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Autore: Ellyna_Mel    18/03/2009    4 recensioni
"Sto aspettando il mio angelo, il mio angelo custode... Lui voleva proteggermi ma io non lo capivo... Quel giorno lo rinnegai ... e a causa mia morì."
Genere: Malinconico, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Mello, Near
Note: Alternate Universe (AU), OOC | Avvertimenti: Spoiler!
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I'm waiting for my angel








"Sto aspettando il mio angelo

il mio angelo custode



Lui voleva proteggermi

ma io non lo capivo



Quel giorno lo rinnegai

... e a causa mia morì."



Intere nottate passate a pensare, con gli occhi color carbone posati sui fili d'erba di quell'anonimo parco Londinese.

< Cosa ci fai qui tutto solo?> Chiedeva ogni tanto un passante, preoccupato per quell' insolita creatura bianca come il latte dalle sembianze di un bambino, accucciata sull'umido suolo verde.

< Sto aspettando > rispondeva il ragazzo con tono atono. Una mano ad arricciarsi una ciocca lattea con fare infantile, gli occhi spenti, sempre puntati a terra.

< Ti sei perso...? Hai bisogno di aiuto?>

< Sto aspettando il mio angelo... lo aspetto perché ho capito... e non sbaglierò più...>


Ormai era una frase ripetuta e ripetuta... non diceva altro, non gli veniva chiesto altro dai vari passanti che, incuriositi, si fermavano per parlargli... perché poi, scorgendo i suoi lineamenti ormai adulti, la preoccupazione svaniva... e la docile figura tornava rinchiusa nella totale solitudine. Un' universo buio, fatto di soli pensieri sconnessi tra loro, dove il solo colore esistente era il grigio, dove non esistevano " gli altri", ma solamente lui, lui e basta, lui bianco come il latte in una stanza buia, come i suoi pensieri. Lui con i suoi trenini ed i suoi pupazzi, lui con la sua freddezza nei confronti di tutti, nessuno escluso.

Durante il giorno, passava il tempo nel salone della villa dei suoi genitori, a fare e disfare immensi puzzle incolore e a giocare con quegli infiniti giocattoli a lui donati dai parenti, pronti a viziarlo in ogni momento.
Di notte, si dirigeva all'insaputa di tutti in quel grande parco verde, illuminato dalla luce dei lampioni dove ogni tanto si poteva scorgere qualche lucciola dalle vesti succinte attendere qualcuno. Qualcuno di sconosciuto, che le portasse via da lì per un po’, per poi, magari, riaccompagnarle sul posto.
Ogni tanto una di loro gli si avvicinava squadrandolo attentamente e ridacchiando nello scorgere una figura dall'aspetto talmente puro il un luogo simile. Avanzavano alcune proposte alcune di loro, una volta accortesi dell'età effettiva dell' albino. Invano: la risposta era la solita, il tono pure.

< Sto aspettando il mio angelo, non ho bisogno d'altro...>


Quando anche le donne, sua unica e mai considerata compagnia, se ne andavano, rimaneva solo. Portava nuovamente le esili dita a sfiorarsi i capelli, accucciandosi vicino ad un albero su se stesso alla ricerca di un po’ di calore nel bel mezzo di una città tanto umida quanto nebbiosa...

Una notte però, accadde qualcosa di insolito...

< Certo che hai un bel coraggio a venire qui in piena notte...>

Una voce leggermente roca arrivò alle sue orecchie destandolo dal leggero sonno. Si portò seduto, stropicciandosi gli occhi liquidi con i pugni e riprendendo a fissare il suolo, appoggiato contro il tronco dell' albero. Poi si voltò, scorgendo l'ombra di un' anonima figura seduta sulla panchina alla sua sinistra.
< ...>

< Guarda che lo so che c'è qualcuno lì dietro, è inutile che te ne stai zitto >

Il timbro di voce pareva serio, ma allo stesso tempo beffardo, come se lo stesse prendendo in giro. Era una voce familiare, anche se gli parevano passati secoli dall'ultima volta che l'aveva udita.
La cosa lo incuriosì quel poco che bastava per farlo avvicinare, a piccoli e timidi passi.
Quando gli fu abbastanza vicino alzò lo sguardo, neutro, osservandolo attentamente.

