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Autore: _Charlie_    06/02/2016    1 recensioni
Il pericolo incombe.
Le streghe della Congrega si preparano a fare ritorno.

Arya Mason è una ragazza di sedici anni che vive a Rozendhel, Virginia. Ha lunghi capelli color rosso ciliegia, occhi verdissimi, e un passato da dimenticare. Una Visione, una Chiave ed un Portale segneranno l'inizio di una guerra da cui non potrà tirarsi indietro.

Ma quali sono le schiere del Bene? Innanzitutto, esistono davvero?
Genere: Azione, Fantasy, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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CAPITOLO 17:

 

Io ricorderò

 

 

Caro Nessuno,

ho deciso di aprire questa lettera con una richiesta particolare.
Vorrei che tu mi perdonassi. Per tutto. Per il fatto di essere nata al tuo posto.
Mi sento in colpa. Ecco, l'ho detto!
E sono sicura che tu avresti potuto condurre meglio quella che noi esseri umani siamo soliti definire “vita”.
Saresti potuto diventare uno scienziato, un attore di fama mondiale... Chissà!
La mia vita continua a far schifo, invece.
Hazelle è partita a Giugno e non ha più messo piede qui, a Rozendhel. Magari ha deciso di non tornare, di trascorrere l'eternità in un posto soleggiato e privo di demoni.
Ti confesso che per me non sarebbe una gran perdita. Anzi!
Quella che ne sta soffrendo maggiormente è Taissa. Sembra proprio che non riesca a vivere senza di lei.
Beckah la rimprovera in continuazione. Dopo tre mesi, è comprensibile perdere la pazienza...
E poi, adesso, deve occuparsi anche di Cinnamon, che per comunicare si serve di una lavagnetta e di alcuni gessetti bianchi. (Il Cacciatore le ha tagliato la lingua poco prima che riuscissimo a liberarla).
Per il suo compagno stregone, invece, non si è potuto far nulla. Spero abbia trovato la pace.
Da quando sono stata attaccata alla villetta degli Hart, Beckah ha deciso di addestrarmi... Mi ha praticamente costretta! Sono giorni e giorni che non faccio altro che svegliarmi la mattina, correre all'allenamento, e andarmene a letto la sera.
Anche Darren è andato via... non so che fine abbia fatto.
È possibile che abbia incontrato quell'uomo-licantropo, conoscente di Hazelle, e si sia rifugiato nei boschi. Sua madre non esce più di casa. I giornalisti continuano a chiederle una dichiarazione.
Questa è una piccola città. Eventi del genere non verranno mai dimenticati: per il resto della sua vita, Abbey verrà additata come la moglie del serial-killer più pericoloso di Rozendhel, io invece apparirò come la povera vittima e... Oliver sarà l'eroe.
Per quanto riguarda Oliver... lui non si è più fatto vivo.
Non risponde neanche alle mie chiamate. Fa finta di non essere in casa quando busso alla sua porta.
Le cose sono cambiate, caro Nessuno, ed io mi sento tremendamente sola.
Spero che questo mese di Settembre possa portare delle novità!
Novità positive, intendo!
Come quella del matrimonio di Sarah e Frank! Hanno organizzato tutto nei minimi dettagli, sai? Fanno addirittura il conto alla rovescia ogni mattina! Mancano esattamente ventidue settimane e tre giorni. Bello, no?

Con questa mia speranza, ti mando un abbraccio.

A presto.

Tua, Arya.

