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Autore: Mary P_Stark    05/02/2016    4 recensioni
Una serie di OS dedicate ai personaggi della Trilogia della Luna. Qui raccoglierò le avventure, i segreti e le speranze di Brianna, Duncan, Alec e tutti gli altri personaggi facenti parte dell'universo di licantropi di cui vi ho narrato in "Figli della Luna", "Vendetta al chiaro di Luna", "All'ombra dell'eclissi" e "Avventura al chiaro di Luna" - AVVERTENZA: prima di leggere queste OS, è preferibile aver letto prima tutta la trilogia + lo Spin Off di Cecily
Genere: Azione, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: Lemon, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'TRILOGIA DELLA LUNA'
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Jerome’s Secrets – Parte 6
(Ottobre 2019)
 
 
 
 
Procedere sulla schiena imponente di Jerome era un lusso che, solo di recente, aveva accettato pienamente come parte integrante della sua vita.
 
Quando se l’era ritrovato davanti per la prima volta, aveva stentato a credere che, la creatura che stava toccando con le sue mani, fosse reale.
 
Quell’aura gigantesca, però, l’avrebbe riconosciuta tra mille e, quando lo aveva abbracciato, affondando nella gorgiera morbida, aveva sussurrato il suo nome con amore.
 
Clive e Mildred Graham procedevano poco dietro di loro, camminando speditamente sul terreno sconnesso del sottobosco.
 
Era passato più di un anno, da quando Cynthia era stata formalmente accettata in seno al branco, e lo stesso era avvenuto per i suoi genitori.
 
Presentare alla coppia la reale identità di Jerome non era stato difficile. Avendo parlato loro in passato del particolare dono del dottor Wilson, Cynthia aveva spiegato ai genitori di aver trovato un’altra persona ugualmente dotata.
 
Da lì alla piena accettazione del segreto della licantropia di Jerome, il passo era stato breve.
 
L’amore per la figlia, e l’amore che i coniugi avevano letto negli occhi del giovane licantropo per Cynthia, aveva fatto il resto.
 
L’incredulità e lo stupore erano stati marginali, niente più che un battito di ciglia, per due persone come loro.
 
Come la figlia, infatti, anche i coniugi Graham erano in grado di vedere al di là della vista pura e semplice. E, se per Cynthia ciò si traduceva nel dono della Percezione, per Clive e Mildred voleva solo dire amare ciò che la figlia amava.
 
Duncan si era dichiarato disponibile a mutarli personalmente, e Brianna era stata loro accanto durante tutta la fase di Mutamento.
 
Fungendo da tramite tra la Madre e la Luna, che aveva richiamato a sé i nuovi figli con un gran ringhio e stridore di fauci, Brianna li aveva accolti in seno al branco con un sorriso e un abbraccio.
 
Pur rassicurata da tutti riguardo alle mutazioni in età più avanzata, maggiormente sopportabili che in età fertile, Cynthia non se l’era sentita di cantare vittoria tanto presto. Solo quando Brianna l’aveva chiamata al telefono, gaudente e serena, si era permessa di lasciarsi andare a un pianto liberatorio.
 
Jerome, naturalmente, si era subito preoccupato per lei – già al sesto mese di gravidanza – ma Cynthia lo aveva chetato subito, rincuorandolo.
 
Vedere – col cuore e la percezione delle auree – poi i genitori nelle loro nuove vesti, l’aveva tranquillizzata del tutto.
 
Non che avesse avuto dei dubbi sulla loro decisione di mutare, ma avvertire la loro soddisfazione tramite le loro nuove auree fiammanti, era stato un sollievo.
 
Dopotutto, per Mildred e Clive non era stato difficile scegliere. Il mondo del loro futuro genero era quello in cui sarebbe cresciuto il loro nipotino, e a tale mondo loro si sarebbero uniti.
 
Semplice. Del tutto lineare.
 
Perché, per i coniugi Graham, contava innanzitutto che lui l’amasse, e che Cynthia amasse Jerome.
 
Licantropi, magia e quant’altro erano un fattore secondario. Un’avventura inaspettata che, alla loro età, sarebbe stata più che ben accetta.
 
Ora, dopo sei mesi dal parto, e con Nelson addormentato tra le braccia, Cynthia avrebbe partecipato alla cerimonia di Iniziazione del bambino.
 
Tutto si era svolto come in un sogno, in quei lunghi mesi passati dalla sua prima presentazione al Vigrond. Il tutto era avvenuto in un giorno di plenilunio, alla presenza degli alfa più potenti del branco e, a loro, lei aveva aperto il proprio cuore e la propria anima.
 
