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Autore: FairySweet    01/02/2016    1 recensioni
Non esisteva più la paura, niente esitazioni né incomprensioni perché ora, nel suo piccolo mondo sicuro, aveva qualcuno per cui lottare, qualcuno da difendere e poco importava cosa pensasse il mondo, ci stava bene in quel mondo e non avrebbe permesso a nessuno di rompere i muri spessi che lo tenevano al sicuro, nemmeno ai fantasmi ...
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: André Grandier, Generale Jarjayes, Nuovo Personaggio, Oscar François de Jarjayes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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                          Innocente Segreto







Freddo, era chiusa in quell'abbraccio tenero e rassicurante ma tutto quello che riusciva a sentire era freddo.
Aveva paura di muoversi, di parlare perfino di respirare.
Sentiva le braccia di Andrè strette attorno a lei, le sue labbra sul collo, il respiro lento e regolare figlio del sogno.
Ma lei, lei così confusa e stordita da quell'amore profondo continuava a fissare il vuoto di fronte a sé, terrorizzata dal poter interrompere quel silenzio quasi irreale.
La luce tenue filtrava dalle tende e il sole salutava la fatica di quel lungo viaggio nascondendosi al sicuro oltre l'orizzonte, avrebbe lasciato la dolcezza di quel cielo ad una luna stupenda in grado di rasserenare i cuori.
Fece un bel respiro muovendosi tra le braccia di Andrè, tirò il lenzuolo scoprendo le gambe, lo sentì sospirare, il braccio scivolò via da lei permettendole di scappare via dalla sicurezza di quel tenero calore.
Infilò i pantaloni raccattando le scarpe e la fascia, la camicia strappata ancora abbandonata sul pavimento le ricordava costantemente le ore passate, i baci, le carezze.
Fece un bel respiro allontanandosi da lui, da quei ricordi, dal suo amore.
Faceva una fatica tremenda a trattenere le parole, le sentiva vorticare nella mente cercando continuamente una via d'uscita ma non avrebbe permesso ancora per molto quel gioco insolente.
Si chiuse la porta alle spalle coprendo il seno con le braccia, se suo padre fosse entrato l'avrebbe trovata mezza nuda, con i capelli in disordine e gli occhi pieni di confusione.
Si avvicinò al guardaroba sfilando una camicia pulita profumata di buono.
Ci mise pochi secondi per rivestirsi, strinse la fascia in vita infilando la giacca, le cuciture dorate brillarono leggere e un dolcissimo sorriso tornò sulle labbra, davanti agli occhi rifiorì d'improvviso il volto di Renée, il suo sorriso, i suoi occhi tanto belli e l'espressione meravigliosa che faceva ogni volta che qualcuno le impediva di fare domande.
Camminava tranquilla lungo i corridoi silenziosi, le cameriere che incrociava sorridevano affabili chinando il capo davanti a lei poi quel sorriso tanto bello e la voce squillante di Lisette “Come state? Vi sentite meglio contessa?” “Sai dov'è mio padre?” “È uscito mezz'ora fa signora” “È uscito?” la donna sorrise passandole un bicchiere colmo d'acqua “Aveva un impegno molto importante, non sarà di ritorno prima di notte Vi prega di cenare in orario. Ora bevete” “Ma non ...” “Coraggio, sapete bene cos'ha detto il dottore” sbuffò divertita portandosi alle labbra il cristallo prezioso “Vostro figlio sta giocando assieme a Marie, volete vederlo?” “No, preferisco continui a giocare. Lo vedrò più tardi” finì di ingoiare quell'intruglio, Lisette rise divertita togliendole di mano il bicchiere ormai vuoto “La cena sarà servita tra un'ora” “Maxime?” “Vostro fratello?” ci mise qualche secondo a comprendere quanta forza fosse racchiusa in quella parola.
Aveva cinque sorelle, era legata a loro ma non aveva mai condiviso pensieri e preoccupazioni, ora d'improvviso aveva un fratello, qualcuno che riusciva a capirla semplicemente guardandola negli occhi.
“Credo sia ancora a cavallo” “Grazie” Lisette sorrise annuendo decisa prima di lasciarla di nuovo ai suoi pensieri.





