ciò che più preoccupava le due giovani sentinelle: in uno scontro fisico, seppur due contro uno, avrebbero avuto poche possibilità di vittoria. Già irritato dal forte odore di sangue, Vincent decise di approfittare della debolezza dello sconosciuto prima che le sue ipotesi peggiori potessero prendere vita: si avvicinò e si chinò su di lui, esaminandone il viso ancora contorto, coperto sul lato sinistro da grossi tatuaggi color verde militare; cerchi e linee senza senso per il giovane giaguaro. Fece per scuotergli la spalla, ma non appena la sfiorò la sua mano fu afferrata da quella dello sconosciuto e in una frazione di secondo Vincent si ritrovò a terra, il braccio bloccato dietro la sua schiena da una presa ben più forte di quanto avesse stimato.
-Vincent! –
Urlò Morrigan; ma sebbene lei si mosse subito per cercare di aiutare l’amico, si dovette bloccare di nuovo. Il ragazzo scosse la testa e fece un profondo respiro nel tentativo di ricomporsi, strabuzzò gli occhi e lui per primo scattò in piedi, liberando Vincent dal suo peso. Era alto almeno due metri, ma contrariamente a ciò che i due avevano pensato, più che pericoloso appariva confuso.
-S-scusami, spero di non averti ferito! –
Chiese lui, balbettando. Vincent si ritrovò spiazzato. Si alzò circospetto, senza distogliere gli occhi da lui. Notò che con il braccio destro stava proteggendo una borsa.
-…Tutto bene, grazie. Sei ferito, vieni. Ti accompagneremo al più vicino ospedale. –
Il ragazzo ricominciò ad agitarsi e afferrò Vincent per un braccio, per poi mollarlo subito. Si scusò nuovamente e iniziò a guardarsi intorno in preda al panico. Guardò il locale, guardò Vincent, che a sua volta guardò lui e poi Morrigan, la quale ancora tentava di capire chi fosse quell’individuo dall’aria familiare, e alla fine anche il ragazzo guardò lei e la afferrò per una spalla con la mano libera.
-Tienilo, tienilo tu che sei una donna e covi le uova. –
La ragazza lo guardò male, un misto tra stupore e sconcerto. Fece per protestare, ma lo sconosciuto le mise in mano la sua borsa.
-Non dateglielo assolutamente. –
Disse lui.
-Cos-
Improvvisamente un ramo acuminato irruppe dalla vetrina sfondata e si avvinghiò attorno al collo del ragazzo, conficcandogli le spine nella carne. Il ragazzo tossì sangue, Morrigan lo guardò sconvolta. Udì solo alcuni rantoli sommessi:
-Manca… la… regina… -
Il ragazzo crollò a terra mentre altre liane gli legarono braccia e gambe: Morrigan si volse velocemente e nascose la borsa dietro al bancone dei dolci, urlando a Vincent di non avvicinarsi, ma il ragazzo non ne aveva comunque l’intenzione. Conosceva quelle spine, sapeva bene chi ne era il possessore. Seppur a malincuore, non poté fare altre che rimanere ad osservare il ragazzo che veniva trascinato indietro.
-Allontanati, Vince! –
-Lo so, Morrigan! Lo s-
-No che non sai, ho capito chi è! E’ Aniel, il grifone!
Vincent sgranò gli occhi e scartò di lato un attimo prima di venire calciato dalla zampa posteriore di una grossa bestia dal possente corpo leonino e la testa di rapace, ricoperto da una folta criniera bianca. I Leggendari avevano fama di possedere una forma mannara più grossa della media, ma il ragazzo non immaginava una tale maestosità: non aveva mai visto la forma completamente trasformata di suo fratello, e non conosceva altre creature mitologiche, se non di nome. I Leggendari venivano identificati alla nascita e godevano di un trattamento speciale, in virtù della loro unicità e appartenenza a specie non esistenti né nel mondo sommerso, né in quello emerso. Ricoprivano ruoli di alto livello tra le cariche più prestigiose del governo, e colui che si trovava in quel negozio non faceva eccezione: Aniel era il capo delle guardie dei Palazzi di Materia di Gordia, ovvero l’Ovarium e il Consiglio, sedi rispettivamente della vita e della politica della provincia di cui la città faceva capo. Suo fratello lo aveva nominato qualche volta, riferendosi a lui come un ragazzo mentalmente sempliciotto ma dalla spaventosa forza fisica, e Vincent in quel momento non poteva che trovarsi d’accordo. Osservò l’animale sfondare la parete laterale della pasticceria e riversarsi in strada con le ultime forze rimaste, mentre lottava per tentare di strappare i rovi che si avvolgevano sempre più numerosi attorno al suo collo e alle sue ali, impedendogli di fuggire, tingendogli le candide piume di rosso sangue. Fu uno spettacolo straziante. Vedere tale imponenza crollare a terra, ormai priva di qualsiasi forze, insinuò nuovi dubbi nell’animo già cupo del ragazzo: se nemmeno un essere del genere, qualsiasi fosse il suo peccato, era in grado di proseguire per la sua strada, che possibilità poteva avere un semplice gatto come lui? D’altronde, conosceva bene i metodi di chi lo aveva ridotto in quello stato. Rose rosse sbocciarono sul corpo stremato del grifone, riempiendo l’aria di un dolce profumo. Vincent chiuse gli occhi sospirando, Morrigan rilassò finalmente le spalle, ed entrambi si voltarono verso l’uomo dalle cui braccia germogliavano i fiori.
