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Autore: FairySweet    06/02/2016    2 recensioni
Non esisteva più la paura, niente esitazioni né incomprensioni perché ora, nel suo piccolo mondo sicuro, aveva qualcuno per cui lottare, qualcuno da difendere e poco importava cosa pensasse il mondo, ci stava bene in quel mondo e non avrebbe permesso a nessuno di rompere i muri spessi che lo tenevano al sicuro, nemmeno ai fantasmi ...
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: André Grandier, Generale Jarjayes, Nuovo Personaggio, Oscar François de Jarjayes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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                             Per sempre con Voi








Non aveva mai amato quel posto, l'aria era pesante e le pareti sudice e sporche.
C'era odore di marcio nell'aria e i drappeggi delle tende strappate si muovevano leggere sotto il tocco del vento.
I topi si correvano furtivi nell'ombra seguendo i passi silenziosi di quelle nuove visite tanto attese.
Fece un bel respiro seguendo il padre, la luce fioca delle candele illuminava tremante le loro figure mentre la guardia faceva strada attraverso il buio.
Un piano, un altro ancora fino a quella porta di legno chiusa da un'asse pesante rivestita da gelido ferro “C'è un pericoloso criminale dietro a questa porta?” sussurrò voltandosi appena verso Maxime “È una donna! Che diritto hanno di rinchiuderla qui dentro!” “Il potere è spesso deleterio sorellina, come può un popolo per la maggior parte ignorante avere l'accortezza di trattarla con pietà” “Non è pericolosa, non lo è mai stata” “Lo so” “Solo pochi minuti signore” sussurrò la guardia cercando gli occhi del generale.
Aveva indossato l'alta uniforme di rappresentanza, lo faceva sempre quando visitava la regina, lo sguardo era freddo, carico di disprezzo per quel figlio del popolo che si arrogava il diritto di dare ordini.
Fece un bel respiro e poi posò una mano sulla spalla della figlia tirandola leggermente in avanti “No signor generale, questo non era nei nostri accordi” “La regina ha chiesto di poter vedere mia figlia” “Dovete chiedere il permesso all'assemblea e ..” “Sono un generale dell'esercito di sua maestà! Fino a quando la regina sarà viva e in grado di parlare eseguirò i suoi ordini ragazzino! A costo di dover rivoltare ogni mattone di questo palazzo ed ogni sciocco ignorante improvvisamente diventato essere pensante!” “D'accordo signor generale” balbettò l'altro sollevando l'asse “Chi sono io per negarvi una cosa del genere?” “Appunto” sbottò gelido voltandosi verso sua figlia “Sei pronta?” era nervosa, continuava a mordersi le labbra nel tentativo di allontanare quanta più ansia da sé “Oscar” “Si padre” “Andrà tutto bene bambina” “Grazie” “Ehi” la mano di Maxime si strinse appena attorno alla sua restituendole un po' di pace “Andrà tutto bene” “Non credo sia una buona idea” “Non puoi andare via, ha chiesto di te” “Come posso presentarmi a lei così? Non indosso la divisa, non sono ...” “Sei bellissima” un debole sorriso le sfiorò le labbra mentre si avvicinava alla porta.
Quello non era un posto per una regina, per la sua regina.
Entrò nella cella gelida lasciando alla guardia il compito di chiuderle in quel silenzio pesante che faceva più male di uno sparo.
Era bella come la ricordava, i suoi capelli avevano perso la dolcezza dell'oro e l'incarnato pallido meno curato di prima, poteva leggere la sofferenza in ogni movimento delle labbra, il dolore per aver perso d'improvviso l'amore dei suoi figli, la vita colorata e frivola a cui era abituata ma i suoi occhi, quelli erano sempre gli stessi.
Se ne stava seduta su di una sedia di legno scheggiato, voltata appeno verso l'unica finestra presente, un libro aperto in grembo e gli occhi che scorrevano veloci sulle righe.
Non aveva nemmeno prestato attenzione al rumore della porta, ai passi che rimbombavano sulla pietra.
