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Autore: FairySweet    28/01/2016    2 recensioni
Non esisteva più la paura, niente esitazioni né incomprensioni perché ora, nel suo piccolo mondo sicuro, aveva qualcuno per cui lottare, qualcuno da difendere e poco importava cosa pensasse il mondo, ci stava bene in quel mondo e non avrebbe permesso a nessuno di rompere i muri spessi che lo tenevano al sicuro, nemmeno ai fantasmi ...
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: André Grandier, Generale Jarjayes, Nuovo Personaggio, Oscar François de Jarjayes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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                            Sei uguale a Me






Il sole alto nel cielo illuminava quella giornata tiepida, gli alberi ormai svegli si stiracchiavano placidi tendendo le braccia verso l'azzurro cristallino, aveva sempre amato la primavera, l'inizio della rinascita meravigliosa che riempiva di colore il mondo ma ora, di fronte a quella giovane silenziosa seduta nell'erba fresca, tutta la bellezza della natura sembrava svanita nel nulla.
Se ne stava lì, all'ombra di quell'enorme quercia con le gambe leggermente incrociate e la testa appoggiata al tronco fresco dell'albero.
Era così bella, i capelli sciolti sfioravano l'erba brillante e i raggi di sole che riuscivano a forare la coltre verde di foglie appena nate giocavano con il suo incarnato, con quel sorriso leggero che tingeva di dolcezza le labbra.
Aveva deciso di restarle lontana per qualche giorno per permetterle di unire il cuore a quello di giovane distrutto dal dolore che passava le notti a piangere.
Ma quella distanza non era servita, lasciarla sola non le aveva regalato la serenità sperata né aveva contribuito a cancellare quei silenzi maledetti che se la portavano via.
Strinse più forte il mantello incamminandosi lentamente verso di lei ma la vocina di Etienne bloccò di colpo i suoi passi “Duca?” “Ciao tesoro, come stai?” “Perché la mamma non sorride più?” si inginocchiò davanti a lui prendendolo per mano “La mamma ha bisogno di un po' di tempo” “Io lo so che ha paura, che le manca tanto Renée. Manca tanto anche a me” sussurrò abbassando lo sguardo “Renée sarà sempre qui assieme a te” “Secondo te mi sente zio?” annuì appena cancellando quelle lacrime innocenti “Certo che ti sente” “Vorrei giocare di nuovo assieme a lei, era la mia sorellina. Sai, avevo promesso che nessuno le avrebbe mai fatto del male ...” lo sguardo del bambino si soffermò qualche secondo sulla madre, su quel bisogno continuo di solitudine che stava mangiando vivo il suo mondo ormai tanto fragile “ … non ho mantenuto la mia promessa e ora la mamma è triste” “Non è stata colpa tua tesoro. Non è un compito dell'uomo giocare con la vita” “No?” “Solo Dio può assumersi questo peso. La tua sorellina ti vuole bene e sono sicuro che anche da così lontano continuerà a restarti accanto” “Promesso?” lo abbracciò nascondendolo per qualche secondo dal cielo e dal sole “Promesso” lasciò un bacio delicato tra quei riccioli dorati staccandolo leggermente da sé “Ora sai cosa facciamo? Prendiamo la mamma e andiamo a fare una bella passeggiata” “Papà?” “Corri a chiamarlo” Etienne sorrise e senza più aspettare corse via lasciandolo di nuovo assieme a lei.
In fondo era semplice no? Avrebbe parlato con lei costringendola ad uscire dal vuoto dove si stava rifugiando, già, e allora come mai si sentiva così male? Inspirò profondamente cercando di rilassare ogni muscolo “Perché sei tornato?” “Dovevo forse restare lontano da casa mia?” “Il padre è ancora mio o no?” “Cosa ci fai qui tutta sola? Dovresti essere a passeggiare assieme a tuo figlio e ad Andrè” la vide sorridere senza nemmeno aprire gli occhi “Non hanno bisogno di me, non in queste condizioni” “Sei bellissima” “No non è vero” tese una mano verso di lei sospirando “Questo lascialo decidere a me. Andiamo?” “Max io ...” “Oscar!” aprì gli occhi e il sorriso del giovane invase ogni angolo dei pensieri.
