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Autore: depressed girl00    28/01/2016    0 recensioni
" E se ti dicessi che ti amo tu cosa faresti? " mi disse Diego prendendo una delle mie cuffiette che in quel momento stavano cantando la canzone del mio Tiziano “Incanto”. Lo guardai negli occhi, aveva un velo di malizia ma in quegli occhi non c’era cattiveria, continuai a guardarlo negli occhi non sapendo cosa rispondergli. Avrei voluto dirgli che probabilmente se me l’avesse detto gli avrei risposto che anche io lo volevo e gli sarei saltata addosso, ma non glielo dissi, mi limitai a sorridere e ad allontanarmi da lui togliendogli la cuffietta dall’orecchio. Stavo per girarmi per andarmene, quando Diego bruscamente mi prese per il braccio, mi girò verso di lui e mi avvicinò a lui cintando la mia vita con il suo braccio. Mi guardò e io lo guardai, si riprese la cuffietta. In quel momento i nostri visi erano vicini, fin troppo vicini. Mi baciò sulle dolci note di quella canzone. Mi lasciai trasportare dalle sue labbra, dal suo modo di baciarmi, dal suo modo di farmi sentire bella…
Storia scritta a 4 mani. Un misto di emozioni e drammi.
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
Capitoli:
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Mi svegliai nel cuore nella notte con il cuore in gola. Avevo fatto un brutto sogno. Mi alzai e vidi che Giulia era tornata. Le misi una coperta sulle spalle per poi uscire dalla stanza. Scesi in salotto e accesi la Tv, erano circa le 3 di notte. Dopo poco mi addormentai... Mi svegliai ore dopo coperta da un lenzuolo leggero che mi copriva le gambe poco coperte da un pantaloncino. Mi alzai e andai in cucina, mi legai i capelli con il codino che avevo sul polso, facendo una coda disordinata. Feci il caffè ed aspettai. << Buongiorno >> disse entrando in cucina Diego. Gli sorrisi e chiusi sotto alla macchinetta del caffè. << Stanotte come mai eri in salotto? Sembravi infreddolita >> disse guardandomi dolcemente. Mi aveva coperta lui. << Non riuscivo a dormire >> risposi indaffarata a riempire le tazzine del caffè. Gliene porsi una. Dopo pochi minuti passati in silenzio entrò Giulia con aria assonnata e confusa. << Giorno >> disse sbadigliando. Le sorrisi porgendo, anche a lei, una tazzina di caffè. Ad un tratto qualcuno bussò alla porta. Guardai con aria interrogativa i due e mi affrettai ad andare ad aprire. << Cerco Giulia Feenk >> disse un bel uomo sulla trentina fermo sulla porta. Aveva dei lineamenti del volto che mi ricordavano qualcuno che già conoscevo. Aveva dei bellissimi occhi chiari. Dopo essere uscita dal mio stato di coma ad osservarlo, << E tu saresti...? >> chiesi. Giulia uscí dalla cucina e il volto di quel tizio si fece truce. << Sono suo.... >> iniziò a dire indicando Giulia alle mie spalle. Lei lo interruppe indicandogli di entrare e dicendo << Mio fratello >>. La guardai stranita. Suo cosa?! E da dove usciva?!! Perché non mi aveva mai detto niente, non sopportavo essere all'oscuro di qualcosa. << Piacere Gabriele >> disse porgendomi la mano che strinsi e risposi << Piacere Emma >>. Gli sorrisi. << Ora per favore lasciaci soli >> disse Giulia nervosa e con un velo di antipatia. La guardai male e salì le scale. Mi lavai e vestì e uscí di casa velocemente senza degnare i due nel salotto di un misero sguardo. Pov Giulia << Posso? >> chiese Gabriele indicando il divano. Lo feci accomodare e mi sedetti accanto a lui. Spiegargli di George sarebbe stato difficile. Mi