Si avvicinò a lei cercando di assumere la stessa postura rigida e controllata di quel colonnello orgoglioso che un tempo le era appartenuto “Maestà?” la giovane tremò lasciando cadere il libro “Voi ...” si inchinò a lei portandosi la mano destra al cuore “Vi chiedo perdono altezza” “Non fatelo ve ne prego. Non chiedete perdono, non ne avete bisogno” “Mia regina io vorrei ...” “Non immaginate nemmeno che gioia profonda mi regalate. Temevo non aveste mai accettato di incontrarmi” “Vi ho abbandonato proprio quando avevate più bisogno di me” un bellissimo sorriso sfiorò le labbra di Maria Antonietta mentre posava la mano sul volto di Oscar sollevandolo leggermente “Non potrei mai odiarvi, voi siete l'unica amica che mi sia sempre stata vicina. Avete protetto ogni mio passo, avete sacrificato la vostra vita per proteggermi, per proteggere i miei figli e il re” strinse le mani attorno alle sue costringendola ad alzarsi “Avete scelto l'amore, non potrei mai giudicarvi per questo” “Credetemi altezza, se ne avessi il potere vi porterei via da qui subito” sentì la risata cristallina della giovane invaderle il cuore e il ricordo di quei tempi passati tornò limpido nel cuore.
In quegli occhi di cielo stanchi e sfiniti vedeva di nuovo la sua meravigliosa regina, la bambina innocente arrivata dall'Austria troppo giovane per quel matrimonio, troppo piena di allegria e di vita per quel mondo di serpi mascherati da nobili.
Sedette di fronte a lei stringendosi più forte nel mantello “Non credo che mi permetterebbero di uscire da questa prigione” “Non siete un'assassino né un mostro, con che diritto vi tengono prigioniera qui dentro?” “Non mi sono occupata del mio popolo, non ho ascoltato il loro pianto, merito questo posto ma vorrei solo ...” la voce tremò appena e negli occhi passò veloce il desiderio di piangere ma il contegno regale che fin da piccola le era stato insegnato cancellò di colpo quell'attimo di debolezza “ … vorrei rivedere per un'ultima volta i miei bambini. Solo una volta ancora” Oscar sospirò raccogliendo il libro da terra “Ho cercato di essere una buona madre per loro. Me li hanno strappati via dalle braccia allontanandoli da me ma sento ancora le loro urla, il loro pianto. Li sento mentre gridano il mio nome” “Maestà io non ...” “Vostro padre mi ha raccontato la vostra nuova vita” “Mio padre a volte si fa trasportare un po' troppo” “Lo credete davvero?” domandò divertita cercando gli occhi della ragazza “Non ho visto mio padre per sette anni, credevo mi odiasse per aver scelto una vita semplice e in un certo senso è andata così” “Ma ora si prende cura di voi” sorrise annuendo appena “Vi ho immaginato molte volte così sapete? Mi chiedevo se senza qeull'uniforme avreste sorriso di più, vi immaginavo madre” “E sono simile a quell'immagine?” Maria Antonietta rise divertita stringendosi appena nelle spalle “Sì” “Lo credete davvero?” “Come si chiama vostro figlio?” “Etienne” mormorò confusa da quel cambio improvviso di discorso.
Cancellava il dolore mascherandosi dietro a domande innocenti come se quel mondo buio e pauroso per qualche minuto fosse costretto fuori dalla porta sudicia della sua cella “Etienne, è un bel nome. Vostro padre dice che vi somiglia molto” “I bambini si fanno in due, nella bellezza di mio figlio si legge molto di suo padre” rimase immobile qualche secondo a studiare il volto della sua regina.
