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Autore: Manu75    28/01/2016    1 recensioni
"…e tu, femmina dai capelli chiari e dagli occhi freddi e algidi, nel tuo orgoglio soccomberai…prigioniera in una cella di ghiaccio, né calore, né gioia, né amore…tutti voi sarete condannati…io vi maledico! Black, da questa sera, vorrà dire disgrazia e sofferenza e prigionia…e morte! Così è stato detto, che così accada!"
Quando il dovere e l'orgoglio ti spingono contro il tuo cuore, quando una maledizione incombe con tutto il suo potere, quando i sentimenti infuriano nel petto senza poterli placare, il destino sembra solo una gelida trappola. Narcissa Black lo sa bene.
Genere: Drammatico, Malinconico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Evan Rosier, Lucius Malfoy, Narcissa Malfoy, Severus Piton, Sorelle Black | Coppie: Bellatrix/Voldemort, Lucius/Narcissa, Rodolphus/Bellatrix, Severus/Narcissa, Ted/Andromeda
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Triangolo | Contesto: Dai Fondatori alla I guerra, Più contesti
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Come disse una che ne capiva: "certo che Narcissa è determinante in questo capitolo! "eh, in effetti...Cissy fa ben poco ma, del resto, serve spazio per tutti. Buona Lettura!

UN GELIDO DESTINO

 

Sedicesimo Capitolo

 

(Inconsapevole salvezza)

 

Le sorprese, per Narcissa, non erano ancora finite quel giorno.
La sera le carrozze portarono gli studenti di Hogwarts al treno e quindi il rosso e lucente Espresso, che da tempo era al servizio della Scuola e che ora era il mezzo di trasporto obbligatorio anche per le famiglie purosangue, li condusse fino al binario nove e trequarti, dove la famiglie li attendevano ansiosi.
Per Bellatrix e Narcissa c’era Dorothy, come di consueto, che le aspettava con un’espressione sorridente che nascondeva una notevole agitazione.
- Eccovi qui!- esclamò la donna, sorridendo con particolare calore alla sua bionda protetta – Fuori c’è la carrozza di famiglia, come sempre. Anche se la strada non è poi molta…-
- Cosa cambia?- chiese Bella, infastidita – Tanto lo sai che in pochi minuti ritorniamo in Scozia: che giro assurdo!-
- Ehm, no.- sussurrò la domestica, con aria contrita – Non andiamo in Scozia, da qualche giorno ci siamo trasferiti nella casa di Londra. Weirwater è stata chiusa…- concluse, scoccando un’occhiata oltre le teste delle due ragazze, con aria sfuggente.
- Chiusa?- esclamarono entrambe le sorelle, al colmo dello stupore.
- Si, Vostro padre ha deciso di trasferirsi definitivamente qui a Londra, fino a data da destinarsi…- Dorothy proprio non riusciva a guardare in volto le due giovani Black – Bene, sarà meglio muoversi! Vostro padre ha chiesto espressamente di non perdere tempo e non fare deviazioni, credo sia molto ansioso di rivedervi-
Bella era oltremodo seccata dal tono misterioso della governante, mentre la mente di Cissy lavorava frenetica alla ricerca di una spiegazione plausibile.
Il brevissimo viaggio si svolse in silenzio e, dopo pochi istanti, le tre si trovarono in una strada isolata a pochi passi da un quartiere babbano e non lontano da Grimmauld Place, dove risiedevano la zia Walburga, Sirius e Regulus.
Dorothy estrasse la bacchetta, se la portò accanto alle labbra e mormorò ‘Black…Aparecium…’
In un istante la strada parve dilatarsi e poi restringersi nuovamente.
Tutto sembrava normale solo che, al posto di un vecchio magazzino stretto tra due palazzine, vi era un casa di tre piani, con un’imponente porticato e una piccola scalinata di marmo nero, così come nere erano le due colonne che la sormontavano.
Narcissa non entrava in quella casa da almeno otto anni e quindi ne conservava davvero un vago ricordo.
Subito l’aria di un ambiente chiuso e abbandonato le accolse, facendole fermare poco dopo la soglia per riprendersi un attimo da quella zaffata, che sapeva di umido e stantìo.
L’ingresso era fiocamente illuminato da poche candele e una tappezzeria scura e pesante rendeva il tutto estremamente poco accogliente.
Cissy rimpianse all’istante le stanze grandi e luminose di Weirwater.
Anche Bella sembrava alquanto contrariata da quel cambiamento.
Nessuna delle due, tuttavia, fece commenti, serbando dentro di sé le proprie impressioni negative.
- Eccovi.- mormorò una voce poco lontano, facendole sussultare – Vi do il tempo di cambiarvi, dopodiché vi aspetto a cena-
Cygnus le osservava con un’espressione indefinibile sul volto.
- Buonasera…- mormorò Narcissa, colpita dall’aria grave e particolarmente severa del padre - Andromeda è già qui?-
- Vostra sorella sta poco bene- disse lui, duro – Vi voglio a tavola tra mezz’ora, non un minuto più tardi!- si voltò e si allontanò,
senza aggiungere nulla.

