Ciao a
tutti! Mi dispiace per aver fatto trascorrere tanto tempo ma sono stata
molto impegnata, ora però conto di aggiornare più
spesso (promessa da pirata!) Ringrazio stellysisley che forse
è l'unica ad avere la pazienza di leggere questa mia fanfic
(forse un pò lunga) e quanti altri sono solo lettori.
Una
piccola nota: il titolo si riferisce soprattutto allo stato d'animo dei
protagonisti, ho provato a dare spazio un pò a tutti, questa
volta.
Buona lettura!
Capitolo 6: L'uragano
La
settimana seguente la Tempete navigava già nelle agitate
acque
dell'Oceano Atlantico, in direzione sud est. Il cielo era nuvoloso e
il vento carico di acqua che ben presto si riversò con
grande forza.
Tuoni e lampi squarciavano il cielo e facevano vibrare
l'imbarcazione.
Elizabeth
e Tia Dalma erano le uniche due persone ad essere rimaste sotto
coperta perché il capitano aveva richiesto l'aiuto di tutto
l'equipaggio per manovrare la nave sbattuta dalla burrasca. Non erano
sole, però.
Barbossa
aveva in realtà preferito godersi l'ospitalità
del comandante e
così aveva pensato bene di farsi cullare dalle onde che
facevano
sobbalzare il veliero standosene a sonnecchiare sulla branda di una
cabina vuota, in compagnia della scimmietta che, invece, era
piuttosto agitata dalla tempesta e saltellava per tutta la stanza in
cerca di qualcosa da rubare, come era stata educata a fare molti anni
prima. Un bel momento il bucaniere si stufò e la
rimproverò di
smetterla per poi pentirsi, e allora uscì dall'alloggio. Nei
corridoi incontrò la bruna veggente che si allontanava dalla
cabina
del capitano.
-
Allora? - domandò, fermandola prima che potesse dileguarsi.
-
È a posto – rispose quella infastidita,
voltandogli le spalle.
-
Solo perché ti fa la corte? - la schernì l'uomo
poggiandole una
mano sulla schiena.
-
Non farmi domande se poi non dai credito alle mie risposte!E
comunque, la prossima volta, evita di prendere iniziative –
gli
consigliò puntandogli l'indice contro. - È di
animo buono, ma anche
molto orgoglioso – concluse rientrando nella cabina e
sbattendo la
porta; Barbossa salì sul ponte sbuffando.
Elizabeth
aveva udito la breve conversazione fra i due dalla sua stanza. Quella
Tia Dalma la incuriosiva molto: più di una volta le era
parso che
sapesse sondare il suo animo e poi sembrava che esercitasse un
fascino oscuro sugli uomini, li attraeva e respingeva con un solo
sguardo, riuscendo sempre a farsi rispettare. Ma quando stava sola a
guardare il mare sembrava triste; teneva spesso in mano un ciondolo:
forse aveva perduto qualcuno che amava...Le sarebbe piaciuto
parlarle, magari confidarsi con lei, ma ogni volta che ci aveva
provato la donna si era ritratta e alla fine aveva rinunciato ad
altri approcci.
Anche
Tia Dalma soffriva: lei era la dea del mare, in altri tempi avrebbe
potuto decidere a suo piacimento come far muovere quelle onde, se
travolgere quella nave o condurla in un porto sicuro, quale prezzo
chiedere ai naviganti per la vita. Ora tutto questo era in mano di
Davy Jones: lui forse la aveva ingannata, promettendogli il suo cuore
per conquistarne i poteri, non la aveva cercata più, e ora
si
divertiva a fare il signore degli oceani, giudice severo delle anime
dei marinai. Perduta la sua umana forma, lui era divenuto
più
potente, lei, al contrario, aveva dovuto mascherarsi da veggente,
nascondersi in una palude che per molti anni era stata meta di
naviganti, stanchi o in cerca di risposte, che la consideravano solo
una donna attraente, con conoscenze grandi e misteriose, nulla
più.