Del viso non gli era concesso scorgerne i lineamenti, portava un cappuccio nero a coprirgli il capo, nonostante potessero comunque intravedersi delle ciocche bionde spuntare fuori.
Indossava un cappotto, anch' esso nero, esattamente come gli stivali.
Il giovane albino decise di tornarsene seduto dietro l'albero, non aveva voglia di mettersi a conversare con qualcuno dopo tutto quel tempo, chiunque egli fosse.

< Ti prendi gioco di me solo perché non posso vederti? Fossi ancora in possesso della vista ti farei passare la voglia di scherzare col fuoco...>

< Io non ho mai giocato col fuoco, signore. Non ne sono mai stato capace > rispose stavolta continuando a dargli le spalle.

< Oh! Hai ripreso l'uso della parola, eh?... Beh, meglio così, stasera non ho voglia di starmene solo in silenzio, non so se vale la stessa cosa per te e non mi interessa... piuttosto... è da tanto che sei qui? Sai, avevo sentito parlare di uno strano ragazzino che se ne sta tutta la notte in questo parco malfamato a "cianciare" su un Angelo...>

Era strano... ma quella voce dal tono così forte, che a differenza di quelle dei passanti lo incitava a mostrarsi, riusciva a smuoverlo, ad incuriosirlo... chi era realmente quell'ennesimo sconosciuto che aveva deciso di rivolgere la parola a lui? Lui così solo, così invisibile in mezzo a chi lo circondava?

Fu solo in quel momento, nell’attimo in cui voltò nuovamente il pallido viso verso lo sconosciuto che i suoi occhi intravidero, in mezzo all’oscurità delle sue vesti, una timida luce brillargli sul petto… allora anche i cupi occhi del giovane ripresero vita, dinnanzi a quel rosario dalle perline bianche e scarlatte.



"Sto aspettando il mio angelo

il mio angelo custode



Lui voleva proteggermi

ma io non lo capivo


Quel giorno lo rinnegai

... e a causa mia morì."



Pensava fosse stato perduto. Pensava fosse bruciato il quell’inferno di fiamme cinque anni prima, quando preso dalla vergogna e dalla disperazione lo aveva gettato, in un impeto di rabbia.



Sto aspettando il mio angelo

perché mi porti con sé.



Perché mi dia un’altra opportunità

per potergli stare vicino.


Quel giorno lo rinnegai

Ma non volevo ferirlo.





La mano del giovane si diresse verso quel volto incappucciato, sfiorandone i lineamenti non più lisci a causa di un’evidente ferita che riusciva comunque a scorgere, poi una ciocca dorata…
Si morse un labbro osservando l’altro che, sentendosi sfiorare, lo bloccò per il polso.

< … Mihael …?> … era da tanto che le sue labbra non pronunciavano quel nome. Gli riecheggiava nella mente, mentre il suo sguardo era nuovamente vacuo, soffermatosi ancora una volta sul rosario.

Come poteva? Come poteva, Mihael, essere lì di fronte a lui? Era sicuro fosse morto tempo addietro… aveva anche visto il suo corpo privo di vita, quel pomeriggio di cinque anni prima.

Aveva solo 13 anni all’epoca, Nate, era ancora un bambino… abituato dai genitori ad avere tutto quello che desiderava, nonostante il potere non fosse esattamente lo scopo principale della sua vita.
Aveva un solo amico, sempre che così lo potesse considerare… era più che altro… si, era solo un conoscente. Qualcuno che incontrava di tanto in tanto per la strada o al parco…
A differenza del piccolo albino, Mihael non era poi così fortunato. Viveva in un collegio gestito da suore, dove i genitori lo avevano abbandonato in tenera età.
Nonostante l’educazione ferrea che queste ultime avevano tentato di imporgli, il biondino era per sua natura un tipo ribelle… amava vederle disperarsi per i loro tentativi falliti di educarlo come volevano.
Si erano incontrati per puro caso la prima volta… si trovavano entrambi allo stesso parco dove ormai Nate passava le sue nottate.