Narcissa scambiò un’occhiata con Dorothy, che non proferì parola ma si limitò ad incamminarsi lungo la scalinata che portava al piano superiore.
Bella continuò ad osservare il punto in cui era sparito suo padre, con gli occhi socchiusi e un’espressione avida sul volto.

 

Andromeda stava distesa sul proprio letto, sentendosi debole e senza forze.
Le orecchie le ronzavano e lo stomaco brontolava incessantemente.
Sentì battere l’una dal grande pendolo dell’ingresso ma non si mosse, troppo stanca e troppo disperata.
Aveva perso il conto di quanti giorni era prigioniera del suo stesso padre. Quindici, venti?
Non lo sapeva più.
Sapeva solo che, qualche giorno prima, suo padre aveva fatto sgomberare Weirwater e aveva fatto traslocare tutti a Londra.
Andromeda era pallida e smunta, consumata dalla preoccupazione per quello che Cygnus le aveva detto nel pomeriggio.
Cercò di non pensare per la millesima volta a Ted, perché ogni volta le stesse orribili immagini di morte e sofferenza la investivano, facendola sprofondare nella disperazione più nera.
Si rigirò sul fianco, emettendo un sospiro tremulo.
Odiava quella sensazione di impotenza.
Non poteva fare nulla, prigioniera in quella stanza.
Chiuse gli occhi e si appisolò
Passarono solo pochi istanti, o così le parve, e riaprì gli occhi svegliata dal rumore di qualcuno che trafficava dietro la sua porta.
Si mise a sedere con il cuore in gola.
Poi la porta si aprì lentamente e qualcuno scivolò dentro, silenzioso.
- Ssh…- sussurrò piano la furtiva figura - …Non dire una parola, muoviti svelta!-
Andromeda soffocò un gridolino di sorpresa e di gioia; scese svelta dal letto, ignorando la testa che girava vorticosamente, indossò le sue scarpe che giacevano la da giorni e seguì la nera figura fuori dalla propria prigione.

 

Pochi istanti dopo si ritrovò nelle cucine della grande casa dove, a quell’ora, non vi era più nemmeno un elfo domestico.
- La porta è già aperta.- le sussurrò la sua salvatrice – Esci tranquilla, poi ci penso io…-
Andromeda osservò per qualche istante il vicolo sul quale la porta si apriva, poi si voltò e gettò le braccia al collo della persona che le stava regalando la libertà.
- Grazie…- sussurrò commossa – Non so come tu abbia fatto, ma grazie! Non finirai nei guai, vero?-
- Lascia perdere, non c’è tempo.- sussurrò in risposta l’altra persona – Qui ci sono il tuo cappotto e la bacchetta, vai ora!-
Andromeda annuì, con le lacrime agli occhi, poi lanciò un lieve bacio sulla punta delle dita a colei che l’aveva resa di nuovo libera e scivolò nell’oscurità.
La figura scivolò fuori dalla porta osservando Andromeda allontanarsi velocemente e poi, dopo un attimo, smaterializzarsi.
-Vai, povera stupida! - sussurrò Bellatrix, con un ghigno soddisfatto, poi rientrò nuovamente dentro casa.
-Spostati, devo sigillarla nuovamente.- le sussurrò un’altra figura che le era apparsa dietro, quasi dal nulla.
Bellatrix si fece di lato e l’altra estrasse la propria bacchetta sigillando la porta con un potente incantesimo.
Le due donne di scambiarono uno sguardo soddisfatto.
- Andiamo a letto.- mormorò Druella, rivolta alla sua secondogenita – Quell’essere indegno che puzza di babbano, che si è fatta toccare da uno di loro, non è più un nostro problema!-
Entrambe si voltarono e tornarono a dormire.

