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Autore: angelo_nero    26/01/2016    2 recensioni
Family Brief: Vegeta, Bulma, Trunks e Bra. Momenti della vita di tutti i giorni come una comune famiglia.
dal primo capitolo:
Dopo una buona ora e mezza finalmente l'intera tavolata aveva finito di mangiare, c'era ancora chi restava seduto a bersi un bicchiere di vino, mentre altri si intrattenevano chiacchierando o, come i piccoli Saiyan mezzo sangue, si sgranchiva i muscoli tirando quattro pugni. Vegeta era rimasto seduto a tavola ad osservarsi intorno, il suo sguardo passava dalla moglie che chiacchierava con C-18 e la moglie dell'eroe, al figlio che giocava con Goten. Come lui, seduto ancora al tavolo, c'era il suo amico/nemico, forse l'unico, che sorseggiava un bicchiere d'acqua a pasto ormai ultimato. Goku si sentiva troppo spossato per alzarsi da quella sedia diventata improvvisamente troppo comoda: anche l'eroe teneva d'occhio la propria famiglia per assicurasi che nessuno si facesse male o che il Genio non si avvicinasse eccessivamente alla moglie.
Genere: Fluff, Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bra, Bulma, Nuovo personaggio, Trunks, Vegeta | Coppie: Bulma/Vegeta
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Entrò a passo di carica, aprendo la porta con forza, ignorando la protesta dei cardini, che minacciavano di staccarsi. Percorse l’ingresso a passo più che svelto, sorpassò la cucina e il salone, non degnando nessuno di uno sguardo, e buttò la ventiquattrore da un lato in un gesto rabbioso, prima di tirare dritto per il corridoio che portava ai laboratori.
Uryasil, che aveva assistito alla scena in silenzio completo, si voltò a guardare il fratello, che, al contrario della consorte, era entrato con tranquillità e sostava davanti la porta del salotto.
-Ma che le prende?- chiese.
Il Saiyan alzò le spalle indifferente, mentre toglieva la giacca e la poggiava su una sedia: il maniaco dell’ordine era tornato.
-Piuttosto, dove è andata?- chiese Trunks.
-In laboratorio, probabilmente.-
-E che ci va a fare?- chiese Uryasil mentre fissava l'acino d’uva, staccato dal grappolo che teneva in mano.
-Sfogare la rabbia.- le rispose Trunks.
-Lavorando?-
Il ragazzino scrollò le spalle. –Ognuno ha il suo modo di rilassarsi.-
Uryasil non era molto convinta della cosa ma decise di non indagare; da ciò che le avevano riferito quei due, Bulma arrabbiata non doveva essere disturbata, a meno che non si volesse morire sotto atroci torture.
Mise l’acino in bocca riflettendo sulla possibilità che un’umana potesse far del male a un guerriero del loro livello: magari aveva qualche macchinario strano inventato appositamente per torturarli. Rabbrividì a quell’idea che, in fin dei conti, poteva essere anche vera.
Passarono due ore e poco più in silenzio, tanto che si chiese se fossero tutti scomparsi senza che se ne accorgesse, prima che si decise lei stessa a dire qualcosa.
Appoggiò la testa allo schienale del divano per poter osservare il fratello seduto dietro di lei, anche se a testa in giù e gli sorrise.
-Che vuoi?-
Il sorriso di Uryasil scomparve: – Come sei scorbutico. Non ho detto niente! -
-Quando sorridi in quel modo vuoi sempre qualcosa, Uryasil.- ribattè il maggiore.
-Mi stavo solo chiedendo che fine avesse fatto Bulma, sono due ore che è chiusa in laboratorio.- borbottò mentre si voltava per poterlo guardare nel verso giusto. –Forse è il caso di andar a controllare.-
-Sta bene, non c’è bisogno di andare a controllare.- rispose Vegeta.
-E tu che ne sai?-
-Posso percepire la sua aura.-
La principessa dei Saiyan si arrese e, sbuffando, tornò a guardare la televisione, anche se per niente interessata al programma. Era curiosa di sapere cosa stesse combinando la cognata, rinchiusa in quel posto pieno di cavi e impregnato dell’odore dell’olio usato per i motori.
-E se invece esistesse un modo per ingannarti? Potrebbero averla rapita e tu non te ne saresti accorto.- tornò alla carica.
-Non esiste un modo per ingannare la percezione dell’aura.- ribattè.
-E tu che ne sai?-
-Lo so e basta.-
- Lo so e basta - gli fece il verso lei. –Dai! Voglio andare a vedere cosa sta combinando!-
-Vai allora, cosa vuoi da me?-
La donna incrociò le braccia al petto. –Non so dove sia precisamente.-
-Segui la sua forza.-
-Non posso! Il mio rilevatore non capta energie così basse.- protestò.
L’altro non le rispose, preferendo rivolgere la sua attenzione al paesaggio fuori dalla finestra.
-Daiiii, oniichan!- lo pregò con voce smielata nella loro lingua.
-No.-
-Dai, dai, dai, dai!- iniziò la tiritera saltellandogli attorno come una bambina di cinque anni.
-Fatti accompagnare da Trunks.-
Uryasil si fermò e si voltò a guardare il ragazzino che li fissava e sembrava sul punto di scoppiare a ridere.
- Okay... -

