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Autore: j a r t    01/02/2016    3 recensioni
Dal primo capitolo:
L'espressione di Michael si addolcì.
«Sì, lui guadagna bene. Noi viviamo insieme, ma io non volio stare a sue spese... non so se tu capisce cosa voglio dire» riprese, mentre con uno straccio asciugava il bancone.
«Capisco.»
Federico sorrise.
«Sei un bravo ragazzo, Michael.»
Genere: Angst, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Fedez, Morgan, Nuovo personaggio
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- 10 -
 
Federico si svegliò soltanto perché della luce filtrava dalla finestra, nonostante le tapparelle abbassate. Maledisse quella piccola sfera di sole che aveva osato disturbare il suo sonno e tentò di nuovo di addormentarsi, alzando le coperte fin sopra i capelli e tuffando meglio la testa nel cuscino.
Michael era già sveglio da un pezzo perché aveva deciso di preparare dei muffin per il risveglio di Federico. Perciò armeggiava in cucina con la teglia in cui i pirottini di carta erano già pieni d’impasto. poggiò la teglia nel forno e si concentrò con tutto sé stesso per impostare il timer all’ora esatta, giusto per non rischiare di bruciare la colazione sua e del tatuato, altrimenti sarebbe stato un pessimo risveglio. Una volta avviato il ticchettio del timer, Michael si diresse nella camera da letto di Federico, pensando ad un dolce modo per svegliarlo. Federico si era quasi riaddormentato quando sentì il letto sobbalzare sotto il peso del corpo del riccio. Non ci diede molto peso finché non sentì due labbra morbide poggiarsi sulle proprie. Federico storse la bocca per riflesso, ma le labbra di Michael già vagavano sul collo dell’altro. Senza neanche rendersene conto, un mugolio sommesso scappò dalla gola del tatuato. Il riccio si fermò e lo guardò sorridendo, anche se l’altro teneva ancora gli occhi chiusi.
«Ho fato i muffin» sussurrò Michael all’orecchio del tatuato; questo rabbrividì per il suono della voce delicato e improvviso, nonché per il fiato caldo che si sentì sul collo.
Federico schiuse gli occhi lentamente e si trovò davanti il volto sorridente del riccio, il quale lo sovrastava steso accanto a lui e puntellato sui gomiti. Il tatuato si perse appena in quel sorriso.
«Sei bellissimo.»
Il sorriso del riccio si spense perché davvero non se l’aspettava. Lui bellissimo? Lui si trovava l’esatto contrario. Federico, invece, era bellissimo: non era di un bellezza pura, anzi, erano proprio alcune imprecisioni dei suoi tratti a renderlo così bello agli occhi del riccio; e anche i tatuaggi che aveva sul corpo e quei piercing gli conferivano un’aria così ribelle e sporca che faceva impazzire Michael.
Stettero a guardarsi per molto tempo, poi Michael si avvicinò di più al corpo di Federico e tornò a baciargli il collo lasciando una scia di baci umidi e delicati. Il riccio aveva gli occhi chiusi mentre gli baciava il collo e Federico si perse ad osservarlo, a chiedersi come aveva fatto un ragazzo così ad innamorarsi di lui, che era il suo completo opposto. E come faceva ad avere una così scarsa autostima di sé, si domandò anche. Quando Michael riaprì gli occhi Federico si perse nelle sue iridi ambrate e il riccio si perse in quelle scure dell’altro. Si sorrisero, poi Federico fece uno sforzo immane per sollevarsi e baciare Michael. Si misero a sedere e Federico divaricò le sue gambe e quelle di Michael per permettere ad entrambi di avvicinarsi incastrando le gambe le une sulle altre e facendo combaciare i loro bacini. Non ci misero molto prima di sentire le erezioni di entrambi che cominciavano a crescere, così come la loro voglia, finalmente, di esplorarsi. Adesso non c’era Giulia a disturbarli, anche se Federico sapeva che quello era solo uno stupido pretesto temporaneo.