“Che ci fai qui?” domandò confuso posando il frustino sul tavolo “L'ultima volta che ho controllato, queste erano ancora le mie stanze” “Lo so” “Ma che ...” si avvicinò a lei confuso da quella risata così leggera e allegra “ … stai bevendo?” Oscar sollevò il calice verso di lui annuendo “È solo un passatempo” “E da quanto tempo giochi con questo passatempo?” domandò divertito lasciandola sola “Non tanto” “Non tanto?” rise abbandonandosi contro i cuscini morbidi del divano.
Sentiva la voce di Maxime arrivare chiara dalla camera accanto, il suo profumo nell'aria e la sicurezza della sua presenza.
Fece un bel respiro giocherellando con i capelli, gli occhi persi sulle fiamme del fuoco mentre per la prima volta da giorni si sentiva finalmente in pace con sé stessa “Hai cenato?” “Vuoi sapere se Lisette ha svolto a dovere i compiti assegnati?” “Voglio solo sapere se hai cenato” annuì appena come se quel gesto leggero potesse oltrepassare i muri e arrivare fino ai suoi occhi “Non ti ho visto tutto il pomeriggio” “Avevo delle cose da fare” “Con mio padre?” “Il generale aveva cose da fare di importanza ovviamente superiore. No, io avevo affari di famiglia da risolvere” “Non fate forse parte della mia famiglia ora?” sentì la risata cristallina del giovane poi la sua voce a pochi passi da lei.
Sollevò lo sguardo incontrando un uomo sorridente, aveva i capelli sciolti, il volto ancora inumidito dall'acqua fresca.
La camicia era aperta sul petto e la fascia stretta in vita era sparita lasciando solo l'immagine di un giovane libero da costrizioni “Che c'è?” “Mi sbaglierò contessa ma leggo nella vostra domanda un leggero fastidio” “Era solo una domanda” “Vediamo ...” si avvicinò al tavolo ignorando lo sguardo della ragazza “ … una, due, tre. Uao, giochi con questo passatempo da molto” “Sto bene” “Sei ubriaca” esclamò allegro sedendole accanto “Questa cosa è divertente, non ti ho mai visto ubriaca” “Sono uguale ad ogni altra persona” “No sorellina ...” le sfiorò il volto giocando con una ciocca di sole “ … sei più bella di ogni altra persona” le labbra si schiusero nel sorriso più dolce che avesse mai visto.
Era così tenera, così indifesa, i capelli leggermente scompigliati e il volto arrossato, nei suoi occhi c'era solo allegria e la voglia di dimenticare anche solo per qualche minuto il male degli ultimi giorni.
Come poteva rimproverarla? Prese dalle sue mani il bicchiere assaggiandone il contenuto “Però, questo è davvero un gran bel bicchiere di vino. Il tuo passatempo è davvero buono” “Dove sei stato?” “Te l'ho detto, avevo delle cose da fare” “Evitarmi?” lo sguardo si fuse al suo togliendogli il respiro “Me ne sono accorta sai?” si riprese il bicchiere stendendo dolcemente le gambe sulle sue “Passi tutto il tempo a girare per chissà quali sciocchezze, mi lasci sola, non parli con me” Maxime sospirò posando una mano sulle ginocchia di Oscar “Non ti sto evitando” “Lo disse anche un mio soldato una volta” “E che fine a fatto?” “Plotone d'esecuzione” “Uao” sussurrò giocherellando con il bottone stretto appena sotto quei pantaloni preziosi “E perché ha ...” “Disertato, si è preso la libertà di lasciare il posto a lui assegnato. Ho provato a parlare con lui, l'ho cercato per giorni e lui?” prese dal tavolino la bottiglia riempiendo di nuovo il bicchiere “Lui ti ha evitato?” “Esatto! L'ha fatto per giorni, quello sciocco ha continuato ad evitarmi!” “Finirò come quel soldato? È questo che stai tentando di dirmi?” “Non puoi permettermi di provare affetto per te e poi sparire” “Oscar di cosa stiamo ...” “Mi vuoi bene?” “Che domanda è?” ribatté confuso togliendole di mano la bottiglia mezza vuota “Voglio sapere se mi vuoi bene” “Certo che ti voglio bene” “E allora perché scappi?” sbuffò bevendo assieme a lei “Andrè ha detto … lui dice che ...” vedeva nei suoi occhi la confusione, la voglia folle di fare domande e il timore di quelle risposte che ora diventavano terribilmente importanti.