 

Hellen si svegliò presto come di consueto quella mattina, troppo avvilita per gioire delle imminente feste pasquali.
Come gioire del resto?
Whitechurch era stata colpita duramente e nessuno aveva voglia di pensare alle feste, quando tanti di loro non avevano neppure più un tetto dove festeggiarle.
Si sollevò su un gomito e per poco non lanciò un grido di terrore.
Seduta sulla sedia della sua scrivania, con gli occhi spalancati che la fissavano vitrei, c’era Andromeda.

 

- Andromeda!- esclamò la ragazza, indecisa se gioire alla vista della sua amica o inorridire per le pessime condizioni in cui versava.
Andromeda si alzò di scatto e pose una mano sulla bocca della sua amica, continuando a fissarla.
- Stavo per svegliarti io, sono ore che attendo l’alba!- mormorò, chiaramente esausta – Hellen, perdonami! Ho visto il quartiere, quante case distrutte!- gli occhi le si riempirono di lacrime - E Ted…e Michael?- chiese poi, in un sussurro spaventato, terrorizzata dalla possibile risposta.
- Stanno bene, non si è fatto male nessuno.- sussurrò Hellen contro le dita gelide della ragazza - Ma mi devi spiegare! Quel giorno...non sai quanto ti abbiamo cercata!-
Andromeda tolse la mano dal volto della sua amica e se la passò tra i capelli, che avevano decisamente bisogno di uno shampoo.
- Raccontami, ti prego, dimmi tutto. Poi ti dirò io…- mormorò, fissando il vuoto.
Hellen osservò il volto pallido ed emaciato della sua amica e prese a parlare.
- Ti cercammo per ore, Ted era fuori di sé! Io non sapevo che fare, ero quasi certa che qualcuno della tua famiglia fosse venuto a riprenderti ma non potevo dirlo ai ragazzi, avrebbero mobilitato Scotland Yard, la polizia insomma…- spiegò la ragazza – La sera ho convinto Ted ad andare a casa sua, per aspettarti lì ma, poco dopo la mezzanotte…- Hellen deglutì, chiudendo gli occhi un istante – Prima si è fatto tutto buio, poi è scoppiato il finimondo! Ted e Michael sono corsi fuori ma io ho sentito nel trambusto qualcuno declamare degli incantesimi e così sono corsa sul retro.- Hellen sembrava sopraffatta e riprese fiato un istante - Andromeda! C’era almeno una dozzina di uomini incappucciati!!Avevano tutti una bacchetta in pugno e hanno cominciato a lanciare incantesimi a destra e manca!Le case prendevano fuoco e un vento innaturale alimentava le fiamme!!- gli occhi erano sbarrati mentre riviveva quei terribili istanti – La gente urlava e usciva dalle case e quelli dopo un po’ si sono smaterializzati, lasciando tutti nel caos. Allora, ho estratto la mia bacchetta e ho cercato di spegnere le fiamme almeno a casa di Ted, ma dopo un secondo mi sono trovata circondata da non so più quanti maghi del Ministero e da Auror!-
- Auror?!- esclamò Andormeda, con l’orrore negli occhi.
- Si!Mi hanno disarmata e hanno cominciato a bombardarmi di domande!Poi hanno spento qualche incendio, ma nel mentre erano giunti i pompieri e loro sono spariti. Il giorno dopo ho ricevuto un richiamo dal Ministero per aver usato la magia davanti a babbani e ho dovuto presenziare ad una Udienza…- rabbrividì nel suo pigiama felpato.
- Davanti a babbani…?- le chiese Andromeda, temendo la risposta della sua amica.
- Si! Ted e Michael, quando è scoppiato l’incendio, si sono precipitati in casa per salvarmi e, non trovandomi, sono usciti sul retro e lì…stavo spegnendo le fiamme…non ti dico le loro facce! Poi, quei cretini del Ministero si sono materializzati proprio li! ho creduto che Michael sarebbe svenuto... così Andromeda – sussurrò con urgenza Hellen – Adesso sanno tutto! Anche Ted!-
Andromeda si alzò di scatto, inorridita.
- No!- esclamò – No! Non così! Non volevo!- le lacrime presero a scorrere copiose.
- Ascolta!- cercò di tranquillizzarla Hellen – Lui ti ama! E’ andato a cercarti, è andato in Scozia! Ma era fuori di sé e io non ho più sue notizie, Michael lo ha seguito…mi ascolti??-
Ma Andromeda era troppo sconvolta e non udì una sola parola, piena di orrore si smaterializzò, lasciando Hellen a fissare la propria stanza vuota.