Era calmo, sorridente, restava immobile davanti a lei ad aspettare senza forzare i suoi tempi, senza costringerla a niente di diverso dalla semplice attesa.
Aspettava qualcosa, qualcuno, aspettava di sentire di nuovo il battito leggero del cuore, lo stesso battito che Renée riusciva a creare dal nulla semplicemente sorridendole, aspettava, aspettava e basta “Hai bisogno di fare delle cose, devi fare cose. Non puoi restare da sola con il silenzio. È pericoloso” “Mi aiuta a pensare” “Non sono mai belli i pensieri nati nella solitudine” la mano si strinse alla sua e per qualche secondo il mondo parve fermarsi.
Sentì le braccia del giovane sollevarla da terra come una bambola leggera, il suo sorriso bello come il sole a scaldarle il cuore mentre la nascondeva tra le braccia, gesti lenti a cui ormai era abituata e che in qualche modo, la facevano sentire terribilmente protetta




Conosceva bene quell'espressione, la continua ricerca della solitudine che troppe volte aveva visto in passato.
Odiava da morire quegli attimi vuoti dove nessuno poteva avvicinarsi ai suoi sentimenti, nemmeno lui.
Posò la fronte sul vetro gelido restando ad osservare i movimenti lenti del duca, il suo sorriso appena accennato che perfino da così lontano riusciva a distinguere.
Ma quello che lo faceva soffrire, quello che fermava il cuore era Oscar.
La vide annuire, una risposta silenziosa a qualche domanda lontana, poi la mano tesa verso di lei e quell'indecisione leggera sul volto.
Era confusa, forse perfino infastidita dall'intrusione del duca nei suoi pensieri ma chissà come, la sua presenza riusciva a cancellare in pochi secondi lacrime e paure, le dita si intrecciavano assieme e si lasciava sollevare da terra come una bambina, una bambola di porcellana tanto bella da costringere alla pazzia ma anche terribilmente triste.
“Non devi preoccuparti per lei” tremò violentemente riportato alla realtà dalla voce del generale “Signore io … perdonatemi, pensavo di essere solo” “L'ho pensato anche io ed è durato sette anni” raggiunse Andrè perdendosi con lo sguardo oltre il vetro “Ma alla fine ho messo da parte il rancore e la rabbia. Mia figlia merita solo di essere amata” “Io volevo … volevo ringraziarvi signore. Vi siete preso cura di lei, di mio figlio e avete … avete ...” la mano del generale si strinse con forza attorno alla sua spalla bloccando le parole da qualche parte in fondo al cuore “Tua figlia mia ha costretto ad amare di nuovo Andrè. Ha sciolto il ghiaccio che avvolgeva il mio cuore e ha cancellato in pochi giorni un passato fatto di scelte sbagliate e di egoismo. Non ringraziarmi ragazzo” “Devo farlo” “No. Sono io che devo ringraziarti perché l'hai resa felice” un debole sorriso gli sfiorò le labbra mentre il volto confuso del ragazzo si lasciava cullare dalla sua voce “Ti ho odiato, ti ho odiato così tanto, l'ho fatto ogni giorno, ogni ora, ogni minuto degli ultimi sette anni perché mi hai rubato i suoi sorrisi, la sua voce. Quando l'ho rivista il cuore si è fermato, era diventata la donna che non ero mai riuscito ad ascoltare e aveva donato al mondo due gemme preziose” “Come si sopravvive alla morte della propria figlia?” le lacrime scivolarono via dal mare e lo sguardo del generale si concentrò qualche secondo su di lui “La morte di un figlio è qualcosa di tremendo e sono grato a Dio per avermi sempre negato un dolore del genere ma, è sempre stata la mia più grande paura. Tua figlia mi ha costretto a sorridere e a preoccuparmi di nuovo per un piccolo umano” sorrise divertito dal gioco di Maxime, da quel movimento delle mani che costringevano sua figlia a ridere “Mi conosci bene ragazzo, sai che difficoltà provo nel parlare con te, in questo modo ma, ti ho sempre considerato come un figlio e mi piacerebbe continuare a farlo” erano scuse, forse difficili da comprendere, nascoste dietro a sorrisi e sospiri diversi ma comunque scuse, per lui, per Oscar, per i suoi figli.