Per questo non tutti erano sopravvissuti dopo averla incontrata, ma
qualcuno era anche tornato più di una volta e aveva goduto
dei suoi
favori. Se avevano limitato le sue capacità di cambiare
forma e
governare le acque, non avevano potuto privarla del suo speciale
rapporto con il mare. Riusciva a percepire quello che vi accadeva e
così, dopo una visione, aveva deciso quella notte di
mettersi in
viaggio per andare a recuperare il corpo di quel pirata che era morto
in una grotta senza lasciare a nessuno quell'importante oggetto da
cui dipendeva la sua possibilità di riscatto da quella vita
mortale
che le andava stretta da troppo tempo.
Sopra
coperta la pioggia sferzante rendeva ogni movimento più
faticoso: le
corde sfuggivano dalle mani ancor prima di essere sistemate a dovere
e il legno del ponte era così scivoloso da far cadere
più volte i
marinai che non riuscivano a stare in piedi e spostarsi eseguendo gli
ordini del capitano. Le vele stavano per squarciarsi e continue onde
si riversavano all'interno dell'imbarcazione.
-
È ovvio che una qualche forza si oppone al nostro viaggio! -
esclamò
Ragetti.
-
Sì, è il vento! - ribatté Pintel,
molto più concreto del compare
che negli ultimi tempi lo voleva convincere a credere nel
soprannaturale.
-
Ci sta tirando indietro!Dovremo rinunciare! - gridò Gibbs,
ma il
capitano sembrava molto più sicuro di sé questa
volta: - È solo
una tempesta, uomini!E a breve scesserà!
-
Non credo, signore! - si fece avanti nuovamente il marinaio –
Si
sta formando un uragano!
-
Un altro! - si lamentarono in coro Marty e il pappagallo di Cotton,
già reduci da una violenta burrasca che aveva colpito la
Perla pochi
mesi prima.
-
Sottocoperta!Sottocoperta! - gracchiava ancora il pappagallo
andandosi a nascondere con l'aiuto del suo padrone.
La
nave rollava paurosamente e il velame si stava sciogliendo dai
pennoni.
-
Io vado a chiamarlo! - affermò Will non appena un'asta cadde
in mare
staccandosi da uno degli alberi e mancando per poco degli uomini.
-
Dove credi di andare mozzo! - urlò Dumont accorgendosi che
il
ragazzo stava allontanandosi – Mi servi qui!Bloccate tutti i
boccaporti! - Turner fece finta di non sentirlo e inaspettatamente
Barbossa comparve, non intromettendosi nella gestione della
situazione ma apprestandosi ad aiutare come un semplice marinaio. Con
sorpresa di Will e degli altri che,notando che il pirata aveva
lasciato il suo cappello, credettero che avesse infine accettato la
sua condizione di sottoposto a bordo.
Elizabeth
era rimasta nella sua cabina, seduta sul letto con le ginocchia al
petto e la schiena appoggiata al cuscino contro il muro: era la prima
volta che si trovava nel mezzo di un temporale in mare aperto e
provava una certa inquietudine; tuttavia si convinse di dover
superare anche quella paura e allora, barcollando a causa del
continuo beccheggiamento della nave, uscì, decisa a salire
sopra
coperta. Ma quando raggiunse il primo boccaporto lo trovò
chiuso, e
così anche gli altri. Sentiva le urla degli uomini francesi
non
riuscendo a capire le parole anche a causa dei tuoni. A quel punto
Tia Dalma si affacciò dalla cabina in cui alloggiava
mandandole uno
sguardo indecifrabile, la intravide appena data la fioca luce
prodotta dalle poche lampade a olio attaccate con ganci al soffitto.
Senza parlare rientrò e richiuse la porta senza far rumore,
quasi
fosse una visione.
