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Autore: Shin4    28/01/2016    4 recensioni
La vita a Beika continua a scorrere ininterrotta. Shinichi si ritroverà a dover fare molte scelte difficili per preservare la sicurezza di chi ama mentre l'ombra dell'organizzazione si allungherà sempre più su di lui. Riuscirà il nostro eroe a mantenere il suo sangue freddo, il suo carisma, mentre il mondo sembrerà crollargli addosso?
La mia storia riprende il manga direttamente a partire dal capitolo 940. insomma fresca fresca di novità cercherò di riempire le vostre giornate con nuovi casi, nuove rivelazioni e forti sentimenti che si dipaneranno attraverso questo racconto che prevede essere una lunga fanfiction all'insegna del crimine
Genere: Drammatico, Sentimentale, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti | Coppie: Heiji Hattori/Kazuha Toyama, Ran Mori/Shinichi Kudo
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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Nota d’Autrice
Anche se all’inizio manca un po’ di particolari, non me la sono sentita di modificarlo più di tanto. Ha ceduto all’edonismo della prima stesura.
Per la verità ho preferito concentrarmi sulla seconda parte, decisamente più interessante e coinvolgente,
piuttosto che propinarvi due capitoli separati, che a mio avviso, non avrebbero fatto altro che prolungare troppo l’attesa.
Questo brano l’ho scritto cercando di infondervi tutte le mie emozioni.
Adesso vi lascio alla lettura sperando che un po’ della mi anima possa raggiungere anche i vostri cuori.
 

L’Ultima Volta
 
Era stata una vera ordalia convincere Ran e Sonoko a portarlo con loro, ma alla fine era riuscito nel suo intento.
La sera precedente, dopo aver spiato i due ignari agenti dell’FBI, aveva girovagato a lungo per elaborare un piano d’attacco. L’aria pungente del crepuscolo lo aveva colto ancora in mezze maniche dopo la partita di calcio, ma non era di certo bastato a fermarlo.
Conan non aveva potuto fare a meno di chiedersi se non ci fosse una strategia migliore di quella che sarebbe stata adottata dall’FBI. Loro, costretti dalle circostanze, non avrebbero potuto intervenire direttamente senza rivelare la fuga di informazioni e il conseguente coinvolgimento dell’agente della CIA, Hidemi Hondo alias Reina Mizunashi, infiltrata di nuovo tra i ranghi di quei maledetti con tanta fatica. Si sarebbero quindi limitati a controllare i computer, nella vana speranza di poter ricostruire i dati, che sarebbero sicuramente stati accuratamente cancellati, mentre Kir avrebbe cercato, se possibile, di farne una copia.
No, non ci si poteva limitare ad un’azione cosi marginale. Era di estrema importanza entrare in possesso di quelle ricerche.
Lui per primo doveva agire: non poteva permettere che l’Organizzazione continuasse i suoi studi e ottenesse nuove risposte sull’APTX4869, altrimenti avrebbero potuto scoprire che né lui né Shiho erano effettivamente morti.
E allo stesso modo, purtroppo, se erano davvero quelli i dati contenuti nei dischetti, nemmeno l’FBI avrebbe dovuto analizzarli: nemmeno loro dovevano ancora venire a conoscenza della sua reale identità, perché, più persone l’avessero saputo, più grande sarebbe stato il rischio che la notizia giungesse alle orecchie sbagliate.
E così, camminando per le strade di Beika, scosso dal freddo e dagli starnuti, era finalmente giunto ad una soluzione.
Gli era improvvisamente tornato in mente l’invito alla festa di inaugurazione del nuovo ristorante e non aveva trovato soluzione migliore per entrare indisturbato in quell’edificio, in cui erano temporaneamente custodite le informazioni a cui tanto anelava.
Quando arrivò all'ingresso del grattacielo Ikuzo insieme alla sua amica di infanzia, rimase però parecchio stupito nel ritrovarsi davanti, oltre alla ricca ereditiera, anche Sera.
“Ciao ragazzi!” li accolse quest’ultima sorridendo.
