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Autore: Lory221B    03/02/2016    4 recensioni
Londra 1856. John, Sherlock, una storia proibita e un destino che li travolge e li separa per due anni. Ma sarà stato solo il destino a separarli? O qualcuno sta giocando con le loro vite? Tra tradimenti e ricatti, spunta una vecchia conoscenza dal passato.
(johnlock) (light sheriarty) (historical!AU)
Genere: Angst, Romantico, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Jim Moriarty, John Watson, Mary Morstan, Mycroft Holmes, Sherlock Holmes
Note: AU, Lime | Avvertimenti: nessuno
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Questi personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà di sir A.C.Doyle, Moffatt, Gatiss BBC ecc.; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro per il mio puro divertimento


IL MIO URAGANO


Cap. 1 - L'aria è elettrica




Londra, 1856


John Watson aveva 37 anni, era un uomo ordinario della mezza borghesia. Una bella moglie, un lavoro come medico, una bella casa e una cameriera. Una vita perfetta, adeguata allo stile di vita della classe media.

Niente grilli per la testa, niente serate fuori a far tardi, niente assenze ingiustificate dal lavoro. John Watson era un perfetto uomo del suo tempo.

Ma non era sempre stato così.

Quella mattina stava passeggiando lungo il Tamigi, con al braccio la sua elegante moglie. Era una splendida domenica autunnale, non troppo fredda e soleggiata. Un attimo di respiro dopo lunghi mesi di pioggia che era caduta incessantemente per tutta l'estate. Gli inglesi cominciavano a non ricordare più quale fosse il colore del cielo senza nuvole.

Il dottor Watson respirava l'aria cristallina attorno a sé, non sapeva che un uragano stava nuovamente per travolgere la sua vita.

- Caro, ti va bene se organizzo una cena per la prossima settimana? - chiese Mary Morstan, la quale aveva rinunciato al lavoro di infermiera per ricoprire a tempo pieno quello di moglie.

- Certo, tutto quello che vuoi - rispose il marito, poco attento alla vita mondana.

Arrivarono in prossimità del porto, quando John notò una nave che era appena attraccata. Ebbe un leggero tuffo al cuore, conosceva quella nave ma soprattutto conosceva i proprietari.

- E' la nave degli Holmes, non è vero? - fece Mary, notando lo sguardo del marito, che si limitò ad annuire. Non sapeva se levarsi velocemente di torno o restare ad aspettare per vedere se qualcuno degli Holmes, uno in particolare, fosse su quella nave.

- Tu li conosci John? - chiese Mary, un po' più  curiosa. John sapeva che nulla l'avrebbe fatta più felice di sapere che suo marito conosceva una delle famiglie più illustri e potenti d'Inghilterra.

Lui non rispose, perché vide un'inconfondibile chioma nera e riccia, spuntare da dietro una vela. Sembrava stesse commentando, con il suo solito atteggiamento scostante e infastidito, che stavano scaricando i suoi bagagli con poca delicatezza.

John deglutì più volte quando gli occhi di ghiaccio del moro incontrarono i profondi occhi blu del biondo. Per un attimo il più giovane degli Holmes sembrò sorpreso, poi sorrise e un istante dopo si ricompose, come se si fosse ricordato che non aveva motivo di sorridere. Quando poi notò la figura femminile,"agganciata" al braccio di John, non poté trattenere uno sguardo di fastidio e delusione.

Scese dall'imbarcazione con l'eleganza che si addiceva alle sue nobili origini e andò in contro a John. La sua tronfia sicurezza che crollava man mano che camminava verso il biondo.

- Sono sorpresa di vederla qui, dottor Watson - fece lui freddo - Credevo fosse ripartito con l'esercito, ma immagino che la sua ferita l'abbia bloccata qui a Londra, assieme agli altri scansafatiche dell'Impero -

Mary sembrò turbata dalla totale mancanza di tatto, ma John conosceva bene l'uomo che aveva di fronte - E io credevo non avrebbe più fatto ritorno qui a Londra, che si fosse dimenticato di noi scansafatiche - ribatté altrettanto rancoroso.

Sherlock sembrò stranito dalla risposta ma cercò di non darlo a vedere.

