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Autore: Rebecca_Daniels    27/01/2016    3 recensioni
Non importa cosa accade nella vita, l'importante è avere qualcuno che sia sempre... Nonostante tutti, nonostante tutto...
"-Tu ci sarai?
-Sempre Lou... Io ci sarò sempre."
Dad!Louis & HarryBeing!Harry
4K parole
Genere: Fluff, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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When I'm With You

I'm Standing With An Army




I know that I mess up
But you never let me give up
All the nights and the fights and the blood
and all the break ups
You're always there to call up
I'm in pain, I'm a child, I'm afraid
But, yeah, you understand
Yeah, like no one else can
But know that we don't look like much
But no one f*cks it up like us*






-Pronto? Chi è?

-Sono io.

Se si fosse trovato in un qualsiasi altro momento della sua vita, Louis avrebbe riso per quella combo di frasi che sembrava appena uscita dal video di Adele, ma in quell'istante il nodo che aveva in gola gli faceva venire solo da piangere. O forse era anche il fatto che la voce dall'altro capo della linea non avesse nemmeno più in memoria il suo numero di cellulare. Ma non poteva pensare anche a quello o avrebbe disintegrato i vasi di fiori che erano disposti ordinatamente -troppo ordinatamente- sul vialetto che portava all'ingresso dell'ospedale. Si passò una mano sulla faccia stanca e si sistemò il cappello di lana che aveva sperato lo nascondesse dal mondo. E da quello che aveva fatto.

-Oh, ciao Louis.

-E' nato.

-Louis, va tutto bene?

-E' nato. Mio figlio è nato.

Ecco: l'aveva detto. E come quando l'infermiera glielo aveva mostrato dall'altra parte del vetro, l'unico fagottino con la copertina messa male perché si stava muovendo troppo, in mezzo a tutti quei frugoletti uguali, anche il quel momento Louis si sentì morire dentro. Perché insomma: aveva finito di vivere no? La sua giovinezza, tutte le serate con gli amici, la sua relazione con Danielle che non sapeva bene nemmeno lui da dove fosse venuta fuori, i suoi progetti per Xfactor...

Che cazzo aveva combinato?

-Louis?

Adesso chiunque gli avrebbe chiesto del bambino prima che di lui, dei suoi progetti, del suo futuro. Ma soprattutto, quel bambino era suo.

Suo.

E se per nove mesi aveva tentato di convincersi che si sarebbe potuto occupare di lui solo economicamente, perché tanto una madre ce l'aveva, una famiglia affettuosa pure e non gli sarebbe servita anche la sua presenza, adesso no. Adesso il solo fatto di aver concepito un pensiero del genere gli faceva venire la nausea. Come si era permesso lui, che era stato abbandonato dal suo padre biologico e cresciuto da un altro uomo che si era rivelato per sua fortuna straordinario, prendere anche solo in considerazione di far vivere ad un altro bambino il suo stesso dramma? Così si era presentato in ospedale e si era fatto portare alla nursery da un'infermiera che lo aveva guardato con sguardo severo: evidentemente anche lei sapeva che non si era presentato al momento del parto. Ed era lì che non poteva farlo: non poteva lasciarlo da solo.

-Louis ci sei?

Quei piedini che avevano scalciato via la copertina celeste erano gli stessi a cui avrebbe potuto insegnare a calciare un pallone; quelle manine erano le stesse che se fossero somigliate alle sue non sarebbero mai cresciute più di tanto; quel pianto forte e voglioso di essere notato da tutti era uguale a quello di tutte le sue sorelle e si Ernst e che sua madre gli aveva assicurato essere stato anche una sua caratteristica.

E Louis aveva pianto.

Ed era corso fuori dall'ospedale.

-Louis dimmi che stai bene!

Non si era nemmeno reso conto di essersi perso nei suoi pensieri e la voce preoccupata dall'altra parte della cornetta quasi lo spaventò: ma nulla ormai era paragonabile al senso di terrore che stava provando ormai da più di un'ora, ovvero da quando aveva ricevuto il messaggio del “lieto evento”. Così gli aveva scritto la madre di Briana. A lui era di nuovo solo venuto da vomitare.