“Quando oggi ha saputo che avresti portato anche quel marmocchio è voluta venire a tutti i costi!” spiegò Sonoko rivolgendosi direttamente a Ran.
“Oh no” pensò il ragazzino. Non poteva allontanarsi come previsto se anche Sera gli avesse tenuto gli occhi addosso per tutto il tempo. Con un meraviglioso, quanto finto sorriso, salutò comunque le altre ragazze, rimuginando, intanto, ad una soluzione.
 
Il locale che si presentò loro davanti era bello da togliere il fiato.
Lo stile occidentale ultramoderno regnava incontrastato: le linee morbide e ricercate avvolgevano tutto l’arredamento, regalando una forte sensazione di continuità all’intera sala. Il bianco candido dei tavoli risaltava in contrasto alle rifiniture in oro e nero delle pareti. La luce calda e soffusa delle candele si rifletteva sulle posate d’argento, creando eccentrici giochi di luce. Delle immense vetrate si aprivano sullo sfondo su una vasta terrazza, permettendo una meravigliosa vista della città notturna illuminata. E infine, una musica dolce permeava l’ambiente, dando un ulteriore tocco di classe all’intera atmosfera.
“Ohh” mormorò Ran estasiata non appena fece il suo ingresso nella sala.
La stessa espressione rapita si rispecchiava nei volti dei due detective.
“Eh già, puoi ben dirlo” sogghignò Sonoko mentre con una mano richiamava l’attenzione di un cameriere.
Furono accompagnati ad uno dei tavoli di fianco alla vetrata, proprio vicino al palchetto dove, più tardi, una giovane cantante avrebbe intrattenuto gli ospiti per il resto della serata. Si sedettero smarriti, lanciando sguardi attoniti agli altri presenti nella sala, ancora sorpresi da tanta magnificenza.
 
La cena proseguì in modo piacevole fra le chiacchiere delle ragazze, che finalmente si erano lasciate andare, riacquistando un po’ di sicurezza.
E mentre si avvicinava l’ora in cui Conan avrebbe dovuto inevitabilmente lasciare il tavolo per andare a controllare il piano superiore, diverse portate si susseguirono l’una all’altra fino ad arrivare ad una fantastica torta al liquore e panna.
“Wow che mangiata ragazzi” esclamò Sera sospirando sonoramente.
“Già, grazie davvero Sonoko per averci invitate qui” sorrise Ran sincera all’amica, che liquidò il tutto con un gesto della mano.
Il tintinnio delle posate si stava quietando e mentre gli ospiti più lontani si alzavano dai rispettivi tavoli per sistemarsi attorno al palco, una ormai nota quanto fastidiosa sensazione di calore e vertigine si stava impossessando del ragazzino, che era rimasto zitto per la maggior parte del tempo.
“Ma che diavolo succede, perché sento così caldo?”
I primi sospetti si stavano insinuando nella sua mente e non erano certo confortanti.
“Sonoko-neechan sai per caso dirmi che cosa c’era nella torta che abbiamo assaggiato per ultimo?”
“Se non ricordo male era un pan di spagna alla panna e fragole imbevuto in tre liquori diversi” rispose lei pensierosa.
“Non sarai mica ubriaco Cona-kun?” domandò Sera, trattenendo a stento una risata.
Un’occhiata preoccupata di Ran lo raggiunse all’istante.
“No, no, era solo che era davvero buona!” replicò lui cercando di non far trasparire i primi segni del malessere.
Se come sospettava fra quelli c’era anche il Paikal si potevano spiegare molte cose. Ma continuava a non capire come avesse potuto attivare la trasformazione, poiché era certo che, come gli aveva spiegato il professore, e in seguito anche Ai, non avrebbe più dovuto fare effetto dopo la prima volta che l’aveva bevuto per colpa di Heiji.
Eppure un forte dolore al petto gli tolse il fiato, levandogli al contempo ogni dubbio.
“Ran-neechan io devo andare un attimo al bagno” si affrettò quindi a dire lui, alzandosi bruscamente dalla sedia.