***

- Si può sapere perché alla fine sono dovuto venire anche io? - protestò Vegeta seguendo a debita distanza sorella e figlio. La prima sembrava una bambina al parco divertimenti mentre l’altro era più spaventato da un’eventuale reazione negativa della madre, a quella visita.
I corridoi che portavano ai laboratori erano divisi dal resto della casa da una grande porta scorrevole, a cui serviva un codice per aprirsi. Così che, eventuali visitatori curiosi, non potessero accedervi neanche volendo. La parte prima della porta era identica al resto della casa, stessi colori e stessi materiali, mentre al di là, l’intero ambiente era fatto di metallo ad eccezione del pavimento.
- Perché sì - rispose Uryasil sorridendogli.
L’uomo si limitò ad emettere un grugnito incomprensibile mentre gli altri due aprivano la porta e si addentravano nella parte scientifica dell’edificio. Una volta aveva chiesto a Bulma il motivo per il quale, oltre che nei sotterranei della sede principale degli uffici, avessero dei laboratori in un’ala della casa. Bulma gli aveva risposto che il padre preferiva lavorare a casa piuttosto che arrivare in sede per usufruire dei vari macchinari.
- Questo posto mi ricorda la base di Freezer... - disse, all'improvviso, Uryasil fissando l’ambiente circostante. – C’è lo stesso odore metallico -
Vegeta si ritrovò a pensare che la sorella avesse più che ragione: anche lui, la prima volta che si era addentrato all’interno, aveva avuto la stessa sensazione di spiacevole familiarità. Un odore forte, pesante e che dava alla testa per la sua intensità. Gli anni al servizio di Freezer avevano macchiato entrambi i fratelli, anche se, per fortuna, il più piccolo, Tarble, era stato spedito lontano, prima che venisse preso sotto l'ala del tiranno come loro due. Ora, invece, quell’odore gli ricordava semplicemente lei e il suo lavoro di scienziata.
Fece una smorfia, risentito: diamine, era sempre nella sua testa quella donna?
- È questo? - chiese, poi, Uryasil affacciandosi sulla porta della terza stanza metallica incontrata e distraendolo dai suoi pensieri.
- Sì, sembra stia lavorando a qualcosa... - le rispose Trunks, iniziando a guardarsi intorno con aria un po' preoccupata.
-E a che cosa?-
- Non ne ho idea – gli fece il bambino, iniziando ad entrare nella stanza, tra i rumori e i pezzi metallici che ingombravano la stanza.
- Questo posto è interamente rivestito di metallo - notò la donna, alzando gli occhi sul soffitto e fissando, stupita, la sua grandezza.
- Come se tu non ne avessi mai visto uno - le ricordò il maggiore, avvicinandosi a lei e sbuffando.
- Erano diversi – rispose, – Qui non c’è gente incatenata e uomini con la frusta che urlano – pronunciò, poi, sovrappensiero, incuriosendo il più piccolo che camminava al suo fianco.
- Gente incatenata? - chiese, curioso, il piccolo.
Uryasil annuì: - Non avrai pensato che la gente al soldo di Lord Congelatore fosse lì di sua spontanea volontà, vero? -
Lord Congelatore? Viva la fantasia, avrebbe potuto trovare qualcosa di meglio, pensò il mezzosangue
- No, ma non credevo che gli scienziati lavorassero in quelle condizioni. -
- Questo è niente. Dovevi vedere cosa facevano ai soldati che non eseguivano gli ordini, - continuò schifata. – ringrazia che quel tizio sia morto e sepolto da molto tempo prima che tu nascessi -
Trunks battè le palpebre: – Se fosse ancora vivo voi sareste o morti o ai suoi ordini, e di conseguenza io non sarei potuto mai nascere - 
- Esatto. Per questo ritieniti fortunato, non hai idea di cosa abbiamo passato io e tuo padre – concluse la ragazza spiccia.
-Immagino -
-No, non immagini. È impossibile.- ribattè Uryasil prima che qualcosa le sfrecciasse davanti a una velocità impressionante, riportandoli alla realtà. I tre si spostarono appena in tempo, evitando il missile proveniente dal laboratorio.
Quando si voltarono per capire cosa li avesse quasi uccisi, strabuzzarono gli occhi: una chiave inglese era conficcata nella parete dietro di loro, ancora tremante per la forza del contraccolpo.
-Cos’era? Un tentato omicidio?- chiese la donna dai capelli scuri.
-Per essere ex mercenari, siete piuttosto rumorosi.- la voce della donna dai capelli azzurri arrivò chiara alle loro orecchie. –Entrate, non vi mangio mica.-
-Al massimo ci uccide con una chiave inglese.- borbottò Trunks evitando, subito dopo, un cacciavite tirato nella sua direzione.
La prima ad entrare fu Uryasil, che si guardò attorno meravigliata: l’ambiente ai suoi occhi era molto più grande visto dall’interno. Macchinari di ogni genere, computer, fogli vari e attrezzi da lavoro occupavano gran parte dello spazio circostante. In tutta la sua vita, era entrata in un posto simile solo per usufruire della vasca di rigenerazione quando veniva ferita in battaglia ma non aveva mai avuto a che fare con macchinari ad alta tecnologia come quelli o, probabilmente, non aveva mai dato peso a ciò che le stava attorno.
Si avvicinò alla scrivania dove Bulma era seduta ed afferrò un foglio.
-35 litri d'acqua, 20 chili di carbonio, 4 litri di ammoniaca, 1 chilo e mezzo di calce, 800 grammi di fosforo, 250 grammi di sale, 100 grammi di salnitro, 80 grammi di zolfo, 7,5 grammi di fluoro, 5 grammi di ferro, 3 grammi di silicio, più altri 15 elementi in minima quantità.*- lesse ad alta voce la Saiyan. –Cos’è?-
Bulma alzò un secondo lo sguardo dal suo lavoro per rispondere alla cognata. –Sono gli elementi che compongono il corpo umano.-
-Elementi? Quelli chimici?- chiese passando il foglio al fratello e prendendone altri.
-Sì, proprio quelli. Anche se avrei dovuto distinguere l’idrogeno dall’ossigeno, per l’acqua.-
-Sarebbero all’incirca 43 kg d’ossigeno e 7 kg di idrogeno.- rispose Vegeta fissando i calcoli al margine della pagina.
Trunks si mise ad osservare tutti i fogli sparpagliati sulla scrivania, cercando di comprenderne il senso. Calcoli, numeri, percentuali e schemi vari: sembrava che la madre stesse creando qualcosa di importante. Uno in particolare attirò la sua attenzione.
-E cosa devi farci con questi elementi? Vuoi creare un nuovo essere umano?- chiese Uryasil.
-No, anche perché sarebbe impossibile. Persino con l’alchimia.-
-Alchi-che?-
-Alchimia. È un antico sistema filosofico-esoterico che si espresse attraverso il linguaggio di svariate discipline come la chimica, la fisica, l'astrologia, la metallurgia e la medicina.- le rispose ancora una volta il fratello, mentre si rigirava il foglio tra le mani, cercando di venirne a capo.
-E cosa c’entra la filosofia con la scienza?-
-Apparentemente niente. Ma ci sono parecchi testi in cui si pensa all’alchimia come la forma più vicina alla magia.- continuò. –In alcuni di essi l'alchimia è considerata una scienza la cui applicazione pratica è, semplificando, un processo in tre fasi detto trasmutazione. La prima fase è la comprensione della struttura della materia, quindi la sua scomposizione e infine la ricomposizione.** Sono tutte invenzioni, ovviamente.-
Uryasil, per quanto intelligente e colta fosse, non ci stava capendo molto di quel discorso. Non aveva mai sentito parlare di alchimia. Fissò la famigliola cercando risposte nello sguardo di qualcuno, ma tutti tenevano gli occhi bassi.
-Ti sei messa a studiare l’alchimia, mamma?- chiese Trunks.
-No, ma mi è servita per creare questa- disse sollevando quella che sembrava un’innocua, per loro, pistola.
-Una pistola?- chiese il bambino.
-Non è così semplice. Quest’arma è in grado di far saltare la testa a chiunque.- disse alzandosi con l’arma in mano. Si posizionò davanti il compagno e gliela puntò alla testa. –Persino un Saiyan.-
Vegeta non aveva fatto una piega, non temeva assolutamente quel giocattolo. Avrebbe potuto spezzarlo in due come niente.
-Impossibile. Un’arma del genere non può neanche scalfirci.- ribattè Uryasil mettendosi alle spalle della cognata. Bulma però sembrò tutt’altro che scoraggiata da quelle parole.
-Vuoi provare?- chiese al compagno.
-Accomodati.- le rispose ghignando.
Bulma non ci pensò su due volte prima di premere il grilletto. Dall’arma non uscì nient’altro che un raggio blu, niente proiettili o missili o roba simile, che puntava dritto dritto alla testa del Saiyan. Il quale all’inizio neanche si mosse, anzi si mise a ridere di fronte a quella messa in scena; non importava che fossero proiettili o raggi laser, niente che i terrestri potessero impugnare poteva scalfirlo.
Pregustava già il momento in cui avrebbe preso in giro la compagna, per quel tentativo andato in malora, quando un campanello d’allarme suonò nella sua testa, mettendolo in guardia che quella cosa, per quanto innocua potesse sembrare, era pericolosa. Avvertendo un leggero calore sul viso, spostò la testa di lato all’ultimo secondo, così che il raggio colpisse il muro rivestito di metallo e non lui. Aveva rischiato grosso, ma s’era cavata con un taglio sulla guancia.
Bulma sorrise in un modo strano mentre abbassava l’arma: era inquietante, aveva l’aria di un cacciatore che aveva appena colpito una preda difficile.
Uryasil fissò sbalordita i due coniugi: non poteva crederci! Esisteva veramente qualcosa, su quel pianeta, in grado di uccidere persino loro!?
-È una tua invenzione?- le chiese il figlio.
-Sì. Ci ho passato mesi sopra, ne vado fiera. Ho creato un capolavoro - disse sorridente mentre rimetteva l’arma nella fondina legata alla cintura della tuta.
Vegeta si passò una mano sulla guancia ferita, quando la ritrasse era sporca di sangue.  Non era molto, dato che era riuscito ad evitare il colpo, se pur all’ultimo; doveva ringraziare solo il suo istinto di guerriero, che lo aveva messo in guardia, altrimenti avrebbe avuto qualcosa di ben più grave, di quel graffietto. Nella migliore delle ipotesi, avrebbe perso molto sangue, mentre nella peggiore avrebbe avuto un buco in testa, anche se dubitava che la moglie avrebbe rischiato così tanto. Alzò lo sguardo su di lei, chiedendosi se avesse previsto tutto, dopotutto lo conosceva meglio di chiunque altro e sapeva benissimo che non era così stupido da farsi uccidere in quel modo. Un ghigno affiorò sulle labbra fine del principe: quella donna non la smetteva di stupirlo.
-Come diavolo hai fatto a costruire una cosa del genere?- chiese Uryasil, ancora scossa per la scena appena vista.
Bulma le sorrise: – Ho fatto alcune ricerche su di voi. Principalmente analisi del sangue, che poi ho scomposto e messo a confronto di quello di un semplice terrestre. -
Girò attorno alla scrivania per andare a recuperare alcuni dati. Porse i fogli a tutti e tre prima di continuare a parlare. – Il vostro sangue e il nostro è molto simile, quasi identico. -
- Questo spiega perché siete compatibili geneticamente, giusto? - disse la Saiyan, riferendosi al fratello e alla consorte.
 -Esatto. Tranne che per qualche enzima e diversità nel DNA, siamo praticamente identici. Queste piccole differenza fanno sì che voi abbiate le caratteristiche che, effettivamente, possedete. Quali: forza, resistenza, velocità, tempi ridotti nella guarigione, potenza che aumenta ogni qual volta siete in fin di vita e tante altre cose che sapete già. - Si mise a sedere dietro la scrivania osservando uno ad uno i tre Saiyan che sostavano davanti a lei. Poggiò le braccia incrociate sul tavolo.
- Grazie a tutte queste informazioni, ho potuto scovare il mix perfetto che avrebbe potuto essere mortale anche per voi, che siete quasi dei semidei - continuò prendendo una fiala contenente un liquido blu. – Di conseguenza ho fatto in modo che, questo liquido, caricato in una particolare pistola, potesse dar vita a un’arma letale per chiunque -
- Come hai ottenuto il sangue? Da ciò che so, un normale ago non può penetrare la nostra pelle, a meno che la forza combattiva non sia vicina allo zero - chiese Uryasil abbandonando i fogli sul tavolo. Non ci avrebbe capito niente neanche se si fosse sforzata.
- Semplice. Ho sfruttato le innumerevoli bende e medicazioni varie di cui ricopro quei due ogni santo giorno.– rispose muovendo piano la fiala e guardando il marito attraverso essa. 
Un dubbio assalì il piccolo Trunks: sapeva bene che la madre fosse un genio ma era sicura al cento percento che quell’arma si sarebbe rivelata tale? Insomma, sembrava più un salto nel buio.
- Eri sicura di ottenere questo risultato? - chiese.
Bulma poggiò il viso sulla mano libera, continuando a fissare il liquido blu muoversi. – Non ero proprio sicurissima. Diciamo che avevo il settanta, ottanta percento di possibilità -
- Di riuscita? -
- Di fallire - disse fissando di sottecchi il bambino. – Però sono una persona tenace, le percentuali non mi spaventano -
- Ci hai sfruttati, insomma. - rise Trunks fissando l’espressione impassibile del padre.
- In parte. Ma è stato per una buona causa, adesso ne so di più su di voi e la vostra razza. E tutto ciò partendo da nemmeno una goccia di sangue - rispose rimettendo la fiala a posto.
- Vi ha usati come cavie da laboratorio - disse Uryasil scoppiando a ridere.
Vegeta posò i fogli sul ripiano e, con un gesto veloce, sfilò la pistola dalla fondina. La osservò per diversi istanti, prima che la proprietaria si accorgesse che le era stata rubata, constatando quanto all’apparenza fosse poco più di un giocattolo: aveva le sembianze di una di quelle pistole che si usano nei film di fantascienza. Spinto dalla curiosità la puntò addosso a lei.
- Cosa pensi di fare? - lo ammonì.
- Chi lo sa, - rispose enigmatico. – Un esperimento: secondo te funziona anche sugli umani? -
Bulma non si mosse continuando a fissare i suoi occhi, nei quali si rifletteva la luce blu emanata dall’arma. Sapeva benissimo che non lo avrebbe fatto. Infatti, pochi secondi dopo l’abbassò e la restituì alla donna, che sorrideva.
- Perché avresti costruito un’arma del genere? - le chiese incrociando le braccia al petto.
- Precauzione - disse mentre rinfoderava l’arma. – Sai com’è… Non si può mai sapere se e quando spunterà un altro dei vostri simili -
Vegeta sapeva benissimo che si riferiva all’episodio di Tarble, di cui lei ignorava l’esistenza, e di Uryasil, anch’essa ignara del fatto che il fratello non l’avesse detto a nessuno. Ancora glielo rinfacciava.