-No.

-No, cosa?

-Non sto bene.

-Louis perché hai chiamato me?

Avrebbe potuto dirgli che era il primo numero in rubrica, che aveva sbagliato il tasto della chiamata rapida, che... No, non aveva senso. Come non ce l'aveva tutto quello che gli stava accadendo attorno in quel momento.

-Perché ho bisogno di te Harry.



Era riuscito a schivare i paparazzi per un pelo, mentre si dirigeva a casa di Harry. O meglio, ad una delle case di Harry. Louis non riusciva proprio a capire come facesse a piacergli così tanto Los Angeles ad uno come lui, poi però gli sovvenne il fatto che di Harry ormai sapeva ben poco e che non era il momento di crearsi altri problemi in testa oltre a quelli che lo stavano già soffocando. Gli aveva inviato un messaggio mentre era ancora in macchina per farsi aprire i cancelli della villa semi nascosta dove aveva deciso di incontrarlo e Louis non si stupì di non trovare nessun paparazzo fuori: se Harry Styles voleva sparire dalla faccia della terra e far perdere le sue tracce era capacissimo di farlo. Louis, purtroppo, l'aveva sperimentato in prima persona e mentre l'autista lo lasciava di fronte ad un'immensa villa moderna e di un bianco accecante sotto il sole californiano, si chiese per quale motivazione Harry si fosse dimostrato così disponibile nei suoi confronti. Insomma, era vero che i loro rapporti si fossero un poco distesi nell'ultimo periodo, ma nulla più di un'educata convivenza che non implicava riceverlo a casa sua nel bel mezzo del pomeriggio, quando sicuramente aveva altri piani in programma.

Scosse la testa e si schiacciò ancora più giù il cappello di lana, cercando di non farsi sfuggire l'ultimo briciolo di sanità mentale che gli era rimasto. Suonò il campanello, più per riflesso incondizionato che per reale necessità: sicuramente lo aveva visto arrivare dalle telecamere di sicurezza. Dopo poco sentì lo scatto della serratura e vide la porta aprirsi, proprio mentre era tutto intento a passarsi le mani nervosamente sul tessuto di jeans del giubbotto cercando di placarne il tremore inconsueto. Quello che vide lo lasciò abbastanza basito.

-Lou! Quanto tempo caro!

Anne Cox, una delle donne più affascinanti e dolci sulla faccia del pianeta, nonché sua seconda madre per propria investitura, si palesò davanti a lui in tutta la sua morbida bellezza, un sorriso identico a quello del figlio ad illuminarle il viso e le braccia già aperte per accoglierlo in uno di quegli abbracci che lo avevano sempre fatto sentire al sicuro. Un po' come quelli di Harry.

Non gli diede il tempo di scacciare quel pensiero, perché lo sommerse con il suo profumo di gelsomino e a Louis parve improvvisamente di essere tornato ai tempi poco dopo X Factor, quando ormai frequentava più casa di Harry che la sua, dato che era la più vicina a Londra e passare le domeniche in famiglia era ancora un'esigenza per ricordarsi che tutto quello era vero.

-Come stai?

Anne si allontanò da lui quel tanto che bastava per soppesarlo con occhio critico da capo a piedi, senza però riuscire a farlo sentire giudicato, soprattutto per lo sguardo preoccupato che gli rivolse poco dopo: evidentemente Harry non gli aveva detto nulla e Louis gliene fu quasi grato, non sapeva nemmeno lui bene perché.

-Louis va tutto bene? E' successo qualcosa? Lo sai che con me puoi parlare di tutto e...

-Mami lascialo entrare in casa almeno, prima di fargli l'interrogatorio...