 

Andromeda si materializzò nel mezzo di Londra ma per sua fortuna a quell’ora non vi era quasi nessuno, solo qualche babbano che andava di fretta e qualche spazzino, che non si accorse di nulla.
‘E’ finita…’ si disse disperata ‘Non ho più nulla, lui non potrà mai perdonarmi…è così onesto…Ted…’
Poi svenne su quell’umido marciapiedi e, finalmente, quei babbani frettolosi si accorsero di lei e circondarono con aria curiosa e solerte il corpo esanime di quella ragazza.

 

L’urlo di furore di Cygnus svegliò tutta la casa.
Andromeda era fuggita sotto il suo naso.
Estratta la bacchetta l’uomo distrusse ogni oggetto, ogni cosa che apparteneva alla sua primogenita, un tempo così amata.
- Chi…chi l’ha aiutata?!- urlò al colmo della rabbia – Chi ha osato!!!-
Druella, Bellatrix e una sconvolta Narcissa assistevano alla terribile sfuriata di Cygnus, nel corridoio davanti alla stanza di Andromeda.
- Voglio il colpevole!- ringhiò, rivolto alla sua famiglia e a tutti i domestici, che lo fissavano impauriti - Non poteva scappare da sola!Non poteva!-
I suoi occhi si puntarono su Bella, che rimase impassibile, e poi su Narcissa la cui espressione attonita era già una risposta.
- Solo un mago maggiorenne poteva…- e fece scivolare lo sguardo su sua moglie, che rimase anch’essa muta e impassibile - O una creatura magica…- concluse lentamente, spostando lo sguardo su di un Elfo domestico che si era fatto timidamente avanti.
- Padrone, la signorina piangeva e supplicava….- disse l’esserino, con lo sguardo fisso ed una voce innaturalmente priva di espressione – E Anlachi ha eseguito gli ordini della signorina…-
Gli altri elfi domestici si strinsero l’uno all’altro, guardando con disapprovazione, mista a orrore, il loro sventato compagno.
- Disobbedendo ai miei…- disse Cygnus, che puntò la bacchetta contro l’elfo – Avada Kedavra…- Una luce verde fuoriuscì dalla bacchetta e si rifletté nei tondi e grandi occhi di Anlachi, che un secondo dopo era a terra, immobile.
Morto.
Un attimo di silenzio scese nel corridoio.
Narcissa non poté staccare gli occhi dal corpo rigido ed esanime del piccolo Elfo domestico per diversi secondi.
Non aveva mai visto morire nessuno prima.
- Portate via questa cosa….- disse Cygnus, che si scostò di qualche passo, non dopo aver lanciato uno sguardo penetrante a Druella – E da oggi in poi, che nessuno osi nominare il nome di Andromeda in questa casa o in mia presenza, da oggi io ho solo due figlie.- e si allontanò, altero e rigido.
- Andromeda Black è morta! Non è più una Black, non esiste più…- sussurrò più piano, ignorando il dolore che lo attanagliava e ignorando che con le sue parole aveva salvato sua figlia da un destino triste e oscuro.
L’aveva salvata da una maledizione.

 

Piano piano Andromeda riprese conoscenza, mettendo a fuoco l’ambiente attorno a sé.
Muri bianchi. Suoni acuti a intervalli regolari. Vociare sommesso. Un penetrante odore di alcool…o disinfettante.
- Era ora…- esclamò una gioviale voce di donna, da qualche parte accanto a lei – Ecco che la bella sconosciuta riprende conoscenza!-
In un secondo gli eventi delle ultime settimane ripiombarono su Andromeda, che si alzò di scatto. Fu una mossa sbagliata.
Il movimento repentino le causò un giramento di testa e una forte nausea. La donna fu pronta, infilando un catino sotto il naso di Andromeda, che ci vomitò dentro il poco che aveva mangiato in quei giorni.
Subito dopo la sconosciuta l’aiutò a riadagiarsi nel letto.
- Bene, tutto normale direi!- le sorrise, cordiale – Tra poco il medico sarà qui, tranquilla cara.-
- Medico…?- chiese debolmente Andromeda.
- Naturalmente cara! Dopo che ti hanno raccolto ti hanno portato qui. Sei in un ospedale.-
- Sono al San Mungo?- si stupì la ragazza.
- San Mungo..?No cara, sei al San Paul, non ricordi nulla? Oh, ecco il Dott. Jones!-
Andromeda sollevò leggermente il volto, intuendo pian piano di trovarsi in un Ospedale babbano ma troppo debole per preoccuparsi.
Andromeda fu docile e si fece visitare senza dire una parola, chiedendosi confusamente cosa avrebbe mai potuto fare dopo.
Era sola ed era così debole.
Il Dott. Jones, che aveva una cinquantina di anni, le sorrise amichevolmente alla fine della visita.
- Bene, ehm, Andromeda…nome molto originale direi!- le sorrise di nuovo, incoraggiante -Non c’è nulla di grave o niente di strano, una gravidanza normalissima di sette, otto settimane direi, mia cara…Lei sapeva, si…ehm…no?- si interruppe in imbarazzo, vedendo l’espressione folgorata della sua giovane paziente.
-Gravidanza…?- sussurrò la ragazza, incredula.
-Eh…si…- le confermò lui – Lei è incinta mia cara, un paio di mesi: giorno più, giorno meno…-
- Devo andare- mormorò Andromeda, sotto shock.
- Oh…no mia cara, no no, Lei può restare qui, con calma….magari può…no, aspetti Lei non sta bene!-
Ma Andromeda, con un guizzo inatteso, si alzò di scatto e si infilò dietro un paravento.
Quando il Dott. Jones spalancò quello stesso paravento, un secondo dopo, la bella sconosciuta era scomparsa.

