Capitolo 2:
CACCIA AI DIAMANTI
«Porca
puttana!» esclamò Amalia scaraventando a terra il
borsone, che
cadde con un tonfo metallico. Pezzi di ferraglia arrugginita e
ingranaggi si
riversarono al di fuori di esso, sommergendo le piastrelle nere. Di
cibo,
neanche l’ombra.
La
ragazza si premette le mani sulle tempie e cominciò a
tormentarsele, con una vistosa smorfia stampata in faccia. Si
voltò, dando le
spalle a Rachel e Lucas. «Tutta quella fatica per rubarlo...
per niente...»
«Komi...»
Ryan si avvicinò a lei, cercò di confortarla, ma
la ragazza
lo respinse con un gesto rabbioso. Il minore ammutolì.
Rachel
osservò senza dire una parola il contenuto del borsone.
Sbuffò,
irritata. Ma quale imbecille lo aveva riempito con tutte quelle
cianfrusaglie?
Scosse la
testa, cercando di ignorare quanto accaduto. Non era un
problema poi così grave, per lei. Di provviste ce
n’erano altre in città,
tanto.
Il suo
sguardo cadde poi sui due fratelli. Solo in quel momento
realizzò che per loro due vedere quella robaccia non doveva
essere stato molto
bello. Lei e Lucas avrebbero potuto procurarsi altro cibo senza
problemi, vero,
ma Komand’r e Ryand’r come avrebbero fatto?
Provò
pena per loro, in particolare per Ryan. Cercava di tranquillizzare
la sorella, ma era evidente che il primo a necessitare di aiuto era
lui. Quanti
anni aveva? Sedici? Diciassette? Aveva ancora tutta la vita davanti a
sé, eppure
i suoi occhi emanavano uno sconforto e una tristezza che solamente chi
aveva
vissuto una vita lunga e difficile poteva provare.
Quel
ragazzino, a causa della rovina di Empire, aveva provato una
tristezza, una sofferenza e probabilmente anche una rabbia che nessun
ragazzo
avrebbe mai dovuto provare. E quello valeva non solo per lui, ma per
lei, per
Amalia, per Lucas e per chiunque altro orma in quella città.
Era
questo, dunque, ciò che l’esplosione aveva
causato. Una civiltà in
rovina, costretta a lottare con tutte le proprie forze contro bande di
criminali semplicemente per poter mettere le mani su del cibo, un
qualcosa
dapprima così scontato, ora prezioso come un diamante per
chiunque.
Ragazzi
come Ryan, come lei, come Lucas, costretti a vivere allo
stremo, costretti a lottare.
Feste,
discoteche, viaggi in macchina, divertimento, svago, tutti
vaghi ricordi di una troppo breve adolescenza.
Amalia
aveva rischiato la vita per rubare quella borsa, convinta di
trovarci delle provviste. Aveva rischiato la vita per del cibo che non
aveva
trovato. E adesso sembrava in procinto di prendersi a pugni da sola.
Rachel
avrebbe voluto dire qualcosa, ma non sapeva assolutamente cosa.
Intuì che la cosa migliore da fare, a quel punto, fosse
semplicemente togliere
il disturbo. Non avevano più motivo di restare
lì. Cercò allora lo sguardo di
Lucas, per dirglielo, ma quando si voltò non lo vide
più accanto a lei. Si
guardò intorno allarmata, poi lo vide inginocchiato accanto
al tavolo, intendo
a rovistare in mezzo al contenuto del borsone.
Sollevò
un sopracciglio. «Lucas, che stai...»
«Dubito
fortemente che gli Spazzini si siano dati tanto da fare per
proteggere e cercare di recuperare un borsone pieno di merda
inutile» la
anticipò lui, continuando a frugare tra il cumulo di
ferraglia. «Qui dentro c’è
sicuramente qualcosa di prezioso.»
La
corvina dischiuse le labbra. Lucas non sembrava minimamente
preoccupato da quella situazione, anzi, non credeva di averlo mai visto
così
tranquillo. E ora che ci ripensava, aveva senso ciò che
diceva. C’erano almeno
dodici Spazzini a guardia di quella borsa. E quando li avevano
sconfitti era
apparsa Amalia, che l’aveva rubata sotto il loro naso. Si
erano allontanati
parecchio dal luogo in cui erano partiti, eppure gli Spazzini avevano
comunque
continuato a cercarli, uno li aveva perfino trovati. I conti tornavano.