osservò a lungo e poi vide la collana. << Ce l'hai ancora? >> chiese facendo una risata amara. << Già... >> risposi osservando attentamente quel cuore che pendeva dal mio collo. << È stato l'unico ricordo che ho avuto di te in tutti questi anni >> dissi fulminandolo con lo sguardo. Lui abbassò lo sguardo. << Da te non me lo sarei mai aspettato, eri il mio fratellone, avevo bisogno di te e tu te ne sei andato, da perfetto egoista. >> dissi arrabbiandomi. << Non riuscivo a stare in quella casa, i nostri genitori mi mancavano e tu più crescevi e più somigliavi a nostra madre e non potevo continuare a... >> il suo discorso si fermò per dare spazio ad un suo respiro. << A vivere in quel modo >> finí la frase. Lo guardai con tristezza. << Poi ho iniziato un'altra vita a New York e da lì in poi é andato tutto a gonfie vele, poi arrivo qui e ti trovo incinta? >> urló arrabbiato. << Sei partito dimenticando tutti anche me e l'unica cosa che riesci a fare ora, dopo 10 anni che non ci vediamo, l'unica cosa che riesci a fare é rimproverarmi? Ma ci pensi mai che forse é anche un pó colpa tua se ora sono così ? >> chiesi esasperata. Mi guardò confuso << Colpa mia? >> chiese urlando. << Sì, perché se tu non te ne fossi andato lasciandomi sola io non starei qui >> urlai con tutta me stessa. Cazzo, avevo buttato la bomba!. Mi sedetti sul divano contenendo la rabbia e lo invitai a sedersi. << Ricordi George? Quel mio caro amico? >> dissi calma. << Sì ma cosa c'entra lui? >> chiese confuso. << Ecco, lui mi era sempre stato vicino da quando tu te ne eri andato ma nostra sorella lo aveva tenuto lontano da me. Un giorno, avevo circa 16 anni, uscimmo insieme e da lì iniziò la nostra storia. Poi iniziò a picchiarmi e ad abusare del mio corpo e.... >> gli spiegai trattenendo le lacrime. Ricordare quelle cose mi faceva male. << E poi sono rimasta incinta >> finí la frase. Si alzó facendo una risata amara e mettendosi le mani nei capelli. << Tu stai mentendo! Lui non farebbe mai una cosa del genere >> urló arrabbiato. Lui non mi credeva, lui mio fratello. Mi tolsi nervosamente la collana e gliela buttai addosso con rabbia. << Non ci credo, tu credi io stia mentendo >> dissi arrabbiata a mia volta. Lui prese il telefono e fece una chiamata sentì dire allegramente da Gabriele << Pronto George amico mio >>. Aveva il numero di George? Ah si lui era come un secondo fratellino quando stava ancora con noi. Mise il viva voce in modo da farlo sentire anche a me. << Gabriele? Da quanto tempo... tutto bene? >> chiese con voce poco serena. << Sisi, ma l'ultima volta che hai visto mia sorella quando é stata? >> rispose Gabriele. << Mh >> George non sapeva cosa rispondere. << L'ultima volta era a Madrid con il suo fidanzato >> rispose. Forse stava tralasciando qualcosa. << Io sono qui con lei e mi ha raccontato una storia assurda in cui tu l'hai messa incinta.... non ti sembra folle? >> chiese ridendo. Dall'altra parte solo silenzio. Guardai Gabriele con disprezzo. Più lo conoscevo più mi sembrava un uomo duro, non mi esprimeva nessun sentimento. Niente di niente. Sembrava un uomo freddo come il ghiaccio. << Non sta mentendo >> rispose finalmente George dall'altro lato del telefono. Gabriele digrignó i denti arrabbiato. Si passò una mano in faccia con fare disperato. << Brutto stronzo! Io prima di partire ero consapevole che tu, anche se piccolo, le saresti stato sempre vicino. Ci siamo sentiti quasi tutti i giorni dopo che io partì, eri un bambino intelligente ed eri affezzionato