Federico ribaltò le posizioni e si ritrovò sul corpo di Michael, che già lo guardava con occhi vogliosi.
Ripresero il bacio mentre Federico si dotava di quella giusta dose di coraggio che gli consentì di togliere i vestiti di dosso a Michael e staccarsi da lui per guardare il suo corpo. Il tatuato non avrebbe voluto esagerare, ma lì per lì gli sembrò che il riccio fosse davvero un dio greco. Lo guardò a lungo ed ebbe lo stesso un’esitazione, nel realizzare che stava per farlo con un uomo per la prima volta. Ma quando si rituffò sulle labbra dell’altro, si rese conto che non avrebbe potuto sperare di incontrare uomo migliore, per la sua prima volta: Michael era semplicemente perfetto, ai suoi occhi, anche se lui non era dello stesso parere. Perciò Federico decise - in quell’istante - che da quel giorno avrebbe fatto tutto il possibile per fargli rendere conto di quanto fosse perfetto.
Il più giovane si staccò dal bacio e si abbassò di più sul corpo di Michael; poi allungò due dita verso le labbra del riccio e le introdusse nella sua bocca. Il riccio prese a leccarle e succhiarle in una maniera così sconcia che Federico pensò che non potesse davvero essere opera del ragazzo che aveva di fronte. Non del Michael che aveva conosciuto fino ad allora, almeno. Il riccio, comunque, - con un sorriso malizioso sul volto - decise che gli indumenti di Federico erano di troppo. Quindi si alzò da quella posizione e gli sfilò maglietta, pantaloni e boxer, finché non l’ebbe davanti a sé completamente nudo. Il tatuato era ancora rapito dal modo di essere tutto nuovo che stava rivelando l’altro; quando si riscosse, comunque, preparò l’altro - che non mancò di farsi uscire un gemito strozzato dalle labbra - e poi scivolò dentro di lui. Anche Federico non riuscì per molto a mantenere sotto controllo i suoi ansimi. Alla fine vennero quasi in contemporanea e il tatuato si accasciò al lato di Michael, sul letto, ancora ansimante.
Era contento, Federico, perché finalmente ce l’aveva fatta ed era stato bellissimo. Aveva vinto la sua battaglia con la propria natura conflittuale. Michael riaprì gli occhi e li puntò in quelli dell’altro: si guardarono dolcemente per un po’ di tempo finché il riccio non sentì il timer del forno che trillava.
«Cazzo!» Esclamò, poi si rialzò di scatto e si diede una sistemata alla velocità della luce, in modo da non far bruciare i muffin nel forno.
Federico assistette a quella scena divertito, osservando un Michael che sembrava anche più schizzato del solito. Il riccio si catapultò in cucina e tolse la teglia dal forno, controllando che i dolci non fossero bruciati: solo un paio lo erano, quindi li cestinò.
Il tatuato arrivò in cucina dopo un po’, quasi di soppiatto. Michael aveva la teglia poggiata sul tavolo ed esaminava i muffin restanti, constatando che quelli non si fossero bruciati. Il riccio lo sentì arrivare e gli rivolse un broncio molto tenero.
«Uffa però, due si sono bruciatti
Federico alzò un sopracciglio: stentava a credere che quello pseudo-bambino fosse davvero l’uomo che poco prima leccava le dita della sua mano così oscenamente.
«Dai, vieni a mangiare» lo esortò mentre riponeva i muffin in un piatto e li poggiava sul tavolo con due bicchieri di latte.
Fecero colazione in silenzio, finché a Federico non tornò in mente che doveva assolutamente parlare con Michael di quello che gli aveva detto Danny, ma voleva farlo lontano da quella casa.
«Mich» ingoiò un boccone Federico, mentre lo sguardo di Michael si alzava su di lui. «Andiamo da qualche parte insieme, dopo colazione? Giulia starà via fino a stasera, ha la giornata piena di corsi.»
Il riccio sorrise e annuì.
«Dove vuoi andare, Fede?»
«Non lo so, uhm, al parco?»