E non
passò molto prima che Lucas trovasse effettivamente
qualcosa. Un
foglio di carta, all’apparenza inutile, ma decisamente troppo
fuori luogo in
mezzo a tutta quella ferraglia. Lo afferrò e lo
osservò per un breve attimo,
dopodiché sollevò lo sguardo, verso Rachel.
«Jackpot.»
Le porse
il foglio. La ragazza lo afferrò e lo esaminò a
sua volta,
curiosa di sapere cosa potesse esserci sopra di tanto importante.
Una
piantina. Una piantina del Dedalo, in bianco e nero. Sembrava
stampata. Per un momento non notò nulla di interessante,
fino a quando non si
accorse di una zona cerchiata di rosso, probabilmente con un
pennarello, a nord
del distretto. Sollevò un sopracciglio. «Ma
cosa...»
«Sembrerebbe
una zona calda» osservò Red X, avvicinandosi a
lei. «Magari
ci custodiscono qualcosa di importante.»
«Per
esempio... un magazzino?» chiese lei.
«Può
essere. Non possiamo saperlo finché non andiamo a
vedere.»
«Ma
non è detto che ci sia del cibo...»
«Preferisci
aspettare un altro mese per il prossimo sgancio?»
interrogò Lucas, afferrando di nuovo la piantina.
«È l’unica cosa che abbiamo,
Rachel. Non mi va di morire di fame senza nemmeno andare a dare
un’occhiata.»
Incrociò le braccia e la guardò negli occhi.
«Vieni con me? Altrimenti faccio
da solo, non mi pongo certo dei problemi.»
Rachel
fece una smorfia. Odiava quando era lui ad avere ragione. E
odiava le domande retoriche. «Certo che vengo. Ti sembra una
cosa da chiedere?»
Lucas le
rivolse un sorrisetto. «Non saprei. Ultimamente mi sembri un
po’ rammollita.»
La
corvina fece per ribattere, ma fu interrotta da Amalia.
«Posso
vederlo anch’io?»
Komand’r
sembrava essersi ripresa dal nulla di colpo. Probabilmente
aveva sentito lo scambio di battute tra i due partner e aveva sbollito
la
rabbia. E anche Ryan sembrava più acceso e speranzoso di
poco prima.
Red X la
osservò stupito, poi sogghignò e le
passò il foglio. «Cos’è
questo tono calmo? Il ciclo t’è passato tutto ad
un tratto?»
Amalia
ringhiò, poi gli strappò il foglio di mano con un
gesto
furente. «Crepa.»
«Ops,
è tornato» ribatté il ragazzo.
Rachel
roteò gli occhi, mentre la mora lo ignorò
direttamente,
concentrandosi sul foglio. «Conosco questa zona»
disse. «C’erano molti Spazzini
che andavano e venivano da là, qualche giorno
fa’.»
I due
partner si scambiarono un’occhiata, poi Lucas
annuì. «Jackpot.»
«Vengo
con voi» asserì Amalia, alzando lo sguardo verso
di loro.
«Sicura?»
domandò il moro, inarcando un sopracciglio. «Se
sono in
tanti sarà pericoloso per te.»
«Non
mi serve la babysitter» rispose lei con tono sicuro,
restituendo
il foglio. «So perfettamente badare a me stessa.»
Lucas
corrucciò la fronte, poi scrollò le spalle e
riafferrò la
piantina. «Tsk. Come vuoi.»
«Vengo
anch’io!» esclamò Ryan a quel punto.
«Scordatelo»
ribatté Amalia, secca. «Tu resti qui, al
sicuro.»
«Cosa?!
Ma perché?!»
«Perché
non è posto per te» proseguì lei.
«Non sei ancora pronto per
una cosa simile.»
«Ma...»
«Non
discutere, Ryan. Ormai ho deciso.» Amalia liquidò
la faccenda con
un gesto della mano. Il ragazzino incassò la testa tra le
spalle, contrariato e
abbattuto. «Però non è
giusto...» mugugnò.
«Sì,
sì, lo so» ribatté Kom, con il classico
tono esausto di chi
doveva aver avuto quella discussione già un centinaio di
volte. Si rivolse poi
a Lucas e Rachel. «Datemi un minuto per
prepararmi.» E detto quello uscì dalla
cucina.
