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Autore: Lory221B    05/02/2016    3 recensioni
Londra 1856. John, Sherlock, una storia proibita e un destino che li travolge e li separa per due anni. Ma sarà stato solo il destino a separarli? O qualcuno sta giocando con le loro vite? Tra tradimenti e ricatti, spunta una vecchia conoscenza dal passato.
(johnlock) (light sheriarty) (historical!AU)
Genere: Angst, Romantico, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Jim Moriarty, John Watson, Mary Morstan, Mycroft Holmes, Sherlock Holmes
Note: AU, Lime | Avvertimenti: nessuno
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Cap. 2 - La quiete prima della tempesta









Sherlock camminava senza una meta per le vie di Londra.

Amava la sua città, gli odori, il cielo grigio che ogni tanto regalava qualche raggio di sole, gli alberi lungo il Tamigi che perdevano le foglie rosse in attesa dell’inverno, il profumo del tabacco, l’aria densa di farina quando si passava per Baker street.

Non c’era niente di tutto questo in India, dove era rimasto confinato per due anni, bloccato senza la possibilità di andare via e senza notizie da John.

Tre mesi per attraccare, grazie a una delle navi più veloci dell'Impero. Appena arrivato aveva subito spedito una lettera, sapeva che John non l'avrebbe vista prima di altri tre mesi, per cui iniziò a scrivergli ogni settimana, come un diario, per fargli capire quanto tenesse a lui, senza aspettarsi una risposta.

Poi però, tra un problema e l'altro, finirono per passare sette lunghi mesi. A quel punto Sherlock cominciò  a controllare quotidianamente l'arrivo della posta, convinto che almeno una risposta sarebbe arrivata.

I tempi si prolungarono ulteriormente ed era già passato un anno; Sherlock  aveva scritto a John quasi ogni settimana e non aveva mai ricevuto risposta.

All’inizio aveva pensato ad un banale ritardo nelle comunicazione, dopotutto i tempi di consegna erano lunghi e John doveva ricevere e rispondere. Poi però i tempi cominciarono a dilatarsi in maniera sospetta, per cui aveva iniziato a credere che gli fosse successo qualcosa. Sherlock aveva anche scritto ai propri genitori per avere notizie, ma suo padre gli aveva risposto evasivamente che il dottor Watson stava bene, da qual che ne sapeva.

Alla paura subentrò il panico e poi la rabbia. Si convinse che John aveva deciso di non rispondergli; che aveva approfittato della sua assenza per tornare alla vita ordinaria: una relazione con una donna e uno stile di vita più appropriato.

Infine subentrò il dolore, perché riteneva che se John aveva cambiato idea era per colpa sua, non era stato all’altezza di una relazione e John e evidentemente si era accorto che non gli mancava così tanto. Che sarebbe stato meglio senza Sherlock; il moro credeva davvero di non meritarsi una fortuna come John Watson.

Quando poi gli si mise contro anche la natura, scatenando una serie di uragani che non gli avevano concesso di salpare, si era trovato a pensare che quel viaggio era stato il più grande errore della sua vita.

E ci aveva visto giusto, almeno in parte. Le lettere non erano mai arrivate ma  John aveva trovato effettivamente qualcun altro e quella Mary, l’aveva persino sposato.

Il definitivo game over. Sherlock avrebbe rischiato anche l’impiccagione per lui (1), se qualcuno avesse intercettato le lettere avrebbe potuto quantomeno  sospettarlo di qualcosa che andava oltre il consentito. Nelle prime era stato cauto e sembravano solo lettere tra amici, ma poi la ragione era stata zittita dal cuore, quel muscolo che John mostrava a tutti mentre Sherlock mostrava soltanto a lui, e si era lasciato andare alternando preghiere per avere una risposta a lunghe righe colme di gelosia.

 Ma le lettere non erano mai arrivate e John era andato avanti, senza di lui.