L’altro storse il naso: non fu una reazione razionale, in realtà, il suo viso si contrasse in quella smorfia da solo mentre ripensava al fatto che in quel parco aveva conosciuto quello schifoso di Danny e lì stesso era tornato quando Federico l’aveva rifiutato; insomma, quel parco era pieno di ricordi tristi e avrebbe preferito evitarlo. Federico si accorse della sua espressione e pensò ad un altro luogo.
«Allora so dove portarti. Però è una sorpresa.»
Sul volto del tatuato si aprì un mezzo sorriso.
«No, devi dirmelo» Michael odiava le sorprese, era sempre stato troppo curioso.
«Non ci penso neanche!»
«Alora resto qua.»
«Come vuoi...» Federico si poggiò contro lo schienale della sedia. «Ma poi non offenderti se io vado lo stesso e ti lascio qua.»
Il riccio assottigliò gli occhi, poi sbuffò.
«E va bene!» Disse quasi esasperato, alzandosi in piedi per posare piatti e bicchieri nel lavello della cucina.
Il tatuato lo seguì con lo sguardo e non poté evitare una risatina divertita: Michael era così strano e buffo, in certi momenti.
 
Ovviamente per tutto il viaggio Michael non fece altro che domandare instancabilmente la meta e quanto tempo mancasse all’arrivo. Ogni volta Federico gli rispondeva che per il viaggio avrebbero impiegato circa quaranta minuti, ma lo stesso ogni volta il riccio continuava a chiederlo. Il tatuato sperò che l’altro si stancasse, ma non avvenne: Michael sembrava di nuovo un bambino iperattivo, proprio come quel pomeriggio al centro commerciale.
Federico sbuffò perché quel logorroico del riccio seduto accanto a sé continuava a parlare e a parlare e lui non ci stava capendo più nulla di quello che diceva, sentiva solo che la sua testa era sul punto di scoppiare. Fortunatamente Michael smise di parlare quando Federico parcheggiò. Erano a Bereguardo, anche se da lì Michael non riusciva ancora a capire cosa ci fosse di tanto speciale in quel posto, e perciò mostrò una faccia alquanto confusa. Federico sorrise nel vederlo confuso e, finalmente, zitto. Gli fece cenno di seguirlo e in poco tempo arrivarono sulle rive pietrose del Ticino: il panorama era magnifico, tra il verde di fronte e le pietre bianche che costeggiavano la riva del fiume, uno specchio d’acqua limpido.
Michael schiuse le labbra dalla sorpresa, perché non si aspettava di trovare un angolo di paradiso dietro quello che sembrava un comune vicoletto di città.
«Wonderful!» Si lasciò sfuggire, dopodiché abbracciò Federico con forza, quella che ogni volta rischiava di rompere le ossa al povero ragazzo. Lo stritolò tra le sue braccia e il riccio aveva davvero tanta voglia di piangere, ma finalmente di felicità.
«You’re so cute, sei dolcissimo, Fedé» esclamò Michael allargando ancora di più il sorriso.
L’altro alzò le spalle e gli indicò di seguirlo.
Si sedettero poco distante, su quei sassi candidi, tolsero le scarpe e arrotolarono i pantaloni per lasciarsi bagnare i piedi dall’acqua fresca. Erano seduti fianco a fianco, con le gambe distese, il sole che li colpiva e lo sguardo allungato verso gli alberi di fronte. Michael girò la testa verso Federico e lo osservò.
«Che c’è?» Domandò divertito il più piccolo.
Il ricciolino si guardò attorno e vide che quel luogo era completamente isolato, quindi si allungò verso l’altro a stampargli un bacio sulle labbra. Quando fece per staccarsi, però, le mani del tatuato bloccarono il suo volto, costringendolo - ma neanche troppo - ad approfondire il bacio. Si allontanarono solo poi, guardandosi ancora per un po’ dolcemente negli occhi.