< Scusa, ti ho fatto male? Non volevo, ma non è stata colpa mia! Sei tu che non ti sei spostato… >

Ancora leggermente scosso dalla pallonata che gli era arrivata, il piccolo osservava impassibile quel bambino dall’aspetto tanto delicato quanto… logorroico?
Erano passati 5 minuti da quando quella maledetta palla gli era arrivata dritta in fronte, mentre lui si apprestava a giocare con i suoi amati soldatini, facendolo cadere a terra. Ok, non l’aveva fatta apposta… ma non era poi così grave! Erano esattamente 5 minuti che quel biondino continuava a scusarsi e a giustificarsi tirando in ballo i suoi riflessi lenti.

L’albino si alzò lentamente tenendosi la testa con una mano. Era rimasto leggermente scombussolato…

< Non è nulla, non preoccuparti…> prese a tranquillizzarlo attorcigliandosi con l’indice una ciocca di capelli bianca…

Non seppe spiegarsi il motivo, fatto sta che da quel giorno, ogni volta che si incontravano per caso al parco, parlavano per ore e ore… cosa abbastanza strana per il tredicenne , dato il suo carattere solitario.
Inizialmente non si fidava molto, lo aveva beccato diverse volte sgattaiolare via dall’istituto dove viveva, scavalcando i cancelli… se i suoi genitori avessero saputo che frequentava un ragazzino del genere, gli avrebbero proibito anche di uscire quelle poche volte che per ora gli era concesso… poi però, conoscendolo bene, capì che in fondo non era male come amico… certo, spesso lo prendeva in giro per la sua indole debole e per l’ insolito colore dei suoi capelli, ma sapeva anche essere simpatico, dopotutto.

Si sentiva quasi al sicuro insieme a lui, lui che diverse volte lo aveva anche difeso da ragazzi più grandi… gli aveva perfino regalato il rosario a cui era particolarmente legato, Mihael.
Il vero motivo di quell’ insolito gesto non gli era concesso saperlo… gli aveva negato ogni spiegazione il biondino, mentre ancora ricacciava indietro le lacrime e tentava di nascondere il visibile tremore del suo corpo.
Era arrivato da lui totalmente scosso, aveva lo sguardo un po’ vacuo e la mente persa chissà dove.

< è successo qualcosa, Mihael?… sei strano oggi, stai male?> gli aveva chiesto Nate preoccupato.

< No, no ! Sto benissimo… è solo che… ecco, ultimamente ho avuto alcuni guai con le suore dell’istituto, eh eh, te l’ ho detto che non mi sopportano!… per un po’ è meglio che non ci vediamo Nate, non vorrei che i tuoi venissero a sapere che siamo amici e sapessero quello che pensano gli altri di me… dopo finiresti solo tu nei guai >

< … ma se siamo amici da mesi e nessuno dei miei ha mai scoperto nulla, perché dovrebbero venirlo a sapere proprio adesso?>

il biondino si morse un labbro spostando lo sguardo, non era bravo a mentire in casi come quelli, ma poteva comunque ammettere di essere preoccupato per qualcosa, senza specificarne il motivo…

< Beh ecco… te l’ ho detto, stanno succedendo dei guai con le suore e se i tuoi sapessero tutto finiresti in punizione, dopotutto loro le conoscono…>

Rimasero in silenzio per alcuni minuti… minuti che sembravano ore per Mihael da quanto era teso. Ma dopotutto non poteva permettersi di far immischiare Nate in quel tipo di faccende, non se lo sarebbe mai perdonato.
Alla fine l’ albino cedette ed accettò di non vedersi con lui per un po’ di tempo… giusto per non finire nei guai e rischiare di non vederlo mai più. Teneva troppo a lui per accettare una cosa simile, perciò gli diede retta, promettendogli tra l’altro che se qualcuno avesse chiesto se si conoscevano, lui avrebbe negato e che avrebbe pure fatto finta di non conoscerlo nel caso uno dei due fosse stato in compagnia.