Brianna aveva parlato in suo favore, e così pure lo aveva fatto Duncan, sancendo per sempre la sua entrata nel branco. Alla stessa maniera, la Prima Coppia aveva parlato a favore dei suoi genitori, che Brianna e Duncan avevano conosciuto alcune settimane prima dell’evento.
 
Il branco li aveva accettati con gran favore di tutti e, da quel momento, lei era divenuta per ogni membro del clan la compagna di Sköll.
 
E ora questo.
 
Quando avvertì Jerome fermarsi e piegare le zampe sotto di lei, seppe di essere infine giunta al Vigrond.
 
Tenendo saldamente Nelson tra le braccia, Cynthia avvertì la presenza di Brianna al suo fianco – in forma umana – e, con voce insicura, esalò: “Che succederà, ora? So che me l’hai già detto, però…”
 
“Però è strano per tutti, anche per chi ci è già passato, credimi” la rincuorò la wicca, battendole una mano sul braccio. “Lo depositeremo su un letto di foglie, e i lupi si strusceranno contro di lui, lasciandogli il loro odore. Così, verrà riconosciuto a tutti gli effetti come membro del branco.”
 
“Anche se rimarrà umano?”
 
“Soprattutto se rimarrà umano. Rammenta una cosa, Cynthia. Siete preziosi, sempre e comunque” mormorò Brianna, accompagnandola nel mezzo della radura del Vigrond.
 
Tutt’attorno a loro, la quercia stava emanando potenti onde d’energia e Cynthia, nell’avvertirle, sussurrò: “Com’è poter parlare con Lei?”
 
“Qualcosa di unico. Le piaci, sai?” le disse Brianna, prendendo dalle mani della donna il piccolo frugoletto dai capelli biondi.
 
Cynthia sorrise e, in quel mentre, Jerome le si avvicinò in forma umana.
 
“Brianna lo sta sollevando sopra la testa” le sussurrò all’orecchio, avvolgendole la vita con un braccio.
 
Lei assentì e Brianna, stentorea, esclamò: “Siamo oggi riuniti per accoglierti in seno al branco, Figlio della Luna! Benvenuto tra noi, Nelson Leon Rowley!”
 
Jerome sorrise nell’udire il nome di suo figlio in quel luogo sacro e Brie, con le lacrime agli occhi, mormorò nella sua mente: “Grazie per il bel gesto. Ma non avresti dovuto.”
 
“Leon sacrificò la vita per noi, anche se non ne fu consapevole. Volle aiutare la nostra wicca, la nostra Prima Lupa, e per questo sarà onorato finché avremo memoria. Dargli il suo nome mi è parso il minimo.”
 
“Ugualmente ti ringrazio, mio lupo” mormorò ancora Brianna, allontanandosi dalla sua mente per riprendere la cerimonia.
 
Deponendo con delicatezza il bambino su un letto di foglie fresche, la wicca parlò con tono più quieto e, alla luce diafana della luna, asserì: “Io ti accolgo in seno alla mia famiglia, figlio di Cynthia e di Jerome. Sii figlio mio, ora e fino al tuo ultimo respiro, come io sarò madre tua. Il mio artiglio, la mia tana e il mio sangue ti proteggeranno. Benarrivato, Figlio della Luna.”
 
Ciò detto, depose sulla fronte liscia del bebè un bacio tenero e, in un fruscio di pelle e ossa, mutò.
 
Duncan fu il primo ad avvicinarsi al bambino e, dopo essersi accucciato accanto al piccolo, strusciò il muso contro di lui.
 
Nelson rise gaio, e Cynthia tremò tra le braccia di Jerome che, con occhi offuscati dal pianto, osservò la scena senza essere in grado di aprire bocca.
 
Uno dopo l’altro, Brianna, Lance, Mary B, Gordon, tutti quanti si accostarono al loro bambino per deporre la loro traccia odorosa su di lui.
 
“Jer, che succede?” gli domandò Cynthia, riscuotendolo dal dolce torpore in cui era caduto.
 
“Lo stanno carezzando tutti. Alla maniera dei lupi, ovviamente. E’… è bellissimo” mormorò roco, affondando il viso nei capelli lisci della compagna.
 
Cynthia sorrise e, stringendo le mani di Jerome – deposte sul suo ventre piatto – mormorò: “C’è tua madre?”
 
“Sì” disse soltanto Jerome, scrutando la figura di Freki in tutta la sua grandezza.
 
Dal lucido pelo argenteo e nero, Sarah si avvicinò al piccolo e, con una delicatezza infinita, strofinò il naso contro la guancia del bimbo, che scoppiò a ridere per il solletico.
 