Federico si alzò in piedi e si stiracchiò, chiudendo gli occhi e allontanandosi un po’ di più verso il fiume, dove l’acqua quasi gelida arrivò a bagnargli metà del polpaccio. Michael invece ebbe la malsana idea di avvicinarsi a lui di soppiatto e spingerlo con tutte le sue forze. Il tatuato aprì gli occhi di scatto e non riuscì a tenere l’equilibrio, quindi piombò in acqua con un rumoroso splash. La risata sguaiata del riccio risuonò per tutta la riva, mentre Federico tentava di riprendersi dal brusco impatto con l’acqua fredda.
«Ma sei uno stronzo, Mich, cazzo! Non ho neanche i vestiti di riserva! E l’acqua è gelida, coglione!»
Il tatuato urlò con rabbia quelle parole, poi si rialzò e si diresse rapidamente verso Michael. Questo si accorse che l’altro gli correva incontro e scappò da lui percorrendo a grandi falcate la riva pietrosa. Federico dovette impegnarsi molto per tener testa a quelle gambe chilometriche, finché ad un certo punto il riccio, guardandosi indietro, inciampò in un ramo d’albero. Fortunatamente riacquistò l’equilibrio, ma Federico, ridendo, lo afferrò e lo scaraventò in acqua senza un minimo di delicatezza.
Michael restò a bocca aperta, un po’ per lo shock dell’acqua gelida, un po’ perché non credeva che Federico l’avesse fatto sul serio.
«Ma guardati! Che faccia che hai!» Rise Federico, poi si tuffò nel fiume e raggiunse il ragazzo.
«No, adeso te ne vai a fanculo» protestò il riccio vedendo che l’altro gli si avvicinava.
Michael gli diede le spalle, ma il tatuato lo rigirò verso di sé e gli stampò un bacio sulle labbra.
Al riccio bastò quello per sciogliersi completamente: Federico esercitava davvero un potere stranissimo su di lui.
«Hai mai provato un bacio sott’acqua?» Gli domandò il tatuato, ricordando vagamente che una volta l’aveva provato con Giulia.
Michael scosse la testa agitando i ricci grondanti d’acqua.
«Allora direi che è giunto il momento di provarlo» scherzò Federico, portando le mani sui fianchi dell’altro e incamerando una grossa quantità d’aria. Poggiò allora le labbra su quelle del riccio e con la lingua gli fece capire di schiudere le labbra. Michael lo fece e in un attimo entrambi furono sott’acqua. Le loro lingue danzavano e l’aria passava da una bocca all’altra: era una sensazione bellissima per entrambi, gli sembrava di essere parte di un unico organismo che respirava. Federico non ricordava che la volta scorsa, con Giulia, fosse stato così bello. A Michael, invece, il cuore batteva all’impazzata: era tutto così magico, surreale, che avrebbe potuto vivere per sempre quel momento; avrebbe potuto respirare sott’acqua con Federico, così, e non si sarebbe neanche accorto che il mondo attorno a loro stava per finire.
Fu Federico ad interrompere il momento riportandoli a galla, ma lo fece con la stessa delicatezza con cui aveva cominciato.
Il due si guardarono negli occhi sorridendo dolcemente. Michael avrebbe voluto ringraziarlo, per quello e per mille altre cose, ma in quel momento era talmente emozionato da non riuscire a pronunciare neanche una parola.
«Allora?»
«Ti amo.»
Il riccio si riappropriò della labbra dell’altro e solo dopo si rese conto di ciò che aveva detto. Si diede dello stupido, perché aveva davvero esagerato. Forse era stato troppo avventato nel dire “ti amo” adesso, quando Federico gli aveva esplicitamente già detto che la loro non poteva neanche considerarsi una relazione. Le loro labbra si separarono e Michael guardò in basso la superficie dell’acqua, in evidente imbarazzo per quello che aveva detto e con la paura di aver definitivamente rovinato tutto. Invece Federico sorrise semplicemente. Non gli rispose, ma sorrise, e già quello era un buon segno.
Quando uscirono dall’acqua si tolsero i vestiti per strizzarli e tentare almeno un po’ di farli asciugare al sole che, sebbene primaverile, era comunque già abbastanza caldo. Mentre Federico era intento a infilarsi di nuovo la maglietta ancora umida, sentì la forte risata di Michael e si voltò verso di lui.