Mentre passeggiava vicino a Piccadilly Circus, Sherlock notò sul lato opposto della piazza proprio quel John Watson che voleva evitare, ma che avrebbe riconosciuto anche tra mille. Il biondo stava entrando in un negozio di fiori.

Sherlock pensò subito che stava andando a comprare un regalo per Mary. Forse un anniversario o qualche festa comandata di cui Sherlock beatamente ignorava l’esistenza. O forse doveva farsi perdonare qualcosa? No, era inutile sperare in qualcosa che non sarebbe mai accaduto.

Sherlock non si accorse di aver indugiato troppo nel fissare quel negozio e quando John uscì con un bel mazzo di fiori, lo scorse subito, nonostante fosse al di là della piazza. Anche il dottore avrebbe riconosciuto Holmes tra mille.

Sherlock mantenne lo sguardo, finché una carrozza bloccò la visuale del dottore e Holmes ne approfitto per sparire dalla sua vista.

John rimase con in mano il mazzo di fiori, a fissare il punto dove il suo ex ragazzo si trovava un attimo prima.

Camminando verso casa, John pensò, o almeno cercò di pensare, a come era fortunato ad avere Mary, una donna che lo amava davvero, senza complicazioni e senza causargli una continua altalena emotiva.

Perché stare con Sherlock era proprio così, un continuo passare dalla passione totale all’essere quasi ignorati.

Come quel loro primo incontro.

Tre anni prima

John Watson, medico militare, era in licenza a Londra, in attesa che i suoi superiori decidessero se la ferita che aveva riportato durante l’ultima battaglia fosse così grave da costringerlo al congedo.

John non voleva fermarsi a Londra, ormai non era più la sua città. Ma non aveva dove andare e sua sorella gli aveva offerto un letto nella casa che condivideva con il marito, u uomo più anziano e molto paziente, che Harriet aveva sposato unicamente perché poteva darle sicurezza economica e sociale.

John passò i primi giorni girando per i parchi, in cerca di tranquillità, ma dopo un po’ la vita civile aveva cominciato a stargli stretta e aveva iniziato ad uscire la sera, quando accadevano le cose più rischiose e si incontravano i tipi più particolari. Londra e soprattutto l’east end, non era una zona per gente tranquilla.

Fu così che una sera, mentre si trovava a passare in prossimità di un  famigerato locale, noto per ospitare cocainomani e fumatori d’oppio, si imbatté in Sherlock Holmes, o forse sarebbe meglio dire che venne letteralmente travolto.

Sherlock Holmes era appena uscito dal locale di corsa, all’inseguimento di un uomo che era appena fuggito passando davanti a John. Il medico non fece in tempo a chiedersi cosa stesse accadendo che si trovò steso a terra, travolto appunto dal moro che, a causa dell’abuso di alcune sostanze, non era perfettamente in grado di portare a termine un inseguimento.

- Si sposti, lei è un’idiota totale – gridò il moro, rimettendosi in piedi.

- Lei mi viene addosso e l’idiota sarei io? – fece John, bloccando per una spalla, il ricco snob strafatto, sui trentanni, che aveva davanti.

- Non ho tempo per militari in licenza. O forse dovrei dire in concedo? – rispose il moro, togliendosi di dosso la mano del biondo – Quell’uomo era un ladro e grazie a lei mi è scappato! – sentenziò, un attimo prima che la testa cominciasse a giragli  e letteralmente svenne.

Qualche ora dopo Sherlock Holmes si era ritrovato in un letto di ospedale. Aveva aperto piano gli occhi, temendo di vedere il solito sguardo di rimprovero dal fratello. Invece c’erano occhi più blu e più buoni a fissarlo.

- Si sente bene? - chiese John.

- Non credevo che sarei svenuto. Ma in effetti la corsa non deve aver aiutato –

- Era in overdose – commentò il biondo.

- Già, capita – rispose con una scrollata di spalle.