Il biondino però, notando che Nate non era ancora del tutto convinto, decise di regalargli il rosario che portava al collo, promettendogli che se lo sarebbe fatto restituire quando si sarebbero rincontrati… e Nate lo sapeva, ne era certo di questo… Mihael manteneva sempre le promesse dopotutto.




< Mihael, sei tu…? Ma non è possibile >

< Vedo che non ti sei scordato di me… allora come va, Nate? >

< Tu non sei qui, non puoi essere qui, è solo la mia immaginazione… è inutile che continui a parlarmi, sei solo frutto della mia immaginazione!>

< Immaginazione?… certo che non sei cambiato proprio per nulla… beh, basta dirlo, se ti fa così paura avere davanti qualcosa di “irreale” come dici tu, me ne vado >

< NO!>

< …>

< .. no… non andare via, io…>

< TU cosa?>

< Scusami…. Mi dispiace, Mihael, io non volevo… ho fatto come mi avevi chiesto dopotutto, non volevo disubbidirti >

Il più giovane scostò lo sguardo dal suo… aveva paura, era talmente irreale quella situazione, ma a lui non importava. Erano anni che voleva dirgli quelle cose, che voleva scusarsi.

< No Nate, tu non mi hai obbedito… tu l’ hai fatto solo perché avevi paura e non volevi trovarti in un qualche pericolo, ti sarebbe bastato chiedere aiuto prima e tutto si sarebbe sistemato. Questo lo sai benissimo, ma non puoi fare altro che tentare di auto-convincerti del contrario…>




< Avanti vieni , non abbiamo tempo da perdere >

< Prova solo a chiedere aiuto e ti facciamo fuori all’istante, capito?>


Sapeva che sarebbe accaduto di lì a poco, era solo questione di tempo e qualcuno lo avrebbe trovato, ovunque lui fosse… se solo due giorni prima non fosse uscito dall’istituto disobbedendo per l’ennesima volta alle suore, tutto questo non sarebbe successo. Ma non aveva alcuna intenzione di mostrarsi debole, Mihael , non ora, era il momento meno opportuno.
Senza ribattere si apprestò a seguire il tipo più alto, che lo strattonava con la forza dirigendosi verso un furgoncino dall’aspetto malandato. Sapeva la loro identità e sapeva di cosa si “ occupavano”… sapeva fin troppo per sperare di cavarsela facilmente.

Stava per salire sulla vettura quando, da dietro un angolo, vide sbucare fuori Nate, il suo amico Nate…

Da una parte sperava che facesse come gli aveva chiesto, che fingesse di non conoscerlo… da un lato sperava ardentemente che lo aiutasse a fuggire, in un certo senso si malediceva per avergli chiesto quelle assurdità e non avere detto nulla a nessuno.


Il  ragazzo dal canto suo nemmeno lo guardò in faccia, tirò dritto senza nemmeno degnarli di uno sguardo o mostrarsi leggermente sorpreso di trovare l’amico in quella situazione.
Il biondo trattenne il respiro durante il corto tragitto dell’ altro, sperando che i suoi rapitori non si accorgessero di nulla…
 Venne risvegliato dai suoi pensieri quando uno dei due uomini lo spinse dentro il furgone intimandogli di fare silenzio e mostrando al ragazzo un piccolo coltellino che teneva in tasca.
Si accucciò all’istante ad un angolino portandosi una mano alla gola. Iniziò a sentire i brividi lungo la schiena e gli occhi che pizzicavano, seguiti da uno strano senso di soffocamento… gli tornarono in mente le immagini di ciò che vide quel giorno, quando, imbucandosi in un viottolo che fungeva da scorciatoia per tornare verso casa, assistete per errore ad un omicidio… si era trovato lì nel momento sbagliato e , preso dal panico più totale, vedendo quel coltellino tagliare la carotide di quella donna con lo sguardo puntato verso di lui, non riuscì a muovere un muscolo.
I due assassini, che avevano il volto coperto quella sera, lo guardarono per alcuni istanti poi, lasciando cadere il corpo inerme della donna a terra, uno dei due intimò al compagno di occuparsi di lui…