***

Si era alzata in piena notte, colta da una fame improvvisa e inarrestabile. Sapeva che, se non l’avesse placata, non sarebbe riuscita a dormire per il resto della notte. Così, in punta di piedi, più silenziosa di un fantasma – o di un killer professionista nel suo caso, - aveva sceso le scale ed era sgattaiolata in cucina: sapeva che il frigo era sempre pieno di cose buone, per cui, perché non approfittarne?
Non accese la luce per paura di svegliare il resto della casa, ma anche perché lei ci vedeva benissimo anche al buio. Aprì il frigo e i suoi occhi si illuminarono: cibo!
- Cosa stai facendo? -
Sussultò e reagì d’istinto, lanciando la prima cosa che aveva sottomano contro il presunto aggressore - che, poi, l’unico che avrebbe potuto farle del male era il fratello - che la voleva prenderla alla sprovvista, arrivandole alle spalle. Quando non avvertì il suono dell’oggetto che si schiantava contro qualcosa, si decise a voltarsi.
- Stavi cercando di uccidermi? - le chiese Vegeta, con in mano il piatto che aveva rischiato di finire frantumato contro il muro.
- Sei tu fratellone! - sospirò la donna, – Mi hai fatto prendere un colpo! -
L’uomo, vestito solo di un paio di pantaloni neri, posò il piatto sul ripiano della cucina.
- Per questo hai provato ad uccidermi con un piatto? - la prese in giro.
Uryasil gonfiò le guance infastidita, tornando a nascondere la testa nel frigo.
- Ho reagito d’istinto! Mi sei apparso alle spalle. - borbottò, fissando la parete dell’elettrodomestico.
- Che ci fai in piedi a quest’ora? - cambiò discorso il maggiore.
- Avevo fame. - rispose l’altra frugando alla ricerca di qualcosa di gustoso. – E lo sai benissimo che se non mangio non riesco a dormire. -
L’altro non le rispose, quasi per ripicca, e così fu costretta a tirare fuori la testa dal frigo per guardarlo in volto: era nascosto dall’oscurità, ma riusciva a vederlo ugualmente benissimo, quasi avesse una torcia puntata addosso; sembrava pensieroso o arrabbiato. Uryasil sbuffò: suo fratello aveva sempre quell’espressione indecifrabile stampata in faccia. Cominciò a chiedersi come faceva Bulma a capire ciò che provava: le aveva spiegato che i suoi occhi parlavano molto di più di quanto facessero le sue espressioni, ma per lei era comunque un'impresa. Lei non ci aveva mai visto niente, a parte una fredda compostezza e un rigido controllo. Che l’amore rendesse in grado di leggere al di là di qualsiasi barriera?
Alla fine, dopo aver frugato alla ricerca di qualcosa di commestibile, aveva optato per una semplice mela, sbattendo malamente l'anta del frigo e guadagnandosi un'occhiata seccata dal fratello, puntualmente ignorata. Non era il massimo del cibo disponibile, ma si doveva accontentare, dopotutto era sopravvissuta con molto meno, in passato.
Le ritornarono in mente i tempi in cui, sotto Freezer, era stata costretta a partecipare a missioni suicide, nelle quali i tre quarti della sua squadra perdeva la vita e, lei, ogni volta, si ritrovava da sola a cercare di tornare indietro, senza cibo né acqua per almeno un paio di giorni. Il più delle volte, infatti, la missione sforava i giorni previsti e lei, unica superstite e allo stremo delle forze, aveva a che fare con mostri al massimo della forza, pronti per ridurla in cenere. Quando tornava alla base, poi, il tiranno, o uno dei suoi tirapiedi, se la giornata girava nel verso sbagliato, poteva prenderla di mira e imporle una punizione a caso:  dal digiuno forzato, alle punizioni corporali peggiori, legata immobile, senza possibilità di sottrarsi ai colpi. Un incubo ad occhi aperti che, ogni volta, che le tornava alla mente, faceva ancora fatica ad addormentarsi la sera. Come quando le punizioni erano sovrapposte: riuscire a sopportare i colpi di frusta mentre il tuo corpo faceva addirittura fatica a stare in piedi per la mancanza di cibo, a volte era stato così logorante che, spesso, Vegeta,  si era proposto di prendere il suo posto. Ovviamente la richiesta veniva quasi sempre rifiutata, ma quando Freezer accettava di essere magnanimo con la principessa, al principe toccava il doppio di quanto avesse dovuto subire. Era andato avanti così per anni, lunghi anni, fino a quando, per un colpo di fortuna, era riuscita a fuggire, approfittando dell’assenza del tiranno e dei suoi scagnozzi più forti. Ignara che il fratello stesso stesse combattendo contro Freezer dall'altra parte dell'universo, Urysil aveva preso coraggio ed era scappata, facendo una strage tra i guerrieri più infimi di Freezer e fuggendo, il più lontano possibile.
Se solo avesse saputo che Vegeta era impegnato a combattere contro Freezer, si sarebbe precipitata in suo aiuto.
 
Diede un morso alla mela, iniziando a pensare che era stata molto fortunata a trovare delle persone, su un pianeta non conquistato da Freezer, che l’accolsero per un lungo periodo di tempo.
Lanciò uno sguardo al fratello, che fissava fuori dalla finestra il cielo stellato – sentiva, forse, la mancanza di casa? -  e si disse che a lui era andata ancora meglio! Insomma, quale persona sana di mente accoglierebbe nella sua casa qualcuno che, un anno prima, aveva tentato di far saltare in aria il suo pianeta? Forse nessuna e forse Bulma era veramente fuori di testa. O forse, semplicemente, Vegeta era stato sfacciatamente fortunato a trovare un persona disposta a perdonarlo e ad accoglierlo.
- Dì un po’ oniichan, - interruppe, poi, il silenzio, dando un mosto al frutto – Secondo te esiste il Karma? -
- Il Karma?-
Uryasil si sedette su una sedia:  – Sì dai! Quella forza invisibile secondo la quale se fai un’azione positiva, sarai ricompensato, se ne fai una negativa, il mondo ti punterà come un toro infuriato, prima o poi. -
- Che idiozia - commentò il principe, scuotendo la testa.
- Perchè, scusami? Secondo me esiste. -
Vegeta si voltò per osservare la sorella, un sorriso amaro aleggiava sulle sue labbra.
- Se veramente esistesse una cosa del genere, un Dio, una forza, uno spirito, o qualunque cosa sia, che ti restituisce nella stessa quantità le azioni che fai, credi veramente che io sarei qui? -
Uryasil inclinò la testa di lato. – Che intendi dire, fratellino?
- Intendo dire che, per tutto quello che ho fatto nella mia vita, quanto meno, avrei dovuto pagare con la stessa. - riflettè, tornando a guardare le stelle. – E invece sono qui, con una famiglia che mi ama e un tetto sopra la testa... Sono stato pure riportato in vita dopo aver commesso un'altra strage. E, ironia della sorte, proprio io che volevo tornare ad essere quello di un tempo, lo Saiyan assassino e spietato, alla fine sono stato etichettato come “buono” -
- E se fosse proprio questa la tua punizione? -
chiese Uryasil andando a buttare il torso della mela.
– Insomma, riflettici bene, fratellone: tu stesso hai da sempre disprezzato la vita intorno a te, distruggendo ogni cosa si posasse sul tuo cammino e, alla fine, tu stesso ne hai create due, di vite. L’idea di trovare una compagna ti disgustava come non mai ed, invece, ti sei sposato con una donna che ti ama per quello che sei. Volevi essere temuto dall’intero universo ed, invece, c’è gente che addirittura ti acclama come un eroe. -
Tornò a sedersi, a cavalcioni sulla sedia 'sta volta, osservando compiaciuta il fratello maggiore riflettere su quanto aveva suggerito. Osservò per un attimo i suoi occhi persi nei pensieri: sapeva che era un uomo intelligente ma, probabilmente, non ci era mai arrivato ad una simile conclusione.
- Tutto ciò che fin da bambino bramavi, alla fine l’hai ottenuto, però, al contrario. Secondo te questo non è Karma? - terminò sorridendo nella sua direzione.
Il fratello alzò lo sguardo in sua direzione, ancora assorto nei suoi pensieri e osservando il sorriso spontaneo della sorellina. - Forse hai ragione... - mormorò, infine, prima di sparire dalla vista di Uryasil.
Uryasil si alzò di scatto dalla sedia e battè le palpebre confusa: dove diavolo era andato? Era sparito in un attimo! - Oniichan? - chiamò nel buio della cucina, nella speranza di vederlo.
- Ehi! Non è giusto! Voglio farlo anche io! -

****

Il rumore della pioggia che sbatteva suoi vetri si fece prepotentemente largo tra i suoi sogni e non capì più se era immaginazione o realtà. Un tuono la fece sussultare e, a quel punto, capì che non era un sogno. Aprì un occhio: la luce soffusa della stanza accarezzò con dolcezza l’iride azzurra, e sbirciò la finestra aperta, fuori dalla quale sembrava si stesse scatenando il finimondo.
A lei l’estate piaceva proprio per la mancanza di temporali, caratteristica prettamente autunnale, ma non disdegnava quelli estivi; rifrescavano l’aria e duravano poco, lasciando poi il posto al brillante sole estivo.
Un brivido di freddo la percorse, ricordandole che non indossava nulla e il leggero lenzuolo di cotone non era abbastanza per scaldarla. Si costrinse a mettersi seduta sul letto e trovare qualcosa da indossare, anche solo una maglietta. I suoi occhi  percorsero la stanza alla ricerca di qualcosa di vicino da indossare fino a quando il suo sguardo cadde sui vestiti sparsi sul pavimento: come al solito si erano dati alla pazza gioia, sfogando la propria passione senza freni: neanche fossero adolescenti, ammise, poi, con un leggero sorriso sulle labbra. 
Non vedendo i suoi vestiti, probabilmente troppo lontani, diede un'occhiata a quelli di Vegeta, più vicini al letto. Sporgendosi un po’, riuscì ad afferrare la sua camicia, la infilò e la abbottonò partendo dal secondo bottone. Tornò, finalmente, a sdraiarsi tirando su il lenzuolo fin sotto il mento ma, neanche questa volta, riuscì a sentirsi calda e rabbrividì di nuovo al passaggio della leggera brezza che le carezzò la pelle.  Si voltò, risoluta, verso il compagno che dormiva pacificamente al suo fianco e, avvicinandosi, optò per sfruttare il calore di Vegeta. Intrecciò, dolcemente, le gambe con le sue e gli si appiccicò il più possibile, sfruttando il suo calore alieno come una comoda coperta. Si riaddormentò, infine, quando sentì le sue braccia che la stringevano forte, trasmettendole protezione e sicurezza.