Aveva sempre avuto quella sottile vena divertita quando parlava, nonostante il tono di voce basso e carezzevole? Harry fece la sua proverbiale entrata in scena, comparendo alle spalle di Anne come un angelo custode, la camicia blu che faceva risaltare in maniera quasi dolorosa il colore dei suoi occhi mezza aperta, i capelli raccolti in un bun che Lottie avrebbe definito senz'altro perfetto , come tutto quello che Harry faceva dal suo punto di vista e i piedi scalzi che attiravano l'attenzione sotto il tessuto nero degli skinny. Appoggiò una mano sulla spalla della madre, un gesto inconsciamente protettivo che fece sentire Louis vagamente a disagio: la stava per caso proteggendo da lui?

-Oh hai ragione! Scusami caro! Vieni pure dentro Louis, così magari ti preparo un tea. Harry mi ha fatto scoprire un negozio fantastico di tea, tisane ed infusi che vedrai...

Anne sparì in quella che Louis immaginò essere un'immensa e tecnologica cucina che doveva venir utilizzata solo quando la donna andava a trovare il figlio, ma lui non lo poté constatare, perché Harry era ancora davanti all'entrata e gli bloccava l'accesso. Non gli passò neanche per l'anticamera del cervello che Harry l'avesse fatto arrivare fino a lì solo per dirgli che doveva cavarsela da solo, quindi attese che il ragazzo dicesse quello che era palese stesse soppesando.

-Pensi di sopravvivere ad un tea con i miei o vuoi prima parlare?

-Posso parlare mentre bevo un tea?

-Certo.

E gli sorrise in quel modo dolce che gli fece capire che Harry avrebbe ricolto tutto, come sempre.



Erano seduti sulla scalinata in legno che conduceva alla depandance, a pochi passi dalla piscina in pietra bianca dove l'acqua creava rilassanti riverberi, una tazza di tea fumante tra le mani e la promessa fatta ad Anne di fermarsi dopo almeno cinque minuti per raccontargli come stessero andando le cose a Doncaster.

Harry non aveva detto assolutamente nulla da quando si erano seduti, ormai cinque minuti prima, forse in attesa che fosse lui a cominciare il discorso, magari spiegandogli perché aveva chiamato proprio lui in un momento come quello. Ma il problema era che Louis non aveva una sola certezza nella sua vita in quell'istante se non il fatto di essere appena diventato papà. Il solo pensiero gli fece andare di traverso il sorso di tea che aveva appena preso.

-Ehi... Non puoi morire prima di avermi detto che ti succede.

Il ragazzo continuava a non posare lo sguardo su di lui per più di due secondi, lo stretto indispensabile per fargli capire che sapeva ci fosse anche qualcun altro a respirare la stessa aria, solo che questo contribuiva unicamente a far crescere un leggere sentore di disagio dentro Louis che non gli piaceva per niente.

-L'ho visto.

-Tuo figlio.

-Puoi... Puoi non usare quella parola?

Non voleva suonare infantile con quella richiesta, ma la parola “figlio” gli causava una stretta al petto che assomigliava molto, troppo ad un attacco di panico. Ma evidentemente Harry non la pensava allo stesso modo, perché si era finalmente voltato per guardarlo negli occhi e gli stava rifilando uno sguardo a dir poco ammonitore.

-Louis sei serio?

E quella cos'era? Rabbia? Si stava davvero incazzando con Harry per uno stupido sguardo? Sì, a quanto sembrava sì.

-Sì, Harry, sì! Sono fottutamente serio! Non voglio più sentire quella parola almeno fino a quando...

-Fino a quando?

Appoggiarono entrambi la tazza per terra e per un attimo a Louis parve di essere tornato ad un tempo non ben precisato del passato quando, durante ogni concerto, c'era quel momento in cui loro due cominciavano a muoversi in sincrono e la cosa lo faceva sempre sorridere. Ma quello non era il momento adatto per perdersi in ricordi di una vita che non sapeva se avrebbe mai riavuto. Da quando era diventato così paranoico?

-Non lo so...

-Allora... Vediamo se ho capito. Brianna ha partorito tuo... Ha partorito. Tu l'hai visto e sei andato in panico, giusto?

-Non so come tu ci sia arrivato, ma sì: questo è quanto.

-E' normale.

-Che?!