-Capo… -
Disse Morrigan, con un tono mesto poco incline alla sua personalità. L’uomo tentava di trascinare Aniel verso di lui, e nel frattempo si avvicinava con esagerata cautela: scostava calcinacci con il piede e scavalcava frammenti di vetro, prestando molta attenzione a non rovinare il suo completo elegante. Il mannaro riprese forma umana e Reeve lo portò vicino a sé, facendolo strisciare a terra come fosse un sacco di patate. Staccò il ramo che fuoriusciva dalla sua mano destra e se la passò tra i capelli grigi, si sistemò gli occhiali e volse gli occhi color rosa intenso verso la sua subordinata.
-Lo vedi cosa mi tocca fare per finire in un locale con te, Morry? –
Disse l’uomo in tono canzonatorio. Morrigan non ci badò, abituata al modo di fare del suo superiore: Reeve era il responsabile della difesa dei confini esterni della provincia, dell’impianto di distribuzione, nonché uno dei migliori cacciatori dell’intero mondo sotterraneo. La sua superficialità era soltanto una facciata e la scena che si stagliava loro davanti ne era la prova.
-E’ stato un caso, capo. Non sapevamo della sua fuga, io e Vince stavamo facendo merenda. –
-Tu stavi facendo merenda, il micio è in preda ad una crisi spirituale. – Fece un rapido cenno con la testa verso il ragazzo, ancora intento ad osservare Aniel con fare pensieroso -E deve essere parecchio grave se lo porta a preferire questo pezzo di manzo a te. Sveglia, Vincent! –
Il ragazzo spalancò improvvisamente gli occhi e d’istinto arrossì, si guardò intorno, individuò il suo superiore e si mise sull’attenti, cosa che probabilmente aveva fatto solo quando si erano incontrati la prima volta.
-S-si capo, comandi! –
Reeve alzò gli occhi al cielo scuotendo la testa e si chinò sulla sua preda.
-Senti ragazzone, vediamo di rendere le cose semplici ad entrambi. Sei stato visto fuggire dall’Ovarium con un sacco in mano, e ai miei nobili superiori è sorto il sospetto che tu abbia rubato, incredibile a dirsi, un uovo. Una vera fortuna essere governati da menti tanto brillanti, vero? –
Con la mano libera agguantò il viso del ragazzo strizzandogli le guance e lo volse verso il suo, ma di tutta risposta il grifone mannaro socchiuse appena gli occhi e lo fissò con fare di sfida. Nessuno dei due pronunciò una parola per svariati secondi, fino a quando Reeve non gli lasciò ricadere la testa a terra con un verso seccato.
-Perfetto, mi toccherà trascinarlo per tutta la città. Vediamo almeno di ridurre al minimo il numero di incognite, in modo da non far durare il tuo interrogatorio troppo a lungo. –
Liberò anche la seconda mano dalle spine, che andarono ad avvilupparsi attorno al corpo dell’ex-fuggitivo, e iniziò ad esaminare il locale. Morrigan ebbe un leggero sussulto e si pose davanti all’ingresso del bancone con quanta più indifferenza era in grado di simulare.
-Cerca qualcosa, capo? –
-La refurtiva, miss. Ho tardato a raggiungerlo proprio per controllare che non l’avesse scaricata per strada, ma non si è lasciato indietro nulla. Se ha davvero rubato un uovo, deve essere qua. –
Vincent finse di guardarsi intorno.
-Non vedo uova qui, signore. Forse lo ha passato ad un complice che stava tra i clienti, ed è fuggito. –
-Ipotesi interessante. E dimmi, è così che è andata? –
-Non lo so, signore. Non ho visto. –
-No? Curioso, perché eravate entrambi qua, questo gigante vi è crollato davanti ai piedi, e non avete visto se si è alzato e ha consegnato un oggetto alto mezzo metro ad un’altra persona? –
Il ragazzo si accorse di essersi imbrogliato con le sue stesse mani. Abbassò il volto e maledisse la sua stupidità, ma quando lo rialzò, il suo capo era dritto davanti a lui.