****

Era sveglia, fin troppo sveglia, sveglissima. Stretta al suo coniglio di peluche, fissava la stanza immersa nella luce soffusa di quella uggiosa mattina. Non aveva più sonno: un tuono l’aveva svegliata un quarto d’ora prima e da allora non era più riuscita ad addormentarsi. Bra, alla sua tenera età di un anno, era terrorizzata dai tuoni e dai fulmini, proprio come la sua mamma, e i suoi sensi acuti da Saiyan non l’aiutavano.
Un tuono rischiarò la stanza un'altra volta e il forte suono che lo seguì la costrinse a stringersi, ancor di più, al suo amato peluche. Si tirò su le copertine fino alla testa.
- Mamma, papà... - mormorò, tremante sotto le copertine.
Ascoltò, nascosta, il fruscio lugubre del vento e, all'ennesimo ticchettio di qualcosa che batteva contro il vetro, attizzò l’udito, con il cuore che le batteva furioso nel petto. Spinta dalla curiosità, fece capolino attraverso le coperte per capire cosa fosse quel suono: dei rami dell'albero che cresceva nel giardino, vicino alla sua stanza, battevano, fiacchi contro la sua finestra, come delle lunghe dita scheletriche che cercavano di entrare e prenderla. Fissò la lunga ombra con gli occhietti sbarrati e lucidi.
Un fulmine, caduto non troppo lontano, la riscosse definitivamente: in un lampo, scavalcò le sbarre del lettino e si precipitò fuori dalla stanza, stringendo al petto il suo coniglietto. Non pensò neanche al fratello, che dormiva tranquillo nella stanza accanto alla sua ma si precipitò direttamente in quella dei genitori.
Trovò la porta socchiusa e la sospinse facendo, poi, qualche passo avanti nella stanza ombrosa.
- Mamma... - mormorò arrivando a pochi passi dal letto.
La donna, però, non si mosse e la piccola pensò di aver parlato troppo piano. Sconsolata si guardò i piedini nudi, chiedendosi se dovesse insistere. Chiamò la madre un'altra volta, con il risultato di una smorfia da parte della madre che si accoccolò ancora di più alla schiena del papà. Fece il giro del grande letto, portandosi dalla parte occupata dal Principe dei Saiyan.
- Papà... -  chiamò con lo stesso tono di prima.
Questa volta, però, ebbe la reazione che si aspettava. Vegeta, dotato di udito sopraffino e di un sonno leggero, si voltò nella sua direzione. Sbuffò alzandosi a sedere e fissando la bambina.
- Che ci fai qui? - le chiese sottovoce.
La bambina cominciò a torturare l’orecchio dell’amico di pezza. – Paua... - mormorò, infine, abbassando gli occhi verso il coniglietto.
- E di cosa? -
- Umoe... cattivo. - rispose alzando lo sguardo sul genitore.
Il Saiyan guardò gli occhi lucidi della sua bambina: doveva essere parecchio spaventata per aver corso da loro. Un tuono la fece sobbalzare nuovamente, al  che, Vegeta si convinse che doveva essere quello il motivo del terrore della piccola.
- Bra? Cosa ci fai qui, piccola? -
Bulma, con un occhio chiuso e uno aperto, svegliata dal forte rumore, si era tirata su a sedere, poggiando il mento sulla spalla del compagno per ritrovarsi davanti la figlia.
- Paua... - ripeté.
- Hai paura dei tuoni? -
Bra annuì, passando lo sguardo dal padre alla madre e stringendo forte il coniglio tra le sue braccia. In quel momento desiderava solo essere stretta dalle braccia della sua mamma e protetta dal suo papà, che avrebbe mandato via i mostri che la spaventavano.
Bulma sorrise alla bambina.
- Stupidagini. Questa stupida fobia l’ha presa da te. - borbottò il Saiyan senza staccare gli occhi da quelli azzurri della bambina. – Dovrei rimandarla in camera sua e chiudercela dentro -
Bulma, invece, scese dal letto e fece il giro, piegandosi all’altezza della sua bambina e, ignorando il commento acido del compagno, le posò una mano sulla testolina azzurra.
- Per stavolta, invece, resta a dormire qui – disse, prendendo in braccio la piccola, che si accoccolò tra le sue braccia.
- Cosa?! No! - protestò l’altro. – Non fai altro che fomentare le sue inutili paure -
Bulma tornò dalla sua parte del letto, dando modo al compagno di raccattare un paio di pantaloni ed indossarli che, borbottando, si rimise sotto le coperte, brontolando qualcosa riguardo la stupidità dei terresti. Bulma ridacchiò di sottecchi , accomodandosi anche lei a letto: si lamentava tanto, ma alla fine non sapeva resistere agli occhioni azzurri e innocenti di Bra.
- Oh, andiamo, l’hai permesso a Trunks non so quante volte. È giusto che lo permetta anche a lei... - disse strofinando il naso sulla guancia di Bra, che ridacchiò, contenta. Bulma posò la figlia sul letto che gattonò fino al centro infilandosi anche lei sotto le coperte.
Bra, poi, si mise a fissare il padre come a sfidarlo a cacciarla: sul suo dolce e paffutello visetto apparve una smorfia molto simile a quella di Vegeta e i suoi occhi azzurri si tinsero di una luce combattiva. Una sfida tra titani! Chissà chi ne sarebbe uscito vincitore, si domandò divertita Bulma.
- Va bene... - acconsentì, infine, Vegeta distogliendo lo sguardo dalla piccola che gli regalò un tenero bacio sulla guancia. – Ma tienimela lontana. – abbaiò, infine, dando la schiena alle due.
Bulma gli sorrise ed invitò la bambina a sdraiarsi vicino a lei, lontana dal padre. Bra non fu molto felice di allontanarsi dal papà che tanto adorava, ma non protestò, andando tra le braccia materne. L’azzurra si girò su un fianco, dando le spalle al marito, ed abbracciò la bambina, che continuava a stringere tra le braccia il suo peluche preferito. Alle sue spalle, Vegeta borbottò qualcosa nella sua lingua. Bulma sorrise: sapeva che la sua arrabbiatura non sarebbe durata a lungo.
Bra si addormentò subito, cullata dalle carezze e dalla voce della mamma che cantava sottovoce una ninna nanna per accompagnarla nei sogni.
- Sai, ancora non ci credo che oggi è già un anno che è con noi. - sussurrò, dopo un po', la donna, rompendo il silenzio.
Ricevette solo un grugnito come risposta e rimase a fissare gli occhioni chiusi della bambina. Nonostante fossero del colore del mare, erano identici a quelli del padre: avevano lo stesso taglio e lo stesso sguardo corrucciato. Le diede un bacio sulla fronte e chiuse gli occhi, per tornare a dormire.
Dopo un po' avvertì le braccia del compagno avvolgerla, dolcemente. Sorrise e si lasciò cullare dalle braccia di Morfeo.

****

Sbadigliò sonoramente, percorrendo il corridoio a piedi scalzi. Uryasil si stava godendo l’ennesimo giorno a casa del fratello, come una sorta di vacanza a spese di qualcun altro. La tranquillità che si avvertiva su quel pianeta le era penetrata dentro, diventando parte del suo essere fin da subito. Ora capiva perché Vegeta era rimasto lì. Altro che fama, potere e terrore: lì era trattato da re!
Vide una testolina azzurra affacciarsi dalla camera matrimoniale e si fermò, curiosa.
Bra, evidentemente appena sveglia, stava uscendo in corridoio, trascinandosi dietro il suo immancabile peluche. La piccola  alzò lo sguardo sulla Saiyan e le sorrise, tendendo poi le braccia nella sua direzione.
Uryasil la prese in braccio e scrutò le sue iridi chiare. Sfiorò il proprio naso contro quello della piccola, facendola ridere.
- Il tuo papà mi ha detto che oggi compi un anno. Auguri. - le disse senza aspettarsi che lei capisse.
Bra si limitò a ridacchiare, non comprendendo la situazione. Per quanto intelligente fosse, era pur sempre una bimba di un anno.
Uryasil continuò a parlarle mentre camminava con lei in braccio, scese le scale ed arrivò in salotto. Cercò con lo sguardo la madre della bambina per chiederle dove fosse il biberon, dato che la piccola era sicuramente affamata. Ma, in fin dei conti, chi non lo è da appena sveglio?
- Eccola! -
Uryasil si voltò per trovarsi davanti una raggiante Evelyn che, spuntata da chissà dove, le tolse la bimba dalle braccia per poterla sbaciucchiare a non finire. La Saiyan fissò la donna stralunata, chiedendosi chi diavolo fosse.
- Auguri piccola! Guarda, questo è per te – disse, poi, Evelyn passandole la custodia di un ciuccio avvolta in un fiocco rosso.
Bra afferrò la scatola con due mani, lasciando cadere il peluche a terra, e la studiò con curiosità. Non ci mise molto a capire che dovesse togliere il fiocco per aprirla e, quando riuscì a farlo, tirò fuori il ciuccio tutta contenta, riconoscendo l’oggetto.
- La tua mamma mi ha detto che ne distruggi tanti, quindi ho pensato che fosse il regalo migliore - cinguettò la donna castana, aprendosi in una risata.
Bra si girò versò Uryasil, passandole la scatolina come a chiederle di tenerla per lei e si mise il ciuccio in bocca. Si voltò verso la mamma, che se ne stava seduta sul divano, e le regalò un sorrisone con il ciuccio tra le labbra fine. Le tre donne si intenerirono: quella bimba era l'incarnazione della dolcezza.
- Tu devi essere Uryasil, giusto? Mi chiamo Evelyn - se ne uscì, poi, Evelyn voltandosi verso Urysil e allungando la mano alla Saiyan.
Uryasil la guardò inizialmente scettica: l’esperienza come mercenario l’aveva costretta a diventare diffidente con tutti quelli che incontrava ma, poi, vista la sincerità del suo sorriso, le sorrise di rimando, stringendole la mano.
- Ciao Evelyn. -
Evelyn le sorrise:  – Tu sei la sorella di Vegeta, la Principessa dei Saiyan, giusto? Conosco tuo fratello da appena un anno, ma sembra una persona a modo, se pur tremendamente scorbutico. -
Uryasil rise: la fama del fratello sembrava non volerlo abbandonare. – Scorbutico? Mio fratello è la persona più antipatica dell’universo! -
Le due scoppiarono a ridere: era l’inizio di una grande amicizia. Chi lo avrebbe mai detto che si fosse fatta due amiche nell’arco di pochi giorni?
Evelyn la invitò ad unirsi a loro a sedersi sul divano e a partecipare a quella “giornata tra donne”.
 