Non contento, Nelson le afferrò la gorgiera con le mani, e lei non si mosse.
 
“Anche tu lo facesti, con il padre di Anthony. Gli strappasti anche qualche pelo, a ben ricordare” intervenne sua madre, nella mente di Jerome, sorprendendolo.
 
Dopo la lite furiosa avvenuta nell’ufficio di Cynthia, le cose erano andate via via migliorando, ma Jerome non si era ancora del tutto abituato alla realtà dei fatti.
 
Per lo meno, non a quella che riguardava sua madre.
 
Non aveva voluto ammetterlo neppure con Cynthia, ma quella lite lo aveva ferito. Si era sentito malissimo all’idea di averla contro.
 
Così come si era sentito un mostro al pensiero di averla fatta piangere.
 
“Ti fa male? Vengo a liberarti?” le domandò a quel punto Jerome.
 
“Nelson non potrà mai farmi del male. Così come tu non potrai mai farmi del male, J. Ho sbagliato, con te e con Cynthia, e mille scuse non basteranno a rimediare i miei torti, ma dimmi soltanto che un giorno potrai perdonarmi.”
 
“Solo se tu perdonerai me per averti fatta piangere.”
 
“Non ricordo di averlo mai fatto” replicò Sarah, con tono divertito.
 
Jerome sorrise a quelle parole e, quando Nelson finalmente la lasciò andare, seppe che tutto sarebbe andato a posto, anche con sua madre.
 
Perché sarebbe stato inconcepibile vivere finalmente una vita assieme alla donna che amava, ma perdere l’affetto di sua madre.
 
***
 
Dio! Era davvero stravolto!
 
Che notte d’inferno aveva passato! E dire che ci era già passato con Sean, diversi anni addietro, e con altri lupi dopo di lui. Persino la mutazione di Gordon non era stata esente da autentici momenti di panico, eppure…
 
Beh, questa volta c’era andata di mezzo la sua adorata, per cui, era stata davvero tutt’altra storia.
 
Però, avrebbe preferito non svegliarsi con tutte le ossa rotte e un mal di testa da capogiro.
 
Passandosi una mano tra i capelli ispidi, Jerome non fece in tempo a sbadigliare che un urlo improvviso lo fece rizzare in piedi come una molla.
 
Portandolo a sbattere la testa contro la scrivania.
 
Scrivania?!
 
Come ci era finito sotto la scrivania?!
 
Massaggiandosi il capo dolorante – come se non ne avesse già avuto a sufficienza degli altri dolori che aveva – Jerome si guardò intorno, frenetico e spaventato.
 
Chi aveva urlato? E perché?
 
Fu l’arrivo di Cynthia a farlo svegliare del tutto.
 
Appariva spiritata, con gli occhi verdi sgranati e bellissimi, i capelli per aria e le mani tremanti a livelli quasi preoccupanti.
 
Rialzandosi a fatica, Jerome le andò incontro, poggiando le mani sulle sue spalle e, solo in quel momento, lei lo guardò.
 
Sì, lo guardò.
 
La bocca iniziò a tremare, formando un sorriso stentato quanto incredulo e, mentre le mani correvano su quel volto tanto amato, Cynthia esalò: “Jerome… oh, Jerome…”
 
Non osando mettere a voce le sue speranze, lui la abbracciò con forza e Cynthia, restituendo un abbraccio di eguale intensità, sussurrò roca: “Il mio Jerome… sei così bello… hai gli occhi grigi come le ali di una colomba…”
 
Scoppiando a piangere, il licantropo assentì contro la sua spalla e, con voce resa insicura dall’emozione, assentì al suo dire.
 
“Sì. S-sono grigi. Sono grigi. Grigi… anche… anche la mamma li ha così…”
 
Cynthia si scostò da Jerome, fissandolo con i suoi nuovi occhi, verdi come le colline irlandesi, e mormorò: “Anche Nelson li ha così?”
 
“Sì. Crediamo che ormai li manterrà così” assentì ancora Jerome, baciandola sul naso e la fronte. “Dio, Cyn… tu ci vedi… ci vedi…”
 
Lei rise, scuotendo la mano come una barchetta in mezzo al mare e Jerome, dubbioso, borbottò: “Perché fai così?”
 
La donna allora ammise: “Vedo meglio di prima ma, per dire di riuscire a vedere per prendere la patente, ce ne corre. Però, posso scorgere i colori, le sagome sono più nitide. E’ un miglioramento.”
 