Vedendo l’uomo venirgli incontro, Mihael raccolse il coraggio e la forza che gli rimaneva al momento fuggendo via per mettersi in salvo… ma non riuscì  a parlare a nessuno di ciò che aveva visto: aveva paura, troppa! Sapeva che lo avrebbero trovato e gli avrebbero tappato la bocca definitivamente…

Si ritrovò improvvisamente a piangere, mentre se ne stava ancora rannicchiato nell’angolo di quel dannato camion dove era stato rinchiuso, con  la testa tra le ginocchia e le mani sudate artigliate a due ciocche bionde. I denti che battevano ed i vestiti ormai bagni di sudore.
Per una volta si pentiva di essere stato disobbediente e non aver dato retta alle suore che, infondo, gli volevano bene… chissà come avrebbero reagito scoprendo in che mani si trovava uno dei loro ragazzi…
Lo invase la pericolosa idea di tentare la fuga, quando sentì la porta del furgone aprirsi di scatto e fece il suo ingresso un terzo uomo, questo, a differenza degli altri, incappucciato.

Iniziò ad urlare e a dimenarsi con tutta la forza che aveva in corpo mentre l’altro lo trascinava fuori da lì, portandolo all’interno di un vecchio edificio in rovina.
L’uomo perse la pazienza quando, nel tentativo di fuggire, il ragazzino gli morse un braccio. Questo sussurrò qualcosa all’orecchio di uno dei due rapitori, che obbedì all’istante.

Trascinò il biondo vicino ad un vecchio materasso posto sul pavimento, spingendocelo sopra fino a farlo sdraiare e legandogli entrambi i polsi, uno degli uomini a tenerlo immobile mentre, quello che prima lo aveva fatto uscire dalla vettura, gli si avvicinava lentamente con una fialetta in mano.

< Senza dubbio tu hai capito chi siamo, ragazzo… penso non ci sia nemmeno bisogno di dirti quello che ti accadrà di qui a poco.
Saremo veloci se ci dirai la verità… chi altro sa quella cosa? Lo hai detto a qualcuno, vero? È inutile che smentisci, perché non ti crederemo. Vogliamo i nomi, subito… altrimenti…>
Senza permettere a Mihael di aprire bocca, l’uomo avvicinò un pugnale dall’aspetto antico alla sua gola, sfiorandola con la punta.

< Altrimenti invece di ammazzarti in modo veloce, questo splendido gioiellino percorrerà ogni cm del tuo addome… una morte piuttosto lunga e sofferente, non trovi?>
Un brivido gli percosse la schiena, ancora una volta gli tornò in mente l’immagine di quella donna che era stata uccisa senza pietà da loro.

< Cosa dovrei dirti, allora…? Hai detto tu stesso che non mi crederai ed io non ho detto nulla a nessuno… non ho certo bisogno degli altri per essere rispettato e sentirmi al sicuro, io. >
 Ribatté Mihael tentando di ricacciare indietro i lacrimoni , inutilmente.

< Uff… come desideri marmocchio, ma prima… prima ho deciso che impedirò ai tuoi dannati occhi di vedere oltre… ci hanno procurato fin troppe grande, direi >

Vide l’uomo aprire la boccetta che teneva in mano fino a poco prima. Serrò le palpebre ma non servì a molto. Giusto una goccia e sentì gli occhi andare in fiamme. Bruciavano. Bruciavano da morire e nessuno poteva aiutarlo.
Ricominciò ad urlare e a dimenarsi senza risultati… non poteva nemmeno portarsi le mani agli occhi! Sentiva solo le sadiche risate di quei 3 uomini vicino a lui, non vedeva più nulla.
Il corpo che si contorceva per il dolore e il viso che si faceva sempre più rosso per il pianto, anche le lacrime, a causa dell’effetto di quel liquido tossico, gli  provocavano un gran dolore.

