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Autore: Ormhaxan    01/02/2016    6 recensioni
Scandinavia, IX secolo. Nella società norrena, molti sono quelli che desiderano il potere, ma pochi sono quelli che lo detengono: Ragnar Loðbrók è il sovrano più rispettato e temuto di tutti e i suoi figli, vichinghi forgiati da numerose battaglie, sono pronti a prendere il suo posto, disposti a tutto pur di salvaguardare il loro onore e il proprio nome.
In una storia che narra di vendetta, di morte, ma anche di amore, si intrecceranno le vite di Sigurd Ragnarsson, Occhio di Serpente, e di Heluna, principessa di Northumbria, figlia dell'uomo che, più di ogni altro, ha osato sfidare l'ira dei giovani vichinghi.
Dal Prologo: "Vedo il serpente strisciare nella tana del cinghiale e la sua prole dilaniarlo, vendicando il proprio nome; vedo un’aquila ricoperta di sangue sorvolare i cieli oltre il mare, un giovane serpente venire addomesticato da una principessa dagli occhi tristi e i Figli del Nord prosperare per mille anni."
Genere: Avventura, Sentimentale, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza | Contesto: Medioevo
Capitoli:
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“Cosa significa quello?”
Gorm non era stato estraneo a quel singolare scambio di sguardi avvenuto pochi istanti prima tra Sigurd e la principessa e dal momento in cui avevano lasciato le stanze di quest’ultima aveva osservato con circospezione ogni singola mossa dell’amico.
Stavano camminando con passo svelto verso il cortile esterno, dove la popolazione di York era stata riunita dai vichinghi al comando dei due condottieri, quando la curiosità del rosso aveva preso il sopravvento e quella domanda gli era sfuggita dalle labbra sottili.
“Di cosa stai parlando, minn vinr1?” chiese a sua volta, continuando a camminare.
“Parlo di quello che è accaduto nella stanza che abbiamo appena lasciato, il modo in cui hai afferrato il viso della principessa, dello sguardo che le hai riservato.”
“Ero furioso per essere stato preso in giro, lo sono ancora, e forse ho esagerato. – tento di sdrammatizzare lui – Probabilmente Víðarr2 ha sussurrato troppo forte al mio orecchio, cogliendomi di sorpresa, e la mia sete di vendetta per la morte di mio padre si è manifestata precocemente, riversandosi sulla persona sbagliata.”
“Non era vendetta quella che ha brillato nei tuoi occhi, ma altro, qualcosa di più profondo. – lo contraddisse Gorm, il quale in quei mesi aveva più di una volta visto bruciare il desiderio di vendetta negli occhi del suo amico; lui stesso era stato presente quando gli uomini di Ælle erano giunti con la funesta notizia della morte di Ragnar e aveva assistito alla furia dei suoi figli che, con occhi pieni di dolore e rabbia, avevano chiesto a gran voce giustizia. – Sigurd!”
“Ti prego, Gorm, non adesso. – lo supplicò il biondo guerriero ritraendo il braccio – Abbiamo altre cose di cui preoccuparci: capire come guadagnare la fiducia della popolazione, come tenere questa città senza il rischio di venire uccisi scioccamente e non possiamo perdere tempo prezioso parlando di un’inutile principessa tenuta prigioniera.”

Così dicendo, chiuse quella irritante discussione e riprese la sua andatura veloce: Gorm non era uno sciocco, Sigurd lo sapeva bene, e negli anni era diventato la persona che meglio sapeva leggergli l’animo dopo sua madre.
Tenergli nascosto i suoi sogni e tutto ciò che questi significavano sarebbe stato difficile, specialmente ora che era certo di aver trovato la fanciulla che gli era stata profetizzata, la stessa da cui era fuggito repentinamente – e che avrebbe continuato a fuggire – ancor prima di poter udire la sua voce.


La popolazione di York era stata radunata con non poca fatica, gente di ogni età era stata ammassata in ogni dove, chi di spontanea volontà e chi cercando di ribellarsi senza successo.
I cittadini rimasti erano per la maggior parte donne, anziani, e giovani ritenuti ancora acerbi per prende in mano una spada; gli uomini erano andati a ovest con il loro sovrano e il di lui esercito per contrastare i guerrieri comandati da Bjorn e Hvìtserk, lasciando la città con una manciata di soldati – la maggior parte era stata uccisa durante l’incursione notturna avvenuta poche ore prima – a difendere le mura.