Furono
dei secondi carichi di imbarazzo, per la corvina. Avere Ryan
accanto a lei la turbava e non poco. Anche l’idea di andare
in missione insieme
ad Amalia non la faceva impazzire. Le somiglianze con Kori erano
troppe, e
rievocavano in lei centinaia di emozioni contrastanti. Inoltre, anche
la
precedente discussione tra i due fratelli l’aveva messa a
disagio. Si sentiva
come se avesse visto qualcosa che non avrebbe dovuto vedere. Lucas
invece non
sembrava troppo preoccupato, visto che smanettava con il cellulare con
grande
enfasi.
«Mi
tratta come un bambino...» sbottò il rosso,
all’improvviso.
Rachel lo
guardò. Non capì se lo aveva detto per rompere il
ghiaccio
con loro due o per sfogarsi. Un po’ le dispiaceva per lui,
voleva solo aiutare
la sorella, dopotutto. Le bastò solo uno sguardo per capire
che non era la
prima volta che Komand’r rifiutava il suo aiuto. Doveva
essere parecchio
frustrante per lui.
Avrebbe
voluto dire qualcosa, ma Amalia rientrò proprio in quel
momento, con un fucile a pompa tra le mani. «Fatto. Possiamo
andare.»
«Wow...»
commentò Lucas mettendo via il telefono, quando vide
l’arma. «Sicura
di saperlo usare?»
«Posso
fare un po’ di pratica su di te, se vuoi»
ribatté lei
freddamente, caricando un colpo.
«Hai
controllato se almeno quello è carico?»
«Scopriamolo
insieme.» Amalia gli puntò il fucile.
«Se premo il
grilletto e la testa ti esplode come un’anguria vuol dire che
è carico.»
«Prima
però devi colpirmi.»
«Oh,
non preoccuparti, non avrò problemi nel farlo.»
«La
volete piantare?» sbottò Rachel, piazzandosi in
mezzo a loro per
calmare le acque. «Serbate i rancori per quando affronteremo
gli Spazzini.»
«Ha
cominciato lui!» protestò Amalia, abbassando
l’arma.
«Non
metterti a piangere adesso» borbottò ancora X,
avviandosi verso
l’uscita. «Andiamo.»
«Ma
come diavolo fai a sopportarlo?» domandò Komi alla
corvina, una
volta che il ragazzo si fu sufficientemente allontanato.
Rachel
sorrise senza nemmeno rendersene conto, guardando la porta da
cui Lucas era uscito. «A volte me lo chiedo
anch’io.»
***
«Mi
ripetereste i vostri nomi?»
«Io
sono Red X, lei è Corvina.»
Amalia
inarcò un sopracciglio e guardo il ragazzo che camminava
accanto a lei. «Sul serio?»
«Lui
è Lucas, io sono Rachel» spiegò
pazientemente la conduit. «Ma
Lucas è fissato con i soprannomi...»
La
ragazza mora osservò stranita i due partner.
«Oh... ok...»
Ecco, ci ha
presi per pazzi...,
pensò Rachel, notando il suo sguardo.
«Non
pensi... di essere stata un po’ troppo severa con
Ryan?» domandò,
cercando di cambiare argomento. «Insomma... voleva solo
aiutarti...»
Komand’r
fece una smorfia, riportando lo sguardo sulla strada. «Cerco
solo di proteggerlo. Ho già perso troppo a causa
dell’esplosione, non voglio
che lui corra dei rischi inutili. Non potrei mai perdonarmelo. Lui
è... l’unica
cosa che mi è rimasta.»
Rachel
percepì una fitta allo stomaco udendo quelle parole.
Provò
molta empatia verso di Amalia. Per l’ennesima volta avrebbe
voluto uccidere
colui che era stato la causa dell’esplosione e di tutto il
male generato da
essa.
Procedettero
dunque in silenzio per un altro centinaio di metri.
Era
pomeriggio inoltrato, probabilmente le cinque, lo si evinceva dal
cielo che da azzurro e limpido aveva cominciato a striarsi di
arancione. Erano ancora in inverno, le giornate erano corte. Era
chiaro che avrebbero finito di svolgere il loro lavoro solamente verso
la sera.