Louis sgranò le sue iridi celesti come se fossero due nuvole cariche di pioggia pronte ad esplodere ed Harry poté vedere dove fosse davvero il problema: quello che aveva di fronte era ancora lo stesso ragazzino di diciotto anni che si ostinava a non mettersi i calzini anche se fuori c'erano cinque gradi sotto lo zero. Come avrebbe fatto a prendersi la responsabilità di crescere un bambino quando lui stesso lo era ancora? Eppure Harry lo sapeva: Louis sarebbe stato uno scapestrato e meraviglioso padre.

-E' normale Louis... Tutti i padri si sentono inadeguati la prima volta che vedono i loro figli, lo sai... E piantala di fare quella faccia quando dico quella parola: ti ci devi abituare... Hai un figlio, okay? Ma hai ventiquattro anni, il lavoro dei tuoi sogni, un conto in banca che ti permetterà di non fargli mancare nulla ma, soprattutto, una naturale predisposizione ad essere d'esempio per qualcuno...

Louis avrebbe voluto obbiettare ogni singola frase di quel lungo discorso, ma sapeva che Harry non aveva finito e sospettava che il peggio dovesse ancora arrivare.

-Sai quando abbiamo fatto le riprese per This Is Us? Quando ho detto che tu sei una di quelle fantastiche persone per cui è bello sedersi ad ammirarle, mentre sono solamente sé stesse? Ecco: lo penso ancora...

Sentire Harry ammettere che pensava ancora quelle cose di lui dopo tutto ciò che era successo tra di loro era come avvicinare le mani congelate dal freddo ad una fiamma calda e misurata: provocava un sollievo immediato.

-E credo che lo penserà anche tuo figlio, se gliene darai l'opportunità.

Harry sorrise e a Louis si fece tutto improvvisamente chiaro.

Tra tutte le persone che avrebbe potuto chiamare, la sua scelta era ricaduta sul riccio perché sapeva che lui gli avrebbe dato il consiglio giusto, non lo avrebbe fatto sentire davvero giudicato e non gli avrebbe mai rifiutato il suo aiuto. Forse era stato egoista da parte sua chiamarlo, dato che era stato lui ad allontanarsi da Harry quasi senza una spiegazione, anche se era certo che il più piccolo l'avesse capito eccome dove fosse il problema, e l'aveva accettato senza mai rinfacciargli nulla. E a Louis sembrò anche giustificabile quel sentimento che molto tempo prima aveva covato nel suo cuore mesi e che poi aveva deciso di soffocare, perché troppo complicato per lui: era davvero impossibile non innamorarsi di Harry.

-E se non fosse così? Se mi odiasse quando scoprirà come è rimasta incinta sua madre?!

-E preferiresti che pensasse di te quello che tu pensi del tuo padre biologico?

-Mai.

-Allora vai Louis... Vai in quell'ospedale e prendi in braccio tuo figlio e dimostragli che suo padre è una persona fantastica...

Passarono alcuni minuti di silenzio in cui Louis fece sedimentare quelle parole nella sua memoria, già consapevole che gli sarebbero servite per trovare il coraggio di varcare di nuovo le soglie dell'ospedale e, magari, anche quelle della camera di Briana, dato che come minino le avrebbe dovuto comunicare la sua decisione di volersi prendere davvero cura del bambino.

Per un momento, però, accantonò tutti quei pensieri e si concentrò sul ragazzo che, perso in chissà quali pensieri profondi, stava facendo sciogliere il verde delle sue iridi al tiepido sole californiano, rigirandosi tra le mani la tazza di tea ormai tiepido.