Senza rendersi conto di ciò che stava per provocare, iniziò ad urlare forte il nome di Nate e a chiedere aiuto, finendo solo per allarmare i rapitori. Non aveva ancora nominato il piccolo albino e, per quello che ne sapevano loro, poteva essersi messo d’accordo con lui.

< Cosa? Di chi diamine stai parlando, bastardo?!> intervenne  quello che gli teneva fermi i polsi, mollando distrattamente la presa.

Mihael ne approfittò. Era in preda al panico più totale e la perdita della vista peggiorava la situazione .
Agitava le braccia ancora legate nel tentativo di colpirli e difendersi, invano.

Si sentì tirare forte per i capelli all’indietro ed afferrare. L’ uomo che teneva in mano il coltello lo colpì in pieno allo stomaco, tenendogli una mano alla bocca per non farlo gridare oltre. Iniziò a sputare sangue.
La testa gli girava, perfino le voci, adesso, risultavano più confuse al suo udito


 < Capo! Così finiremo solo per perdere tempo! Non ci dirà più nulla!> intervenne uno dei tre continuando a tenerlo immobilizzato.
Ci furono alcuni secondi di silenzio, interrotti solo dal respiro affannato del ragazzino che ormai, a causa degli sforzi, aveva quasi perso anche la voce.
Il suo corpo non reggeva più quella sofferenza, era sudato da capo a piedi, i vestiti sporchi ed i capelli appiccicati alla fronte a causa del sudore.
Le lacrime continuavano a scendere, miste ad alcune gocce di sangue. Gli occhi  si erano arrossati e facevano sempre più male, era un dolore lancinante che non gli permetteva di percepire altro… nemmeno quella lama che, in seguito ad  un gesto del capo dei rapitori, si era posata sulla sua gola, recidendola.

Fu veloce, al contrario di ciò che aveva detto l’altro poco prima, che lo guardò contrariato. Non era stato abbastanza divertente per i suoi gusti, ma dopotutto sembrava fossero in arrivo nuovi problemi e forse non era nemmeno il caso di perdere troppo tempo per un moccioso.

Il corpo ormai esanime , mosso leggermente da lievi spasmi, cadde a terra con un leggero tonfo macchiando di sangue parte del pavimento… aveva gli occhi leggermente schiusi da cui si poteva comunque notare l’effetto del tossico che vi avevano versato sopra. Se prima erano di un blu intenso, adesso erano quasi opachi, il bulbo oculare ancora arrossato.


< Mi raccomando, non deve rimanerne alcuna traccia…>
Venne ordinato all’ uomo che aveva eseguito l’ordine, che tentava di pulirsi le mani dal sangue ai vestiti del ragazzino.

< Nessuna traccia? Come preferisci farlo sparire capo?>

< Date fuoco all’edificio, non devono rimanere prove di questo omicidio, intesi? Dopodiché ci occuperemo di quel Nate…>

< Come vuole lei…>






Nel parco regnava il silenzio più totale… Nate era ancora in piedi, dinnanzi a quel ragazzo seduto sulla panchina. Non aveva osato aprire bocca dopo le accuse proferitegli dall’altro.

Ma infondo era vero

Lui aveva avuto paura quel giorno, aveva capito di che genere di guaio si trattava quello in cui Mihael si era cacciato e non aveva avuto il coraggio di rischiare.
Si era limitato a chiedere aiuto dopo alcuni momenti di esitazione, momenti che probabilmente sarebbero stati vitali per l’altro…

Gli faceva male ripensare a quando, una volta arrivati di fronte all’edificio in fiamme, uno dei poliziotti a cui si era rivolto si precipitò all’interno tentando di portare in salvo il ragazzo.

Guardava con puro disprezzo, ma anche con timore i tre uomini che avevano causato tutto questo. Alla fine erano stati beccati in flagrante mentre davano fuoco a tutto ciò che li circondava nell’ invano tentativo di eliminare ogni traccia di se.