Stanca, affranta, senza più forze a cui aggrapparsi eppure, quel sorriso tanto dolce era lì, per lei “Vostro padre vi ama e ama vostro figlio, così come amava vostra figlia” si bloccò di colpo paralizzata dalle parole della giovane “I vostri figli l'hanno cambiato sapete? Ricordo bene il generale che veniva a farci visita. Era un uomo freddo, indurito dal tempo e dalla guerra ma poi ...” si fermò qualche secondo giocando con un tovagliolino profumato “ … d'improvviso, qualcosa è cambiato nei suoi occhi. Suppongo che il cambiamento sia dovuto all'amore dei vostri figli” “Mia figlia ha sempre … lei ...” “So cosa provate. Quando mio figlio è morto credevo d'impazzire, mi svegliavo ogni giorno con le lacrime agli occhi pensando che forse, nella morte avrei trovato più dolce conforto” “Come si riesce a sopravvivere?” sentì le mani di Maria Antonietta stringersi con forza attorno alle proprie “Non ci sono parole per consolare chi ha visto in pochi minuti finire il proprio cuore. Il dolore che provate in questo momento non passerà mai ma con il tempo, imparerete a conviverci” “Come?” domandò tremante intrecciando le dita a quelle della regina, una stretta forte e delicata assieme, una stretta tra due cuori sofferenti che per una vita intera avevano ascoltato l'uno il canto dell'altro.
“Aggrappatevi ai sorrisi di vostro figlio, alla sua voce allegra che vi cerca nel silenzio, aggrappatevi all'amore di Andrè” “Temo di averlo ferito fin troppo” “Oh io credo ci voglia ben altro per convincere quell'uomo a lasciarvi sola. Ho sempre saputo che prima o poi vi avrebbe confessato i propri sentimenti” sembrava tornata una bambina.
Rideva, si confidava con lei senza preoccuparsi molto del proprio aspetto o del luogo, era semplicemente sé stessa e se questo l'avrebbe aiutata a dimenticare anche solo per qualche minuto il male a cui era sottoposta, sarebbe rimasta lì, di fronte a lei con le mani strette alle sue e un bel sorriso sul volto per tutto il tempo che le fosse stato concesso “L'amore che vi univa era lampante. Lo leggevo negli occhi di Andrè ogni volta che vi cercava con lo sguardo, ogni volta che vi parlava” “Non sono mai stata brava con i sentimenti” “Non è mai stata colpa vostra” mormorò la giovane sospirando “Le decisioni dei genitori spesso ricadono sui figli, è stato così per me e lo è stato anche per voi” “Vi siete mai immaginata lontana da Parigi?” ma trattenne il fiato sconvolta dalla propria voce, da quelle parole insolenti che non sarebbero mai nemmeno dovute uscire dalle labbra.
La giovane regina di fronte a lei sorrise stringendo più forte la sua mano “Perché avete paura di parlare con me?” “Perdonatemi io non ...” “In questo momento non sono una regina né una principessa” ma il silenzio la costrinse a continuare “Mi immaginavo in un piccolo paesino perso chissà dove sulle montagne. Una vita normale, in una graziosa casetta con cinque o sei figli e un cane” scosse divertita la testa alzando qualche secondo gli occhi al cielo “Ma sono nata principessa e per tutta la vita mi è stato insegnato che la nobiltà è quanto di più prezioso al mondo, qualcosa che va protetto anche a costo della vita” la porta si aprì e il volto della guardia apparve dal buio “Contessa devo chiedervi di lasciare questa stanza” “Dateci ancora cinque minuti ve ne prego” mormorò tremante Maria Antonietta stringendo più forte la mano di Oscar “Soltanto cinque minuti” “E sia ma non sono disposto ad aspettare oltre!” tornò sui propri passi chiudendo con forza la porta.
L'aria gelida del corridoio entrò veloce colpendo la giovane in volto, un tremito violento percorse le spalle arrivando fino alle mani “State tremando” sussurrò Oscar alzandosi “Non preoccupatevi, sto bene” “No maestà, voi state tremando” tolse il mantello avvolgendolo attorno al corpo esile di quella regina senza più gioia negli occhi.
Il suo sguardo si era spento di colpo, c'erano solo ombre, ombre cariche di rabbia che come cani rognosi le correvano attorno togliendole il respiro “Non hanno nessun diritto di ...” “Non sono … non sono più niente ...” si inginocchiò davanti a lei stringendola per le spalle “Maestà, vi prego guardatemi” quegli occhi meravigliosi si fusero ai suoi e un debolissimo sorriso sfiorò le labbra “Non dovete mai dimenticare cosa rappresentate, voi siete Maria Antonietta regina di Francia, io ho conosciuto la grandezza del vostro cuore, so cosa siete capace di regalare” le sfiorò il volto cancellando una lacrima insolente “Oscar posso chiedevi una cosa?” “Tutto quello che volete” “Posso abbracciarvi?” il respiro accelerò di colpo mentre la vedeva lottare contro la regalità e l'etichetta a cui era abituata.