- Ma no! Perché lo avete eliminato? Era così bello! Doveva uscire quel cesso di Dan! - esclamò Evelyn sdraiata sul divano.
Bulma rise: – A volte i giudici non comprendono il gusto degli spettatori – disse, mettendosi in bocca un pop-corn indirizzandosi al programma che, da qualche minuto, avevano iniziato a guardare alla televisione.
Evelyn si imbronciò:  – Non hanno gusto in fatto di uomini, questo è il problema. - borbottò provocando l’ilarità delle altre due donne.
Bulma, Evelyn ed Uryasil si stavano godendo quella mattinata diversa, in cui gli uomini erano lasciati a loro stessi e loro tre si divertivano.
- Però, devo ammettere che anche Chris non è male - asserì Uryasil, seduta sul tappeto a gambe incrociate.
- Fai apprezzamenti? - la prese in giro Evelyn.
La Saiyan si voltò a guardarla. – Sono una Saiyan, non sono asessuata. Gli uomini carini attirano anche me, cosa credi? -
Evelyn le tirò un pop-corn per tutta risposta vista la risposta piccata della ragazza.
- E cosa aspetti a sposarti? -
- Sì, e magari anche a sfornare figli e diventare una brava mammina - rispose con sarcasmo. – No, troppi casini e troppa responsabilità. Non ho voglia di passare la mia vita dietro a pannolini sporchi, non fa per me. Preferisco divertirmi. -
Le altre due si esibirono in un “ohh” sorpreso, prima di tirarle un cuscino sulla testa.
- Stai dicendo che la mia vita è noiosa? - disse Bulma.
- Sì - disse Uryasil prima di ricevere altre cuscinate dalle amiche.
Scoppiarono a ridere tutte e tre, attirando l’attenzione di Bra, che giocava sul tappeto.
- Non avrei mai pensato che avrei potuto ridere con un programma come “American Next Top Model “ - disse Bulma. – Le modelle sono tutte così spocchiose -
- Sì, ma i modelli sono tutti così belli... - disse Evelyn stringendosi al cuscino e sospirando.
L’atmosfera fu spezzata, improvvisamente, dall’entrata di Vegeta che, silenzioso come sempre, aveva sorpassato il salone per dirigersi in cucina. Portava solo i jeans, da cui spuntava l’orlo dei boxer, ed era sudato, probabilmente appena uscito da una sessione di allenamenti.
Quando tornò sui suoi passi, attirò l’attenzione delle tre donne che si voltarono a guardarlo, ignorando i modelli che sfilavano.
Vegeta, sentendosi osservato, le guardò una ad una e si chiese cosa avessero da guardare. Sbirciò il programma che stavano seguendo con un’espressione schifata: donne! Passò oltre mentre Evelyn gli faceva “ciao ciao” con la mano, sorridendo.
- Eh, Bulma, tu un modello già ce l’hai sotto gli occhi tutti i giorni! - disse Evelyn, indicando il punto in cui il Saiyan si era fermato a parlare con il figlio.
Bulma battè le palpebre: – Che intendi dire, Ev?-
Evelyn incrociò le braccia sullo schienale e vi poggiò la testa: – Dai, non fare la finta tonta! Tuo marito è un dio greco sceso in terra, non negarlo. -
- Stai facendo apprezzamenti su mio marito, Ev? -
Evelyn mosse la mano davanti al viso, come a voler cancellare quell’idea assurda:  – Sono sposata, Bulma, felicemente sposata. Sto solo dicendo che non hai bisogno di fare sogni ad occhi aperti su quei quattro bambocci. Hai lui. -
Bulma si voltò dal divano per poter osservare il marito che le dava la schiena: i muscoli ben definiti guizzavano ad ogni suo movimento mentre le spalle larghe facevano mostra di sé su quel fisico non tanto alto; i jeans gli cadevano sui fianchi in modo sensuale, percorrendo le sue gambe fino alla fine. Ed il viso, su cui spiccavano quegli occhi neri come lo spazio più profondo, era il più bello che avesse mai visto in un uomo.
- Be', sì, devo ammettere che Vegeta non è male – disse, infine, con finta modestia, facendo arricciare il labbro all'amica, scocciata.
- È un alieno! Ovvio che è così bello!- rise Evelyn tirandole, infine, una gomitata.
- Ehi, Ur! - disse rivolta alla donna seduta sul tappeto.
Uryasil si voltò a guardarla mentre, nel frattempo, la piccola Bra si stava arrampicando su di lei.
- Voi Saiyan avete una forza maggiore della nostra, giusto? -
- Sì, certamente – rispose la Saiyan, mentre Bra cercava di attirare la sua attenzione tirandole i capelli.
- Chissà come deve essere stare sotto una creatura del genere... -
- Evelyn! - sbottò Bulma. Era pur sempre suo marito!
- Cosa c’è? Non dirmi che non è una sensazione stupenda, sentire di essere nelle sue mani. A contatto diretto con la sua pelle… -
- Smettila! - le disse tirandole un cuscino.
- Non dirmi che preferisci stare sopra? Avere il pieno controllo del rapporto e goderti lo spettacolo del suo bellissimo viso contratto dal piacere - continuò imperterrita Evelyn, senza fermarsi.
- Basta! - le impose, ridendo, Bulma, – E se proprio lo vuoi sapere, non mi fa stare mai sopra! È un fottuto megalomane anche nel sesso! Persino nel pieno dell’orgasmo sarebbe capace di tenere quell’espressione da schiaffi stampata in faccia! - continuò prendendo a cuscinate l’amica.
- Ehi, voi due: vi ricordo che Vegeta è mio fratello. Non mi fa impazzire l’idea di parlare della sua vita sessuale! Senza offesa Bulma ma, dai, che schifo! - protestò, infine, Uryasil che per tutto il tempo era rimasta in silenzio fissando, stupefatta, un'Evelyn sempre più sfacciata.
Passarono le ore a parlare, guardare la televisione e fare commenti su tutti gli uomini che apparivano sullo schermo; persino i poveracci delle pubblicità venivano analizzati dalla psiche femminile e ricevevano i solo aspri e severi commenti.
Continuarono così per tutta la durata della pubblicità, finché il faccione di Mr. Satan interruppe il loro gioco; si limitarono a ridere per le sciocchezze che diceva e per il suo tono da megalomane, preferendo non commentare, in quanto l’unica cosa che avrebbero potuto dire sarebbe stata davvero cattiva.
Apparve come sponsor di un’azienda di gadget e in sovraimpressione apparve una scritta che recitava: “Mr. Satan l’uomo più forte del mondo, che ci ha salvato più e più volte dalla minaccia imminente!”
- Più forte del mondo? È uno scherzo? - aveva commentato allora Uryasil.
Bulma scoppiò nuovamente a ridere e le spiegò che era tutta una facciata, per evitare di creare scompiglio tra i terrestri, rivelando invece che, in realtà, era stato un gruppo di alieni a salvare il pianeta più e più volte. In quel modo, almeno, loro potevano godere la tranquillità dell’anonimato, con la consapevolezza di aver salvato più volte la Terra, e al loro posto, a prendersi la gloria, ci pensava quel buffo ometto, che si godeva la fama di salvatore del mondo tutta per sè.
Uryasil asserì che quel tizio era davvero ridicolo: probabilmente, neanche i bambini avrebbero creduto ad una storia del genere. Erano più credibili i super eroi dei fumetti che quel tizio che sbraitava alla pubblicità.
Evelyn aveva concordato, aggiungendo che era una fortuna se la figlia di Mr. Satan non somigliasse al padre.
Dopo un po', le tre amiche cominciavano ad annoiarsi, quando il rilevatore di Uryasil captò un’energia degna di nota.
Subito dopo, nel salone della grande casa tondeggiante, che era diventato momentaneamente il regno delle donne, apparve niente meno che l’eroe bambinone: Son Goku.
- Goku! - scattò Bulma alla vista dell’amico in mezzo alla stanza, apparso come al solito, all'improvviso. Si alzò dal divano per andargli incontro. – Che ci fai qui? Ti serve qualcosa? -
Goku sorrise all’amica grattandosi la testa nel suo modo imbarazzato. – No, volevo solo portare un pensierino alla festeggiata. Dov’è? - disse porgendo una scatola non molto grande alla donna.
Bulma gli sorrise e gli indicò la bambina seduta a terra. – Dallo pure a lei, è abbastanza intelligente da saperlo aprire da sola -
Goku, allora, si avvicinò alla piccola, si sedette davanti a lei e le diede la scatola impacchettata.
Bra, ancora tra le braccia della zia, fissò l’oggetto per qualche secondo prima di cominciare a stracciare la carta. Non riuscì, però, a togliere il laccio che girava tutto attorno alla scatola. Gonfiò le guance infastidita mentre il suo visino diventava rosso di rabbia.
- A-aspetta ti do una mano – intervenì, gentilmente, Goku prima che la bambina si mettesse a piangere o a distruggere tutto, così tolse il fiocco e le ridiede la scatola. – Tieni -
Bra gliela strappò di mano, imbronciata per l'intrusione, e l’aprì senza fatica. In un attimo fu circondata dai presenti, curiosi di capire qualche fosse il regalo.
- Wow! È bellissimo, Goku, grazie! - esclamò Bulma tirando fuori il contenuto.
Il dono della famiglia Son, non era nient’altro che un bavaglino bianco con i bordi e i laccetti rosa. Nella parte centrale c’era ricamata la scritta I’m daddy’s princess in rosa.
- “Sono la principessa di papà”? Davvero? - chiese Evelyn a Bulma, facendo una faccia poco convinta.
Bulma annuì e rimise il dono nella scatola.
Bra fissava in cagnesco il ragazzone davanti a lei: lo aveva visto spesso in giro per casa. Ogni tanto in compagnia della sua mamma e ogni tanto del suo papà. Sporse le braccia verso di lui, chiedendo di essere presa in braccio.
- Ehm… credo che voglia te - disse Uryasil, passando la bambina all’uomo davanti a sé.
Goku prese la piccola Prince di buon grado, anche se lei lo stava fissando male, e le sorrise. – Ciao, Bra. Ti ricordi di me? -
- ‘Oku - disse lei.
Il Saiyan rimase piacevolmente colpito:  – Urca! Ma tu parli! -
- Certo che parla, - disse orgogliosa la mamma della bambina avvicinandosi ai due. – Sono sei mesi che ha cominciato a mettere in moto la lingua, la mia piccolina. -
- S-sei mesi? Incredibile! Gohan non ha detto una parola prima dei diciotto mesi e Goten non prima di un anno e mezzo -
Bulma sorrise sgargiante: – Ricordati sempre di chi è figlia – disse, puntandosi addosso un dito, come ad indicare il suo genio. 
Goku tornò a guardare la bambina che teneva in braccio e che continuava a fissarla con lo sguardo corrucciato. Si era messa a studiarlo accuratamente e nei suoi occhi azzurri vi era una determinazione atipica per una bambina così piccola. Sembrava indecisa sul come giudicarlo: amico o nemico? Bra assottigliò lo sguardo, rendendolo quasi truce, e gonfiò le guance infastidita. Aveva visto quell’uomo tante volte a casa propria ma non sapeva ancora come etichettarlo...
Goku, d’altra parte, battè le palpebre confuso e, sì, anche un po’ spaventato. Insomma, la piccola sembrava volerlo mangiare vivo! Quando gli si avvicinò di più, spalancò gli occhi sorpreso: non sapeva cosa aspettarsi dalla figlia del Principe dei Saiyan. Corrucciò anche lui lo sguardo, cercando di convincersi che la piccola non era pericolosa per la sua incolumità. Andiamo, aveva solo un anno in fin dei conti!
- Ehi, Bra, smettila di fissarmi in quel modo! Hai il viso di tua madre e lo sguardo di tuo padre, sei inquietante! - borbottò il Saiyan, infine.
Bulma ridacchiò, Uryasil scosse la testa e Evelyn coprì la risata con un colpo di tosse.
Bra, che sembrava aver deciso come comportarsi nei suoi confronti, addolcì l’espressione e si aprì in un sorrisone luminoso. Goku tirò un sospiro di sollievo: lo sguardo di Vegeta faceva paura persino su di lei.
La mise giù e si grattò la testa nel suo solito modo, mentre Bra si allontanava da lui gattonando verso il divano. Che diavolo, quella bambina quando voleva poteva davvero essere inquietante.
Una mano si materializzò nel suo campo visivo, quando abbassò lo sguardo incrociò due occhi color della notte.
- Tu sei Kaaroth, il figlio di Bardak e fratello di Radish? - gli disse Uryasil.
Goku, un po’ confuso, le strinse la mano: – Sì – disse, senza esserne veramente convinto.
- Ho avuto modo di conoscere tuo fratello e ti assicuro che non era una buona compagnia. Sono felice che tu lo abbia fatto fuori - gli disse con una smorfia di disgusto, la ragazza. Radish e Napa erano sempre stati degli individui piuttosto schifosi, la loro scomparsa era davvero un gran sollievo per l’universo intero.
- Hai conosciuto mio fratello? -
- Sì, era uno dei soldati ai miei ordini. Faceva un po' pena come persona, ma era un buon guerriero. -
Goku era sempre più confuso. Chi era quella donna?
Uryasil, notando lo sguardo perso di Goku, si ricordò di non essersi ancora presentata e che il fratello non aveva mai fatto parola con nessuno della sua esistenza.
- Mi chiamo Uryasil, sono la sorella minore di Vegeta Prince. Tu conosci mio fratello, vero? -
- Sorella!? Quindi sei una Saiyan anche tu! -
- Esattamente – gli sorrise, mentre la coda frusciava alle sue spalle.
- Urca, questa sì, che è bella! Vegeta ha anche una sorella! - disse ridendo in modo nervoso mentre le lasciava la mano. – A proposito di Vegeta, dov’è? -
- Ho mandato lui e Marco a comprarmi alcuni pezzi di ricambio per un progetto che ho in laboratorio. Saranno di ritorno fra poco, vuoi aspettarli? - intervenne Bulma.
Il Saiyan sospirò amareggiato e scosse la testa: – No, torno a casa. Ero venuto con la speranza che mi desse la rivincita dell’altra volta. Ah, che disdetta! Sarà per la prossima volta - disse prima di fare un gesto di saluto con la mano e scomparire dalla vista di tutti.
Uryasil rimase a fissare il vuoto davanti a lei con la mano ancora tesa, confusa più che mai. Dove diavolo era andato!? Battè le palpebre fissandosi la mano.
- Ci ho ripensato, rimango! - esclamò Goku ricomparendo davanti alle tre, un secondo dopo. 
Bulma sospirò sconfitta mentre Evelyn e Uryasil lo guardavano stralunate: non sarebbe mai cambiato.
Goku, ignaro del fatto che le tre donne lo stessero fissando, si avvicinò alla piccola di casa con l’intento di giocarci un po’ e conoscerla meglio: chissà se così, la prossima volta, non lo avrebbe squadrato in quella maniera inquietante. Si sedette sul tappeto dove la bimba stava giocando con una quantità esagerata di giocattoli diversi e di varie dimensioni, sorridendole.
Bra lo fissò perplessa prima di porgli l’orso di peluche con cui stava giocando: quell’uomo la incuriosiva. Non sembrava una persona cattiva, altrimenti la sua mamma non l’avrebbe fatto neanche entrare. Era piuttosto diverso da suo padre e aveva sempre stampato sul viso sempre un'espressione allegra. 
Goku prese il giocattolo dalle sua manine paffute, iniziando a muoverlo e a fare voci strane, imitando quella che sarebbe dovuta essere quella dell’orso in un cartone animato per bambini. Il suo essere un eterno bambino gli fu di aiuto in quanto riuscì ad abbassarsi al livello della piccola principessa, diventando, per qualche minuto, anche lui un bambino.
Bra sembrò gradire il gioco esibendosi in risate gioiose e sorrisoni degni di una bambina quasi del tutto sdentata.  Prese anche il coniglietto tanto amato dalla principessina, dando voce e personalità anche a lui e facendogli fare la conoscenza dell’orso. 
Si avvicinò i peluche alle orecchie, mettendo su un espressione attenta facendo finta che gli stessero comunicando qualcosa di importante. Spostò lo sguardo su Bra che lo guardava in attesa e le sorrise porgendole l’orso e il coniglio.
- Il Signor Orso e il Signor Coniglio vogliono un abbraccio dalla piccola festeggiata - le disse sorridente, cercando di coinvolgerla nel suo giochino.
Bra afferrò i peluche e li osservò per bene prima di scartare l’orso e abbracciare il coniglio. Goku la guardò confuso.
- Quel coniglio è un regalo di Vegeta, ce l’ha da quando è nata. È il suo preferito. - gli spiegò Bulma piegandosi all’altezza dei due.
Goku osservò la piccola intenerito, prima che iniziasse a distruggere i vari modellini sparsi per il pavimento: a quel punto il suo sorriso divenne una smorfia di rassegnazione. Era pur sempre la figlia di un Saiyan e come tale amava distruggere tutto ciò che le capitava a tiro.
Quando la piccola principessa si stufò di distruggere gli oggetti sbattendoli con forza contro il pavimento, iniziò a lanciarli contro le pareti ridendo come una matta quando si sfracellavano contro di esso, andando in mille pezzi. Goku ne schivò due o tre appena in tempo, mentre una quarta lo beccò dritto sul naso lasciandogli una bella impronta rossa con la forma della macchinina. Bra scoppiò a ridere di gusto a quella scena, sia per la faccia fatta dall’uomo, sia per la sua vena sadica, inconsciamente sviluppata.
Goku si massaggiò il naso con una smorfia di dolore: ne aveva di forza quella piccola peste.
- Ah, sì? Vuoi la guerra? E guerra sia! - esclamò prima di prendere la bambina e caricarla su una spalla.
Bra lanciò un piccolo grido divertito quando il Saiyan iniziò a correre per la casa e a volteggiare su se stesso, lanciandola, ogni tanto, in aria e riprendendola al volo.
- Ci sa fare con i bambini - constatò Evelyn osservando la scena dal divano mangiando pop corn.
- È uno di loro, come non potrebbe? - le rispose Bulma, sorniona, facendo ridere l’amica.
Goku prese nuovamente la bambina, facendole una pernacchia sul pancino e facendola ridere di gusto, poi la rimise sulle sue spalle correndo di qua e di là. Si bloccò davanti la porta d’ingresso quando avvertì lo scatto della serratura.
- Ciao Vegeta! - esclamò alla vista del Saiyan maggiore.
- E tu che ci fai qui? - chiese l’altro sfilando le chiavi dalla serratura e chiudendosi la porta alle spalle, al suo fianco Marco portava una scatola sulla spalla che sembrava essere molto pesante.
Il bambinone non fece caso al tono dell’altro. – Ho portato un pensierino alla piccola peste qui, visto che oggi compie gli anni. -
Bra, che ancora non si era accorta della presenza del padre, cercò di spronare il ragazzone sotto di sé a continuare il gioco. Si imbronciò quando non le diede retta, gonfiando le guance.
Vegeta osservò prima l’amico poi la bambina sulle sue spalle, la sua bambina. Anche se non si sarebbe detto, il principe era molto geloso della sua famiglia, e particolarmente di Bra, in quanto ultima arrivata.
- Perché Bra è sulle tue spalle? -
Goku guardò in su e incrociò il volto imbronciato della piccola che ancora aspettava il suo giro ma che, appena accortasi della presenza paterna, si alzò in un volo un po’ instabile, con l’intento di arrivare fra le braccia del tanto amato papà.
- Papà - biascicò quando raggiunse il genitore che, senza proteste, la prese in braccio.
Goku si grattò la testa nel suo modo tipico: – Stavamo giocando ma a quanto pare preferisce te a me. - disse prima di ridacchiare.
Vegeta gli passò di fianco con la bimba tra le braccia senza degnarlo di uno sguardo o una parola.
Marco, nel frattempo, tra una risatina sommessa e l’altra, aveva messo a terra la scatola su cui Bulma si era immediatamente precipitata, alla ricerca di qualcosa di cui non aveva capito neanche il nome.