Sfiduciata
la ragazza si sedette sui gradini della scaletta in attesa che tutto
finisse. Il temporale si protrasse ancora un paio d'ore e i suoni
provenienti dall'esterno erano sempre gli stessi: rombi, onde che si
infrangevano, ordini gridati in francese, pioggia battente; poi il
silenzio. Temette il peggio, cominciò a battere i pugni sul
boccaporto perché qualcuno la sentisse e dietro di lei
giunse di
nuovo la misteriosa veggente. Finalmente voci allegre, canti,
calpestio; un marinaio aprì bruscamente il boccaporto e
senza
neanche degnare d'attenzione le due donne scese in gran fretta.
-
Nous avons gagnè, mes amis! - dichiarava contento il comandante
mentre tutti i suoi marinai improvvisavano balli e canzoni.
Una
volta sul ponte Elizabeth cercò il volto del fidanzato: lo
stavano
trascinando in buffe danze di ringraziamento per lo scampato
pericolo, invogliandolo anche a bere un po' del vino che il capitano
aveva offerto a tutti, ma si voltò nella sua direzione come
se la
avesse sentita e, restando fermo per qualche secondo, rispose al suo
sorriso, anche se per poco.
Tia
Dalma andò incontro a Dumont: - Complimenti, capitano!Siete
riuscito
a salvarci in modo ammirevole! - si congratulò stringendogli
le
mani.
-
Voi madame, siete il mio portafortuna! - ricambiò quello,
lusingato
dalle parole di adulazione della donna. Barbossa invece la
guardò
con sospetto e allora quella tirò a sé il
francese continuando a
parlargli da un'altra parte. Il pirata quindi strappò di
mano una
bottiglia di liquore ad una marinaio e andò a scolarsela
passeggiando dal lato opposto ai due.
Quando
rimase da solo, Elizabeth si avvicinò a Will: - Dovresti
cambiarti o
prenderai un raffreddore – gli suggerì
amorevolmente fissandolo
negli occhi. - E inoltre sarai stanco, puoi dormire nella mia cabina,
se vuoi – aggiunse.
-
Ormai ci sono abituato...a restare con abiti bagnati, intendo
–
replicò lui con un po' di imbarazzo, a malincuore, fingendo
di non
aver sentito il sincero affetto con cui la ragazza aveva pronunciato
quelle parole. - Non fa freddo – concluse.
-
Lo sai, il capitano Dumont mi ha invitata a cena, insieme a Tia Dalma
e Barbossa – lo informò lei non appena il ragazzo
distolse lo
sguardo. - È un uomo molto cortese –
affermò cercando di
sbloccarlo.
-
Non farlo attendere, allora, o potrebbe offendersi – fu la
sua
risposta.
-
E tu resti qui? - incalzò la ragazza poggiandogli una mano
sulla
spalla.
-
Mi sono offerto per il turno di notte – dichiarò
con fermezza
Will.
-
Buonanotte, allora! - disse allontanandosi innervosita la fanciulla.
Non capiva perché si comportasse in quel modo, sembrava
quasi
fossero tornati indietro, doveva aspettarsi che da un momento
all'altro avrebbe ricominciato a chiamarla Miss Swann, come in
passato. Ma quello che non sopportava era non sapere il motivo del
suo allontanamento. Di chi era la colpa? Aveva visto qualcosa?
Will
in cuor suo provava un grande sconvolgimento. Starle vicino ogni
volta ricreava dentro di sé un vortice di emozioni, come un
uragano:
era felice e allo stesso tempo adirato perché si sentiva
preso in
giro, voleva allontanarla perché fosse libera di vivere
anche senza
di lui, ma desiderava anche stringerla tra le sue braccia. Chi amava
davvero?Jack Sparrow contava qualcosa per lei?Sarebbero bastate
queste due semplici domande per placare il suo tormento ma non aveva
ancora trovato il coraggio di farle e si sentiva come un pezzo di
legno trascinato senza meta dalle onde dell'oceano in tempesta.