Non avrebbe mai fatto una domanda tanto personale ma era spaventata e sola “Vedete io so … so che tra pochi giorni mi porteranno via e … so che tra pochi giorni morirò. Sono pronta, posso affrontare la loro rabbia ma voi ... ma se ora voi mi concedete, se voi ...” la strinse più forte tirandola tra le braccia.
Il volto nascosto nell'incavo del suo collo, il respiro spezzato dal pianto mentre si aggrappava a lei.
La stringeva così forte da toglierle il respiro ma non le avrebbe mai negato la dolcezza di quell'attimo passato assieme, lontane dalla paura, dal male, dalle delusioni.
Fece un bel respiro posando la fronte sulla spalla della regina “Mi fate una promessa?” “Qualsiasi cosa mia signora” “Promettetemi che lotterete per vostro figlio, promettetemi che non lo lascerete mai solo, che ..” la staccò dolcemente da sé sollevandole il volto “ … promettetemi che sorriderete Oscar” una lacrima scivolò via dagli occhi costringendola a sorridere. Piangevano come bambine perse nel silenzio, avvolte da un manto di paura che non voleva andarsene.
La porta si aprì di nuovo e la guardia fece il suo ingresso seguito da due uomini.
La regina si alzò di colpo stringendo le mani attorno al braccio della ragazza “Mi dispiace contessa ma devo chiedervi di uscire” “Mi ricorderete?” “Ve lo giuro” la strinse di nuovo tra le braccia nascondendola nel mantello troppo grande per lei “Siete la mia regina, lo sarete sempre e vi giuro altezza che non ...” un singhiozzo spezzò il respiro, le braccia si strinsero più forte costringendole ad unire quei battiti violenti che massacravano il petto “ … non vi dimenticherò mai. Fino a quando avrò la forza di respirare altezza, ricorderò il vostro sorriso e la vostra dolcezza” sentì le mani della guardia sulle spalle, il corpo esile della regina aggrapparsi a lei.
Le era mancata, nonostante gli anni passati nel silenzio la vicinanza della sua regina le era mancata da morire.
In quell'abbraccio era nascosto il rispetto, l'affetto, la complicità di due giovani nate per soddisfare i desideri di genitori forse troppo egoisti.
Due giovani che si erano incontrate a quattordici anni e che per una vita intera erano rimaste la sola certezza l'una dell'altra.
Due giovani che avevano imparato ad amare e a soffrire e che nonostante la distanza imposta dal rango, riuscivano a leggersi nell'anima semplicemente guardandosi negli occhi.
“Vi voglio bene Oscar, vi pregodi ricordarlo sempre” la porta si chiuse allontanando da lei quel volto di perla violato dal pianto, quel sorriso tra le lacrime che lacerava il cuore.
Maxime la tirò leggermente indietro allontanandola dai litigi tra le guardie e il generale “Stai bene?” “Non merita tutto questo” le sfiorò il volto tentando di bloccare quel pianto violento ma più ci provava e più i singhiozzi le rompevano il respiro “Questa cosa la sta uccidendo, lei non può … non può morire” il generale si avvicinò alla figlia posandole sulle spalle il proprio mantello “Vieni bambina, andiamo” sussurrò stringendola tra le braccia.
Maxime li seguì imprimendosi a fuoco quelle parole nel cuore: lei non può morire.
Parole piene di dolore, parole che racchiudevano il desiderio violento di riavere tra le braccia la sua piccola bambina, parole che cercavano una scusa per convivere con il senso di colpa e la paura che a causa sua, una giovane regina condannata ingiustamente, si abbandonasse al tormento permettendo alla purezza dei ricordi di sparire ingoiati di colpo dal buio.
  
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