Jerome sospirò, ma Cynthia lo abbracciò con forza, aggiungendo: “Come lupo ci vedo benissimo, Jer. Quella parte della nostra vita sarà un’autentica novità e, quando sarò in forma umana, potrò continuare comunque a lavorare alla clinica. Non è fantastico?”
 
Si scostò per fare una mezza piroetta e, battendo le mani come una bambina, esclamò: “Jer, io ero cieca fino all’altro giorno. E lavoro in una clinica dove tutti sanno che sono cieca! Così non perderò il mio lavoro e, al tempo stesso, vedrò. Potrò fare entrambe le cose, vivere in entrambi i mondi senza alcun problema.”
 
Jerome, allora, si ritrovò a sorridere con lei e, nel carezzarle il viso, le domandò: “Non ti scoccia dover continuare a chiedere aiuto, per certe cose?”
 
“Ci sono abituata da una vita e, con quel po’ di vista in più che ho acquisito in forma umana, potrò evitare dei guai e, al tempo stesso, essere più brava con i miei pazienti” replicò Cynthia, sorridendo lieta. “Della patente farò a meno.”
 
Nell’afferrare le mani del compagno, la donna lo attirò con sé finché non raggiunse insieme a lui la stanza del figlio e, parlando piano per non svegliarlo, mormorò: “Direi che i rumori forti non lo spaventano. Pensavo di avere schiantato qualche vetro, quando ho urlato.”
 
Pur trovando divertente la sua ironia – non andata persa nella mutazione –, lui le domandò: “A proposito… perché hai urlato?”
 
“Ho visto come ho ridotto la stanza da letto e, quando ho capito di aver visto, ho dato di matto per alcuni attimi. Temo dovremo chiedere a Lance di rifare qualche mobile” mugugnò Cynthia, facendo la lingua.
 
Lui però rise, incurante degli eventuali danni alla stanza da letto, e replicò: “La ricomprerò tutta, la casa, se necessario. Non mi interessa nulla.”
 
Carezzando la zazzera bionda del figlio, Cynthia mormorò: “Credo che ti somigli.”
 
“Somiglia anche a te. La bocca è tua al cento percento” ribatté Jerome, stringendola a sé in un abbraccio orgoglioso. “Mi spiace che tu non abbia recuperato tutta la vista, ma è vero. Così, non dovrai rinunciare al tuo lavoro, che ami tanto.”
 
“C’è sempre la mia controparte mannara e, con quegli occhi, vedo benissimo. Non mi sfuggirai, Jer, credimi” ironizzò lei, mordicchiandogli il mento.
 
Lui ridacchiò e, nell’attirarla fuori dalla stanza di Nelson, mormorò: “Dove pensi potrei andare, senza di te?”
 
“Non correrò il rischio di scoprirlo” sottolineò lei, avvolgendogli la vita con le braccia.
 
Nel chiudersi la porta alle spalle, Jerome annuì e, schiacciandola contro il muro, aggiunse: “Io ho te, tu hai me e, insieme, abbiamo avuto Nelson. Non potevamo cominciare meglio la nostra vita assieme. Non abbandonerò mai questa serenità. Posso giurartelo.”
 
“Siamo stati bravi, nessun dubbio, su questo” assentì lei, carezzandogli una guancia.
 
Assottigliando le iridi di perla, Jerome le morse delicatamente il mento e mormorò: “Cosa sta pensando la tua mente perversa? Non voglio curiosare, però sono molto interessato a saperlo.”
 
Sfregando i denti contro il collo di Jerome, Cynthia replicò: “Che ne dici se te lo faccio vedere su quel che rimane del nostro letto?”
 
“Con vero piacere” sussurrò lui, prendendola in braccio con un movimento repentino delle braccia.
 
Cynthia rise, e Jerome con lei.
 
Al resto, avrebbero pensato più tardi. Ora voleva conoscere Cynthia in quelle nuove vesti, in quella nuova pelle.
 
Per il mondo, c’era tempo.
 
 
 
 
 
 
 
 
Note: E con questo ho terminato la mini serie dedicata a Jerome che, spero, avrà soddisfatto le vostre curiosità su questo personaggio tanto amato.
Da qui in poi mi occuperò degli altri e, tanto perché lo sappiate, ho già pronte delle OS su William (Hati di Bredford), Jessie (sentinella di Matlock) e Branson (Geri di Matlock).
Nelle prossime settimane, posterò man mano le loro storie e, nel frattempo, penserò a come impostarne una su Brianna, Duncan e Nathan.
Per ora, grazie per essere tornate con me nel mondo dei miei lupi, e alla prossima!
 
 
  
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