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Autore: _exodus    04/02/2016    1 recensioni
| Inazuma Eleven | Nessuna coppia | Angst; Malinconico | !Violenza! | Partecipante al contest "I non-toni dell'Amore" indetto dagli Shiri Sixteen |
Ormai Kyosuke era abituato a serate del genere, ogni sera il gruppo di amici si ritrovava in quel vagone e ognuno faceva sempre le medesime azioni, come se fosse stato un rituale sacro, il loro. Quello che facevano poteva essere benissimo accomunato ad un rituale devoto all’alcol. Ogni volta bevevano fino ad ubriacarsi. Bevevano per dimenticare, dicevano. Per dimenticarsi del tempo che continuava a scorrere senza sosta, delle loro vite senza senso e prive di utilità, perché secondo la società loro erano solo teppisti che si ubriacavano, imbrattavano muri con orrendi graffiti e prendevano decisioni affrettate senza mai riflettere. Tsurugi odiava quelli che giudicavano, quelli che si fermavano alle apparenze, per questo permetteva a quell'alchimia perversa di sapori e sensazioni di scorrere con il suo sapore forte, amaro e dolce allo stesso tempo, nella sua gola bruciante, per poi abbandonarsi al destino.
Genere: Angst, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Kirino Ranmaru, Matatagi Hayato, Matsukaze Tenma
Note: AU | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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Autore: _exodus;
Titolo: Nevermind;
Personaggi: Kariya Masaki; Kirino Ranmaru; Matatagi Hayato; Matsukatze Tenma; Munemasa Ibuki; Shindou Takuto; Tsurugi Kyosuke;
Categoria: triste;
Genere: angst; malinconico; triste;
Rating: arancio;
Avvertimenti: violenza;
Introduzione: | Inazuma Eleven | Nessuna coppia | Angst; Malinconico | !Violenza! | Partecipante al contest "I non-toni dell'Amore" indetto dagli Shiri Sixteen |
Ormai Kyosuke era abituato a serate del genere, ogni sera il gruppo di amici si ritrovava in quel vagone e ognuno faceva sempre le medesime azioni, come se fosse stato un rituale sacro, il loro. Quello che facevano poteva essere benissimo accomunato ad un rituale devoto all’alcol. Bevevano per dimenticare, dicevano. Tsurugi odiava quelli che giudicavano, quelli che si fermavano alle apparenze, per questo permetteva a quell'alchimia perversa di sapori e sensazioni di scorrere con il suo sapore forte, amaro e dolce allo stesso tempo, nella sua gola bruciante, per poi abbandonarsi al destino.

Eventuali note dell'autore: non so in quanti di voi conoscano il k-pop e di conseguenza i BTS, un gruppo sudcoreano. Ci terrei solo a dire che questo gruppo ha cambiato il mio modo di vedere le cose; questa fanfiction è ispirata ai loro MV.
Ringrazio chiunque leggerà, grazie mille! <3
 
_exodus

Era notte fonda a Inazuma-Cho e le vie che, solitamente, durante il giorno brulicavano di gente erano pressoché deserte. E, come se non bastasse, piccole gocce bagnate precipitavano dal cielo notturno ricoperto da nuvole grigiastre per poi andare a cadere silenziose sull'asfalto. Cadevano insistenti anche sul viso di un giovane ragazzo conosciuto come Tsurugi Kyosuke che camminava sotto la flebile luce dei lampioni, l'acqua gli carezzava dolcemente le guance per poi ricadere lungo la mascella e scorrere fino al suo collo pallido; infastidito dal brivido dovuto al contatto con l'acqua gelida alzò il cappuccio della felpa nera fin sopra i capelli bluastri, ormai bagnati anch'essi, e continuò a fissare con sguardo perso i giochi di luci creati dai lampi che apparivano nel cielo sovrastante illuminandolo.

Non gli ci volle molto tempo per arrivare alla vecchia ferrovia della città, abbandonata anni addietro dopo la costruzione di una nuova stazione più vicina al centro. Gli occhi di Kyosuke si spostarono velocemente tra quei vagoni ormai ricoperti dalla ruggine che segnava indelebilmente il tempo che scorreva inarrestabile, le labbra sottili s'incurvarono in un sorriso sghembo quando finalmente il blu riuscì a trovare un vagone rossastro sul quale si poteva appena vedere tracciato con della vernice bianca sbiadita il numero undici. Saltò agilmente tra un binario e l'altro stando attento a non poggiare male un piede su quei dannati sassi e finalmente raggiunse il vagone, bussò deciso per tre volte e afferrò la maniglia che si trovava a destra dell'ingresso al vagone facendo cigolare un poco quest'ultima.