“Perché non mi fai quella domanda?” “Che domanda?” mormorò confusa passandosi una mano tra i capelli “Non lo so” “Sei innamorato di me?” “Eccola” strinse più forte la bottiglia bevendo un bel sorso di vino “Maxime?” posò il bicchiere sul pavimento cercando gli occhi dell'uomo “Sarebbe una cosa tanto brutta?” la vide annuire mordendosi leggermente le labbra “Allora no contessa, non siete il centro dei miei pensieri” “Maxime?” “Che c'è?” “Pensi che io sia brutta?” “E questa domanda da dove esce?” ribatté divertito ma lei sorrise lasciando scivolare le gambe di lato “Forse non sono il centro dei tuoi pensieri perché non sono abbastanza bella” si voltò verso di lei cercando di capire da dove uscisse quel bisogno così forte di contare qualcosa, per il mondo, per lui “Sei più bella di qualsiasi altra donna a questo mondo. Non puoi essere il centro dei miei pensieri perché sei mia sorella” “E tu sei un bugiardo” risero assieme persi nel tepore dell'alcool, in quell'attimo di mera illusione dove ogni inibizione crollava permettendo domande complicate “Non accusatemi invano contessa” annuì divertita alzandosi dal divano.
Il corpo leggero faticava ad obbedire al comando fermo della gravità, sorrideva, giocava con i suoi occhi come una bambina irriverente costringendolo a ridere “Sei un bugiardo e sai come lo so?” “Forse dovresti tornare a sedere perché sembri piuttosto instabile” scosse leggermente la testa ridendo “Sei bugiardo perché non riesci a togliermi gli occhi di dosso e ...” si avvicinò a lui inchiodando lo sguardo al suo “ … quando sono così vicino a te sento il tuo cuore che batte più forte” sfiorò con le mani il volto dell'uomo sedendosi su di lui “Lo sento Maxime” posò una mano su quel petto forte e liscio come seta mentre un debole sospiro usciva dalle labbra.
Era vicina, troppo vicina per ignorarne il profumo, troppo vicina per fingere che quelle labbra tanto belle a pochi centimetri dalle proprie fossero solo illusione “Sei innamorato di me?” “Perché vuoi saperlo?” “Perché se questa cosa è vera allora devo … devo trovare un modo per conviverci. Non posso permetterti di farmi del male e non posso permetterti di soffrire. Amo da morire mio figlio e Andrè e ...” “Allora non chiederlo” le sfiorò il volto incantato dalla dolcezza di quei lineamenti “Non chiedermelo Oscar” “Perché?” “Perché sei ubriaca sorellina” la mano della giovane si posò leggera sul suo volto seguendone i lineamenti fino al collo “Hai mai fatto un sogno tanto reale?” “Come questo?” sussurrò stringendo le mani attorno ai suoi fianchi.
Era un sogno, solo un sogno e nulla di più, doveva esserlo perché dalla realtà non ci si risveglia e lui aveva un bisogno disperato di aprire gli occhi.
Fece un bel respiro cercando di ignorare quegli occhi tanto belli, il seno che sfiorava il suo petto, le gambe strette dolcemente attorno alle sue “Ti ho sognato una volta” “Hai sognato tuo fratello?” “Ho sognato un uomo che si preoccupava per me. Ho sognato un uomo che mi prendeva per mano costringendomi a vivere, quando Andrè ha … quando mi ha ... Era così uguale a te” “Era un sogno” “Eppure sei qui, davanti a me” un debole sorriso sulle labbra, leggero, appena accennato poi quell'attimo sospeso nel tempo e un bacio di miele che sapeva di vino.
La strinse più forte tirandola verso di sé, il cuore martellava nel petto ad una velocità impressionante mentre quel sogno diventava improvvisamente reale.
Le mani salirono lungo la schiena, sotto le dita scorreva la purezza di quei muscoli delicati, i movimenti costretti da un respiro spezzato, l'avrebbe nascosta al mondo intero, l'avrebbe fatto davvero ma quell'amore massacrante che la inchiodava dentro al cuore, era lo stesso che in quel momento urlava: fermati, non puoi farle del male.
Strinse più forte le mani attorno alle spalle della ragazza staccandola dolcemente da sé “Credo sia ora di smetterla con questi passatempi, sono pericolosi” Oscar sorrise abbandonando la fronte contro la sua “Non ti fanno bene” “I brutti sogni scompaiono e per qualche ora dimentico mia figlia, il suo volto sfinito e la sua voce tremante” “Lo so ma, credo sia meglio smetterla comunque altrimenti nostro padre mi ucciderà” le sorrise giocando con i suoi capelli ma che fatica assurda ignorare la voglia folle di baciarla, di averla solo per sé.