 

Andromeda si rese conto di non avere nemmeno il suo cappotto, ma solo i suoi indumenti e la bacchetta infilata nei pantaloni.
Incinta.
Aspettava un bambino.
La verità cominciava a filtrare nei meandri della sua mente intorpidita.
Come avrebbe potuto fare? Ted l’avrebbe mai perdonata?
La paura l’assalì. Un figlio.
Che vita avrebbe potuto dargli o darle?
Si fermò di botto, in mezzo alla strada.
Le strade erano affollate di gente che tornava a casa per cena.
A casa.
Andromeda si infilò in un vicolo e, per l’ennesima volta nelle ultime ventiquattro ore, si smaterializzò.

 

Quando giunse nella strada deserta, dove sapeva celarsi la propria casa, Adromeda estrasse la bacchetta e se la portò alle labbra sussurrando – Black…Aparecium…-
Non accadde nulla.
Riprovò e riprovò.
Nulla.
Lacrime presero a rigarle il volto. Sapeva cosa significava tutto ciò.
Era stata bandita, ripudiata dal suo stesso sangue.
Non era più una Black.
Singhiozzò amaramente sulla propria bacchetta, con il volto chino e le spalle scosse dai singhiozzi.
-Povera, povera, Andromeda…- sussurrò una voce nella notte, accanto a lei.
Andromeda sollevò di scatto il volto e fissò lo sguardo, annebbiato dalle lacrime, sul viso di sua sorella Bellatrix.
-B-Bella…- singhiozzò, travolta da un’ondata di sollievo genuino.
- Ti aspettavo, sai? Sapevo che saresti tornata…- Bella la fissò per un attimo -…Non ci si può fidare di loro….-
- B-Bella ascolta- la interruppe Andromeda, con urgenza -Credo che papà mi abbia ripudiata! S-sai che così non posso entrare in casa, ti prego, ho bisogno…io devo parlare con lui!- esclamò Andromeda, attaccandosi alla veste scura della sorella.
Bella guardò disgustata le mani di sua sorella e, con uno strappo secco, gliele staccò dai suoi abiti.
- Non osare toccarmi con quelle mani sudice!- mormorò fredda, con una smorfia.
-S-scusa…- singhiozzò Andromeda – E' un po’ che non faccio un bagno! Bella, ti prego, tu puoi aiutarmi! Ti prego, dì a papà che sono qui!-
Bellatrix scoppiò a ridere, gettando indietro la testa.
- La mia forte e coraggiosa sorella, la ribelle!…l’amata primogenita…- la risata si spense -Sei finita Andromeda, tu non esisti più! Sei lercia, ti sei mischiata con quei dannati sangue sporco…puzzi…- sospirò di piacere mentre inveiva contro la sorella che un tempo era stata la sua guida, il suo esempio - Non farti vedere mai più qui, nessuno vuole vederti di nuovo! Traditrice del tuo sangue!- e, ignorando lo sguardo colmo di dolore di Andromeda, si voltò e sparì, inghiottita nella notte.
- Bella!- urlò Andromeda, disperata – Bella, ti prego!Bella…- la voce le si spezzò e lei si accasciò al suolo, singhiozzando disperatamente.
I capelli ramati che si mescolavano alla fanghiglia dell’asfalto umido.
-…Bella…- ripeté all’infinito -.. ti prego…-
La strada buia non sentiva altro che i sospiri spezzati di Andromeda e il suo richiamo disperato.

FINE SEDICESIMO CAPITOLO

  
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