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Autore: Manu75    03/02/2016    1 recensioni
"…e tu, femmina dai capelli chiari e dagli occhi freddi e algidi, nel tuo orgoglio soccomberai…prigioniera in una cella di ghiaccio, né calore, né gioia, né amore…tutti voi sarete condannati…io vi maledico! Black, da questa sera, vorrà dire disgrazia e sofferenza e prigionia…e morte! Così è stato detto, che così accada!"
Quando il dovere e l'orgoglio ti spingono contro il tuo cuore, quando una maledizione incombe con tutto il suo potere, quando i sentimenti infuriano nel petto senza poterli placare, il destino sembra solo una gelida trappola. Narcissa Black lo sa bene.
Genere: Drammatico, Malinconico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Evan Rosier, Lucius Malfoy, Narcissa Malfoy, Severus Piton, Sorelle Black | Coppie: Bellatrix/Voldemort, Lucius/Narcissa, Rodolphus/Bellatrix, Severus/Narcissa, Ted/Andromeda
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Triangolo | Contesto: Dai Fondatori alla I guerra, Più contesti
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Grazie a LostHope92, EcateC e Occhioni_Azzurri per le recensioni, impressioni, consigli, insomma per aver apprezzato e "vissuto" i capitoli fin qui postati. Grazie anche a chi legge questa mia storia!

Primo salto temporale, sono passati tre anni e Narcissa è cresciuta. Buona Lettura!


Un gelido destino 

 

Ventiquattresimo capitolo 

 

Essere parte di un dramma (prima parte) - tre anni dopo

 