La strinse più forte tra le braccia alzandosi in piedi, le gambe della giovane si chiusero attorno ai fianchi mentre lo sguardo diventava improvvisamente uno solo “Ora sai che facciamo? Ti porto in camera tua a riposare” “Non posso andare in camera” “E perché?” camminava tranquillo reggendola tra le braccia fino allo specchio.
Osservò qualche secondo la propria immagine assicurandosi di assomigliare il più possibile a sé stesso, allo stesso uomo che il generale amava e che aveva cresciuto come un figlio “Mi ha presa più e più volte oggi e non ho ...” “D'accordo” esclamò tappandole la bocca “Sai una cosa? Non ci fa bene parlare di queste cose” sentì le labbra della giovane muoversi appena contro il palmo costringendolo a ridere “Se le tue prossime parole riguardano quello che è accaduto assieme a tuo marito sappi che non le ascolterò” lo specchio rimandò quel leggerissimo cenno della testa convincendolo a cedere “Non sei stanco di portarmi a spasso così?” “Pesi quanto una piuma” “Lui non è mio marito” vide nei suoi occhi un'ombra leggera forse rimorso o forse paura “Lo so che ha bisogno di me, lo so perché anche io ho bisogno di lui ma quando oggi ha ...” “Non ascolterò!” esclamò allontanandosi dal vetro lucente
“ … quando eravamo assieme ho sentito il suo dolore, l'ho sentito Maxime e mi sento così in colpa per questo, nostra figlia è morta e non sono riuscita a proteggerla” annuì appena ascoltando quello sfogo colorato dal tepore dell'alcool.
La strinse più forte entrando nella camera lì affianco, era una bellissima stanza finemente decorata.
Un grande camino di marmo bianco accoglieva il fuoco scoppiettante, i muri erano ornati da stupendi quadri e ritratti di una famiglia che ormai apparteneva al passato.
Il letto dal lato opposto della camera era nascosto da tende di velluto rosso ordinatamente legate e un salotto in piena regola riposava a pochi passi dalla finestra “Non l'ho protetta, non gli ho evitato questa realtà e ora lo sento piangere in silenzio perché ha perso sua figlia e ...” “Non è colpa tua” mormorò tirando indietro le coperte “Non è colpa di nessuno, non si gioca ad inpersonificare nostro Signore” “Secondo te la mia bambina sta bene?” la posò sul letto sorridendo “Gli angeli non soffrono” “Grazie” “E di cosa? Ora contessa, voi resterete qui a riposare” sciolse il nodo della fascia liberando quei fianchi delicati dalla prigionia del passato “Ma questo è il tuo letto” sussurrò sfinita lasciandosi cullare da quei gesti delicati “Si, ma io posso sopravvivere agli occhi di tuo marito” “Non è mio marito” “Ma è il padre dei tuoi figli” la spinse leggermente indietro costringendola a sdraiarsi sui cuscini soffici, rise divertito mentre Oscar si voltava verso di lui stringendo più forte il lenzuolo tra le mani “Ora dormi un po'. Io faccio sparire le prove di questo gioco innocente e mi occupo di nostro padre ...” le sfiorò il volto sospirando “ … ho idea che non sarà di buon umore” “Resti qui con me?” assomigliava ad una bambina.
Sdraiata su un fianco con i capelli sciolti sul cuscino come una coperta di sole puro e gli occhi chiusi, sembrava così serena, così lontana dalle lacrime e dalla paura “Resta solo un po'” “Tu devi dormire e io dovrei cenare, altrimenti Lisette mi prenderà a pugni” “Ho paura che quegli incubi maledetti tornino” sentì la mano della ragazza aggrapparsi con forza alla manica della camicia e ogni tentativo di rifiuto si cancellò di colpo dalla mente “D'accordo” sussurrò intrecciando le dita alle sue “Resterò qui con te fino” un sorriso leggero e quel respiro lento e regolare tanto bello da togliere il fiato.
Le sarebbe rimasto accanto fino a quando ne avesse avuto bisogno perché l'amava.
L'amava così tanto da rinunciare a lei ma quanto male costringere il cuore a cambiare sé stesso, costringere il pensiero a chiamarla con un altro nome.
  
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