“Che c’è Conan-kun, forse non ti senti bene?”
“No è tutto a posto. Torno presto” rispose lui con un sorrisino tirato per poi allontanarsi di corsa, cercando di districarsi fra la folla verso l’uscita della sala.
 
Sera, non appena era venuta a conoscenza della festa, aveva fatto di tutto pur di partecipare.
Il suo istinto da detective le aveva suggerito che, se il ragazzino con gli occhiali si era dato tanta pena pur di convincere l’eccentrica ereditiera, allora era davvero un’occasione da non perdere. Sospettava che le risposte che da tempo cercava si nascondesseroo in qualche modo all’interno di quell’edificio.
E quando aveva visto l’espressione stupita e contrariata del ragazzino non aveva potuto non gioire: anche se non sapeva ancora come, era certa che avrebbe presto ottenuto le conferme che da tempo aspettava.
L’aveva osservato con circospezione per tutta la sera. Aveva sempre mantenuto il classico atteggiamento innocente e rilassato per quasi tutta la durata della cena, intervenendo nella conversazione con qualche commento curioso, e al contempo sagace, solo ogni tanto, giusto il necessario per ricreare un’interpretazione perfetta, degna di un ottimo attore.
Si era, quindi, immediatamente accorta, verso la fine, che c’era qualcosa di strano: il suo comportamento era mutato improvvisamente, come se qualcuno lo avesse pungolato sulla sedia. I lineamenti dolci del viso si erano fatti tirati e il corpo aveva acquisito una rigidità innaturale.
“Ran, non credo che Conan-kun stesse molto bene” commentò una volta che il ragazzino si fu dileguato fra la folla.
“Dici che dovrei andare a controllare?” rispose l’altra preoccupata.
“Forse è meglio”
“Ma no, probabilmente avrà semplicemente mangiato un po’ troppo. Non hai visto come si è fiondato sulla torta il moccioso?” replicò Sonoko, fermando sul nascere il tentativo delle ragazze di seguire il bambino.
Quelle parole però non fugarono del tutto i dubbi di Ran e tanto meno quelli di Masumi.
“Dai ragazze lo spettacolo sta per cominciare, non possiamo allontanarci proprio adesso”
“E se avesse bisogno di aiuto?” domandò Ran in risposta.
Sera sostenne il suo sguardò solidale, non tanto preoccupata per come potesse stare, quanto per quello che potesse fare.
“Ran facciamo cosi” disse allora Sonoko per tranquillizzare l’amica “Se non torna entro poco andremo a cercarlo, ok?”
Solo un lieve “Va bene” fece capolino dalle labbra di Ran, mentre quelle di Sera si stiravano in una chiara espressione di scontento.
Avrebbe seriamente voluto seguire il ragazzino, ma non poteva allontanarsi anche lei senza far insospettire ulteriormente la mora. Una sensazione non ben identificabile sconfisse anche il suo ultimo tentativo di resistenza.
Rimase seduta al tavolo contemplando la sala, sperando con tutto il cuore che i suoi sospetti fossero infondati.
 
Ma la giovane detective aveva ragione, Conan che si era rinchiuso in uno degli stanzini dei bagni, stava soffrendo enormemente a causa dell’imminente trasformazione. Teneva i denti digrignati, cercando di non lasciarsi sfuggire nessun suono, per evitare di attirare l’attenzione di qualcuno che, al posto di un bambino, avrebbe presto ritrovato un giovane diciassettenne seminudo rannicchiato sul pavimento.
Un ultima scossa, più forte delle altre, fece tremare il suo corpo e il piccolo non riuscì più a trattenersi dal gridare.
Si ritrovò steso sul marmo freddo, con i vestiti di Conan, che non era riuscito a togliersi in tempo, fatti a pezzi attorno. Fortunatamente il suo urlo era stato coperto dall’acuto della giovane solista che, a chiusura della prima canzone, aveva suscitato uno scroscio di applausi.
Shinichi si osservò allo specchio: aveva riacquistato il suo corpo da liceale nel momento meno opportuno e soprattutto senza capire bene come. Inutile farsi domande di cui non aveva la risposta, meglio sfruttare l’opportunità fintanto che l’effetto temporaneo del liquore persisteva.