Quando accostò il viso fu accolto dalla scena che ormai era solito a vedere ogni sera: i suoi unici amici intenti a brindare e divertirsi. Uno di questi, Kariya Masaki, si accorse della sua presenza e lo afferrò per un polso per poi gettarlo su quello che era un divano che, con molte possibilità, era stato recuperato da una discarica, ma ciò non toglieva che fosse in ottime condizioni. Tsurugi conosceva i ragazzi presenti da diversi anni, si guardò intorno alla ricerca degli unici due che mancavano all'appello, fece vagare lo sguardo per tutto l'ambiente che, in quei due anni, era diventato piuttosto accogliente grazie soprattutto a Takuto che si era preoccupato di aggiungervici una piccola televisione rialzata da un mobiletto in legno piuttosto antico, aveva persino attaccato della carta da parati e aveva aggiunto molteplici quadri facendo sembrare quell'ambiente stretto molto più grande. Poi finalmente gli occhi dorati del blu incontrarono i visi famigliari di Hayato e Ibuki, intenti a bere il contenuto di alcune bottiglie di alcolici poggiati su un tavolino adagiato sulla parete sinistra. Improvvisamente la musica s'alzò costringendo Tsurugi a voltare lo sguardo verso il giradischi alla ricerca del cretino che aveva alzato così tanto il volume e non si meravigliò più di tanto quando vide Tenma intento a maneggiare con il regolatore del volume.

« Tenma, vuoi farci diventare tutti sordi? » gridò al castano che stava dall’altra parte della stanza, cercando di sembrare almeno arrabbiato. Potè constatare, però, che Matsukatze aveva già bevuto un gran numero di alcolici quando un « Dai, KyoKyo, non rompere… e pensa a- a divertirti… » gli arrivò sconnesso alle orecchie, ovattato dalla musica fin troppo alta.

Ormai Kyosuke era abituato a serate del genere, ogni sera il gruppo di amici si ritrovava in quel vagone e ognuno faceva sempre le medesime azioni, come se fosse stato un rituale sacro, il loro. Quello che facevano poteva essere benissimo accomunato ad un rituale devoto all’alcol. Bevevano per dimenticare, dicevano. Per dimenticarsi del tempo che continuava a scorrere senza sosta, delle loro vite senza senso e prive di utilità, perché secondo la società loro erano solo teppisti. Tsurugi odiava quelli che giudicavano, quelli che si fermavano alle apparenze, per questo permetteva a quell’alchimia perversa di sapori e sensazioni di scorrere con il suo sapore forte, amaro e dolce allo stesso tempo nella sua gola bruciante per poi abbandonarsi al destino.
In quel momento vide Hayato e Masaki sbattere il povero Ranmaru contro una parete, privarlo del giubbotto in jeans lasciandogli solo la maglietta bianca stropicciata, che venne imbrattata di vernice da Hayato che vi tracciò sopra una “x” con una bomboletta di vernice estratta dal borsone che si portava sempre dietro. Hayato era un tipo piuttosto chiuso, con molti problemi con la famiglia e con la grande passione per i graffiti, ma i suoi non erano semplici linee disegnate senza un vero senso, la sua era arte.

Nel loro gruppo ognuno aveva un problema di cui tutti erano a conoscenza: depressione, autolesionismo, droga, cattive conoscenze… Tutti tranne Takuto, lui di problemi sembrava non averne, ed era proprio lui a tenere il gruppo in piedi, nonostante avesse un carattere debole con il tempo questo aveva iniziato ad essere sempre più determinato e il ragazzo dai capelli del medesimo colore del cioccolato era diventato la Stella Polare del gruppo.

Quello era un periodo particolarmente difficile per Hayato: la scuola era uno schifo come sempre, aveva problemi con la fidanzata che per lo più se ne approfittava di lui e del suo portafogli pressoché vuoto per poi andare a fare la troia in ogni tipo di locale durante la notte, era arrivato a tentativi di suicidio diverse volte, ma non aveva mai avuto il coraggio di spingersi oltre e morire.
Stava camminando silenziosamente per le vie affollate di Inazuma-Cho, con le mani in tasca e la testa altrove mentre veniva spintonato da alcune persone, quando venne riportato alla realtà dal telefono che vibrò nella tasca posteriore dei jeans logori.
« Che c’è, mamma? »
All’udire il tono preoccupato della donna dall’altra parte del telefono iniziò a spaventarsi, pensando che potesse esserle accaduto ancora qualcosa.
« Hayato… tuo padre… è-è stato s-scagiona-to. »
Terminò la frase a fatica e Hayato si bloccò immediatamente appena quella fase gli arrivò alle orecchie, facendo anche in modo che alcuni passanti se la prendessero malamente con lui per avergli bloccato la strada. Non disse niente, si limitò a sbattere il telefono in faccia alla donna.
Il padre, uno dei criminali dei quali i telegiornali hanno parlato spesso, era stato scagionato dopo aver scontato la pena di quattordici anni che gli era stata data quando il ragazzo era solo un dolce bambino di quattro anni ignaro della pericolosità e della corruzione del mondo. Crebbe in fretta, però.
Con il padre in carcere e la madre che lavorava in un piccolo bar frequentato da brutta gente i soldi non erano molti e soprattutto non sufficienti per mantenere l’intera famiglia. Ma ciò che davvero preoccupava il ragazzo erano i frequentatori abituali del bar che, quando ne avevano l’occasione, non si facevano problemi a toccare la madre di Hayato. All’inizio la donna non diceva nulla, fu lui a venire a scoprire tutto e una volta finì anche a menare uno di quei tizi fuori dal bar dove lavorava la madre, guadagnandosi solamente molteplici pugni sul viso.
I rapporti tra il diciottenne e il padre non erano mai stati dei migliori e il giovane non era neanche interessato a creare un legame padre-figlio con l’uomo.

Si passò una mano tra la folta chioma, nervoso. Era terrorizzato dall’idea del ritorno del padre.
 

Parole: 1.190

   
 
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