Serie TV > Once Upon a Time
Segui la storia  |       
Autore: Gobbigliaverde    03/02/2016    1 recensioni
Spin off de "il viaggiatore di sogni" che vede come protagonista Gemma Jones, la figlia di Killian e Emma.
Dal testo:
- È dura recuperare le tracce di un passato dimenticato, soprattutto se le risposte che si cercano non sono nel mondo che conosciamo.-
- Gemma corse via cercando di dimenticare l’affronto che l’amico le aveva rivolto. Salì le scale ripide del piccolo appartamento di New York e si infilò nel letto in camera sua. Si avvolse nella coperta ispida e rovinata, e dentro di se maledisse il giorno in cui i suoi genitori l’avevano lasciata all’orfanotrofio.-
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

«Quando la mano di un uomo tocca la mano di una donna, entrambi toccano il cuore dell'eternità.»
Khalil Gibran

OTTO

 

 

    Foresta Incantata, oggi.
Il ricevimento. Le gambe le tremavano al solo pensiero. Erano tre giorni che stava a palazzo, e tutti non facevano altro che parlare di questo ricevimento, dove lei avrebbe finalmente conosciuto la ragione per cui si trovava in quel mondo pazzesco e stravagante. Erano anche tre giorni che non vedeva Drake, né Henry, né suo padre Killian, né nessun altro essere umano, a parte Anna e un paio di governanti che l’avevano aiutata ad ambientarsi.
    Aveva passato tre giorni nella sua camera, rifiutandosi di cambiare i suoi jeans e la sua giacca di pelle rossa con quegli abiti di seta morbida che tutte le ragazze indossavano. Solo per il ricevimento, una delle due governanti, una donna bionda con lo sguardo buono, le aveva portato un abito rosso che le aveva fatto provare appuntando un paio di spilli dove le stava troppo largo.
    — Tua madre ha indossato questo, il suo primo ballo — sorrise la donna scrutando Gemma come se potesse trovare il riflesso della madre. Peccato che non l’avesse neppure incontrata. Forse Henry aveva ragione, a quella donna, chiunque fosse, non importava nulla di lei.
    — Grazie — sussurrò la ragazza con un sorriso tirato, mentre la governante usciva dalla porta lasciando una donna rossa di capelli a sistemarle i capelli e l’abito.

— Mi chiamo Gemma Jones, ho sedici anni, non sono troppo alta, ho i capelli mori e gli occhi azzurri, il più delle volte — sussurrò tra se la ragazza. Lo ripeté un paio di volte prima di sembrare convinta del tutto. — Mi chiamo Gemma Jones, e i miei genitori biologici sono Emma Swan e Killian Jones, vivono nella foresta incantata, hanno organizzato un ballo in mio onore, e hanno incaricato Anna di Arendelle di procurarmi un abito e prepararmi. — Ecco, questa era la parte che no riusciva a digerire, assieme al fatto che suo padre fosse Capitan Uncino, che Peter Pan, il suo eroe dell’infanzia fosse un cattivo, e che Drake fosse il figlio di Robin Hood, sì, proprio quello della canzoncina che non riusciva a togliersi dalla mente da quella mattina. Stava diventando matta.
    Anna allacciò l’ultimo bottone del corsetto e le porse uno specchio, in cui lei si rifiutò di guardare, partendo dal presupposto che quello non era niente meno che il castello della Regina Cattiva.
    — Come vuoi. — le disse gentilmente la donna, ritraendo la mano e posando lo specchio in un cassetto. — Ma ora dobbiamo proprio andare, o farai tardi al ricevimento.
    Gemma annuì debolmente, e la donna decise di lasciarla sola. Saggia scelta.
    La ragazza si sgranchì la schiena. Era stata troppo tempo immobile a farsi allacciare il corpetto dell’abito rosso. Vicino a lei, c’erano due scarpine di cristallo che non stentava a credere fossero di Cenerentola in persona. D’altronde, aveva sedici anni e il 35 di piede, già tanto che avessero trovato delle scarpe adatte a lei.
    Infilò la punta di un piede in una scarpetta, godendosi per qualche istante il contatto del freddo cristallo con la pelle. Indossò entrambe le scarpe, e tentò di camminare con un po’ di grazia. Percorse il perimetro della stanza circolare inciampando ogni tre passi sulla moquette blu notte, non tanto per i tacchi che non aveva mai indossato, quanto per l’abito rosso che le scendeva fino ai piedi.
    Imprecò tra se più volte prima di riuscire a fare una decina di passi senza mai perdere l’equilibrio. Dopo di che si arrese, e scappò via dalla sala. Aveva bisogno di vedere dei volti noti.