Il problema successivo era trovare dei vestiti che scovò però, senza troppe difficoltà, nella stanza accanto riservata al personale: una divisa da cameriere con giacca e pantaloni neri accompagnata dall’immancabile camicia bianca. Prese anche un cappellino con visiera, dimenticato lì, con ogni probabilità, da qualche inserviente. Gli sarebbe tornato utile per nascondere almeno parzialmente il volto, nel caso in cui ci fossero state delle telecamere al piano superiore che, a causa di Masumi, non era ancora riuscito a controllare.
Dopo aver buttato i resti dei suoi vestiti ed aver recuperato il farfallino cambiavoce e l’orologio anestetizzante, mandò rapidamente un messaggio a Ran in cui diceva che, sentendosi poco bene a causa di una probabile indigestione, aveva chiamato il dottor Agasa per farsi venire a prendere e avrebbe passato la notte da lui.
In teoria se si fosse ripetuta la scena della prima volta, l’effetto del Paikal non sarebbe durato per più di una mezz’ora circa, ma dato il risvolto inaspettato della serata era meglio prendere le adeguate precauzioni, anche perché non poteva rimanere chiuso in bagno aspettando che l’effetto passasse. Doveva approfittare di quel poco tempo guadagnato per fermare lo scienziato e recuperare i dischetti prima del fatidico incontro.
E cosi mentre la festa proseguiva immutata di sotto, Shinichi, salite le scale di servizio, iniziò ad avventurarsi con cautela per i corridoi del 50-esimo piano.
Fortunatamente di telecamere in vista non ce ne erano. Evidentemente quegli uomini tenevano a tal punto al proprio anonimato da peccare in sicurezza. Meglio per lui.
Un lieve bagliore spiccava da sotto la porta dell’ultima stanza in fondo, e mentre si avvicinava con cautela riuscì a captare anche qualche parola. Si infilò nella stanza attigua, cercando di fare meno rumore possibile. Se la struttura era identica, come sembrava, a quella dei piani inferiori allora i muri divisori sarebbero stati abbastanza sottili da permettergli di capire, almeno un minimo, ciò che stava avvenendo nell’altra stanza. Il suono ovattato di una conversazione giunse alle sue orecchie e anche se, non coglieva del tutto il senso delle parole, almeno poteva dedurre dalle voci che fossero solo in due.
“Hai finito di copiare i dati?” chiese uno con tono burbero.
“Fatto, fatto! Non mi resta che eliminare ogni documento dal computer” disse l’altro con voce stridula e allarmata.
“Muoviti, il nostro incontro è fissato per le 23 precise e sai che a Gin non piace aspettare.”
“S-si si certo, faccio in fretta.”
Dal tono della conversazione sembrava proprio che le informazioni dell’FBI fossero corrette. Il primo uomo doveva essere quello assoldato dall’Organizzazione come guardia del corpo, quanto al secondo, era indubbiamente il giovane scienziato che si era trovato implicato per caso in quella brutta situazione.
Che grave errore non voler dare assolutamente nell’occhio. Dovevano pensare che nessuno sarebbe potuto venire a conoscenza dello scambio, altrimenti non sarebbero stati così incauti.
Shinichi sorrise tra sé e sé: era certo che quei dati fossero importanti se si premuravano di rimuoverli non appena il flusso normale e controllato all’interno dell’edificio veniva alterato e se per di più Gin si era scomodato per ricevere i file in prima persona.
Il detective si apposto dietro la porta pronto ad intervenire.
Il ronzio di sottofondo era cessato, chiaro segno che il computer fosse finalmente stato spento e che gli uomini si apprestassero a lasciare la stanza.
Non appena quei due uscirono in corridoio, avviandosi nella sua direzione, lui aprì di colpo la porta, mandandola a sbattere contro l’uomo più grosso. A giudicare dal rigonfiamento della giacca, quella doveva essere la guardia armata.