“Cittadini di York, la città è nostra! – esordì con il suo accento spigoloso, cercando di ricordare le parole, quelle più adatte – Il vostro sovrano vi ha lasciato da soli, vi ha consegnato ai pagani che tanto disprezzate, ma non dovete temere: non abbiamo intenzione di farvi alcun male, vogliamo preservare le vostre vite, sfruttarle al meglio.
Chi di voi vorrà, - proseguì – potrà combattere al nostro fianco, uomo o donna che sia, così che quando la Northumbria cadrà voi diventerete dei vichinghi, e con voi i vostri figli.”
Un boato di disapprovazione si levò, parole di sdegno e disgusto furono pronunciate, ma queste non intaccarono l’animo trionfante di Sigurd: aveva previsto una tale reazione, l’odio da parte di quelli sciocchi nei cui animi ardeva ancora forte la speranza dell’arrivo salvifico dell’esercito del loro sovrano.
“Miei soldati, fratelli miei, - continuò rivolgendosi nella sua lingua norrena ai vichinghi – oggi è un giorno propizio: sacrifici saranno fatti in onore degli dei, i quali ci sorridono e benedicono questa nostra spedizione, ma prima un banchetto sontuoso sarà dato al calare delle ombre. Quindi mangiate, bevete, cantate e festeggiate come meglio credete, poiché la vita è brave e il Valhalla presto ci aprirà le sue porte.”
Orm-ì-auga! – una voce si levò tra la folla, uno dei suoi sottoposti prese la parola, un soldato valoroso che aveva combattuto per tanti anni al fianco di Ragnar Loðbrók – Cosa ne sarà dei nobili catturati, dei preti, di tutti coloro che ci disprezzano?”
Sigurd tentennò solo per un secondo, riflettendo su cosa fosse più giusto risponde, conscio di non avere scelta: “Saccheggiate le loro dimore, impossessatevi dei loro tesori: quello che un tempo apparteneva a loro ora appartiene a voi, e quando la battaglia ultima sarà prossima prenderemo anche le loro vite, così da compiacere Odino.”
Un ultimo boato euforico si levò, insieme ad esso si levò anche un rumore di spade cozzate contro gli scudi colorati, e senza aggiungere altro Sigurd ritornò dentro il castello seguito dai suoi più fedeli compagni.


 
**



La sala grande riecheggiava di musica, canti, del vociare allegro dei vichinghi.
Il fuoco ardeva vivo nel camino in pietra, piatti prelibati erano stati preparati dagli stessi cuochi al servizio di Ælle, e vino dolce era stato versato in coppe d’argento.
Tutti erano euforici, brindavano alla salute degli Æsir3, signori del cielo, dei loro comandanti che avevano condotto tutti loro verso la prima delle tante vittorie.
Sigurd guardava compiaciuto quello spettacolo seduto sull'alto scranno che era appartenuto all’uomo che più odiava al mondo, eppure la sua mente era lontana da quella sala; la sua mente era nella stanza situata più sopra, dove la Principessa Heluna era stata relegata, e improvvisamente realizzò che nessuna disposizione era stata data affinché qualcuno le portasse da mangiare e si accertasse delle sue condizioni.
Senza dire nulla, il giovane Ragnarsson allontanò la sedia dal massiccio tavolo ligneo, afferrò un piatto vuoto su cui mise del cibo, una coppa di vino, e si allontanò dalla sala grande sotto lo sguardo perplesso dei suoi commensali e amici.
Risalì le scale, arrivando davanti alla porta di legno che aveva scardinato lui stesso quella mattina, e trovate le due guardie ordinò loro di andare a festeggiare con gli altri: questi, senza farselo ripetere una seconda volta, ubbidirono all’ordine e lo lasciarono solo.

La trovò rannicchiata in un angolo della finestra, intenta a fissare un punto indefinito oltre i vetri leggermente appannati; addosso aveva ancora i vestiti della sua ancella e il suo stanco viso era illuminato dalla fioca luce di una singola candela quasi del tutto consumata.
Sussultò visivamente non appena lo vide, nei suoi occhi lesse chiaramente il terrore, e scattata in piedi cercò di nascondersi con l’aiuto del buio nell’angolo più remoto della stanza.
“Non abbiate paura! – le disse con il suo modo di parlare affilato e reso leggermente sbiascicato dal vino bevuto – Vi ho portato del matr… cibo!”
Le parole faticavano a ritornare alla mente di Sigurd: erano passati anni dalle ultime lezioni con i suoi precettori e la birra e il vino bevuti nel corso dei festeggiamenti non aiutavano affatto.
La stanza era gelida, il camino era completamente spento nell’angolo alla sua estrema destra, e non ricevendo alcuna risposta da parte di lei – continuava a fissarlo intimorita e terrorizzata come una cerva in attesa di essere sbranata dal lupo – lasciò il piatto su di un mobile e, messi dei ceppi di legno nel suddetto camino, iniziò ad accendere un fuoco.
Heluna lo osservò con occhi sgranati: i capelli biondi, precedentemente raccolti in una lunga coda, adesso ricadevano sciolti lungo la schiena e sul viso dai tratti spigolosi a sua volta ricoperto da una folta barba biondiccia; indosso aveva delle braghe di cuoio bollito che aderivano sulle gambe e una tunica di colore tenue stretta in vita da una cintura di metallo.
Era più alto di lei di quasi venti centimetri, più alto rispetto agli altri uomini della sua razza che aveva intravisto fuori la sua porta o attraverso la finestra, e questo gli conferiva un aspetto regale ma anche intimidatorio.
A pensarci bene, si disse, non sapeva neanche il suo nome o chi lui fosse.