La casa londinese dei Black di Weirwater, come venivano chiamati per essere  distinti dai Black di Grimmauld Place, non era molto cambiata nel corso degli anni pur essendo, ormai,  costantemente abitata.
Narcissa si era in qualche modo abituata a quell’ambiente confortata ,forse, dal fatto che vi passava solo un paio di mesi l’anno. Conservava gelosamente il ricordo di Weirwater, della bellezza di quei luoghi, della luce di quella casa e anche dei momenti felici che vi aveva trascorso.
Narcissa si stava preparando per andare a dormire spazzolandosi, come era solita fare, i lunghi capelli biondi.
Era un rituale per lei perché era un momento solo suo, in cui poteva lasciar vagare i propri pensieri liberamente, senza preoccuparsi di celare le proprie emozioni.
Fissava lo specchio, senza vedersi veramente, e pensava.
Negli ultimi tre anni non erano successe molte cose: Lucius aveva terminato gli studi e aveva iniziato a svolgere diverse attività correlate al Ministero, mettendosi in luce e dando nuovo lustro al nome dei Malfoy.
Il fatto che fosse giovane e attraente, oltre che brillante, gli valeva sia l’ammirazione degli maghi che delle streghe.
Spesso sulla Gazzetta del Profeta venivano riportate fotografie che lo ritraevano in compagnia di questa o quella, presunta, nuova fiamma e le scommesse, su quale di esse si sarebbe accaparrata questo rampollo così promettente e dal patrimonio così cospicuo, fervevano.
Cissy si era rassegnata a tutto ciò, visto che sia Cygnus che Abraxas non intendevano ufficializzare il fidanzamento fino alla sua maggiore età, pensando così di tutelarla.
Lei aveva cominciato a chiedersi, tuttavia, se questo fidanzamento non fosse stato che una mera illusione e solo l’orgoglio le impediva di chiedere chiarimenti a suo padre.
Il punto era che, una volta che Lucius aveva lasciato Hogwarts, incontrarlo era divenuto sempre più difficile e raro e, di solito, questi incontri avvenivano solo in occasioni ufficiali.
Narcissa posò la spazzola e sospirò profondamente.
Aprì un cassetto nascosto del suo secretaire e cominciò a studiarne il contenuto.
Li dentro conservava gelosamente tutti i doni che Lucius le aveva fatto nel corso degli anni, tutti i suoi oggetti più cari.
Il suo preferito era senza dubbio il carillon, il primo regalo ricevuto.
Ad ogni Natale e ad ogni compleanno ne erano seguiti altri, ma lei li sentiva meno cari, meno personali.
Allungò una mano e cercò in fondo al cassetto qualcosa e poi, quando l’ebbe trovato, lo estrasse e lo rimirò alla luce delle candele.
Era uno scialle di seta azzurra, finemente ricamato a mano.
Un dono anche questo, ma non di Lucius.
Sorrise tenendolo aperto dinnanzi a sé, mentre osservava le minuscole roselline e i delicati gelsomini che si intrecciavano sulla stoffa leggera.
Ricordava ancora la mattina di marzo, pochi mesi prima, in cui se l’era trovato drappeggiato addosso a mo di coperta.
Sul momento non aveva capito bene cosa fosse accaduto, poi, se pur piuttosto sorpresa, aveva intuito.
La sera prima aveva udito che la madre di Severus era morta.
Colpita e addolorata, Narcissa aveva atteso a lungo che il ragazzo rientrasse nella Sala Comune, ma lui non si era presentato. Evidentemente il Professor Slughorn si era trattenuto parecchio con lui, o almeno così aveva creduto la ragazza.
Era andata a dormire con addosso una grande agitazione.
Lei e Severus avevano coltivato, nel corso di quei due anni, la loro singolare amicizia fatta per lo più di silenzi ma anche di lunghe ore passate a studiare o a leggere libri.
Contrariamente a Beb, che la divertiva ma anche agitava parecchio, lui aveva il potere di rilassarla come nessuno al mondo.
Non aveva bisogno di essere sempre e costantemente la fredda e perfetta Narcissa Black.
Le occasioni di stare insieme a lui erano rare, in quanto si defilava sempre più spesso e saltava anche i pasti, forse per evitare il più possibile Sirius e quel Potter, con i quali gli scontri si erano fatti sempre più aspri.
Narcissa, pur rientrando nel proprio dormitorio,  non si era messa a dormire; aveva finto e poi, udito il respiro regolare delle sue compagne, era scesa dal letto ed era tornata in Sala.
Come aveva presupposto Severus si trovava la, ora che essa era del tutto deserta.
Stava sulla sua poltrona preferita, davanti al camino, con una pergamena aperta sulla ginocchia.
Avvicinandosi, Cissy aveva potuto leggerne l’intestazione: che era dell’ospedale San Mungo.
Lui aveva sollevato lo sguardo e i loro occhi si erano incrociati. In quelli di lui era stato impossibile leggere, ovviamente, e, altrettanto ovviamente, non c’era traccia di lacrime.
Gli aveva fatto un piccolo cenno, si era seduta sulla poltrona accanto a quella del ragazzo e lì era rimasta tutta la notte, in silenzio.
Non sapeva bene nemmeno lei perché ma vegliare per quella donna sconosciuta, per la madre di lui, le era sembrato essenziale.
In fondo al cuore aveva provato una forte commozione, e persino devozione, per la donna che era stata la madre di Severus.
Avevano vegliato, silenziosamente, per ore.
Chi dei due si fosse addormentato per primo era impossibile dirlo ma, di certo, lei si era svegliata dopo di lui e si era trovata addosso quello scialle così bello e delicato.
Ricordava di aver cercato Severus nei giorni successivi senza riuscire mai a trovarlo. Infine, lo aveva finalmente incontrato in un corridoio, dove lui stava tentando un qualche incantesimo particolare.
- Severus – lo aveva chiamato e il giovane aveva abbassato istantaneamente la bacchetta, voltandosi guardingo.
- Narcissa! – aveva mormorato piano, con sua voce fredda e, nonostante tutto, gentile.
Ormai non si chiamavano per cognome già da un po’, ma a lei piaceva udire il suono del proprio nome pronunciato dalla sua bella voce .
Si compiaceva, in realtà, che suonasse così bene e anche di essere l’unica persona che lui chiamasse per nome e non per cognome.
- Credo di doverti restituire questo…- gli aveva detto porgendogli, con un pizzico di rimpianto, la bella stoffa azzurra.
Severus aveva inarcato un sopracciglio, in quel suo modo tipico che Cissy conosceva così bene.
- Dubito che la mia vita a Scuola migliorerebbe se prendessi ad andarmene in giro bardato con uno scialle ricamato…- le aveva risposto ironicamente, con un piccolo sorriso.
Narcissa aveva sorriso a propria volta, immaginando la scena.
- Puoi tenerlo, naturalmente, donerà a te molto più che a me e io, onestamente, non so che farmene! – aveva concluso lui.
Narcissa, che aveva intuito che quello scialle doveva essere appartenuto a sua madre, avrebbe voluto dirgli di conservarlo per una futura fidanzata.
Qualcosa, però, l’aveva bloccata.
Una sorta di fastidio che quell’idea le generava o il fatto che, di certo, le avrebbe risposto con molta ironia, facendola sentire sciocca.
Non aveva replicato e, dopo averlo ringraziato, si era allontanata stringendo la stoffa azzurra con delicatezza.
Narcissa si riscosse dai propri pensieri e ripose lo scialle.
Poi si alzò e scosse i lunghi capelli, cercando di scuotere anche i propri pensieri.
Stava per infilarsi a letto quando un leggero fruscìo la immobilizzò.
Spense tutte le candele tranne una e, dopo averla presa, si affacciò lentamente dalla porta.
Guardò prima a destra e poi a sinistra e notò che una piccola luce tremolante stava sparendo in direzione delle scale.
Chi poteva essere? Dorothy? Un elfo domestico? Sua madre a quell’ora dormiva e suo padre si era assentato per affari.
Narcissa richiuse piano la porta della propria camera e seguì l’altra luce, badando a non fare rumore.
Giunta in salotto accelerò, perché vide che la misteriosa figura si era infilata nelle cucine. La seguì e poté vedere la persona, chiunque fosse, aprire la porta che dava sul vicolo laterale alla casa e defilarsi.
Narcissa spiccò una piccola corsa e riuscì ad afferrare la porta prima che si richiudesse, uscendo a propria volta.
- Fermo!- esclamò, facendo bloccare la furtiva figura –Bella!- esclamò un secondo dopo, riconoscendo sua sorella, che si era voltata automaticamente verso di lei.