L’ingresso in scena del ragazzo li prese entrambi di sorpresa e ciò permise a Shinichi di mettere fuori gioco il primo con un calcio allo stomaco ben assestato.
Lo scienziato, che si era fatto prendere dal panico, si riprese in fretta e, raccogliendo da terra la pistola estratta per metà dal suo collega, si diede alla fuga.
Shinichi, impegnato con l’uomo che era svenuto cadendogli sopra, lo vide passargli da parte con ancora il camice bianco stampato addosso.
Controllò rapidamente le tasche del primo, assicurandosi che non fosse in possesso dei dischetti incriminanti e poi seguì il secondo, che intanto aveva raggiunto le scale.

 
Due piani più sotto le ragazze si erano allontanate dalla sala, per andare in cerca del ragazzino con gli occhiali che non era più tornato. Ran non aveva più avuto sue notizie ed ora, visibilmente preoccupata, si aggirava per i corridoi cercandolo, ovviamente senza particolare successo.
“Ma dove si sarà cacciata quella peste? Mi sto perdendo tutto il concerto per colpa sua” brontolò Sonoko, che sarebbe volentieri rimasta alla festa.
“Ran prova a vedere se ti ha inviato qualche messaggio” provò a suggerire Masumi, l’unica delle tre che manteneva la calma.
“Aspetta” replicò lei fermandosi davanti alle scale principali e frugando vigorosamente nelle tasche della borsa alla ricerca del cellulare.
“Oh sì, c’è un messaggio di Conan! Dice che ha avuto un indigestione e si è fatto venire a prendere dal dottore.” Si scusò la ragazza dispiaciuta di aver creato scompiglio.
“Visto? Cosa ti avevo detto io?” ribadì l’ereditiera.
“Ma non poteva chiamarmi o venire a dirmelo di persona?” continuò Ran
Sera si fece scura in volto ma rispose con calma “Probabilmente se stava male non avrà voluto venire a cercarti in mezzo alla calca di gente e sapendo che non avresti sentito l’avviso di chiamata avrà optato per il messaggio”
“Già può darsi, beh speriamo che non sia nulla di grave.”
Il gruppo venne interrotto bruscamente dal rumore dello sbattere di una porta.
Le tre, voltandosi simultaneamente, videro un uomo correre verso la loro direzione. Aveva il volto pietrificato dal terrore e gridava “Lasciami stare, non ho fatto nulla di male!” come se un mostro inumano fosse proprio dietro di lui.
“Ma che diavolo…” tentò di dire Sonoko, chiaramente confusa a quella vista.
“Attente ragazze quel tizio non mi piace, in più sembra avere qualcosa di strano in mano” precisò Sera, parandosi davanti alle altre due e disponendosi in posizione da attacco.
All’improvviso un’altra figura comparve in fondo al corridoio, alle spalle del primo uomo, del tutto impegnato nell’inseguimento.
“Toglietevi di lì! Quel tizio è armato e pericoloso!”
Il cuore di Ran mancò un battito. Quella voce l’avrebbe riconosciuta d’ovunque possibile che…
Lo scienziato si scaraventò giù dalle scale, passando loro da parte senza degnarle nemmeno di uno sguardo, mentre l’altro stava chiaramente recuperando terreno.
“Andate immediatamente via di qui e chiamate la polizia. Al piano superiore in fondo al corridoio c’è un uomo svenuto che va preso immediatamente in custodia”
Mentre Masumi e Sonoko, perplesse da quelle parole, stavano ancora tentando di capire che cosa stava succedendo, il cuore di Ran si arrestò per la seconda volta.
Il ragazzo le sorpassò a sua volta e si lanciò per le scale lasciandosi scivolare sul corrimano.
Un colpo di pistola squarciò il silenzio e gli fece volare via il cappello dalla testa.
“SHINICHI!” urlò Ran sconvolta per l’improvvisa apparizione del ragazzo che era sempre nei suoi pensieri.
“Ehhh! Ma non è possibile!” articolò Sera del tutto colta di sorpresa.
“Oh mio Dio” le fece eco la terza incapace di mormorare qualcosa di più.