“Come vi chiamate? Chi siete?” chiese prendendo coraggio, parlandogli per la prima volta, cercando di non mostrarsi intimorita.
Sigurd la guardò con la coda dell’occhio, stupito ma piacevolmente sorpreso nel sentirla parlare, e dopo essersi rimesso in piedi rispose: “Sigurd Ragnarsson, signore di Skane, della Zeland e di Halland4, figlio minore del grande condottiero Ragnar Loðbrók.”
“Loðbrók… - Heluna trattenne il fiato – Voi siete il figlio di Ragnar Loðbrók, il vichingo che mio padre ha messo a morte inconsapevolmente, colui che aveva giurato di non cercare vendetta.”
Sigurd sorrise algido: “Ivar ha fatto quella promessa, ma il Senz’Ossa non ha mai promesso per noi, per i suoi fratelli giunti in Northumbria per riscuotere il pagamento di sangue.”
Sul viso di Heluna si dipinse il terrore: “Ci ucciderete tutti, non è così? Ucciderete i nobili che avete imprigionato, i preti, le mie ancelle e infine anche me.”
Sigurd aggrottò la fronte e con voce pacata disse: “Nessuno vi farà del male, Principessa, di questo non dovete temere. Le vostre ancelle saranno liberate domani mattina, darò ordine che vengano nelle vostre stanze per prendersi cura di voi, che non sia fatto loro alcun male.
Per quanto riguarda i nobili… - lasciò in sospeso la frase, soppesando le giuste parole da utilizzare, incerto se rivelare i suoi piani o meno – Presto verranno messi a morte, ma non subito, solo quando il momento sarà propizio e Odino richiederà sangue.”
Una lacrima solitaria rigò il viso di Heluna: “E cosa ne sarà di me?”

– Voi sarete mia, così com’è stato stabilito dagli déi. –

Avrebbe voluto dirle quelle parole, confessarle il suo più profondo segreto, invece quello che disse fu ben altro: “Non lo so, solo gli Æsir e i Vanir5 lo sanno, mostreranno i loro piani quando il momento sarà propizio.”
“C’è un solo e unico Dio, vichingo, ed è il Padre misericordioso dei cieli. – precisò piccata – Nelle sue mani è il nostro destino, in Lui che vede e sente tutto, e presto la sua ira si abbatterà su di voi e giustizia sarà fatta.”
La fanciulla era spavalda, dovette ammettere Sigurd, non aveva paura di contraddirlo e di farsi avanti quando il momento lo richiedeva: lo aveva già dimostrato ampiamente quella mattina e l’atteggiamento di quella sera ne era la conferma.
, giustizia sarà fatta, ma non la vostra. – le diede le spalle e si avviò verso la porta – Mangiate, Principessa, prima che si freddi. Farvi morire di fame non mi provocherà alcun piacere: benché siate la figlia dell’uomo a cui toglierò ogni cosa, non ho intenzione di farvi del male, sottoporvi ad angherie di ogni sorta.”

Così dicendo, aprì la malmessa porta lignea e, abbandonata la stanza, si mise alla ricerca di una donna – Guthrun, magari, lei che aveva gli stessi capelli color del grano di Heluna – che lo riscaldasse nelle fredde e solitarie ore che lo separavano dall’alba.