Quella
zona era della periferia era particolarmente tranquilla. Non
c’erano automobili, né pedoni intenti a
passeggiare. La strada era occupata
solamente da loro tre.
Era
strano per Rachel. Ma forse era semplicemente troppo abituata a
vivere nel Neon, dove, bene o male, qualcuno in giro c’era
sempre. Da quando
lei e Lucas avevano cominciato ad eliminare i Mietitori per trovare
Richard,
buona parte di Empire si era spostata nel Neon, che era diventato il
distretto
più sicuro e popolato tra tutti.
Il Dedalo
era quasi disabitato, a causa delle pessime condizioni di
vita e degli Spazzini. Nonostante fosse la sede del carcere di Empire,
e dunque
della più massiccia forza di polizia rimasta, era il
distretto con il più alto
tasso di criminalità.
Il Centro
Storico, invece... era un’altra storia.
Rachel
sospirò. Non doveva pensare troppo a quelle cose, o avrebbe
finito con il rievocare brutti ricordi che spesso sperava di
dimenticare.
Doveva solo concentrarsi su quello che dovevano fare in quel momento.
«Potresti
togliermi una curiosità?» le domandò
all’improvviso Amalia.
«Certo,
dimmi.»
«Hai
detto di andare a scuola con Kori, e ora che ci penso lei mi
aveva parlato di qualche sua amica...» cominciò
Komand’r, con voce calma.
Troppo calma. La corvina cominciò a sentirsi a disagio, e
quando Amalia spostò
il suo sguardo glaciale su di lei, rabbrividì.
«... ma allora tu dov’eri il
giorno dell’esplosione?»
La
conduit sentì il proprio corpo irrigidirsi a tal punto da
trasformarsi in un palo. Distolse lo sguardo da lei, esitò.
«Ecco... io...»
Amalia si
parò davanti a lei, costringendola a fermarsi, la sua
espressione dura non mutò minimamente. «E,
inoltre, non mi aveva mai parlato di
conoscere qualcuno con poteri sovrannaturali come i tuoi.»
«Beh...»
«Tu
eri là. L’esplosione avrebbe dovuto ucciderti.
Come hai fatto a
sopravvivere? Che cosa sei tu?!» Il fucile nero e lucido tra
le mani di Amalia
sembrò improvvisamente dieci volte più
pericoloso, il suo tono di voce mutò
improvvisamente. «Parla!»
«Io
non lo so!» esclamò alla fine Rachel, con il cuore
che martellava
nel petto. «Non... lo so...»
Sospirò.
Sollevò entrambe le mani, mostrandole ad Amalia.
«So bene che
l’esplosione avrebbe dovuto uccidermi, ma... non è
successo. L’unica cosa che è
cambiata è che...» Si concentrò,
entrambe le mani si illuminarono di nero, di
fronte alla mora, che schiuse le labbra. «... ora posso fare
questo. Io... non
chiedermi i dettagli, perché non ti saprei rispondere.
Nessuno sa rispondere. È
successo... e non posso fare nulla per cambiarlo. L’unica
cosa che posso fare,
è sfruttare questo... dono... per cercare di cambiare le
cose. In meglio, si
spera.»
Le due
ragazze si guardarono negli occhi. Rachel notò che dopo le
sue
parole, l’espressione di Amalia era mutata, ora non
c’era più rabbia nel suo
sguardo, solamente una profonda tristezza.
«Scusa...»
mormorò Komand’r, distogliendo lo sguardo
abbattuta. «Sono...
esplosa di nuovo... n-non volevo, è solo che...
che...»
«Credevi
che se io ero sopravvissuta, allora forse lo era anche Kori,
giusto?»
Amalia
annuì lentamente, chinando la testa. «Mi... mi
manca così
tanto...»
Rachel le
si avvicinò, posandole una mano sulla spalla. «Non
preoccuparti. Ti capisco. Lei era... era anche mia...»
Esitò.
Ripensò al suo rapporto con Koriand’r. Amica. Non era proprio la parola
migliore con cui l’avrebbe mai
potuta definire, visto quello che era successo tra lei e Richard.
Però...
Kori era sempre stata gentile con lei. Nonostante tutto, la
invitava sempre a pranzo al suo tavolo, le chiedeva di studiare
insieme, le
chiedeva di accompagnarla a fare shopping. Cose che di solito fanno le
amiche.