Il ragazzo atterrò sullo scienziato dando un calcio alla pistola che volò lontano sul pianerottolo. Si accasciarono momentaneamente entrambi per la botta ricevuta.
Lo scienziato si districò per primo da quella mischia di gambe e di braccia. Si lanciò giù dall’altra rampa di scale, cercando di guadagnare sul poco vantaggio ricevuto.
Nel frattempo anche Shinichi si era ripreso, e con un sorriso malizioso stampato in volto, raccolse uno dei due dischetti che l’uomo aveva evidentemente lasciato cadere per sbaglio. Si rialzò in piedi e, senza curarsi degli sguardi sbalorditi delle ragazze, rincorse il suo uomo fino a giungere davanti le porte dell’ascensore del piano inferiore, che si chiusero però davanti a lui.
“Accidenti, se non mi dò una mossa lo perderò” pensò prendendo il secondo ascensore e pregando che questi si sbrigasse a scendere.
Intanto la giovane bruna si riscosse dal torpore quando una grande rabbia, mista ad apprensione, iniziò ad affacciarsi nel suo cuore. Cosa diavolo stava succedendo? Perché l’aveva degnata a malapena di uno sguardo, senza curarsi affatto di lanciarsi nel mezzo del pericolo? Soprattutto quando in teoria LUI doveva trovarsi dall’altra parte del mondo?
Non aveva intenzione di lasciarlo andare questa volta.
Si lanciò nell’inseguimento mentre Sera tentava inutilmente di fermarla afferrandole una spalla. “Aspetta Ran!”
Ma la prima dirigendosi di fretta giù per le scale replicò “Ragazze io lo inseguo, intanto voi chiamate la polizia”
“No Ran fermati, potrebbe essere pericoloso!” gridò Sonoko rivolta, ormai, ad una scala vuota.
“Lascia perdere, avvisiamo la polizia e cerchiamo di capire cosa sta succedendo qui” disse decisa Sera prendendo in mano la situazione.
La gente, intanto, che aveva sentito lo sparo, iniziava ad affacciarsi sul corridoio basita e ad accorrere per capire l’origine di tutto quel trambusto.
 
Gli altri due nel frattempo avevano raggiunto l’uscita. Lo scienziato tentava di dileguarsi zizzagando in mezzo gente. Shinichi gli stava alle calcagna, seguito a ruota da Ran che, intanto, aveva iniziato ad urlare il suo nome.
Il ragazzo fece uno scatto per aumentare la distanza da lei e impedire che lo raggiungesse.
Si fermò un momento per scrutare la folla e cercare di capire quale direzione avesse preso il malvivente, riuscendo ad intravedere un camice bianco che scompariva all’interno di un vicolo.
Raggiunto però l’ingresso notò che non si vedeva più nessuno.
Avanzò correndo, ma quelle viette tortuose, che si dipanavano davanti a lui come un labirinto, l’avevano messo in scacco. L’aveva perso.
Una nuova fitta al petto lo scosse all’improvviso mozzandogli il respiro. Si appoggio con una mano al muro respirando forte. Per la corsa e l’adrenalina si era scordato che l’effetto temporaneo del Paikal sarebbe durato poco ed ora il tempo stava per scadere.
Un flash lo colse all’improvviso: Ran lo aveva seguito fra la folla. Era abbastanza sicuro di averla seminata ma se per caso avesse deciso di avventurarsi fra i vicoli l’avrebbe scoperto. Non poteva tornare bambino davanti ai suoi occhi, non adesso! E peggio ancora, dato che lo scienziato era fuggito a piedi, probabilmente il luogo d’incontro non era lontano, e lei rischiava di fare una brutta fine. Doveva fare qualcosa.
Tentò un passo, ma un’altra fitta dolorosa lo travolse, costringendolo a rimanere dov’era, stringendosi il petto per il dolore.
Molto probabilmente non sarebbe riuscito comunque ad allontanarsi di lì, ma una vibrazione alla gamba bloccò qualsiasi altra sua mossa. Qualcuno che ben conosceva lo stava chiamando al cellulare e lui le doveva almeno delle spiegazioni.