****

Si rigirava quella scatolina tra le mani, indeciso sul da farsi. Forse sarebbe stato l’ennesimo smacco al suo orgoglio, già compromesso più del dovuto. Ma tanto, ormai, l’aveva comprato e non poteva di certo riportarlo in negozio.
Guardò il salone in cui gli altri chiacchieravano o giocavano con la piccola Bra e si chiese se casa sua fosse diventata improvvisamente un ritrovo per disagiati: per fortuna quello smidollato di Yamcha era fuori città altrimenti avrebbe girato i tacchi e se ne sarebbe andato, e al diavolo il compleanno di sua figlia!
La piccola, poi, giusto per mettere la ciliegina sulla torta, si era messa a battere i piedi e a piangere affamata, mentre Bulma si era chiusa in laboratorio a fare chissà cosa e non la sentiva, immersa com’era, nei suoi progetti.
- Sì, sì ora ti do la pappa. Non c’è bisogno di urlare! - borbottava Evelyn rivolta alla bambina che teneva tra le braccia. – Guarda chi c’è, Bra! – bisbigliò guardando con la coda dell’occhio il principe seduto su una delle sedie attorno al tavolo.
Bra, con gli occhi ancora lucidi e le guance bagnate dai lacrimoni, guardò il padre con la faccia di chi è esausto dal pianto. Allungò le braccine nella sua direzione, minacciando di far uscire altre lacrime se la sua richiesta non fosse stata esaudita.
Evelyn, che non aveva la minima voglia di sentire quell’angioletto piangere ancora, la porse al diretto interessato che, sbuffando, prese la piccola in braccio. Sorrise ai due e si voltò per cercare l’occorrente.
Lo sguardo le cadde sulla scatola contenente il bavaglino nuovo, con un sorriso furbo lo prese e lo legò al collo della bimba, che dava le spalle al padre, e quando si voltò, l’intera combriccola stava cercando di non scoppiare a ridere.
Vegeta, dal canto suo, ignaro di ciò che vi era scritto sul bavaglino, fissava truce tutti i presenti chiedendosi cosa avessero da ridere.
Goku ridacchiava sottovoce, Uryasil e Trunks si tenevano una mano sulla bocca e una sulla pancia, Marco stava per scoppiare ed Evelyn idem, mancava solo Bulma.
- Perché Bra stava piangendo? -
Appunto.
- Che avete da ridere?-  chiese la donna.
- È quello che vorrei sapere anche io. - borbottò il principe dei Saiyan, corrucciato.
Bulma puntò lo sguardo su di lui, poi sulla bambina e infine sul bavaglino. Serrò le labbra per non scoppiare a ridere di fronte al compagno, si schiarì la voce e gli parlò.
- Fossi in te guarderei il bavaglino di Bra, tesoro... -
Vegeta, più arrabbiato che incuriosito, fece come gli era stato detto: voltò la bambina e lesse il ricamo del bavaglino.
- I’m daddy’s… princess!? -
E nessuno ce la fece più a trattenersi: scoppiarono tutti in una fragorosa risata ai danni del principe, che a quel punto iniziò a chiedersi se era meglio far saltare tutto in aria o ucciderli uno ad uno. 
Trunks era scivolato lungo il muro tenendosi la pancia con una mano, Evelyn si sorreggeva ad Uryasil mentre ridevano come due pazze,  Goku se la rideva di gusto e Marco era, forse, l’unico che cercava di tenere un contegno.  Bulma si avvicinò al marito, con le lacrime provocate dalle troppe risate, e gli tolse la bambina dalle braccia, senza smettere di ridere.
Vegeta, con una vena della fronte che pulsava per la profonda irritazione, cercando di mantenere la calma, puntò lo sguardo sulla combriccola che non riusciva a smettere di ridere.
- Ah, ah, ah, molto divertente... - iniziò, sarcastico e con un tono che avrebbe fatto accapponare la pelle a tutti, alzandosi dalla sedia. – Di chi è stata la splendida idea, sentiamo... - chiese, facendo scrocchiare le dita di una mano. Avrebbe preso a pugni qualcuno, ne era certo.
Senza smettere di ridere, tutti puntarono il dito verso Goku, che bloccò le risate di colpo, sbiancando: il principe dei Saiyan si stava già muovendo nella sua direzione, con un’espressione tutt’altro che rassicurante. Mise le mani avanti e ridacchiò nervoso.
- Dai, Vegeta! Non è il caso di prendersela così tanto! Che c’è di male nell’ammettere che vuoi bene a Bra? - parlò con franchezza, però indietreggiando.
Il principe non rispose, corrucciando, se possibile, ancora di più lo sguardo e continuando ad avanzare costringendo l’altro ad arretrare, finchè la parete bloccò la sua fuga. Era morto.
- Che c’è di male, dici? - disse Vegeta, la sua voce risuonava gelida. – Potrei dire la stessa cosa del prenderti a cazzotti in questo preciso istante -
Gli occhi del principe iniziarono a fiammeggiare, mentre, Goku, avvertendo l'aura del compagno che raggiungeva picchi preoccupanti, si sforzò di apparire calmo, cercando attorno aiuto. Ma nessuno aveva la minima intenzione di mettersi contro Vegeta e, quindi,  afferrò che doveva cavarsela da solo.
- Non fuggi più? -
Il Saiyan più piccolo riportò lo sguardo sull’uomo di fronte e avvertì un brivido gelido percorrergli la spina dorsale: come diamine faceva Bulma a sostenere il suo sguardo quando litigavano!? Capì, all'ultimo di essere in trappola e, spacciato, iniziò a pensare che Re Kaio, forse, sarebbe stato contento di riaverlo sul suo pianeta.
Quando ormai si era preparato all’idea di tornare a casa con, minimo, qualche costola rotta, Vegeta gli voltò le spalle tornando in cucina come se nulla fosse.
L’adrenalina scemò dal corpo del guerriero e Goku si lasciò scivolare lungo la parete con un sospiro di sollievo: doveva ricordarsi di non stuzzicare Vegeta più del dovuto.