E per quanto Rachel si era sempre sforzata di rifiutare i suoi inviti,
la rossa
non si era mai arresa. Era sempre stata convinta che la corvina le
avrebbe dato
una possibilità, forse aveva addirittura pensato che
gliel’avesse già data, in
passato.
Forse
Rachel non aveva mai visto Kori come un’amica, ma di sicuro
Stella lo aveva fatto con lei. E ora che ci ripensava, forse non si
sarebbe mai
fidanzata con Richard, se avesse saputo che Rachel ne avrebbe sofferto.
Per
l’ennesima volta in quelle settimane, la corvina si
sentì la ragazza più
stupida di quell’universo.
Kori era
una brava ragazza, non aveva mai agito per farla soffrire,
mai. Corvina annuì impercettibilmente, poi concluse la
frase: «Era anche mia
amica.»
Amalia si
pizzicò un labbro, con gli occhi bassi.
«Sì, giusto. Scusa
ancora.»
«Tranquilla.
Le volevi bene, d’altronde, sei più che
giustificata.»
Rachel sorrise. «Sei una brava sorella.»
«No,
invece...» Komand’r scosse la testa. «Non
lo sono affatto.»
Rachel
inarcò un sopracciglio. Fece per parlare di nuovo, ma Amalia
riprese a camminare. «Dai, sbrighiamoci. Il tuo amico se
n’è già andato...»
Aveva
ragione, Lucas era già a centinaia di metri di distanza da
loro.
Corvina fece una smorfia, a volte detestava proprio il suo
comportamento
strafottente. Senza dire altro ripresero a camminare.
***
Rachel
aveva sempre pensato che il Neon fosse ridotto male, ma dopo
aver visto il Dedalo con i propri occhi, dopo aver attraversato strade
deserte,
vicoli angusti, ammirato in tutto il loro splendore edifici decadenti e
grattacieli così malridotti che sembravano stessero per
crollare da un momento
all’altro, aveva cominciato a ricredersi. Non riusciva
davvero a credere che
solamente un ponte dividesse il suo distretto da quello completamente
diverso in
cui era cresciuto Lucas.
Ed era
anche molto probabile che non l’avrebbe mai visitato, se solo
non fosse stata costretta. Nel Neon non avevano più trovato
alcuna traccia di
Richard, nonostante lo avessero perlustrato da cima a fondo,
così avevano
dovuto spostare le ricerche nel Dedalo. E poi era successo tutto quello
che li
aveva portati fino a lì.
Dopo
quella che parve un’eternità, finalmente
arrivarono al luogo
indicato dalla piantina, a nord.
«Ok,
dovrebbe essere...» Lucas si interruppe di colpo. Per poco la
piantina gli cadde di mano. «... oh, cazzo...»
Rachel
non credette ai propri occhi. Di fronte a loro, nel luogo
segnato dalla mappa, una torre altissima, costruita con quelli che
sembravano
enormi ammassi di rifiuti e rottami si ergeva alta nel cielo. Attorno
ad essa
era innalzata un’ enorme muraglia realizzata con telai,
lamiere, ferraglia e altra
immondizia. Sembrava una fortezza di spazzatura e ruggine. Doveva
occupare
almeno metà della zona nord del Dedalo. Per accedervi
occorreva salire una
lunga rampa di scale, che dalla strada portava a quello che
probabilmente un
tempo era un cavalcavia.
«È
qui» confermò Amalia, l’unica per nulla
impressionata. «Gli
Spazzini agivano qui, qualche giorno fa’.»
«Mio
Dio...» sussurrò Lucas, avvicinandosi con sguardo
vitreo. «Prima
della quarantena qui c’era un parco! Da dove accidenti salta
fuori tutto
questo? Che diavolo è?!»
«Se
non sbaglio è una baraccopoli, anche se non ho idea di cosa
se ne
facciano di quella torre. L’hanno costruita gli Spazzini,
credo... forse questa
era la loro base.» Amalia scrollò le spalle.
«A chi importa?»
«A
noi. Se ci fosse un esercito che ci aspetta?»
«Se
hai fifa puoi sempre tornare indietro, Rosso.»
Komand’r cominciò a
salire le scale. «Ma io non tornerò a casa a mani
vuote. E comunque, sembra
tutto deserto.»