Gli parve così distante, quasi uno sconosciuto in quell'istante, come se non avesse mai capito davvero chi fosse e forse, era stato davvero così: in fin dei conti, Louis aveva scelto di non sapere più nulla di lui, di non scoprire che tipologia di uomo stava diventando, che direzione stava intraprendendo per il suo futuro. Perché Harry era cresciuto, era diventato un affascinante giovane uomo sicuro di sé e con le idee ben chiare su chi volesse essere, mentre lui... Beh, lui si era perso un po' per strada e se ne erano accorti tutti. Sua madre in primis, che anche se non glielo faceva mai notare verbalmente, gli lanciava quegli sguardi, quelli pieni di preoccupazione ed ansia, che lo facevano sentire pure peggio. E poi Lottie, con i suoi gesti d'affetto che un tempo erano riservati ai momenti in cui erano da soli ma che nell'ultimo anno si erano inspiegabilmente moltiplicati anche in pubblico. Per non parlare di Oli, che gli stava sempre dietro, tanto che Louis non glielo doveva nemmeno più chiedere se l'avrebbe accompagnato da qualche parte: prenotava direttamente due biglietti aerei e gli comunicava l'orario della partenza. Ed infine, c'era Liam. Da quando Zayn aveva abbandonato il gruppo e loro si erano terribilmente avvicinati, il ragazzo era diventato la sua ombra, quasi peggio di una mamma apprensiva. Le domande sembravano sempre fatte per caso, ma la realtà era che lo stava tenendo d'occhio e Louis lo sapeva perfettamente.

Si sentiva come in mezzo ad una giungla, piena di ostacoli, di insidie, di decisioni da prendere e lui, dopo aver girato in tondo per troppo tempo, aveva semplicemente deciso di smettere di camminare e aspettare che tutto quello lo sovrastasse, inghiottendolo per sempre. Gli era persino sembrato un miracolo quello di essere riuscito ad innamorarsi di nuovo del suo lavoro e solo ora si accorgeva di come, anche il quel caso, fosse stato tutto merito di Harry. Era assurdo il modo in cui quegli occhi brillanti e quelle maniere affascinanti ritornassero ciclicamente nei momenti più importanti della sua vita. Fu durante il primo concerto dopo l'abbandono di Zayn che Louis si ritrovò ad osservare Harry intrattenere la folla come se fosse nato per fare quello, cercando di ridare alle fan almeno un decimo di tutto l'impegno e la dedizione che avevano spero per loro cinque. Forse era stato proprio per quello, per il fatto che quelle persone avessero pagato per vedere cinque ragazzi su un palco ed invece se ne erano ritrovate solo quattro, Louis aveva pensato fosse per quello che Harry ci avesse messo così tanto ardore in ogni singola nota ed in ogni singolo gesto, ma la verità fu che con il passare dei concerti, Louis si accorse che quello che era stato un piccolo sedicenne di Holmes Chapel era diventato un animale da palcoscenico che amava il suo lavoro più di sé stesso. E non c'erano mal di gola, giornate storte o imprevisti che reggessero: Harry dava sempre il mille per cento sul palcoscenico e Louis si fece contagiare da quell'energia. Era riuscito a riscoprire la bellezza dell'esibirsi di fronte a migliaia di persone, la sensazione inebriante di sentirle cantare parole che aveva composto lui ed era tornato a sorridere. Poi, però, era arrivata la rottura con Eleanor, la storia del bambino e tutto quello che c'era dietro e Louis si era perso di nuovo, lasciando che le radici soffocanti dello star system lo inghiottissero.

Harry allentò di un poco l'elastico che gli raccoglieva i capelli, tanto che qualche ciocca gli finì inavvertitamente davanti agli occhi, impedendo a Louis la vista di quello spettacolo che per un attimo lo aveva condotto a considerazioni che nemmeno pensava di essere i grado di formulare.

-L'hai detto a Liam?

La sua voce risuonò più roca di prima, forse per colpa del silenzio prolungato in cui erano caduti entrambi, ma il tono era ancora gentile, come il suono delle foglie degli alberi che li circondavano quando erano scosse da leggeri soffi di brezza: quel posto era magnifico e Louis pensò che rispecchiasse perfettamente Harry.

-Io.. No, non ancora.

-Ti ammazzerà, lo sai?