    Foresta Incantata, mesi prima.
— Il ragazzo ha in se una potente magia. Va eliminato, se volete riportare indietro la vostra Belle.
    L’uomo che parlava sedeva di spalle, con il cappuccio scuro calato sul volto. Tremotino non riusciva a vederlo in faccia, e questo lo turbava parecchio. — So che non posso portarla indietro, senza la seconda salvatrice. Non ho mai sentito parlare di nessun ragazzo.
    L’uomo riprese a parlare con voce rauca e profonda, mentre tutto attorno a lui il bosco fremeva assopito nella notte. — Si tratta di Roland, il figlio di Robin Hood. Qualcosa ha svegliato in lui un potere che può essere pericoloso, se messo in cattive mani.
    — E voi volete che io uccida Roland? Questo è il prezzo da pagare per la magia? — ringhiò Tremotino, tentando di riconoscere quella voce così lugubre. — Solo un folle mi chiederebbe una cosa simile, io ho smesso di fare del male.
    — Voi siete il Signore Oscuro, non smetterete mai di fare del male.
    Quelle parole arrivarono pesanti come un macigno, e la lingua di Tremotino non fu in grado di staccarsi dal palato per negare ogni parola. Tutt’altro. Se ne stette in silenzio, senza neppure un pensiero per la testa, come se quella verità avesse sgonfiato il suo tentativo di essere una persona migliore in pochi secondi.

    Foresta Incantata, oggi.
Drake aveva le gambe molli, e di certo non era causa di tutta quella gente vestita in modo strano che lo circondava, in quei tre giorni ci aveva fatto l’abitudine. Si era subito annoiato a rimanere chiuso nelle sue stanze, e aveva iniziato a girovagare per il castello alla ricerca di qualcosa da fare. O meglio, cercando di evitare suo padre.
    Aveva la bocca asciutta e le mani sudate, quello che capita ad una persona particolarmente agitata. Torturava il lembo del mantello blu che indossava sulle spalle, mimetizzandosi tra la folla. Osservava la scalinata battendo ritmicamente un piede sul pavimento, aspettando con ansia di vederla.
    Erano almeno due ore che aspettava Gemma, c’erano cose che doveva dirle, che non potevano aspettare.
    La vide scendere da quella scala con una grazia che non le apparteneva, con quell’abito rosso che la faceva sembrare una principessa, i capelli raccolti e gli occhi scuri che vagavano sperduti alla ricerca di qualcosa. O qualcuno. Sperava vivamente che quel qualcuno fosse lui.
    Se ne stava affianco ad un tavolo colmo di frutta, aspettando che lei lo trovasse tra la folla di gente che chiacchierava, ballava e si divertiva, cosa che non stava facendo lui, che invece sperava solamente di poter sparire da tutto ciò più in fretta possibile.
    Teneva gli occhi puntati sulla scalinata, mentre Gemma scendeva un gradino dopo l’altro con lo sguardo perso, incantato dalla magia della sala. Era il suo primo ballo, anche perché, nel Maine, di balli così non ce n’erano mai stati. Era affascinata dai colori dalla musica dei violini e dalla gente che ballava, esattamente come lo era stato lui, non appena era entrato nella sala. Ma ora, l’unica cosa che lo affascinava era quella ragazza sulla scalinata, troppo simile a quella con cui era cresciuto, eppure così diversa.
    Drake afferrò un frutto qualunque dal tavolo vicino a cui si trovava, e si avviò a passo lento verso di lei. Si stupì di quanto il rosso dell’abito di Gemma fosse simile a quello della mela che si girava tra le mani. Sarebbe stato un buon argomento di conversazione una volta che sarebbe stato di fronte a lei.
    Ma questo non accadde. Gemma scivolò su un gradino, dannata la sua goffaggine. Drake era troppo lontano per prenderla al volo, cosa che fece Sean al posto suo. La vide sorridergli in un modo che gli fece rodere lo stomaco. Poi la vide scomparire tra la folla, trascinata da Sean e dalla sua voglia di ballare.
    — Voi non ballate? — domandò una voce alle sue spalle, che lo fece trasalire.
    Lui si voltò di scatto, squadrando una ragazza mora, con un abito turchese e i capelli raccolti in una treccia che lo osservava con aria gentile. — Io? — biascicò.
    Lei annuì.
    — Non credo di saperlo fare. Voi? — Rispose Drake cortesemente, e si rese conto di quanto facile gli risultasse comportarsi da gentiluomo.
    Lei alzò le spalle. — Non in molti desiderano ballare con la figlia del Signore Oscuro. E, oltretutto, non ho un cavaliere.
    Il ragazzo si passò una mano tra i capelli mori sentendo il viso avvampare, e sperando che lei non lo notasse. — Beh, qui attorno non vedo vostro padre, quindi immagino di potervi chiedere di ballare senza temere nulla — sorrise, porgendole una mano. Non sapeva perché lo stava facendo, ma sentiva che era la cosa giusta.
    Lei sorrise, e accettò l’invito del giovane. — Come vi chiamate? — chiese, mentre Drake scopriva lentamente di saper mettere assieme persino qualche passo di danza.
    — D… Roland, immagino. Non lo so nemmeno io con certezza — Confessò facendola sorridere di nuovo. — E voi?
    — Kara, e non mi pare che voi siate così male, nel ballo — ridacchiò dopo una piroetta.
    Drake sorrise. — No, affatto, a quanto pare.