- Bella!- ripeté Narcissa, incredula – Cosa fai a quest’ora di notte? Dove stai andando? Papà ci ha ordinato di non uscire!-
Bellatrix le si avvicinò a passo di carica, con gli occhi scintillati di malevolenza.
- Si può sapere come ti permetti di seguirmi?!- le sibilò, evidentemente furibonda – Sono maggiorenne io, sto per sposarmi! Faccio quello che diamine mi pare, non ficcare il naso nella mia vita!-
- Credevo fosse qualche male intenzionato! Ti muovi per casa tua come se fossi una ladra!- le rispose Narcissa, per nulla intimorita dalla sorella.
A quindici anni Cissy era divenuta alta quasi come Bellatrix, anche se ancora non la eguagliava, e il suo corpo era fiorito donandole delle curve dolci e femminili, ma non volgari.
Bellatrix era sempre splendida ed appariscente ma ora si truccava piuttosto pesantemente; gli occhi sembravano quasi chiudersi e cedere sotto il peso di quel trucco così eccessivo.
Tutto ciò offuscava la sua bellezza bruna.
Le due sorelle si sfidarono con gli sguardi. Due ragazze molto diverse, ma caparbie nello stesso e identico modo.
- Torna a dormire Cissy…- le disse Bella, con un sorrisetto maligno – Va nel tuo letto virginale, dormi sul tuo cuscino di rose!E vedi di starmi alla larga!-
- No!- le rispose Cissy, decisa – Qualunque cosa tu stia macchinando è qualcosa di negativo, ne sono certa. Ho sopportato anche troppo la tua sventatezza, non intendo stare a guardare mentre tu ordisci qualcosa di poco chiaro e dannoso! –
- Ah si?- la sbeffeggiò la sorella, indietreggiando di un passo – E cosa credi di fare? Come credi di fermarmi? Sei minorenne e, quindi, con le mani legate!- ghignò ancora un attimo fissando il bel volto di sua sorella minore – Ciao sorellina, visto che la porta si è richiusa temo che dovrai aspettare un bel po'!- e si smaterializzò.
Tuttavia i riflessi di Narcissa erano notevoli e, istintivamente, allungò un braccio per fermare Bellatrix.
Accadde in un attimo. La sua mano sembrò calamitarsi al braccio della sorella e Cissy si smaterializzò insieme a lei.