- Mary ti presento William Sherlock Scott Holmes - fece John, rivolto alla moglie. Sherlock fece per allungare una mano, per stringere quella dell'insipida bionda.

- William, lei è mia moglie, Mary Watson -  la mano di Sherlock si bloccò sull'uso del distaccato nome William e si abbassò sulla parola moglie.

- Scusatemi - fece Sherlock - Mi sono ricordato che mio fratello mi sta aspettando per un affare urgente - fece un mezzo inchino sprezzante e si dileguò con una tempesta negli occhi.

- John, mi sono persa qualcosa? - fece Mary, guardando perplessa il marito. Non conosceva nessuno che si comportasse in maniera così cafona.

- No cara, lui è fatto così -.


***** *****

Quella notte John non riuscì a chiudere occhio, troppo preso dall'incontro della mattina. Continuava a rigirarsi nel letto, al punto che fu costretto ad alzarsi e andare a dormire sul divano per non svegliare continuamente Mary.

"Stronzo bastardo", pensò tra sé.


John non riusciva a credere che fosse riapparso dal nulla e si premettesse anche di fare l'offeso. Il suo atteggiamento era incomprensibile; era sparito, per due interi anni, senza dare sue notizie. Era tornato come nulla fosse e pretendeva anche che John fosse rimasto ad aspettarlo.

Come se la sua improvvisa partenza non lo avesse distrutto e non gli avesse spezzato il cuore.

Niente, nessuna comunicazione. Poteva anche essere morto, se non fosse che la notizia sarebbe arrivata fino a Londra.

John conosceva Mary da molto tempo, era stata la sua prima ragazza finché lei non era partita per le Americhe. Poi aveva incontrato Sherlock e la sua vita era completamente cambiata. Avrebbe rischiato il carcere per stare con lui, ma sapeva che avere una relazione con qualcuno che dichiarava di sopportare a malapena il genere umano e di considerare i sentimenti come debolezze, non era qualcosa che poteva fargli bene.


Sherlock era andato via e John aveva capito che non poteva reggere una relazione in cui dava tutto, avendo in cambio delle briciole. Mary era la scelta adatta, giusta e razionale.

Allora perché non riusciva a dormire e continuava a pensare a lui? Dopo la misteriosa partenza era andato a chiedere alla sua famiglia notizie dei fratelli Holmes, ma il padre lo aveva liquidato sgarbatamente, facendo riferimento ad affari di famiglia e John non era riuscito a scoprire altro.

Più erano passati i giorni, più si era convinto che archiviare il periodo passato con Sherlock sarebbe stata la cosa migliore, non avevano futuro.

L'alba lo colse seduto sul divano, con due notevoli occhiaie. Scontento andò a lavarsi e a prepararsi per la giornata, sperando di non addormentarsi sul lavoro. Al suo ritorno a casa, per cena, ebbe un'orribile sorpresa.

- Tesoro sei tu? - gridò Mary dal salotto. John sentì un brivido, come quando prima di una tempesta l'aria diventa più elettrica.

- Caro, preparati, sta sera usciamo - continuò lei.

- Dove andiamo? -

- Gli Holmes fanno una festa nella loro villa per il ritorno dei figli. E noi siamo stati invitati - cinguettò la moglie.

Il biondo deglutì nervosamente, non era pronto a rivedere Sherlock così presto - Dobbiamo proprio andarci? Sono un po' stanco -

- Tesoro ci vanno tutti, è l'evento dell'anno. I miei genitori saranno qui tra poco con la carrozza. Corri a vestirti -

Come sempre era stato incastrato e tutto era già stato deciso.


***** *****


Sherlock passeggiava nervosamente avanti e indietro, non era da lui partecipare ad un evento mondano, soprattutto se c'era il fondato pericolo di incontrare John e sua moglie, ma il padre aveva lanciato una delle solite minacce di diseredarlo.

Per quanto si limitasse a fare spallucce ogni volta che accadeva, sapeva perfettamente che non poteva vivere solo della sua intelligenza ed era troppo abituato ad occupare il tempo con quello che altre persone avrebbero definito hobby, per cui ogni tanto si sentiva costretto a fare il bravo figlio e accontentare la famiglia.