    Storybrooke, anni prima.
— Robin, Zelena va eliminata. Non possiamo permettere che faccia del male a qualcun altro — Ringhiò Regina, stringendo tra le mani il pugnale del Signore Oscuro. — Gold l’ha dato a noi perché lo facessimo, è l’unica cosa che può infrangere la magia che c’è sul cuore di mia sorella. Abbiamo Tremotino dalla nostra parte.
    Robin scosse la testa innervosito. — Aspetta un figlio, mio figlio. Non posso ucciderla.
    — Ha ucciso Marion a sangue freddo, quanto vuoi aspettare prima che faccia lo stesso con Roland? — Ruggì Regina, mettendogli il pugnale in mano. — Scegli, o Zelena e il suo bambino, o quelli che ami.
    — Sai che è una scelta dura. Non costringermi a farlo — singhiozzò l’uomo, accarezzando l’elsa con le dita callose.
    — Non sono io che ti costringo a farlo. Sei tu che devi costringerti a salvare Roland. — Le parole della donna suonarono come il rombo di un tuono nella sua mente, e si convinse con tutte le forze che lei avesse ragione.
    Si voltò verso la branda dell’infermeria su cui giaceva Zelena, addormentata sotto il volto di Clarion. Robin serrò gli occhi, provando ad immaginare il vero volto della strega, quello verde d’invidia.
    E piantò il pugnale dritto nel suo cuore.
    — Papà… — sentì gridare alle sue spalle. Roland aveva visto tutto. — Hai ucciso la mamma…

    Oggi, Foresta Incantata.
— Chi è quella ragazza? — domandò Gemma, aggrappandosi alla spalla di Sean per non finire a terra, inciampando per l’ennesima volta.
    — Quale ragazza? — chiese lui, cercando di recuperare l’attenzione di Gemma, ma i suoi occhi vagavano altrove.
    Due coppie più in là, una fanciulla che aveva più o meno la sua stessa età con un abito turchese che la faceva sembrare stupenda, sembrava in perfetta sintonia con Drake. Il suo Drake. Gemma fece una smorfia, e Sean parve cogliere al volo i suoi pensieri.
    — Voi non state assieme, lui è libero di ballare con chi vuole, come lo sei tu — sorrise il ragazzo.
    — No, cioè si, credo — disse, diventando paonazza.
    La musica cambiò, i violini e le cetre cominciarono a suonare una canzone che sembrava provenire direttamente dalle fiabe, e le coppie si disposero in cerchio. Proprio quello che non ci voleva. Ogni otto tempi, le donne cambiavano partner. E lei non voleva assolutamente ballare con Drake.
    Sean le lasciò la mano e prese quella della ragazza a fianco, e lei si trovò costretta a ballare con un uomo sulla trentina agghindato come un principe, cosa che probabilmente era, vista l’elevata della gente presente al ricevimento.
    Altri otto tempi, e si trovò a fare un piccolo inchino prima di ballare con un altro principe.
    Ora mancavano solo otto tempi prima di Drake. Sette.
    Gemma trattenne il respiro, tentando di trovare nella sua mente una qualsiasi cosa da dire quando si fosse trovata faccia a faccia con lui.
    I rimanenti sei tempi passarono troppo velocemente.
    I loro visi non si erano mai trovati così vicini, e i secondi parvero congelarsi. Gli occhi bruni, terrorizzati di lei, piantati in quelli seri e tranquilli di lui, le mani di Gemma, una posata delicatamente sulla sua spalla, e l’altra in quella calda e morbida di Drake.
    Il tempo si scongelò nell’istante in cui il ragazzo posò l’altra mano sulla vita di Gemma. La sua schiena fu scossa da un brivido, e il desiderio di scappare era forte, ma decise di resistere. Solo otto tempi.
    Otto tempi che non passavano più.
    — Perché stavi ballando con quella ragazza? — azzardò, mordendosi il labbro inferiore e immaginando che la distanza tra i loro corpi fosse infinita, e non annullata da quel maledetto ballo.
    Lui sorrise sarcastico. — Perché stavi ballando con Sean? — grugnì.
    — È arrivato per primo. — Fu la prima cosa che le passò per la testa, e anche la più stupida.
    — È arrivata per prima. — Ogni parola che usciva dalla bocca del ragazzo, era una maledetta provocazione alla sua pazienza.
    Gemma sbuffò. — Non ripetere tutto quello che dico.
    — Non sto ripetendo tutto quello che dici — disse, con una nota di amarezza nella voce.
    — Appunto. Cosa vuoi? Io stavo cercando di divertirmi, una volta nella vita. — Perché diavolo questi otto tempi non finivano più?
    — Beh, anche io.
    Gemma lo spinse indietro, stringendo tra le mani la stoffa dell’abito rosso e sollevandolo un po’ da terra per non inciampare, corse via prendendo la scalinata e sparendo dalla sala.