Ci mise qualche secondo a comprendere appieno la profondità di quelle parole, feece un bel respiro e annuì leggermente indeciso sul modo giusto di rispondere, dopotutto, non stava parlando con Alain o con Emile, c'era sempre quel generale di fronte a sé, forse diverso, cambiato dal tempo e dal mondo ma pur sempre un soldato.
“Coraggio, ci vuole tempo, molto tempo ...” strinse più forte la mano attorno alla sua spalla voltandosi leggermente verso il ragazzo “ … ma alla fine tornerete a respirare di nuovo. Credimi, provo un dolore profondo nell'aver scoperto in me troppo tardi l'amore per i tuoi figli” “Non scusatevi signore, le ho ripetuto molte volte che prima o poi sareste cambiato e non vi nascondo che per un po' vi ho odiato signore” “Lo so” “No credetemi, avrei voluto prendervi a pugni dalla mattina alla sera per il male che il vostro silenzio provocava in lei” “Addirittura?” sorrise ma Andrè sospirò “Padre!” si voltarono entrambi attratti da quella vocina squillante “Vieni con noi? Il duca ha detto che con questa bella giornata è un delitto restare fermi qui” “No amore mio, non ho molta voglia di passeggiare” “Ma stiamo via solo qualche ora” “Etienne ...” “Giovanotto” il bambino sbuffò incrociando le braccia sul petto “Si signor generale” “Ora fuori di qui, tua madre sta aspettando” diede una leggera pacca sulla schiena del piccolo voltandolo di nuovo verso la porta “Lisette?” “Si signor generale?” “La lettera di mia figlia è stata riposta al sicuro?” “Si signore” “E così dovrà restare fino a quando non avrà deciso di leggerla chiaro?” un debolissimo inchino prima di lasciarlo di nuovo immobile ad osservare sua figlia oltre il vetro.
Sorrideva o almeno fingeva di farlo, ma restava lì, di fronte al giovane incapace di rifiutargli qualcosa “Sembra felice con lui” “È suo fratello” “Non la vedevo sorridere da giorni” “Per qualche strano motivo Maxime è l'unico in grado di farla uscire dal silenzio” Andrè sospirò senza staccare gli occhi da lei “Sta attraversando un momento orribile, tutti e due siete inchiodati nel dolore ma rivoglio i miei ragazzi Andrè. Vi voglio vedere reagire, voglio vedervi rialzarvi dal buio gelido dove Dio vi ha rinchiusi” tornò a cercare lo sguardo del ragazzo trattenendo un sospiro carico di dolore “Le ho promesso che qualsiasi decisione prenda, qualsiasi cosa scelga di fare sarò qui per lei. Le sarò accanto fino a quando Dio mi permetterà di aprire gli occhi al mattino” “Voi state ...” “Io vi do la mia benedizione” la reazione fu semplice, instintiva, abbracciò il generale dimenticando per un secondo le regole, l'etichetta o qualsiasi altra cosa.
In passato non avrebbe mai nemmeno immaginato di poter fare una cosa del genere ma ora, sentiva in fondo al cuore la voglia tremenda di piangere stringendo tra le braccia l'unico uomo che nella vita era diventato la sua figura paterna.
Lo sentì ridere poi le braccia del generale strette con forza attorno a lui in quel legame rinsaldato che aveva il compito di lenire e soffocare le lacrime di un padre distrutto. 
  
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