-…Non ha consegnato niente a nessuno, signore. –
-Sai quanto tu e la signorina mi siete cari, Vince. Non costringermi a usare i miei metodi su di voi. –
-Se anche lo avesse consegnato a noi, lei è arrivato subito dopo. Non avremmo potuto portarlo da nessuna parte. –
-Vero, per questo sono convinto che sia ancora qua. E se tu non vuoi dirmi dove, dovrà farlo lei. –
Reeve soffiò un petalo di rosa in direzione di Morrigan, che riprese a trattenere il fiato per l’agitazione. La ragazza raccolse tutte le sue forze e sfidò il suo superiore ostentando un piglio deciso, decisa a non cedere alle sue minacce. L’uomo scosse la testa ridendo.
-Sai che non so reggere gli sguardi delle donne, bambina. – Raccolse una sedia e si accomodò. –Dai, calmatevi. Non distruggerò l’uovo, non so nemmeno che cosa sia, né lo porterò via. Il mio compito era recuperare il fuggiasco ed evitare che danneggiasse altre persone, ma voglio sapere anche io il motivo del suo gesto. Questo non è un tizio che ruba uova perché non ha soldi per pagarne la registrazione. –
-Forse, se non lo avesse quasi ammazzato… -
Fece notare Morrigan.
-Posso dire di aver perso di vista l’uovo, ma non lui, e il fatto che sia vivo dovrebbe essere un segno delle mie buone intenzioni. Devo comunque riportarlo indietro, ma almeno non da morto. –
-Prima che lo catturasse mi stava accennando qualcosa riguardo ad una regina… ma temo di non aver colto…-
-Forse parlava di te. –
L’uomo si spostò di fianco al ragazzo disteso e lo scosse con la punta del piede.
-Allora, ci vuoi raccontare dall’inizio questa bella favola, bambolo? –
Aniel dischiuse gli occhi e lo guardò con sdegno: avrebbe probabilmente voluto dilaniarlo, ma sapeva di non trovarsi né nella posizione né nelle condizioni adeguate. Decise così di rivolgersi a chi gli stava più congeniale in quel trio, ovvero Morrigan, e volse lo sguardo verso di lei.
-Uno è quello, due li ho visti, il quarto è sparito. –
Vincent e Reeve si voltarono verso di lei, ottenendo soltanto di farla imbarazzare; lei abbassò la testa e cercò di ricordare qualcosa che potesse avere a che fare con ciò che il grifone le aveva detto.
-Ti stai riferendo a delle uova, immagino, ma non capisco perché proprio quattro… Da quel che so nessuno è in grado di prevedere chi nascerà, vengono soltanto numerate, ma da quello che dici sembra che ci siano quattro uova particolari, di specie conosciuta… Non puoi essere più chiaro? –
-Probabilmente si tratta di qualcosa che ha a che fare col Consiglio, visto che lui lavora lì. E’ una questione delicata, capisco la sua riluttanza a parlarne, soprattutto visti i metodi del capo. –
Rispose Vincent.
Reeve si fece serio. Non amava addentrarsi in questioni di governo, era un uomo semplice a cui bastava concludere il proprio lavoro nel modo più semplice possibile, tornare a casa e badare ai propri affari. Ma sapeva anche che le uova erano sempre oggetto di problemi e polemiche, dai furti alla vendita clandestina, dall’abbandono delle specie considerate inferiori alla distruzione pre-nascita. Avrebbe potuto riportare indietro ladro e refurtiva e risolvere la faccenda, ma così facendo si sarebbe messo contro i suoi due più affezionati sottoposti, dando il via a tutta una serie di cause e conseguenze da fargli venire il latte alle ginocchia al solo pensiero. Si tolse gli occhiali, si stropicciò gli occhi e sospirò.
-Penseremo a qualcosa. Farò pressioni affinché affidino a me l’interrogatorio, non dovrebbe essere troppo difficile, e voi intanto vi prenderete cura dell’uovo. Sempre che ora siate disposti ad ammettere di averlo nascosto voi. –
-Oh, si è offeso, capo? –
Chiese Morrigan, canzonandolo, prima di avviarsi verso il bancone e recuperare l’oggetto della contesa dal ripiano per i caffè nel quale lo aveva nascosto.
-Certo che sì, sono una personcina sensibile io. – Si avvicinò all’uovo e lo esaminò, non trovandoci tuttavia niente di anomalo.
-Lei è una rosa mannara, capo. So che gli arborei possono percepire meglio le energie degli esseri viventi, no? Può provare a controllare se l’embrione all’interno è quantomeno in salute. –
Propose Vincent. Reeve annuì.
-Si, posso, ma non è che sia molto pratico, non sono una brava mamma. Non vorrei che questo bel bimbo si rompesse per causa mia. –
-Wow, il capo ha l’ansia? –
-Se ti piace quest’immagine imprimila nella memoria, bimba, perché non la vedrai molto spesso. –
L’uomo posò con impacciata delicatezza la mano sul guscio candido, e questo cominciò a tingersi di rosso. 
   
 
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