«Beh?» Domandò, non capendo cosa ci fosse di tanto divertente.
«Guarda!»
Michael indicò e Federico si guardò i boxer, attraverso cui si notava un rigonfiamento. Imprecò a bassa voce e sbuffò.
«È l’acqua fredda» si giustificò.
Il riccio si avvicinò a lui con sguardo malizioso.
«Ah, sì? No sono io che ti facio eccitare?»
«Ma tu sei un depravato del cazzo!» Rise Federico. «No, sul serio, spiegami come fai ad essere un attimo prima dolce come un bambino e un attimo dopo un porco inaudito!»
Michael alzò le spalle divertito.
 
Dopo aver pranzato in un piccolo ristorante non troppo lontano, tornarono nel primo pomeriggio sulle rive del Ticino.
Federico era seduto sulle pietre con lo sguardo allungato verso il fiume, mentre Michael era disteso sulla riva con la testa poggiata sulle gambe del tatuato. Sembrava quasi si fosse addormentato, con il caldo sole che colpiva il suo viso dai lineamenti vagamente orientali e il movimento ipnotico della mano di Federico che gli accarezzava i capelli.
Il tatuato - mentre osservava lo specchio d’acqua - ripensava alle parole del riccio.
Ti amo.
Sembrava poco, nulla, ma in realtà il significato di quelle due parole era qualcosa di pesante, forse troppo per Federico. Il più giovane, lì per lì, non aveva saputo come rispondere: gli sembrava troppo presto, da parte sua, per dire di amarlo veramente. Ma dall’altro lato aveva provato la sensazione strana quanto bella del suo cuore che aveva improvvisamente accelerato il ritmo.
Afferrò lo zainetto che aveva poggiato poco distante e vi estrasse il suo fidato block-notes e la penna. Spostò lentamente la testa del riccio più verso le sue ginocchia, in modo da poter poggiare i fogli sulle cosce. Michael non si accorse neanche dello spostamento e continuò a dormire, tanto che a Federico sembrò che fosse andato in letargo.
Scrisse alcune rime, alternate a sguardi carichi d’ispirazione che lanciava alle tranquille acque del Ticino.
Dopo un po’ di tempo distolse lo sguardo dall’acqua per portarlo al viso del ragazzo inglese.
«Mich?» Sussurrò, ma non ricevette risposta.
Sembrava essersi addormentato davvero. Federico rise leggermente: gli dispiaceva svegliarlo, ma dovevano tornare a casa.
A casa da Giulia, gli sussurrò la coscienza.
Ricacciò quel pensiero e si abbassò a poggiare le labbra su quelle dell’altro. Michael emise un mugolio di un misto tra piacere e fastidio, che il tatuato non seppe davvero come interpretare. Allora portò le sue labbra sul collo del riccio e gli lasciò qualche altro bacio delicato. Michael riaprì gli occhi e incontrò quelli di Federico. Si sorrisero.
«Dobbiamo andare, Mich.»
L’altro annuì e si alzò in piedi lentamente, sgranchendosi le ossa.
Federico diede un ultimo sguardo alle rime scritte sul block-notes e fece per posarle, ma il riccio gli tolse di mano i fogli e li guardò.
«Cos’è?»
«Delle rime così... forse saranno una canzone, un giorno.»
Gli occhi ambrati di Michael si illuminarono, poi tornarono a guardare la scritta sui fogli. Corrugò la fronte e si concentrò, ma la calligrafia veloce e imprecisa di Federico rendeva tutto ancora più difficile da leggere.
Il tatuato recuperò il suo zainetto e lo mise in spalla. Quando si voltò il riccio aveva un braccio teso a porgergli il block-notes.
«Me lo leggi?»
Federico alzò un sopracciglio.
«Sono dislessico.»
Il tatuato ricordò solo allora che Michael quella volta gliel’aveva già raccontato, ma lui se n’era proprio dimenticato.