    Storybrooke, anni prima.
Robin si torturava le pellicine delle dita, mentre Regina visitava suo figlio, steso sul lettino, immerso in un sonno profondo.
    — La sua memoria è protetta da un incantesimo inviolabile, non posso fare nulla per cancellarla. — La donna aveva un’aria disperata, ma mai quanto il padre del bambino.
    Robin si asciugò una lacrima. — Quindi ricorderà per sempre che ho ucciso sua madre di fronte ai suoi occhi? — singhiozzò.
    Regina gli accarezzò il viso. — Che hai ucciso Zelena, non sua madre.
    — Ma aveva l’aspetto di Marion, ed è quello che ricorderà lui.
    La donna annuì distrattamente. — Questo trauma ha risvegliato in lui un antico potere, un potere pericoloso. La cosa migliore da fare è farlo crescere in un mondo senza magia, e tu lo sai bene.
    Robin sorrise amaramente. — Senza magia e senza di me. Ai suoi occhi sono un mostro, questo è il prezzo che devo pagare per aver ucciso Zelena.

    Foresta Incantata, oggi.
Questa volta non aveva lasciato che Sean lo precedesse. Aveva seguito Gemma fino alla buia torre in cui si era rintanata a singhiozzare. Se ne stava raggomitolata vicino ad un’ampia finestra, l’unica nella stanza spoglia della torre di pietra.
    — È un cliché, non credi? — disse Drake, porgendole una scarpetta che aveva perso correndo su per una delle svariate rampe di scale in cui lui l’aveva seguita. Il cristallo rifletteva un sottile raggio di luna che filtrava dalla finestra, e gli illuminava il viso.
    Lei sorrise amaramente, asciugandosi il viso da una lacrima. — Immagino di si. — Spostava gli occhi da Drake alla scarpetta, cercando di capire cosa le sembrasse più strano, se lui che la seguiva, o indossare scarpette di cristallo. — Immagino di si — ripeté con più convinzione, alzandosi in piedi e spolverando l’abito con le mani.
    Lui si chinò a terra avvicinando la scarpetta al suo piede e glie la infilò delicatamente, poi si alzò in piedi e le prese le mani. Aveva sempre le mani calde, diverse da quelle di chiunque. Quelle erano le sue mani, le uniche in cui si sentiva al sicuro, le uniche che potevano scaldarle il cuore.
    E poi c’erano i suoi occhi, scuri e profondi come pozzi, in cui ci si sarebbe potuta perdere per giorni e giorni, ma quell’espressione seria che aveva stampata sul volto non preannunciava nulla di buono.
    — Devo partire, per via della mia magia, e probabilmente non ci vedremo mai più.

 

 

    L’angolo della Gobbiglia :)
Chi non muore si rivede, credo che si dica (non sono troppo brava con i detti). Come le ultime volte, chiedo perdono per l’infinita attesa, e vi lascio questo capitolo che spero di aver scritto decentemente, visto il poco tempo che ho.
    Buonanotte :)

  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Once Upon a Time / Vai alla pagina dell'autore: Gobbigliaverde