- Smettila Sherlock - tuonò Mycroft, guardando il fratello sistemarsi il colletto per la decima volta da quando era iniziato il Buffet. Sherlock si limitò a lanciargli uno sguardo infastidito, ma non disse niente.

- Ho saputo del dottor Watson - fece Mycroft più serio - Te l'avevo detto di non farti coinvolgere. Le persone si sposano Sherlock, è così che fa la gente comune - continuò non potendo trattenersi dal fare un'espressione schifata sulla parola "comune".

- Non sono affari tuoi Mycroft - ribatté il fratello.

- Come vuoi - gli rispose e si diresse a salutare i nuovi ospiti.

Sherlock non poté fare a meno di pensare che il fratello aveva ragione, aveva sbagliato e poteva dare la colpa soltanto a sé stesso, non avrebbe dovuto lasciarsi coinvolgere. Appena scorse in lontananza una familiare testa bionda, girò i tacchi e si rifugiò al sicuro in biblioteca, non avrebbe mai più rivolto la parola a John Watson.


Dovette però venir meno a quella promessa soltanto un'ora dopo, quando il dottore entrò nella biblioteca, trovando il moro seduto sulla poltrona, intento a leggere un trattato sulla navigazione, o almeno a far finta di leggere.

- Sapevo di trovarti qui Sherlock - esordì il biondo.

- Sono di nuovo Sherlock? Niente William? -

- Questo comportamento sprezzante è troppo infantile anche per te - John era calmo all'esterno, ma dentro si stava agitando una tempesta  - Non credevo mi avresti invitato, tra l'altro -

- Non c'entro, sono stati i miei genitori. Avranno pensato che almeno un mio amico dovesse essere presente. E come ben sai, non c'è concorrenza per il posto di mio amico -

Sherlock appoggiò il libro con poca grazie e si avvicinò a John per fronteggiarlo - Ero contento di rivederti, non ho aspettato altro per tutto il viaggio. Quella Mary, quando l'ho vista, ho sperato  fosse solo una delle tante sciacquette che sarebbe immediatamente ritornata al suo posto al mio ritorno, invece una moglie è stata una sorpresa! -

- Io amo Mary - gridò John, che non poteva stare lì a sentire quelle parole per definire sua moglie, come se l'avesse sposata in mancanza di altro.

Sherlock incassò il colpo in silenzio, la sua sicurezza vacillò ma riprese stoicamente a parlare - Immagino che lei possa darti le cose che io non potevo. Una relazione alla luce del sole, passeggiate mano nella mano di cui vantarsi nei circoli di bridge, tante smancerie e ovviamente una famiglia. Non credevo fossi così ordinario -

John respirò a fondo, voleva urlargli che non aveva mai chiesto le cose che aveva elencato e aveva già deciso di rinunciarvi anni addietro, quando lui e Sherlock si erano baciati per la prima volta. Ma era troppo furioso e il veleno gli uscì dalla bocca, senza essere in grado di fermarlo - E' vero, lei mi da quello che tu non volevi darmi. Calore, affetto, dolcezza. Una relazione tra persone mature insomma. Non una in cui uno parte per destinazione ignota e lascia solo un biglietto "Scusa John, sono dovuto partire per affari urgenti, ti scrivo appena attracco" e poi non si fa più sentire per due anni -

Il moro lo fissava con la bocca aperta - John io ti ho scritto appena arrivato in India. E ho continuato a farlo ogni settimana nonostante non ricevessi risposta. Dovevo tornare dopo tre mesi, ma poi le cose si sono prolungate. Poi si sono messi in mezzo una serie di uragani che non ci hanno permesso di ripartire -

John cominciò a tremare. Sherlock stava forse mentendo? Perché non aveva ricevuto quelle lettere che lui giurava di aver scritto?

- Comunque - continuò il moro - Mi hai rimpiazzato davvero in fretta. Deduco che non ti sono mancato così tanto -

John non sapeva cosa dire, così il moro decise di mettere immediatamente fine a quella conversazione e se ne andò, lasciando il biondo solo, a fissare la poltrona vuota dove prima era seduto il suo Sherlock.


***** *****

Angolo autrice

La mia prima AU storica..Cosa ne pensate?
Sono più seria del solito, decisamente più angst. Spero vi piaccia comunque.
Grazie a tutti quelli che leggeranno!
   
 
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