- Il mio amico Mike Stamford mi ha detto che viene spesso ricoverato qui per problemi simili, signor William Holmes –

- Sherlock per favore, odio il mio primo nome. Quindi lei è un medico militare! Interessante –

- E’ interessante che io sia medico? –

- No, che si aggirasse per l’east - end, assieme agli altri scansafatiche dell’Impero –

John rise.

- Allora, visto che per colpa sua ho perso il ladro, mia aiuterà a ritrovarlo signor...? –

- John Watson. Prima mi dica come fa a sapere che sono un medico e un militare in licenza. Come lo ha capito –

- L’ho dedotto – e sorrise.


John, appena arrivato a casa, sistemò i fiori in un bel vaso, in modo che Mary potesse vederli appena  rientrata in casa e salì  in soffitta, dove aveva nascosto in un baule tutti i ricordi di Sherlock. Nemmeno lui sapeva perché non li aveva semplicemente buttati quando si era trasferito nella nuova casa con Mary. Non voleva dimenticare? O era quasi il brivido e la consapevolezza che un segreto potenzialmente devastante era nascosto nella sua soffitta?

Nemmeno John sapeva rispondere a quella domanda. C'erano telegrammi falsamente urgenti e lettere con sentimenti appena accennati. C'erano cose stupide come un fazzoletto su cui Sherlock aveva scritto il suo indirizzo e uno spartito musicale con un valzer che il moro aveva composto per lui.

Watson fissò quelle cose, una parte di lui voleva rimetterle al suo posto, ma quella razionale stranamente prevalse, così decise di liberarsene prima che ricordi e malinconia gli facessero dimenticare che era un uomo diverso, ora. Fece per prendere tutto, quando sentì la cameriera che lo chiamava dal piano di sotto. A quanto sembrava c'era una visita.

John scese le scale perplesso, dato che non aspettava nessuno. Men che meno Sherlock Holmes.

- Ciao John - fece il moro, studiando l'espressione di John. Un misto di stupore, tristezza e forse paura?

- Non credevo che... -

- Dobbiamo parlare - affermò Sherlock.

- E' solo che... -

- E vorrei che tu finissi le frasi  - fece beffardo.

- Non puoi venire qui ad insultarmi Sherlock - gridò John, prima di ricordarsi che la cameriera si trovava nella stanza a fianco.

- John ti ho spiegato che non è colpa mia, non potevo sapere che le lettere non sono mai arrivate - fece Sherlock semplicemente, come se la cosa fosse ovvia.

- Beh, diciamo che il destino ci rema contro da sempre - constatò John, senza guardarlo negli occhi.

- E' così che liquidi la cosa? Cos'è successo al mio John che non aveva paura di niente, soprattutto della società e delle sue assurde regole? -

- Quel John ha atteso invano e si è sposato - ribatté il biondo.

- Basta questo? Una volta eri più appassionato -

John lo fissava allucinato. Non gli era mancata per niente la voglia costante di zittirlo prendendolo a pugni - Perché sei andato via Sherlock? Cosa c'era di così importante? Avevamo dei progetti, stavamo guardando se fosse possibile dividere un appartamento. O se fosse più sensato andare in America, dove potevamo iniziare una nuova vita. Hai idea di come mi sono sentito? Cosa dovevi fare in India di così urgente? -

- Era per un caso John, una questione di una setta e ...-

John si sentì schiaffeggiato, aprì la bocca e poi la richiuse. Strinse forse le mani a pugno e respirò profondamente - Per un caso? Non per affari di famiglia? Per un caso? -

- Erano affari dell'Inghilterra più che altro -

- Come se ti importasse qualcosa. Avevi un puzzle e volevi risolverlo, gli altri non contavano - gridò John, ora infischiandosene di chi poteva sentirlo.

- Non credevo sarei stato via così tanto - gridò Sherlock di rimando.

E senza accorgersene si stavano baciando con foga, in maniera quasi aggressiva per sfogare tutto quello che avevano represso. Poi un barlume di lucidità torno in John, che spinse via l'altro con una tale forza che sbatté contro il muro.