Lucas
guardò Rachel, perplesso. Ma se si aspettava che lei dicesse
qualcosa, allora aveva preso un granchio. La corvina era rimasta
ammaliata da
quell’enorme baraccopoli sospesa sopra la strada. Non aveva
più dubbi, gli
Spazzini avevano cominciato a costruirla sopra il cavalcavia, per poi
espandersi fino a ricoprire almeno due o tre quartieri. Non riusciva a
credere
ai propri occhi, quando vedeva delle macchine e dei pedoni passarci
accanto
come se quella fortezza non esistesse.
Ma la
domanda che più la preoccupava era un’altra. Come
avevano fatto
gli Spazzini a costruirla in appena qualche mese di quarantena?
Dubitava che
fosse perché erano dei muratori prodigiosi. C’era
sotto qualcosa. Qualcosa di
brutto.
Tuttavia,
la zona sembrava deserta. E la curiosità di sapere
chissà
quali tesori gli Spazzini potessero averci portato era alta.
Perciò, non le
restò altro che seguire Amalia, la quale era già
a metà della scala. Fece un
cenno ad X, il quale probabilmente aveva pensato le stesse cose,
perché non
ebbe nulla da discutere.
In cima
li attendeva una grossa parete di un telaio di alluminio; alla base di questa, si trovava un grosso arco che permetteva
l’accesso alla struttura. Non appena furono dentro, Rachel poté constatare
che la grossa
muraglia che circondava la baraccopoli, come la baraccopoli stessa, era
davvero
realizzata con scarti di ogni tipo. Pezzi di case, di automobili,
perfino
quelli che avevano l’aria di essere dei componenti di
aeroplani.
Una
piccola piazza di cemento con attorno un prato d’erba
ingiallita e
alcuni lampioni spenti li accolse. Probabilmente un resto del parco che
era
stato sacrificato.
I tre
ragazzi proseguirono, continuando a guardarsi intorno
meravigliati. Perfino Amalia ora sembrava impressionata.
Scesero
lungo un marciapiede di mattoni, allontanandosi dal piccolo
parco per arrivare dentro la baraccopoli vera e propria. Un ammasso di
casupole
realizzate proprio come tutto il resto, che non sembrava avere fine. Un
enorme
labirinto di scarti, simile ad una favelas, con rifiuti di ogni genere
sparpagliati un po’ ovunque.
Procedettero
nelle viscere di tale luogo, in silenzio, per diversi
minuti. Alla fine, fu Rosso a rompere il silenzio: «Mh...
trovare qualcosa qui
non sarà molto...»
«INTRUSI!»
Lucas
sobbalzò, interrompendo la propria frase. Amalia e Rachel si
guardarono intorno, allarmate. «Che diavolo è
stato?!»
La terra
tremò improvvisamente, colpita da un forte scossone. Poi
tremò ancora, colpita da un altro. Poi un altro. E poi
ancora uno.
«Che
cos’è, un terremoto?!»
domandò Lucas, faticando a restare in
piedi.
«Io non...» Rachel si interruppe di colpo, restando a bocca spalancata. Da una delle numerose vie di fronte a loro, sbucò fuori la causa di quegli scossoni.
Non
so neanch'io come sia possibile. Sono riuscito a scrivere un capitolo
in appena un pomeriggio e mezzo, tra una puntata di Shameless e Breaking Bad e
l'altra. Spero sinceramente di continuare di questo passo, ma ne
dubito... in ogni caso, spero che vi sia piaciuto.
Ci tengo a precisare che la baraccopoli di cui si parla qua sopra esiste davvero nel videogioco, e mi rendo conto che descritta a parole non rende molto bene.
Purtroppo non ho trovato immagini a riguardo, sono riuscito a trovare però video in cui viene mostrata la missione riguardante tale baraccopoli. Il link è qui, per quanto ve ne possa fregare, naturalmente.
Voglio fare subito un ringraziamento, così, di botto, perché sì. Ringrazio Carlotta e Corvina per aver recensito il primo capitolo. So già che non raccoglierò tutto questo gran successo con questa storia, perciò ogni recensione, anche quelle più brevi, saranno tenute in grande considerazione. Grazie!
Al prossimo capitolo! (data da destinarsi)