a me. Ed ora cosa scopro? che tu l'hai violentata? >> disse arrabbiato. << Mi dispiace >> rispose George. Presi il telefono da mano a Gabriele e chiusi la chiamata. Mi guardò male ma cambiò espressione << E quindi hai deciso di tenere il bambino >> disse lui. << La bambina >> lo corressi. Mi guardò freddo, impassibile. Ma lui chi era? Dov'era mio fratello? << Chiunque sia quell'essere che sta crescendo in te non mi interessa niente. Nè di te né di lei. NIENTE. >> disse Gabriele. Una lacrima scese sul mio viso, poi un'altra. Come poteva dire quelle cose?. Uscí arrabbiato dalla porta principale. Entrai tristemente nella mia camera dove mi stesi sul letto e piansi. POV EMMA Uscita di casa mi diressi ad un parchetto lì vicino. Adoravo stare lì. Ero arrabbiata, molto arrabbiata. Con Giulia per non avermi detto niente di quel tizio, il cui nome non ricordavo, con me stessa perché mi arrabbiavo per così poco. << Una volta mi dicesti che ti piaceva stare in questo posto, obbiettivamente hai ragione, si sta tranquilli. >> disse cauto Francesco sedendosi sulla panchina affianco a me. Gli sorrisi, nascondendo la mia rabbia. Mi ricordai di quello che avrei dovuto dirgli molto tempo prima... << Grazie per quando... >> iniziai a dire titubante, mi guardò aspettando che continuassi. << ... Per quando mi hai "salvata" da Antonio >> finì di dire mimando le virgolette con le dita. Sorrisi ma lui mi guardò serio. << É stato brutto eh? >> chiese. Lo guardai e delicatamente poggiai la mia testa sulla sua spalla. Come si fa con un amico quando si é in difficoltà. << Molto >> risposi solamente. << Non posso dire di non averci mai pensato >> dissi. << A cosa? >> chiese cercando di capire cosa stessi dicendo. Sospirai e dissi << Al sesso con lui. Ma non volevo farlo in quel modo e sopratutto io mi fidavo di lui e lui mi ha deluso. >>. << Non puoi condannarlo a vita però >> rispose. << Lo so >> dissi ovvia e triste. Mi abbracciò e restammo in silenzio per vari minuti. << Gabriele non ci voleva proprio in questo periodo. Tu sai qualcosa di lui? >> disse Francesco scocciato. << Non sapevo neanche dell'esistenza di questo tizio >> risposi nervosa. << Ben venuta nel club >> disse dandomi il cinque. Risi nervosamente. Ripensai alle parole di Francesco e chiesi << Perchè proprio in questo momento? >>. << Tra il trasloco e la gravidanza... >> rispose. << Cosa, cosa, cosa? >> chiesi spaesata. << Vi trasferite? >> chiesi arrabbiata. Lui mi guardò confuso << Non sapevi niente? >> disse dispiaciuto. << No >> risposi doppiamente dispiaciuta. << E dove ve ne andreste? >> chiesi. << In una casa qui vicino, l'ho comprata per noi. Ormai sta per nascere la bambina e io voglio regalarle una famiglia. Io la amo. >> disse sorridendo. Sorrisi anche io, mi dispiaceva che lei non condividesse la sua felicitá con me. Mi alzai e camminai verso casa seguita da Francesco. A casa non c'era più Gabriele, né la sua macchina. Salí in camera dove c'era Giulia che piangeva. Mi si strinse il cuore. In quel momento tutta la rabbia mi sembrò stupida, era lì come una bambina a piangere. Mi avvicinai e la strinsi in un abbraccio. Dopo, quando si calmò, mi raccontò la sua storia, la storia dei suoi genitori e dei suoi fratelli. Bastardo Gabriele. Ero felice che andava a vivere con Francesco, se era la cosa che voleva... io ci sarei sempre stata. Quella giornata passò in fretta tra baci e lacrime. Scesi in cucina a preparare il pranzo con l'aiuto di Giulia. Non avevo ancora aperto il discorso "casa" con lei. << Senti... Francesco mi ha detto della casa >> dissi guardandola mentre riempivo la pentola d'acqua. Mi guardò sorpresa e abbassò lo sguardo. Non sentendola parlare decisi di continuare io << Avrei preferito saperlo da te ma, se sei felice di andare a vivere con lui lo sono anche io >> dissi sorridendole. Mi abbracciò felice come non mai. << Grazie grazie grazie >> disse. Mangiammo in totale silenzio. Diego e Antonio non si parlavano e l'un l'altro cercavano di intimorisi a vicenda. Giulia e Francesco erano impegnati a pensare a cosa portare nella nuova casa e probabilmente pensavano anche a Gabriele. Io ero lí a mangiare immersa nei miei pensieri. Il pomeriggio uscì di casa per prendere una boccata d'aria per le strade di Madrid. Misi le cuffiette, come sempre, e mi fermai in un bar dove presi un caffè. Mi sedetti fuori dove c'era una specie di parco dove i bambini stavano giocando. Tolsi le cuffie e osservai i bambini, erano cosí puri, così innocenti. Non si meritavano del male. Mi spuntò un sorriso ingenuo. Chiusi gli occhi per sentire. Si sentiva solo il cinguettio degli uccelli e le voci dei bambini. Meraviglioso. << Hai sempre amato i bambini >> disse una voce facendimi sobbalzare. Ma era ovunque? Mi girai a guardare Antonio e poi richiusi gli occhi facendo una risata amara. << E tu cosa ne sai di me? >> risposi sempre tenendo gli occhi chiusi ma con un tono quasi rassegnato. << Emma ascolta... >> iniziò a dire. << Già sto ascoltando >> risposi cauta. Aprì gli occhi e mi girai ad osservarlo, aveva l'aria stanca ma aveva anche l'aria di chi non si sarebbe fermato facilmente nel suo intento. << Mi perdonerai mai? >> chiese dolcemente. La mano fasciata e quell'occhio nero provocato da Francesco sembrava che era andato ad un incontro di box. I miei occhi si velarono << Non lo so >> risposi solamente prima di scoppiare in un pianto isterico. Stava andando tutto male, tutto a puttane. Mi guardò dispiaciuto e si alzò per andarsene. << Resta qui >> dissi in un sussurro. Sbarró gli occhi a quelle parole e si sedette alla sedia più vicina a me. Mi prese le mani tra le sue ma io le ritrassi. << Ecco qual é il problema:io ho paura di te >> dissi mentre una lacrima scendeva sul viso arrossato. Lui mi guardò come se avessi detto la cosa più brutta del mondo. Conoscendolo non si sarebbe dato pace dopo aver sentito quelle parole. Avvicinò una mano per accarezzare una guancia. All'inizio indietreggiai ma poi, tremando, mi avvicinai facendo posare la sua mano calda su di me. << Non devi avere paura di me. Guardami, sono solo io >> rispose ovvio alterandosi. Da dolce ad arrabbiato. Bene! << Non eri così l'altra notte >> gli rinfacciai pentendomi subito dopo aver visto la sua espressione delusa di me? Ma? << Sai che non ero in me quella sera >> rispose arrabbiato. << Già... >> dissi solo. Non avevo le forze, non più. Si tranquillizzò, forse avevo capito. Lui non era arrabbiato con me. Ma con sé stesso. Non era deluso di me, ma di sé. << Cosa hai fatto alla mano? >> chiesi cambiando discorso. Rise nervosamente. << Colpa tua >> disse. Cosa? Lo guardai interrogativa. << Più che altro colpa mia, colpa di quello che provo per te. >> continuò a dire senza togliermi gli occhi di dosso. Le sue labbra mi facevano impazzire, le volevo sulle mie. Emma calma! Lui era uno stronzo! Lo guardai ma non dissi niente, richiusi gli occhi e sentí la sedia posarsi accanto a me. Se ne era andato...
  
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