****

Sbadigliò annoiata e spense la televisione che non riusciva ad attirare la sua attenzione per più di dieci minuti. Si alzò dal divano con l’intenzione di fare qualcosa di più costruttivo. Salì le scale diretta in una delle tante stanze utilizzate come magazzino: forse c’era qualche progetto lasciato in sospeso. Attraversò il corridoio stiracchiandosi, alla bell'e meglio, senza prestare molta attenzione a ciò che la circondava e aprì una delle ultime porte sulla destra.
Sospirò sconsolata uscendo dalla stanza: tutti i progetti all’interno erano già stati completati in precedenza o impossibili da completare, a causa della mancanza di dati consistenti. Si guardò alle spalle chiedendosi se fosse il caso di provare con qualcos’altro, ma lasciò perdere tornando sui suoi passi.
La porta aperta della camera di Bra attirò la sua attenzione. Si affacciò e vide la figlia seduta sul tappeto, di fronte a lei Trunks che la intratteneva giocando con lei e impedendole di distruggere tutto. Si appoggiò alla porta con un sorriso intenerito e da quella posizione potè scorgere Vegeta che, appoggiato con la schiena alla ringhiera della porta finestra, osservava i due bambini con aria apparentemente indifferente. L’uomo spostò lo sguardo su di lei, facendole capire che sapeva che era lì.
Trunks si voltò verso di lei subito dopo e le sorrise. Bulma si avvicinò a loro e si abbassò alla loro altezza.
- Che state facendo? - chiese osservando gli occhioni azzurri dei suoi bambini.
- Giochiamo. Più che altro, tento di non far distruggere tutto a Bra - rispose il bambino aggrottando le sopracciglia. Bulma gli posò l’indice proprio sul punto in cui si avvicinavano di più ma Trunks non sembrò dargli peso.
- Quando aggrotti la fronte in questa maniera assomigli terribilmente a tuo padre. - disse facendo alzare lo sguardo del ragazzo su di sé. – Crescendo non fai altro che diventare una sua piccola copia... –
Trunks fissò la madre rilassando i muscoli della faccia, così che la sua espressione risultò solo confusa. Spostò poi lo sguardo sul padre che guardava altrove. Alzò le spalle tornando a giocare con le costruzioni.
- Trunks! C’è Goten al telefono! Scendi? - urlò la nonna dal piano di sotto.
Il ragazzino si alzò con calma. – Arrivo! - urlò prima di sparire nel corridoio.
Bulma rimase a guardare, sovrappensiero, la sua bambina costruire, distruggere e poi di nuovo costruire con i suoi giocattoli. Pensò che nessuno avrebbe pensato che sotto quel faccino d’angelo si nascondesse una natura aliena dalla forza devastante. Vide, poi, Bra afferrare uno dei mattoncini di plastica con l’ausilio della lunga coda e pensò che, forse, qualcosa che ricordasse il legame con quella razza guerriera, c’era. 
La piccola si allungò di nuovo verso un oggetto troppo lontano da riuscire a raggiungere con le manine e i capelli azzurri, che le coprivano le orecchie, si spostarono rivelando qualcosa di luccicante sui lobi. Bulma si avvicinò alla figlia e le tenne fermi i capelli dietro le orecchie, scrutando con attenzione ciò che le adornava: un paio di piccole pietre blu risaltavano e brillavano sulla pelle leggermente bronzea di Bra. La donna sollevò le sopracciglia stupita alla vista del nuovo paio di orecchini della figlia. Si voltò verso il compagno che ancora fissava fuori dalla finestra: il sole del pomeriggio illuminava il suo profilo di una tenue luce.
- È opera tua? -
Il Saiyan spostò lo sguardo su di lei un secondo, poi lo riportò verso il cielo.
- Sì. -
Aveva avuto qualche mese prima, Bulma, la malsana idea di far bucare le orecchie a Bra a poche settimane dalla nascita, come era stato fatto a lei. Inutili erano state le proteste dei due maschi di casa che avevano tentato di portare alla ragione la donna, ricordandole che Bra non era un comune terrestre e non avevano la più pallida idea di cosa sarebbe potuto succedere nell’esatto momento in cui il gioielliere avrebbe tentato di bucare i lobi alla bambina. Bulma, però, era stata irremovibile costringendoli, una settimana dopo, ad accompagnarla dal gioielliere, con la scusa di poter tenere la situazione sotto controllo che, infatti, si era rivelata pericolosa per l’incolumità del povero negoziante: dopo aver segnato il punto esatto dove sarebbero dovuti stare gli orecchini, Bulma si era seduta sullo sgabello con Bra, tranquilla, in braccio. Non appena, però, la piccola aveva visto l’anziano signore avvicinarsi con una pistola in mano, aveva iniziato a piangere a squarciagola liberando parte della sua aura. Dopo un primo momento di spaesamento da parte del gioielliere, e di nervosismo, da parte di Bulma, la bambina era stata calmata e distratta, potendo così farle forarle le orecchie.
Dopo quell’episodio Bra non si era mai lamentata degli orecchini: probabilmente neanche si rendeva conto di portarli. Giusto al primo cambio aveva fatto un po’ i capricci, alzando involontariamente la propria aura e impedendo alla madre di infilarle gli orecchini.
Mai si sarebbe aspettata che Vegeta gliene regalasse una paio: cos’erano poi quelli? Zaffiri? Chissà dove li aveva trovati.

****

I due nonni, quella sera, sbaciucchiarono a più non posso la loro nipotina, la riempirono di mille regali, che avrebbe rotto nel giro di poco tempo, sotto lo sguardo contrariato dei genitori che erano consapevoli di viziare già abbastanza la piccola peste.
- Oh tesoro, ancora non ci posso credere che ha già un anno! Mi sembra ieri quando siete tornate dall’ospedale! - disse smielata la donna bionda.
Bulma fece una strana smorfia prima di rispondere:  – A me no. Quel giorno ero ancora provata dal parto, Bra sembrava volermi aprire in due pur di uscire. - disse lanciando uno sguardo al marito che se ne stava in piedi accanto alla sorella.
Uryasil sembrò illuminarsi di colpo: – Aspetta, mi stai dicendo che hai partorito naturalmente? -
La scienziata si voltò a guardarla: – Certo. -
La Saiyan parve sconcertata:  – Ma sei terrestre! La tua forza non arriva neanche a un decimo della nostra! -
- Lo so -
- Come diavolo hai fatto a… a non morire? -
Bulma alzò le spalle come se non lo sapesse: a volte se lo chiedeva anche lei. Probabilmente qualcuno dall’alto la proteggeva fin dal momento in cui aveva deciso di tentare una relazione con quel Saiyan.
La donna dai lunghi capelli neri sembrò poco convinta e lanciò uno sguardo al fratello che, disinteressato al discorso, fissava un punto a caso sul muro: inutile cercare un appiglio in lui. Scosse la testa e prese per buono il beneficio del dubbio di cui, a quanto pare, tutti quanti sembravano giovarne.
 