- Non possiamo. Io sono sposato, Mary non si merita questo. E' finita tra noi Sherlock, sono andato avanti. E ora che mi hai detto il perché te ne sei andato, sono più convinto della mia decisione -

Sherlock si sentiva ferito, ma mantenne l'espressione gelida - Bene allora, auguri e figli maschi -

Neanche il tempo di finire la frase, che John gli assestò un pugno in faccia, che lo fece cadere sul pavimento.

- Niente figli, Mary non può più - affermò mesto John.

Una rapida occhiata e Sherlock capì - Per questo l'hai sposata? Era in cinta e poi ha subito un aborto spontaneo? -

- Vattene Holmes! - sentenziò John, indicandogli la porta.

Sherlock se ne andò senza dire niente, ma non poteva smettere di pensare che forse c'era ancora qualche speranza per loro. Perché sotto tutta quella passività c'era ancora il suo uragano Watson.


***** *****


I fratelli Holmes erano seduti sulle poltrone della casa dei genitori. Il padre aveva qualcosa di cui parlargli ed entrambi erano in attesa.

Sherlock stava ancora ripensando alla conversazione del pomeriggio, quando il fratello interruppe il filo dei suoi pensieri - Sherlock, sarebbe opportuno che ogni tanto ti facessi vedere in giro con una ragazza, quella Janine ad esempio -

- Stai dicendo che per evitare che sospettino qualcosa su di me, è meglio che giri con una ragazza? Perché credano che mi interessano le donne? – sbottò Sherlock.

- Solo per sicurezza fratellino -

Sherlock fissò il fratello, uno degli uomini più importanti della Gran Bretagna.

- Mycroft, hai presente le lettere che scrivevo dall’India? A quanto pare alcune non sono state recapitate -

Il fratello non mutò minimamente espressione - Come sai i miei incarichi governativi non riguardano il sistema delle poste. Se c’e stato qualche disservizio, fai un esposto –

- Non sto parlando di due o tre lettere. Parlo di una cosa come quaranta  lettere - continuò il più giovane degli Holmes, alzando leggermente il tono della voce.

-  Sherlock, cosa vuoi sapere esattamente? -

- Le hai intercettate tu? - chiese secco.

- Perché avrei dovuto farlo? - rispose stupito.

- Perché spesso credi di sapere cosa sia meglio per me, sbagliando clamorosamente -

L'interrogatorio di Sherlock fu interrotto dall'arrivo della madre e delle sue amiche, le quali sembravano prese da un qualche nuovo pettegolezzo.

- Abbiamo un nuovo vicino di casa - comunicò la madre.

- Avete vuoi dire. Io torno nel mio appartamento vicino a Regent Park - corresse Sherlock.

- Nel tuo tugurio, vuoi dire - commentò acido Mycroft.

- Chiamalo come vuoi - ribattè il moro.

La madre li raggelò con uno sguardo, non era così che gli aveva insegnato a comportarsi in presenza di ospiti. Sherlock sbuffò, mentre Mycroft cercò di accontentare la madre, dimostrando di conoscere le buone maniere - Chi è il  nuovo vicino dunque ? -

- Un professore molto affascinante - commentò una delle amiche della signora Holmes.

- Un professore che può permettersi una villa? Curioso - commentò annoiato Sherlock.

- Avrà un patrimonio di famiglia. Anche se, a dir la verità, non ho mai sentito nominare la famiglia Moriarty -

Sherlock ebbe un leggero sussulto.




(1)  La legge inglese (la Buggery Act) prevedeva la pena dell'impiccagione per le pratiche di sesso non procreativo, comprendendo in particolare quello omosessuale. Tale pena sarebbe stata abolita solo nel 1861.


***** *****

Angolo autrice:

Ciao a tutti e grazie per aver letto e prontamente recensito :))

Spero che la storia continui a piacervi.

Un abbraccio e alla prossima!!



L'immagine non è di mia proprietà ma è stata reperita in internet.
   
 
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