 
Noi che non abbiamo dato il massimo
Noi che non abbiamo fatto il classico
Noi fotocopie tutte uguali illuse di essere speciali
 
E non ci sono le stelle
Ma comunque stiamo svegli
Con più inchiostro sottopelle
Che sul libretto degli assegni
 
Più fradici, più fragili
Prima che il sole spunti, liberiamoci dal freddo
Copriamoci di insulti.
 
Federico pronunciò quelle parole con la sua voce roca e dando il ritmo rappando i versi. Michael lo fissò per tutto il tempo, a volte perdendosi qualche parola pronunciata troppo velocemente. Però vide per la prima volta che Federico leggeva mostrando la sua sofferenza, il suo disagio, tutto quello che forse, per non apparire debole agli occhi del mondo, non mostrava mai. E allora capì che anche Federico, proprio come lui, aveva trovato la sua strada per dire la propria.
«Sono solo delle parole, boh» concluse il tatuato, alzando le spalle e sentendosi un po’ uno sciocco.
«Sei bravo Fedé. Secondo me tu deve farle leggere a qualcuno.»
Gli occhi scuri di Federico puntarono sulle acqua del fiume.
«Ho già mandato dei demo, un sacco di testi. Nessuno mi caga» rise, giusto perché quello era l’unico modo che aveva per non mettersi a piangere. Anche se quel groppo in gola non glielo avrebbe tolto nessuno.
«No è vero. Devi spetare. Devi esere paziente.»
L’altro scrollò le spalle e Michael si portò a mezzo centimetro dal suo viso. I loro sguardi si incrociarono.
«Prometimi che non rinuncerai.»
Federico era un guerriero, era stato lui a dire a Michael che non avrebbe mai rinunciato. Ma ora come ora si sentiva solo uno sciocco, dopo l’ennesimo rifiuto.
«Te lo prometto solo se anche tu lo fai. E la smetti di pensare che non sei bravo e che sei un disastro.»
Il riccio sorrise divertito, poi tornò serio.
«Ok, te lo prometo
«Anch’io.»
 
 
Federico approfittò del viaggio di ritorno in auto per parlare con Michael della questione ex. Passò i primi dieci minuti a cercare le migliori parole, ma poi mandò tutto a fanculo e semplicemente parlò.
«Sai, Mich... quando sono andato a prendere la tua roba all’attico lo stronzo di Danny ti ha definito in un modo davvero poco carino. Ti ho difeso, ovviamente, ma lui mi ha detto che quando avrei scoperto delle tue relazioni passate anch’io avrei pensato lo stesso di te. Quindi... c’è qualcosa che dovrei sapere?»
Il riccio si immobilizzò perché si era completamente dimenticato di quella cosa. Tenne lo sguardo dritto davanti a sé e pensò che alla fine Federico non l’avrebbe giudicato male. Forse.
«Quando io era a Londra, prima di conoscere Danny, stavo con un ragazzo di nome Rick. Eravamo stati molti amici per tanto tempo e poi ci eravamo fidanzati. Lui però aveva una concezione di una relazione un po’... cioè lui ci definiva una coppia aperta e perciò stava con altre persone mentre stava con me. Questo per un po’ di anni, quando poi anche io mi sono lasciato contagiare da questa cosa. E perciò Rick mi aveva presentato un suo amico, Jordie, che anche lui dopo poco ha cominciato a dire di stare con me. Abbiamo fato dele cose... tuti e tre insieme, e stava bene così. Quando ho conosciuto Danny eravamo solo amici. Lui ha saputo di questa cosa con Rick e Jordie e mi ha giudicatto molto male. Diceva che ero una puttana perché stavo con due che mi scopavano contemporaneamente, e che dovevo capire che loro non mi amavano e fingevano. Ma non era così, e lui non lo ha mai capitto. Io amavo entrambi e loro amavano me, punto. Danny invece diceva che ero il loro... como se dice... ragazzo-giocattolo, e dovevo vergognarmi se mi piaceva quella cosa.»
