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Autore: Foglia 21    26/01/2016    0 recensioni
[Bernhard Hennen, Varie]
Ero talmente concentrato sul pensare ad altro che sussultai quando qualcuno pronunciò il mio nome.
Alzai lo sguardo e vidi che buona parte delle persone, invece di concentrarsi sul suo pasto, stava fissando me.
Merda. Mi trattenni per poco dal dirlo ad alta voce. Volsi lo sguardo verso Alathaia, ovvero la responsabile di quella situazione, e vidi che ridacchiava, nascondendosi dietro al bicchiere di vino che teneva in mano.
“Alvias, ci stavamo domandando quando organizzerai una festa in onore della nostra gradita ospite.”
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Trassi un respiro profondo e bussai alla porta di legno scuro. Mi trovavo in uno dei bui corridoi nel lato ovest della Luce degli Elfi e, scocciato, attendevo che Alathaia aprisse la porta delle sue stanze. Nonostante mi stesse aspettando dovetti bussare una volta ancora perché si decidesse a degnarmi delle sue attenzioni. “Buona sera cerimoniere, perdona l’attesa…” mi disse sorridendo maliziosamente e appoggiandosi allo stipite.
Immagino quanto ti dispiaccia, pensai stizzito. Quella donna mi trasmetteva antipatia e repulsione dal primo istante in cui l’avevo incontrata.
“Entra. Ci sono alcune disposizioni di cui vorrei parlarti personalmente.”
La seguii all’interno della lussuosa stanza. Indossava lo stesso abito nero di quella mattina, semplice e disadorno, ma il suo viso non era più celato dal velo. Ora potevo fissare con maggiore chiarezza i suoi lineamenti sottili e i suoi occhi profondi. Mi persi per qualche secondo nel verde di quegli abissi, cercando di decifrare i segreti celati dietro il suo sguardo. Avvertivo qualcosa di profondamente sbagliato e maligno nella sua aurea.
La vidi sorridere. “Che cosa cerchi di leggere in me, Alvias?” disse avvicinandosi lentamente.
Potevo sentire il suo respiro sul mio viso. “Niente. Non penso riuscirei a leggere qualcosa.” Risposi senza muovermi di un millimetro.
“Ne sei sicuro?” rise.
Non riuscivo a capire dove volesse arrivare, comunque decisi che la cosa non mi riguardava. “Quali sono le disposizioni di cui volevi parlarmi?”
Fece qualche passo indietro. “In realtà sono solo due, ma volevo comunicarle ad una persona che le farà rispettare sicuramente.” Si sistemò i lunghi capelli corvini dietro alle orecchie, continuando ad osservarmi in modo fastidiosamente provocante. “Vorrei che nessuno dei servitori del castello entrasse in questa stanza se non in orari prestabiliti che provvederò a comunicarti. E vorrei consigliarti di intonacare le pareti della stanza di rosso.”
Inarcai le sopracciglia, scettico. “Di rosso? E per quale motivo dovrei farlo?”
Sogghignò. “Non ritengo saggio parlartene. Ti do solamente questo consiglio sperando che tu lo segua.”
Cosa avrà in mente? “Farò in modo che nessuno ti disturbi, ma per le pareti non prometto nulla.”
“Alvias, non dirmi che ti infastidisce modificare un po’ una delle stanze! Credimi se ti dico che ne verranno più danni se non la farai intonacare.” La donna osservò le pareti candide per poi posare nuovamente lo sguardo su di me.
“Allora dovrò chiederti di prestare attenzione.”
“Non prometto nulla!” Mi imitò ghignando maliziosamente.
Mi venne quasi da ridere, ma resistetti all’impulso. “È tutto?” domandai pacato.
“Sì, per ora non c’è altro. Come ho già detto ti informerò riguardo agli orari di accesso alle mie stanze. Non ti dispiacerà se busserò alla porta delle tue per riferirteli, vero?”
“No, certo che no.” Risposi, aprendo la porta per uscire. Mi voltai un attimo e lei mi sorrise. In realtà non aveva smesso di farlo neppure per un attimo del nostro breve incontro.
“Allora a presto!”
Non appena chiusa la porta mi sentii sollevato.
 
Aprii gli occhi e mi alzai di scatto, facendo cadere il cuscino a terra e impigliandomi nelle lenzuola candide. Era notte fonda e qualcuno bussava con energia alla porta della stanza.
Mi alzai, rischiando di crollare a terra, e barcollai verso l’ingresso. Riuscivo a nascondere perfettamente le mie emozioni e a mantenere un atteggiamento inespressivo a corte, ma se qualcuno mi svegliava di notte avevo l’aspetto di un pesce fuor d’acqua. Sperai fosse solo un servitore e non qualcuno con cui avrei dovuto vergognarmi per il resto della vita.
Non appena ebbi aperto la porta le mie speranze furono estirpate. Davanti a me c’era Alathaia, impeccabile nel suo abito nero e con il suo solito ghigno stampato sul volto. Mi chiesi se quella donna dormisse ogni tanto, ma probabilmente passava il tempo seduta nella sua stanza a sogghignare.
La donna mi fissò da capo a piedi, soffermandosi sui capelli arruffati e la maglietta stropicciata. “Scusa il disturbo, a quanto pare stavi riposando.”
“Non importa…” borbottai, cercando di trattenere uno sbadiglio. “Volevi riferirmi gli orari?”
“Sì, ho deciso che sarà possibile l’accesso solo in mattinata, prima di mezzogiorno.”
“Bene, darò disposizione ai servitori…”
Per un attimo nessuno dei due parlò, poi lei si mosse e mi scostò i capelli dalla fronte. “Grazie…e buon riposo.” disse prima di incamminarsi. Rimasi ad osservarla mentre si allontanava, poi tornai a letto.
 