Consumarono un’abbondante cena, a tutta la famiglia si era riunita attorno al tavolo del salotto chiacchierando assieme appassionatamente, compresa la giovane Uryasil che trovava la mamma di Bulma molto simpatica, anche se un po' fuori dal mondo.
- E così tu sei la sorella di Vegeta! Pensavo che lui e Goku fossero gli ultimi superstiti della vostra razza - aveva borbottato il Dr. Brief in direzione della Saiyan.
Uryasil aveva inghiottito il boccone prima di rispondere:  – Noi due, nostro fratello e Goku siamo gli ultimi. -
I signori Brief, poi, si erano ritirati nella loro casa appena terminato di mangiare, lasciando che la giornata finisse nella quiete della loro unità familiare. Si erano messi a guardare un film comico, a tratti demenziale, su cui Vegeta avrebbe avuto da ridire ma fu zittito immediatamente dalle occhiatacce da parte delle donne di casa. Neanche Trunks era corso in suo aiuto, preferendo dichiararsi neutro.
Dopo il terzo film della stessa colonna, Bra si era addormentata tra le braccia del padre. Uryasil gli si avvicinò osservando la bimba dormire come se fosse la cosa più bella del mondo. Secondo la Saiyan, Bra era la  bambina più bella che avesse mai visto: così come in Trunks, l’unione di due razze diverse aveva generato una bellezza straordinaria.
Quando avvertì il braccio cominciare a formicolare sotto il peso esiguo della bambina, Vegeta fece per alzarsi ma Bulma lo precedette, prendendogli la bambina dalle braccia e sparendo su per le scale. Il guerriero si era nuovamente rilassato sul divano seguendo con lo sguardo la donna. Moriva dalla voglia, però, di seguirle.
A circa metà film si dileguò in silenzio e raggiunse la camera della secondogenita, dentro la quale Bulma cantava sottovoce una ninna nanna in una lingua sconosciuta.
Entrò furtivo nell’oscurità della stanza, attirando lo sguardo della donna che non smise di cantare. Conosceva quelle parole: era la ninna nanna che la madre cantava loro, i tre eredi al trono, quando ancora in fasce non volevano saperne di addormentarsi.  L’aveva sentita tante volte, in passato.
Le parole della donna risuonavano nel silenzio della notte, riempiendo la stanza di una melodia dolce, quasi malinconica.
Si avvicinò a piccoli passi alla donna che teneva tra le braccia la loro bambina con gli occhietti socchiusi, tentando di far tacere l’istinto che scalpitava dentro quel corpicino. Entrambe baciate dalla luce lunare non sembravano far molto caso alla sua presenza, quasi non esistesse.  
Mentre la canzone giungeva al suo climax per poi sfumare fino alla fine, Vegeta si chiese come facesse lei a conoscere quella melodia, cantata con dolcezza, carezzandone le sillabe e facendo apparire, alle orecchie di chi ascolta, dolce una lingua dai toni così aspri e spigolosi.
Osò avvicinarsi di più, per osservare meglio il volto tanto amato della sua donna che era tornata a guardare il fagottino dormiente tra le sue braccia e si fermò al suo fianco, tanto vicino da sentirne il respiro sulla pelle.
Osservò, rapito, il volto angelico di quella figlia che non sembrava essere sua, ma che in realtà gli apparteneva in una maniera molto intima e infrangibile; ne scrutò i tratti delicati, cercando la somiglianza con il proprio viso. Inconsciamente allungò una mano per sfiorarle una guancia, così morbida e liscia sotto le sue mani forgiate da mille battaglie. Bella, esattamente come la donna con cui l’aveva generata; dolce, come il più maturo dei frutti; innocente, come solo una bambina può essere; forte, come una Saiyan. La degna principessa del regno perduto dei guerrieri Saiyan.
Bulma gli posò il capo sulla spalla.
- Finalmente si è addormentata. Se avessi saputo prima che quella canzone riesce a tranquillizzare il più instancabile dei guerrieri me la sarei fatta insegnare prima – rise, sottovoce, Bulma senza staccare gli occhi dall’angioletto che teneva tra le braccia.
Il Saiyan non rispose, troppo perso nei propri pensieri e nella contemplazione di Bra per farlo, preferendo fissare incuriosito la lunga codina che gli si era attorcigliata al polso.
- È stata Uryasil a insegnarmela: si sentiva in colpa per non aver niente da poterle regalare così mi ha insegnato questa ninna nanna... - disse la donna spostando lo sguardo sui tratti severi del marito. – Mi ha detto che è uno dei pochi ricordi che vi è rimasto di vostra madre. Dice che è l’unico modo per far addormentare un cucciolo Saiyan nel pieno delle sue energie. -
Vegeta rimase ancora in silenzio, distogliendo lo sguardo dalla bambina per posarlo sulla donna: si chiese il motivo per il quale la sorella aveva tirato fuori ricordi tanto brucianti. Forse rivedeva in Bulma la madre che loro non avevano potuto avere, a causa delle pretese di un re troppo avido e meschino, e in Bra l’infanzia che le era stata strappata via da un tiranno.
Fissò la sua donna incrociando quegli occhi così cristallini da potercisi specchiare e si abbassò per baciarla, lasciandola basita.
- Vado ad allenarmi - le disse quando si separarono avviandosi verso la porta dopo essersi delicatamente liberato della codina avvolta, ancora, attorno al suo polso.
Con la coda dell’occhio la vide mettere la bimba nella culla e assicurarsi che non si svegliasse.
- Non fare tardi... - sussurrò, guardandolo.
Come se fosse quella la maggior preoccupazione che potesse avere, come se non rischiasse di rimaner sepolto sotto le macerie di quella maledetta stanza, come già successo, uscendone fuori più morto che vivo...
Ma Bulma sapeva che con lui le raccomandazioni non servivano e che avrebbe sempre e comunque continuato a fare di testa sua, e poteva ben dire che quella fosse soltanto una delle innumerevoli cose che l’avevano fatta innamorare di lui. Aveva imparato, perciò, a limitarsi chiedendogli, quanto meno, di non rincasare troppo tardi, preferendo, magari, rotolarsi nelle coperte con lei invece che ammazzarsi di fatica sotto una gravità elevata.
Vegeta non rispose, varcando la soglia della cameretta rosa e bianca, indossando nuovamente la maschera di guerriero che aveva accantonato.

****

Sfinito dagli allenamenti, aveva percorso i lunghi corridoi di casa propria quasi trascinando i piedi: la stanchezza sembrava pesare sulle sue spalle come un macigno. Forse aveva esagerato interagendo un combattimento con Trunks e Uryasil nello stesso istante: certo, li aveva messi al tappeto senza troppe difficoltà, ma l’avere a che fare con due Saiyan di prima classe nello stesso identico momento, che oltretutto condividevano il suo stesso sangue, lo aveva provato parecchio.
Aprì la porta di camera propria quasi buttandocisi addosso e si trascinò fino a letto su quale si lasciò cadere, supino e con le bracca aperte. Chiuse gli occhi e un sospiro di stanchezza gli sfuggì dalle labbra.
- Sei tornato... E io che pensavo volessi rimanere l’intera nottata dentro quella stanza. -
Vegeta non si degnò neanche di guardarla.
- Risparmiami le tue frecciatine per domani mattina, quando avrò la forza di risponderti. -
Avvertì i suoi passi leggeri addentrarsi nella stanza, assieme al suo profumo che gli arrivò dritto alle narici. Il letto si abbassò leggermente quando Bulma vi si sedette sopra.
- Sei stravolto. Che diavolo avete combinato in quella stanza per ridurti in questo stato? - gli chiese, andando ad accarezzargli una guancia con il dorso della mano, incontrando la leggera ruvidezza dell’accenno di barba che gli scuriva la mascella.
Vegeta aprì gli occhi e li puntò su di lei. Non si ritrasse a quella carezza.
- Quei due si sono messi in testa che collaborando avrebbero potuto stendermi facilmente – ridacchiò. –  Sciocchi... -
- Quei due? Intendi Uryasil e Trunks? -
Vegeta si alzò da letto, ponendo fine a quel dolce contatto, e si diresse in bagno.
- E chi altri sennò? - lo scroscio dell’acqua segnò la fine di quella conversazione.
L’acqua calda gli donò sollievo ai muscoli contratti e Vegeta si ritrovò a ringraziare mentalmente l’inventore della doccia, dentro la quale si trattenne più del dovuto, godendosi la rilassante carezza dell’acqua sulla sua pelle forgiata da sanguinose battaglie.
Nonostante la stanchezza della giornata ancora pesasse sulle sue spalle, si sentiva decisamente meglio. Ora aveva bisogno solo di una dormita rigenerante per poter tornare in forze. Lo sguardo gli cadde sul disordine lasciato dalla compagna dopo essere uscita dal bagno: asciugamani e vestiti erano un ammasso umido di colori e tessuti non distinguibile a una prima occhiata. Alzò gli occhi al cielo chiedendosi cosa avesse fatto di male per ritrovarsi una moglie così casinista. Si avvicinò al cumulo, con l’intenzione di separare quanto meno gli asciugamani dagli indumenti, per capire se ce ne fossero di asciutti e puliti. Ma quando si chinò per frugare, con solo un asciugamano legato in vita, notò il completino di pizzo nero proprio in cima. Forse avrebbe fatto qualcos’altro prima di andare a dormire. Si rialzò ed uscì dal bagno con la precisa intenzione di ancorare la compagna al letto, ma ciò che si trovò di fronte era ben diverso dalla scena nella sua testa.
- Che diavolo ti sei messa? - le chiese indeciso se ridere o incavolarsi.
Bulma si voltò a guardarlo e gli regalò uno stupendo sorriso prima di esibirsi in una giravolta per mostrargli ciò che aveva indosso: un kigurumi***, un caldissimo e tenero pigiamone intero con le innocue fattezze di una scimmia.
- Ti piace? - gli chiese, afferrando la lunga coda del costume.
Vegeta rimase sconcertato all'inizio ma, alla fine, si lasciò andare ad una fragorosa risata. Sua moglie era tutta matta!
Bulma gonfiò le guance indispettita.
- Se non ti piace basta dirlo! - urlò abbracciandosi i fianchi.
Vegeta smorzò un po’ la risata puntando i suoi occhi scuri sul viso imbronciato di lei: sembrava una bambina. Le girò attorno con lentezza, studiando quell’assurdo pigiama che aveva addosso come se fosse una specie in via d’estinzione.
- Perché proprio una scimmia? - chiese incuriosito, un leggero sorriso aleggiava ancora sulle sue labbra.
Bulma puntò lo sguardo altrove: – Perché è l’unico animale ad avere una coda come la vostra... -
Il Saiyan la guardò stranito fermando il suo studio e la sua andatura attorno a lei.
La donna lo guardò con la coda dell’occhio prima di assestargli una pacca in corrispondenza della cicatrice della coda: lo vide sussultare prima di ritrovarsi ancorata al letto sotto il suo peso.
- Stai giocando con il fuoco... - le disse suadente.
- Mi sono già scottata molto tempo fa - gli rispose sorridendo con malizia, prima di andare a toccare nuovamente la cicatrice, nascosta sotto il tessuto dell’asciugamano.
Vide le sue pupille dilatarsi e le sue labbra schiudersi, lasciando sfuggire un sospiro più pensante degli altri. I suoi occhi sembravano più caldi del solito, come se l’ossidiana di cui prendevano il colore si fosse sciolta sotto il calore di quel tocco leggero. La cicatrice rotondeggiante alla fine della spina dorsale era rimasta un punto molto sensibile che, a quanto diceva, gli faceva correre delle scariche elettriche lungo il corpo e in contemporanea rilassare i muscoli: un’accoppiata strana ma tremendamente efficace. Catturò le sue labbra senza darle il tempo di pensare mentre le sue mani andavano a slacciare velocemente i bottoni di quello strano pigiama che proprio quella sera lei aveva deciso di indossare. Infilò una mano sotto la morbida stoffa incontrando solo la sua pelle liscia e non trovò nessuna barriera: non indossava nulla sotto. L’azzurra si lasciò sfuggire un sospiro estasiato a quel contatto, cercando nuovamente le sue labbra.

*Elementi che compongono il corpo umano. Questi sono elencati da Edward Elric, protagonista di Fullmetal Alchemist, mentre tenta una trasmutazione umana insieme al fratello, Alphonse Elric.
**Alchimia secondo FMA (sono fissata xD)
***Il kigurumi è un “pigiama” intero in pile, che può avere fattezze di animali o pokemòn. Io lo possiedo di Stitch :3


Angolo autrice:
Ventidue *-* Amo i numeri pari!
I’m back! Si non sono morta per vostra (s)fortuna, ho solo avuto molto da fare e anche la mia Beta è stata piuttosto impegnata e quindi ultra-mega-arci-ritardo. Gomen. Ma ecco qui il nuovo capitolo! Penso sia uno dei più lunghi che abbia scritto uwu (28 pagine e 13.000 e rotti parole o.o)
Non so voi ma io adoro questo nuovo trio: Bulma, Evelyn e Uryasil (che per la gioia del fratello è stata influenzata dalle altre due lol) quindi penso che terrò la sorellina del nostro principe ancora per qualche capitolo. A dir la verità non me la sento di mandarla via sola soletta(?). NO, non ci sperate! Niente human-boyfriend per Uryasil, penso che farebbe una brutta fine per mano di Vegeta. Povero, e noi non vogliamo che qualcuno venga headshottato(?) da Vegeta perché si è avvicinato troppo alla sorella vero? A meno che non sia Yamcha, che a proposito è fuori città per …affari suoi..? Meglio così :3

Alla prossima!

angelo_nero
  
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