Fu in quel momento che, in un impeto di rabbia, lanciò via il rosario dell’amico, che finì in mezzo alle fiamme.
 Era tutta colpa sua.
 Si sentiva inutile, un buono a nulla, un codardo.
Ricevette il colpo di grazia vedendo uscire il poliziotto dal capanno in fiamme, tra le braccia il corpo ormai privo di vita di Mihael, lo stesso Mihael che più volte lo aveva aiutato e che in cambio aveva ricevuto ciò.
Vide i suoi occhi, quello che gli avevano fatto in quel lasso di tempo era terribile e Nate non resistette oltre al pensiero di esserne il responsabile.
Scappò via da lì, rifiutandosi di avere ancora a che fare con chi era presente in quel momento.
Che fossero gli assassini o che fossero i poliziotti. Non ebbe nemmeno il coraggio di andare a testimoniare al processo.
Era per questo che da anni viveva in quel modo tanto assurdo… in casa di giorno, lontano da tutti… e  al parco di notte, il posto dove si erano incontrati la prima volta ed erano diventati amici, dove nessuno, in quel periodo della giornata, poteva distrarlo dai suoi pensieri.


< Perché non dici più nulla? Hai ancora paura di me? Hai forse il timore che sia tornato per vendicarmi, Nate?>

Senza rispondere, il giovane gli si avvicinò allungando nuovamente le braccia verso il volto ancora incappucciato, lo sfiorò lentamente, portando poi le dita al bordo del cappuccio.

< Io non ho paura di te, voglio solo… rivederti in volto, Mihael… perdonami >

< Sciocco… sei solo un’ egoista, io… >
Non poté finire la frase, non ne ebbe il tempo.

Nate abbassò il cappuccio con uno scatto, sperando di rivedere ancora una volta il volto dell’amico. Non sapeva spiegarsi il motivo, ma ne sentiva il bisogno.

Dovette constatare a quel punto, con enorme rammarico, che ciò che credeva di aver avuto davanti per quei pochi istanti, altro non era che frutto della sua immaginazione. Fu nel preciso istante in cui il cappuccio si abbassò che il ragazzo, svegliandosi dal lungo sonno che l’aveva cullato per l’intera nottata, si ritrovò sdraiato a terra, sempre vicino all’albero accanto alla panchina…




Una lacrima scese lenta sulla gota destra, morendo sulle sue labbra.

Ancora una volta l’aveva sognato… e ancora una volta non era riuscito a vederlo in volto.


Forse Mihael aveva ragione, non era altro che un egoista Nate. Si sentiva talmente in colpa per non essere riuscito ad aiutarlo, che si era dimenticato del volto della persona per cui stava così male. Cercava una risposta al tutto per poter stare bene con se stesso, tentava di auto-convincersi di aver solo fatto il volere di Mihael. Inconsciamente lo cercava nei suoi sogni, tentando di riscoprire il suo volto e di sentirsi rivolgere parole di conforto per non impazzire del tutto.






"Sto aspettando … sto aspettando…”



 


Fine




Note dell’autrice: Fine? Ho realmente messo la parola fine a questa storia??? Hallelujah! XD Si è classificata al quarto posto al concorso " Alternative universe special 3° edizione" indetto da DarkRose86
Beh che dire… non dico nulla -_- è venuta molto diversa da come pensavo di farla inizialmente XD Come ambientazione ho scelto quella del parco di notte ( anche se in parte, i flashback sono ambientati da tutt’ altra parte…)
Ringrazio in particolare 3 persone… la prima sei tu, Darky, per aver indetto questo contest e per avermi fatta dannare per l’ennesima volta per la ricerca di un finale XD.
La seconda persona è la Lolly, la mia adorata beta-reader personale che non  ha esitato a spronarmi per giornate intere, riuscendo alla fine a farmi terminare la storia in tempo! Amore non so come farei senza di te!!! ^^
E la terza, non meno importante, è la MelloSexyDoll…  grazie mille  per il sostegno morale !!!
    
Sayonara a tutti per ora! Alla prossima fan fiction!


By Elly_Mello 
  
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