A Louis, per la prima volta da quando era arrivato il messaggio che il bambino fosse nato, venne da sorridere. Anzi, da ridere. E non si contenne. Poteva sembrare incoerente, affetto da sdoppiamento della personalità, persino pazzo, ma non gli importava perché vicino a lui c'era Harry e Louis lo sapeva che con il riccio poteva essere semplicemente sé stesso. E quando lo vide passare da un'espressione piuttosto confusa ad uno strabiliante sorriso con le fossette gli sembrò di essere tornato nel loro primo appartamento a Londra, subito dopo X Factor, durante una delle centinaia di sere passate a mangiare schifezze seduti sul divano, a parlare del nulla, con stupidi film in sottofondo che nessuno dei due guardava davvero.

Gli era mancato tutto quello e, soprattutto, Louis si rese conto che gli era mancato Harry. Così la sua risata si trasformò in qualcosa di indefinito, venendo rotta da un paio di singhiozzi che diedero il via libera a pensanti lacrime di rigargli il volto stanco.

Quand'era stata l'ultima volta che aveva pianto? Forse una settimana prima, quando aveva scoperto che una delle bambine che aveva incontrato durante l'ultimo evento di charity organizzato con mamma non ce l'aveva fatta ed il mondo gli era sembrato per l'ennesima volta un posto schifoso. Ma ora stava piangendo per sé stesso e per tutto quello che si era lasciato sfuggire dalle mani in quell'ultimo anno e mezzo.

E poi eccole, le uniche braccia che sapevano confortarlo davvero, quelle che non solo la raccoglievano dentro di loro ma lo ricomponevano pezzo per pezzo, frammento dopo frammento e lo facevano rinascere. Gli abbracci di Harry erano sempre stati così e quello che si erano scambiati durante il loro ultimo concerto prima della pausa aveva riaperto dentro di lui una piccola voragine, un desiderio logorante di recuperare quello che aveva perso. Inspirò a fondo l'odore di Harry e si sentì improvvisamente forte come mai negli ultimi tempi: quello che il riccio riusciva a fargli era decisamente inspiegabile, ma Louis si rese conto di essere tremendamente fortunato a poterne godere.

-Andrà tutto bene, Lou...

Fu allora che ebbe bisogno di sapere che lui ci sarebbe stato, nonostante Louis l'avesse ferito, nonostante forse i suoi sentimenti non fossero mai cambiati.

-Tu ci sarai?

-Sempre Lou... Io ci sarò sempre.

Non poté non sentire il piccolo sospiro che seguì a quella promessa, ma Louis decise di ignorarlo perché aveva bisogno di Harry nella sua vita ed avrebbe trovato un modo per far funzionare le cose.



L'infermiera fortunatamente era cambiata ed essendo le dieci di sera l'ospedale era particolarmente silenzioso. Non sarebbe potuto entrare nella nursery a quell'ora della notte ma la sua popolarità per una volta si rivelò parecchio utile e così ora stava osservando l'ostetrica prendere in braccio un fagottino ormai mezzo sveglio per poi dirigersi nella sua direzione. Gli aveva fatto indossare uno scomodissimo camice verde sopra i vestiti ma appena scorse il visetto tondo del bambino tra il tessuto del lenzuolino desiderò improvvisamente potersi fare una doccia disinfettante per togliersi di dosso qualsiasi cosa potesse anche minimamente attaccarlo. Era così indifeso che dovette reprimere a forza l'istinto di dire all'ostetrica di tenerlo in braccio lei, però poi si ricordò le parole che Anne gli aveva detto a cena, quella sera, circa il fatto che i bambini fossero molto più forti di quanto apparissero. La storiella su come Harry avesse ferito Gemma lanciandole un cucchiaino dritto in fronte a soli dieci mesi, lo aveva fatto ridere per minuti interi. Sapeva perfettamente come si prendesse in braccio un neonato, perché di sorelle e fratelli ne aveva avuto a sufficienza, ma quella volta era diverso: quel bambino era suo. Era suo figlio.

Quando la donna glielo pose in braccio, quello che Louis sentì non fu né paura né terrore né insicurezza ma solo un travolgente e smisurato amore per quegli occhi leggermente assonnati che erano dello stesso identico punto di azzurro tipico della famiglia Tomlinson.