Federico ascoltò tutto e pensò che, sinceramente, fosse qualcosa di molto più serio. Insomma, anche lui stava contemporaneamente con Giulia e con Michael, quindi non era proprio nella miglior posizione per giudicare.
«Comunque io da quando sono stato con Danny sono cambiato.»
«Sta bene, Mich, non me ne frega niente. Lo so che sei un bravo ragazzo.»
 
Tornare a casa non fu così traumatico come Federico aveva immaginato, forse perché era Michael la sua casa. Non tronarono tardi, e perciò Giulia non era ancora arrivata dall’università.
Non appena mise piede in casa, il riccio lasciò il cappotto sull’appendiabiti e allargò le braccia.
«Fedééé è stata la più bella giorno dela mia vita!»
«Ma che c’è, oggi sei particolarmente sgrammaticato?» Constatò divertito il ragazzo tatuato.
Il sorriso sulle labbra di Michael lasciò spazio ad un broncio fanciullesco che l’altro trovò adorabile, finché non aprì bocca.
«Vaffanculo, oh.»
Federico rise più forte e si diresse in camera sua per prendere dei vestiti asciutti, dato che quelli che aveva addosso erano ancora umidi.
Entrambi fecero la doccia, dopodiché Federico andò a sedersi sul divano del soggiorno.
«Fede, vuoi un thè?» Urlò dalla cucina.
«No, grazie» rispose di rimando Federico, controllando le notifiche sul cellulare e non vedendo nulla di nuovo.
Dopo poco Michael tornò con la sua tazza di thè fumante e la bocca piena di biscotti che ancora stava masticando.
«Ma che fai, come i criceti che ti riempi le guance di cibo?»
Federico scoprì in quell’esatto momento che gli piaceva troppo prendere in giro Michael. L’altro non rispose perché aveva ancora la bocca piena, ma gli diede un forte pugno sul braccio e si sedette sul divano accanto a lui.
«Ahia, ehi!» Protestò Federico, mentre il riccio poggiava la tazza di thè sul tavolino e gli lanciava un’occhiataccia.
«Sei stronzo, te lo meriti» replicò.
Il tatuato continuò a massaggiarsi la zona colpita, poi si allungò verso l’altro e lo baciò. Sentì inevitabilmente il sapore di cacao dei biscotti appena mangiati da Michael, soprattutto quando questo schiuse le labbra e gli permise di intrecciare la sua lingua con la propria. I loro corpi si avvicinarono come per attrazione di cariche opposte; le mani di Federico cinsero la vita di Michael e le braccia del riccio si allacciarono dietro il suo collo. Non interruppero il contatto tra le labbra neanche quando le mani fredde del tatuato andarono a spostarsi sotto la maglietta di cotone del riccio. Erano talmente presi da sé stessi che non interruppero il contatto neanche quando la porta di casa si spalancò e la figura di Giulia comparì sull’uscio.

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ANGOLO AUTRICE
Sono viva, sono VIVA! Insomma, questo clima sereno (MA DOVE) tra i due non poteva durare troppo, ecco, perché l'angst chiama e io devo rispondere. E anche perché sono una brutta persona. Anzi, soprattutto perché sono una brutta persona. E quindi ta-dah, ecco Giulia. È "fernuta 'a zezzenell" come si dice dalle mie parti, ovvero è finita la pacchia (che quando mai c'è stata per quei due poveri cristi, ma boh). Inutile dire quanto ringrazio chi continua a leggere, recensire, supportarmi e sopportarmi, grazie di cuore davvero. <3 
Come al solito ci vediamo lunedì prossimo - che detto così sembra anche bruttino, eh.
Se volete potete passare dal mio account Wattpad (link nel mio profilo) e leggere tutte le OS midez che non ho postato qui su Efp - comprese quelle che posterò per il contest "Nothing’s only words" nelle settimane a venire. Mi farebbe molto piacere avere delle opinioni, gli scleri sono ben accetti, obv <3
ARGH ma perché faccio l'angolo autrice sempre più lungo? Boh, vi lovvo tutti.
<3

 
  
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