Un'altra
settimana si trascinò lentamente. Anche Barbossa aveva i
suoi
grattacapi: non era certo entusiasta di stare agli ordini di quel
capitano che non era neanche un pirata!Pensava e ripensava alla Perla
Nera, a come la avrebbe facilmente riconquistata, alle future rotte
che avrebbe intrapreso...C'erano ancora tanti posti che voleva
vedere, tanti tesori ancora da scoprire e depredare...Ma erano giunti
a metà del viaggio e se voleva affrettare il giorno della
raggiunta
libertà doveva ancora tenere a freno la sua indole di
trasgressore e
fare buon viso a cattivo gioco. Solo che il gioco era retto da lei e
non era affatto sicuro che lo avrebbe fatto vincere. Oltretutto lo
irritava il modo in cui negli ultimi giorni si era avvicinata a
quell'uomo e la sua totale mancanza di impegno per facilitare quella
traversata...
Mentre
pensava a ciò gli si avvicinò Elizabeth: -
C'è un limite di tempo
per salvare Jack Sparrow dallo scrigno? - chiese dopo un'iniziale
esitazione a rivolgergli la parola.
-
No, non credo – rispose mentre la scimmietta gli
salì sulla spalla
destra rosicchiando della frutta secca che aveva probabilmente
rubato. - Ma il tempo corre contro di noi – riprese il pirata
dopo
aver accarezzato l'animale – Avete visto,no?Come ci danno la
caccia?
-
Che cosa farete per batterli...voi pirati nobili? - domandò
ancora
la ragazza.
-
Questo non posso dirlo. Prima dobbiamo riunirci. E dobbiamo essere
tutti – specificò al che la sua interlocutrice si
rabbuiò e
trascinando i passi si allontanò da lui.
Due
sere dopo Will passeggiava insonne sul ponte: era una notte senza
luna ma le lanterne accese garantivano un minimo di
visibilità,
almeno per spostarsi. Il fruscio del vento portò fino alle
sue
orecchie un mormorio indistinto che sembrava provenire da poppa.
Alcune candele si erano consumate e quella parte della nave era
più
buia. Con circospezione si avvicinò tenendo la mano destra
saldamente attaccata al pugnale e quella sinistra pronta ad impugnare
la pistola, fece un rapido salto e fu subito alle spalle di quelle
ombre che gridarono impaurite:
-
Ah, siete voi – affermò non appena li riconobbe.
-
Abbassa quel coltello! - gli urlò Pintel mentre Ragetti
ancora
scosso lo abbracciava.
-
Vi ha mandati Barbossa per controllarmi? - li interrogò
sedendosi su
un barile e riponendo le armi.
-
No, ci ha mandati Dumont per aiutarti – lo informò
Marty.
-
Possibile che tu veda complotti ovunque, ragazzo? - lo
ammonì Gibbs.
-
Me lo avete detto voi, no?Fra i pirati le alleanze si sfasciano
facilmente – rispose Turner.
-
Sì, ma non essere tu il primo a farlo –
ribatté il marinaio.
-
Di che parlavate? - domandò allora il giovane, dopo che
erano
rimasti tutti muti.
-
Ci stavamo intrattenendo con la storia di Barbanera –
spiegò il
pirata con l'occhio di legno.
-
Avevamo appena iniziato – specificò Gibbs
– Dove vai? - lo
richiamò poi vedendo che si stava alzando come se avesse
notato
qualcosa di importante.
-
Me lo racconterete un'altra volta, devo andare – si
limitò a dire
svanendo dalla loro vista. Senza farsi troppe domande gli uomini
tornarono a chiacchierare.
Anche
quella era stata una giornata piatta per Elizabeth, e così,
anche se
era ancora presto, dopo cena si era ritirata nella sua cabina, come
sempre, e come le altre volte, stando da sola, era stata travolta dai
sensi di colpa, dalle paure, dalla malinconia. Stava distesa a letto
con gli occhi aperti quando la porta della sua stanza si
aprì e si
richiuse velocemente. Agguantò subito la spada che teneva
vicino a
sé e con uno scatto la puntò contro lo
sconosciuto invasore:
-
Dannazione Will!Mi hai fatto prendere uno spavento! - urlò
senza
riuscire a controllare i nervi a fior di pelle che le facevano
mantenere il braccio ancora teso contro il ragazzo, il quale
sussurrò
un po' irritato: - Abbassa la voce – la giovane
piantò di nuovo la
sciabola nel pavimento e incrociò le braccia tremando.