Erano le tre e mezza di notte quando arrivò la notifica di un tweet. Aveva lasciato il wifi acceso apposta per eventuali messaggi da parte di Louis, ma forse quello era stato sperare troppo. Appoggiò la chitarra sul letto ed afferrò il telefono poco distante: era un suo tweet ed il contenuto per un momento lo lasciò senza fiato. Louis si era presentato a casa sua dieci ore prima non riuscendo nemmeno a pronunciare la parola “figlio” ed ora lo stava tweettando al mondo. Sentì l'impellente esigenza di bere qualcosa di freddo, nonostante la temperatura fosse più che fresca all'interno della sua stanza. Arrivò in cucina ed aprì il frigorifero, afferrando al volo una bottiglietta d'acqua e per poco non fece un infarto quando, richiudendo l'anta, si ritrovò a fissare il volto assonnato di sua madre Anne illuminato solo dalla luce lunare.

-Mamma mi vuoi uccidere?

-Sono davvero così brutta?

-No, sei splendida come sempre...

Le cinse le spalle con un braccio nudo e le lasciò un dolce bacio sulla testa: adorava essere così tanto alto, perché gli permetteva di essere fisicamente protettivo con le donne della sua vita.

-Però la prossima volta avverti.

-Va bene... A proposito: che ci fai in cucina a quest'ora?

Si sedettero sugli sgabelli del bancone che occupava buona parte della stanza, senza degnarsi di accendere le luci perché tanto, lo sapevano entrambi, potevano capirsi anche senza vedersi. E poi, la luna quella notte era piena e stava facendo chiarezza su più elementi di quanti si sarebbe mai aspettata.

-Potrei farti la stessa domanda, Anne...

-Devo preparare i panini per Robin che ha deciso di alzarsi alle quattro per andare a pescare non o capito dove... Tu invece?

-Io ho appena letto un tweet...

-Louis?

-Mm-mm...

Le passò il telefono ancora aperto su quello che il più grande aveva scritto e reso noto al mondo intero e poi si mise a fissare un punto imprecisato oltre la finestra: l'indomani si sarebbe messo sotto uno di quegli alberi per finire di comporre la canzone che aveva cominciato quella notte.

-Sarai per sempre innamorato di lui, non è vero?

Harry chiuse gli occhi a quell'affermazione appena sussurrata di sua madre, come se facendolo quello potesse continuare ad essere un segreto che si sarebbe portato dentro per sempre e che nessun altro avrebbe dovuto svelare. L'immagine e le sensazioni dell'abbraccio di quel pomeriggio tornarono prepotenti sullo schermo nero delle sue palpebre ed un sospiro rassegnato gli sfuggì dalle labbra.

La notifica di un messaggio lo fece tornare a galla dal gorgo di emozioni in cui stava annegando e quando si voltò verso Anne, che gli stava porgendo il suo telefono, capì di chi fosse quel messaggio.

Era una foto. Non una qualsiasi. L'avrebbe stampata e usata come segnalibro per il suo diario, perché quello sguardo carico d'amore che Louis stava rivolgendo al frugoletto che teneva in braccio era la cosa più spettacolare che avesse mai visto.

-Sì.. Ma ora lui amerà per sempre qualcuno che lo merita davvero...






Hi sweethearts**
stavo scrivendo tutt'altra cosa, sempre da un prompt trovato su twitter, ma poi è successa tutta sta storia e... Lo so che non sono fatti miei, che la vita è di Tomlinson e tutto quello che volete, ma io dovevo metabolizzare la cosa e questo mi è sembrato il modo più sensato... Quindi mi scuso per eventuali errori ed orrori di battitura, ma è uscita parecchio di getto sta storia.. E nulla: se le cose fossero andate davvero così, io sarei la personcina più felice di questa terra **
Spero abbiate voglia di lasciare qualche commentino o qui o su Twitter
( @93ONED )
P.S. La canzone da cui sono tratti titolo e citazione è Army di Ellie Goulding -have a listen **
Lots of Love xx

  
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