Sentivo il suo sguardo che mi accarezzava e mi percorreva lentamente. Avevo avuto sensazione per tutta la serata, fin dall’inizio della cena, e avevo fatto molta fatica a rilassarmi. Sospirai profondamente e mi passai una mano sul viso, avevo mal di testa. Chiusi gli occhi e cercai di distrarmi dalla sensazione di disagio che provavo. Ero talmente concentrato sul pensare ad altro che sussultai quando qualcuno pronunciò il mio nome.
Alzai lo sguardo e vidi che buona parte delle persone, invece di concentrarsi sul suo pasto, stava fissando me.
Merda. Mi trattenni per poco dal dirlo ad alta voce. Volsi lo sguardo verso Alathaia, ovvero la responsabile di quella situazione, e vidi che ridacchiava, nascondendosi dietro al bicchiere di vino che teneva in mano.
“Alvias, ci stavamo domandando quando organizzerai una festa in onore della nostra gradita ospite.”
Guardai la regina, chiedendomi se fosse del tutto impazzita. “Presto.” mi limitai a rispondere abbassando lo sguardo e concentrandomi sul piatto, che avevo a malapena toccato. Gradita ospite, questa poi.
Quando la cena fu conclusa e tutti furono usciti dalla sala, mi fermai per aiutare i coboldi a sistemare. Portai i piatti in cucina e mi incamminai verso il giardino per prendere una boccata d’aria. Ad una quindicina di minuti dall’uscita vi era un luogo isolato, poco frequentato, dove spesso mi rintanavo la sera o a notte inoltrata, quando non riuscivo a dormire. Negli ultimi giorni ci andavo spesso e pensavo alla mia donna e ai miei figli, che erano lontani dalla Terra Centrale. Mi sedetti su una panchina e lì rimasi per qualche ora. Rientrai nella mia stanza verso la mezzanotte. Accesi una candela e svuotai le tasche sul comodino.
“Il giardino è un luogo meraviglioso, vero? Soprattutto la notte.”
Alathaia era comodamente stesa sul mio letto, fasciata in un altro dei suoi succinti abiti neri.
“Come mai sei qui?”
“Ti dispiace?”
“Non hai risposto alla mia domanda.”
Lei sorrise e fece spallucce. “Volevo sapere se avevi ripensato alla mia richiesta.”
“E per questo sei entrata nelle mie stanze e mi hai aspettato?”
“Non avevo molto da fare.”
“Non ho cambiato opinione.”
“Sei piuttosto testardo.”
Calò il silenzio mentre la osservavo. Nei suoi occhi leggevo divertimento, e anche qualcosa di piuttosto sconveniente. Sembrava che la donna stesse seriamente cercando di sedurmi, ed era una cosa piuttosto assurda a pensarci. Chissà cosa leggeva lei nei miei occhi. Non mi piaceva come persona, eppure cominciava ad incuriosirmi.
Un attimo dopo me la trovai di fronte, il suo naso a pochi millimetri dal mio, il suo profumo che mi avvolgeva. Quando le sue labbra morbide si appoggiarono sulle mie non riuscii a trattenermi dal ricambiare il bacio. Mi sentivo come se le azioni non mi appartenessero più. Lei mi strinse a sé e le sue mani iniziarono ad accarezzarmi la schiena con delicatezza. A dispetto del suo atteggiamento, non c’era prepotenza nelle azioni di Alathaia, solo un’estrema dolcezza che non aveva significato per me. Fu a malincuore che staccai il viso dal suo. Lei mi fissava incuriosita, per la prima volta senza provocazione, cercando di capire cosa provavo.
“Perché?” domandai.
Lei sospirò. “Sei sempre stato mio, anche se ti ho perso più volte.”
“Perché non prima?” Tutto girava davanti ai miei occhi, non credevo a ciò che mi stava dicendo.
“Sono stati secoli oscuri e ora, nonostante non sia un periodo felice, io sono qui.”
“La tua anima è oscura.”
“Tu non vedi tutta la mia anima.”
La testa mi scoppiava, piena di immagini senza senso. Il suo viso ora mi sembrava così familiare. Non sentii l’impatto con il pavimento, né la sua voce che mi chiamava, avevo già perso conoscenza. 
  
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