“Pronto, Ran?” rispose con voce calda e affannata per l’imminente trasformazione e la corsa.
“Shinichi dove diavolo sei? Cosa sta succedendo?”
“Ran non ho tempo adesso”
Ma la ragazza lo interruppe bruscamente “Mi avevi detto di essere all’estero e poi sbuchi così all’improvviso e sparisci nello stesso modo, inseguendo un tizio che per poco non ti sparava. Voglio sapere cosa succede!”
Sentì la rabbia e la preoccupazione trasparirle nella voce.
Cosa poteva dirle? Aveva così poco tempo. Perché doveva andare sempre così?
“Sono stato ingaggiato per un incarico per cui mi è stata chiesta la massima riservatezza. Mi spiace ma non ti posso fornire maggiori dettagli. È stata una richiesta esplicita del mio cliente ecco perché nessuno doveva sapere che mi trovavo in città”
“Bugie, bugie, sono tutte bugie!” Urlò la ragazza dentro il ricevitore.
“Ma…”
“Non c’era bisogno che mi spiegassi i dettagli, sai bene che se mi avessi chiesto di non farlo io non avrei detto niente a nessuno. Potevi avvertirmi, potevi venire a trovarmi, non ci vediamo da un secolo e sono convinta che adesso te ne andrai di nuovo come se nulla fosse successo. Non mi avresti mai detto di essere stato qui se non ci fossimo incontrati, vero?”
La ragazza attese, ma nessuna risposta arrivò dall’altro capo del telefono, soltanto respiri affannosi di un ragazzo che lei, non poteva sapere, stava soffrendo terribilmente sia nel fisico che nel cuore.
“Beh allora, rispondimi Shinichi! Io sono qui che non faccio altro che aspettare perché mi hai promesso che saresti tornato, ma tu sembri non curartene affatto. Non te ne importa nulla. Ti prendi gioco di me ed io come una sciocca sono qui ad aspettare.” Disse con il tono di voce che si affievoliva, riducendosi ad un sussurro.
Shinichi si accasciò contro il muro trafitto da mille invisibili lame. Non sapeva cosa replicare.
La ragazza che più amava e mai avrebbe voluto ferire distava solo pochi metri da lui e non poteva raggiungerla. Non poteva abbracciarla, non poteva guardarla, non poteva confortarla in nessun modo.
Anche il cielo sembrava provare dolore e le prime gocce di pioggia iniziarono a scendere sulla città, mentre le accuse di Ran gli scavavano un grosso solco nel cuore.
Oramai il tempo era quasi scaduto, fra poco non sarebbe più riuscito a parlare, doveva chiudere in fretta la chiamata, ma la lingua si era bloccata, conscio di essere davanti ad un momento decisivo per la sua vita.
Con un sorriso triste ed amareggiato rispose, rivolgendo il viso al cielo per accogliere le lacrime che il mondo aveva deciso di piangere per lui.
“Hai ragione, non è giusto che io ti faccia soffrire così. Vai avanti con la tua vita e dimenticati di me. Non aspettarmi più Ran”
Parole che gli uscirono di bocca pesanti come macigni mentre una lacrima solitaria si affacciava sul suo volto, accolta dalle guance già rigate di pioggia.
Non aggiunse altro perché un dolore insopportabile gli stava lacerando il petto costringendolo a richiudersi su se stesso scosso dagli spasmi.
Così mentre un urlo di dolore si scagliava nel cielo soffocato dal ticchettio dell’acqua e dai rumori della città, dall’altro capo del telefono una ragazza cadeva in ginocchio colpita da quelle parole.
“Non aspettarmi più Ran”
Una semplice frase che aveva la capacità di far crollare ogni sua certezza, più della sua mancanza, più della sua assenza, più delle sue sparizioni improvvise.
E allora non importava più se si trovava fradicia accasciata su un sordido marciapiede, perché tutto il suo mondo era appena andato in frantumi per colpa di quelle poche parole.
   
 
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