-
Posso restare? - chiese lui con un tono più sereno e a voce
bassa.
-
Certo – asserì la ragazza senza guardarlo e senza
manifestare
alcun sentimento. Lui si voltò appoggiando la guancia alla
porta. -
Solo che... - riprese lei avvicinandosi – Non avevi il turno
di
guardia? - domandò sembrandogli strana quella sua visita.
-
Shh! - la zittì lui girandosi di colpo e poggiandole due
dita gelide
sulle labbra – Non voglio che ci sentano –
bisbigliò
accompagnando quelle parole ad un breve ma intenso sguardo che la
avvolse dalla testa ai piedi. La fanciulla spalancò gli
occhi: - Che
hai intenzione di fare? - esclamò sempre più
stranita.
Will
avvertì lo smarrimento nella sua voce ma disse
semplicemente: -
Spiarli – attaccando nuovamente l'orecchio alla porta.
Elizabeth si
chiese in mente “Chi?” poi copiò il
fidanzato e si fermò con
lui ad origliare riconoscendo quelle voci.
-
Si può sapere che ci trovi in quel francese? - a parlare era
Barbossa.
-
Lo faccio per te – rispondeva con tono sdolcinato Tia Dalma
–
Credi che saresti ancora a bordo, altrimenti? - aggiunse con un filo
di scherno.
- Smettila! - alzò la voce l'uomo – E
vedi di usare qualcos'altro,
non solo il tuo bel corpo. Stiamo perdendo tempo!
-
Io non appartengo a nessuno, tanto meno a voi! - ribatteva la donna.
-
Ma sarai libera solo grazie a me!Ricordatelo!In ogni momento. Mi sto
mettendo tutti contro per te! - concluse il pirata, poi si
sentì
sbattere una porta. Tia Dalma si dovette convincere: Barbossa aveva
ragione, purtroppo, era prigioniera.
-
Ti aiuterò – gli promise con amarezza da dentro la
cabina.
-
Bene! - asserì lui allontanandosi. Qualche scricchiolio sui
gradini,
poi tornò il silenzio.
-
Hai sentito? - proferì Will alla fidanzata che era rimasta
al suo
fianco ad ascoltare insieme a lui – Quei due nascondono
qualcosa. E
visto che con me non vogliono parlare, andrò a chiedere a
Gibbs:
quello sa sempre tutto – e senza dire altro lasciò
la ragazza da
sola.
Una
volta aperta la botola che permetteva di risalire sul ponte, Will si
ritrovò circondato dai suoi compagni di viaggio che gli
puntarono
addosso le armi osservandolo con facce serie e minacciose. Li
scrutò
uno per uno non riuscendo a capacitarsi del motivo di quel gesto,
quando Barbossa si fece avanti: - Vi stavo giusto aspettando, mastro
Turner – disse porgendogli una mano per aiutarlo a salire. -
Abbiamo una nave da prendere!
Non
aveva minimamente tenuto conto della sua opinione né dello
scombussolamento che quel suo arrivo nel bel mezzo della notte aveva
provocato nel suo cuore. Dopo l'iniziale delusione Elizabeth,
mentendo a se stessa, prese una decisione: d'ora in avanti avrebbe
fatto a meno dell'amore, ci aveva provato ma forse non faceva per
lei; avrebbe imparato a cavarsela da sola, come si addice ad un vero
pirata. Mentre stava distesa, in attesa di addormentarsi, si
sentì
premere una mano sulla bocca: - Alzatevi, prendete le vostre cose e
seguitemi senza fare domande!