 

**


Il nudo e caldo corpo di Guthrun era ancora stretto possessivamente al suo quando il sole si fece strada nel cielo terso del mattino e i suoi occhi grigio-azzurri si aprirono con fatica.
La guerriera vichinga era stata un’amante passionale e carnale, tutto ciò di cui lui aveva bisogno e a cui era abituato sin da quando era ancora un ragazzo, ma quando il sonno e la stanchezza ebbero la meglio fu il viso di un’altra fanciulla a riempire i suoi sogni; furono le labbra appartenenti alla principessa rinchiusa nelle stanze poco lontane dalle sue ad inebriare la sua mente e addomesticarlo come un cucciolo di lupo, e senza neanche accorgersene o poterlo impedire, Sigurd realizzò amaramente di essere stato stregato da lei nel momento esatto in cui i loro sguardi si erano incrociati.
Senza svegliare la donna al suo fianco si liberò dalla sua presa e, scostate le pesanti coperte del letto, si infilò frettolosamente le braghe di cuoio e uscì a piedi e toso nudi in cerca di qualcosa da mangiare e qualcuno che gli portasse dall’acqua calda per lavare superficialmente il viso e il corpo.
Fu proprio durante il tragitto che si ritrovò davanti alle stanze di Heluna, alla porta lasciata aperta, ad una scena che attirò la sua attenzione: le ancelle erano state rilasciate, erano tornate da lei come lui aveva promesso, e in quel momento stavano abbracciando apparentemente contente la loro amata principessa.
Non riuscì a fare a meno di sorridere: quella visione gli ricordò sua sorella, la testarda e intraprendente Þyri, e per un attimo ebbe nostalgia della lontana casa.   
Heluna si sentì improvvisamente osservata e, distolto lo sguardo dalle sue ancelle, lo spostò oltre la porta, verso il corridoio in penombra, irrigidendosi all’istante nel riconoscere immobile la figura di Sigurd.
Il vichingo indossava solo delle braghe, il suo torace e le sue spalle ampie erano nude, mostravano dei tatuaggi scuri che spiccavano persino sulle rosee cicatrici in rilievo; i suoi capelli erano sciolti come la sera prima e nel suo sguardo l’uroboro era ancor più visibile del solito, sembrava avere vita propria.
Lui le sorrise lievemente seppur freddamente, riuscendo a farle battere forte il cuore e, anche se successivamente si sentì un’ingenua sciocca, senza volerlo ricambiò con un sorriso colmo di gratitudine: dopo tutto, lui aveva rilasciato come promesso le sue ancelle e amiche, non aveva fatto loro alcun male.
Forse, pensò, non era come i barbari vichinghi assetati di sangue da cui tante volte suo padre l’aveva messa in guardia, di cui aveva sentito parlare i nobili, i sacerdoti che durante le lunghe omelie li descrivevano come figli del demonio.
E poi c’erano i sogni…
Se avesse chiuso gli occhi avrebbe potuto nuovamente percepire il contatto delle sue mani sul suo corpo, il sapore delle sue labbra, la sua stessa voce che sussurrava il suo nome.
Sigurd. Sigurd. Sigurd.
 
“Sigurd!” la voce di Gorm riecheggiò nei corridoi, grave e preoccupata, rompendo quello strano incantesimo che, seppur per brevi secondi, si era creato.
“Un messaggero è giunto, - proseguì senza neanche accorgersi della porta alla sua destra, della principessa al suo interno, di quella delicata situazione che avrebbe potuto confermare i suoi sospetti – è stato inviato dai tuoi fratelli.”
“Quando?” chiese preoccupato.
Lui stesso aveva mandato il giorno precedente un messaggero – lo stesso che era tornato con nuove notizie – ai suoi fratelli per annunciare la presa di York e la resa della città.
“Pochi minuti fa. Adesso è nella sala grande, ti sta attendendo.”
“E cosa rivelano le sue parole? Dimmelo, Gorm, ho bisogno di saperlo adesso.”
“Guerra.”

 


*


 
1. Minn virr: in norreno significa letteralmente amico mio.
2. Víðarr era, nella mitologia nordica, il dio della vendetta.
3. Æsir, ovvero il nome con cui veniva chiamata una delle due stirpi degli dei nordici. Erano comandati da Odino ed erano signori assoluti del cielo.
4. Sono le terre sparse nella penisola scandinava che, alla morte di Ragnar, Sigurd ha ereditato e governato fino alla sua morte.
5. I Vanir sono una seconda stirpe di dei nella mitologia nordica. A differenza degli Æsir, i Vanir sono associati alla fertilità, alla terra, ai mari, e alla stagioni.





Angolo Autrice: Salve, gente! Rieccomi, puntale, con il nuovo aggiornamento.
Sigurd e Heluna iniziano a conoscersi, lei non si fida di lui e lui cerca di allontanarsi da lei, ma come avete ben notato nell'ultima parte del capitolo alla fine l'attrazione ha, almeno per un momento, la meglio sulla ragione.
Avviso già da ora che almeno fino al 15 di febbraio gli aggiornamenti si fermeranno, e questo vale per tutte le mie storie. Gli esami univesitari sono alle porte e non avrò più tempo da dedicare alla scrittura.
Infine ringrazio tutti voi che leggete, seguite la storia e recensite.

Alla prossima,
V.
 
  
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