 

Atterrarono rovinosamente su un terreno duro ma ricoperto d’erba.
Narcissa fu la più svelta a tirarsi su e si portò a distanza di sicurezza da Bella, gettandosi, contemporaneamente, uno sguardo intorno.
Ovunque fossero doveva essere piuttosto a nord in quanto, pur essendo luglio, la notte era decisamente fredda e il cielo tempestato di stelle, come solo lontano dalle città poteva essere.
Bellatrix si alzò un attimo dopo, con il volto contratto dal furore.
- Maledetta!Cosa hai fatto?!- la aggredì, con gli occhi spalancati e la voce isterica – Come hai osato!-
Ma Narcissa non le dette retta perché, dopo un attimo di incredulo smarrimento, riconobbe il luogo dove si trovavano.
- Weirwater…- sussurrò.
Approfittando di quella distrazione, in un attimo, Bella le fu addosso tirandole con forza i capelli e portando il proprio volto a pochi millimetri da quello di Cissy.
- Idiota! La devi smettere di ficcare il naso nei miei affari!- le sibilò, con uno sguardo completamente folle – Hai sempre avuto il vizio di farlo e ogni volta non è successo nulla di buono!-
- Sei tu che non dovresti avere nulla in cui ficcare il naso, allora!- le rispose Cissy, con tono accusatorio, ignorando il dolore al cuoio capelluto – Tutto ciò che dici, tutto ciò che fai è solo una dannazione per tutti noi che abbiamo la sventura di starti attorno!-
Narcissa sentiva improvvisamente il rancore incendiarle le vene, memore di lontani accadimenti che avevano avvelenato la sua vita.
Bella fece per replicare qualcosa ma Narcissa non si preoccupò di ascoltarla. Con grande destrezza sfilò la bacchetta della sorella, che sbucava dalla tasca del nero mantello, e pungolò con essa la pancia della ragazza che, colta di sorpresa, si allontanò di colpo portandosi le mani al ventre dolorante.
Narcissa si allontanò ulteriormente, puntando la bacchetta contro la sua stessa sorella.
- Dimmi perché siamo qui!- le urlò, perdendo il controllo – Dimmelo!Cosa ci facciamo a Weirwater?!-
Per la prima volta Bellatrix sembrava veramente in difficoltà.
- I-io...- balbettò, prendendo tempo – Non è come credi...e poi tu sei minorenne, se usi la bacchetta…-
Narcissa stava per replicare, sprezzante, quando una forza eccezionale le strappò letteralmente di mano la bacchetta e due braccia d’acciaio la strinsero da dietro, immobilizzandola.
- Cosa vedo…- sussurrò una voce gelida, proveniente da sopra la testa di Cissy – La cara, fiera, orgogliosa Bella messa alle strette! -
‘Ho già sentito questa voce…’ pensò Narcissa, pietrificata più dalla sorpresa che dalla paura e il suo stupore fu ancora maggiore quando Bellatrix si prostrò a terra in un profondo inchino.
- Mio Signore…- sussurrò, con tono devoto e quasi estasiato.
- Benvenute. - sussurrò l’uomo che imprigionava Narcissa, in risposta.
Il cuore della ragazza batteva rapidissimo adesso, mentre un improvviso fruscìo le annunciava l’arrivo di altre persone.

FINE VENTIQUATTRESIMO CAPITOLO

  
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