Il vento si alzò, accarezzandole il volto e scompigliandole i lunghi capelli color rosso ciliegia.
La ragazza arrestò la penna e chiuse il suo preziosissimo diario. Nell'arco di quei mesi, quest'ultimo si era dimostrato un vero amico. Un amico sul quale avrebbe potuto contare sempre. In qualsiasi occasione.
Socchiuse gli occhi e si abbandonò al venticello fresco di quella domenica mattina.
Il sole splendeva alto nel cielo, accompagnato dal canto degli usignoli e dagli schiamazzi dei bambini che correvano da una parte all'altra del parco. Arya sorrise.
Si trovava seduta su una panchina – sotto la chioma di un verdissimo tiglio – e con accanto un vecchietto tutto impegnato a far funzionare uno dei telefoni più antichi che ella avesse mai visto. Nello scrivere la lettera, quest'ultima era stata testimone di ogni suo sbuffo e lamentela. Ad un certo punto aveva persino lasciato da parte il suo diario e offerto aiuto, ma il signore aveva rifiutato – alzando persino un sopracciglio, scettico.
Afferrando con decisione la borsa a tracolla, Arya si alzò e si sgranchì le gambe. Avrebbe voluto trascorrere tutto il tempo lì, ma il dovere purtroppo la chiamava... anzi, la assillava! Nonostante quella fosse una giornata di riposo, Beckah le aveva ordinato di fare un giro di ricognizione per la città e controllare se si fosse aperto un qualsiasi Portale diretto alla Dimensione Demoniaca.
Avanzò quindi di qualche passo e uscì fuori dal Sunny-Valley. Quel parco, ricordò Arya, era stato rivalutato dal sindaco Lloyd poco prima dell'estate, ed era stato rimesso a nuovo nell'arco di circa cinque settimane. (I barboni di Rozendhel, adesso, avrebbero dovuto trovare un altro posto in cui drogarsi o semplicemente dormire la notte).
Passeggiò per le strade principali della cittadina, lanciando un'occhiata fugace ad ogni piccolo vicolo buio. Non sembrava ci fosse qualche pericolo incombente.
Poi, fermatasi dinanzi all'entrata del forno, notò un gruppo di ragazze indicarla.
Era stata riconosciuta. Ancora.
Spinse la porta d'ingresso ed immediatamente venne investita dall'odore di pane appena cotto.
I nuovi proprietari si mostravano persone allegre e simpatiche, ma Arya aveva imparato a non dar più così tanta confidenza alla gente estranea. Prese dunque il numeretto, aspettò il suo turno, comprò ciò che le era stato chiesto da Sarah e si allontanò. Anche quel posto era stato rimesso a nuovo, e la sua insegna non riportava più le parole “The Right Place”, bensì: “Forno Harris”.
La ragazza venne bagnata dalla luce del sole. Si era già fatto mezzogiorno e la temperatura aveva iniziato ad alzarsi, tant'è vero che fu costretta a tirar fuori dalla borsa quel suo orribile ventaglio color sabbia. Diede una nuova occhiata allo schermo del cellulare: nessun messaggio e nessuna chiamata recente. Cosa doveva pensare a riguardo? Era tornata ad essere single? Non aveva più un migliore amico? Casi del genere, era convinta, si dovessero superare insieme. E invece, si trovava da sola a girare per Rozendhel con una misera busta di plastica tra le mani. Prima o poi, pensò, si sarebbero tutti rifatti vivi. Allora avrebbe chiarito ogni cosa.
Tornò in tempo presente e udì una voce provenire dal lato opposto della strada, accompagnata dal suono di una chitarra acustica. Era un ragazzo che stava cantando. Un ragazzo che non aveva mai visto prima: aveva i capelli neri, e indossava una semplice maglietta bianca con dei calzoncini corti ed un paio di infradito. Cantava e suonava allo stesso tempo – di tanto in tanto, qualcuno si avvicinava al cappello che aveva poggiato a terra e gli lanciava una monetina. Egli riservava un sorriso delicato ad ogni passante. Sembrava tutto fuorché un ragazzo di città.
Arya attraversò la strada e gli lasciò una banconota da un dollaro.
Il ragazzo allora le fece un cenno con la testa, ringraziandola, poi giunse al termine della canzone con un improvvisato assolo di chitarra.
« Wow, sei bravissimo! » Arya applaudì.
« Grazie mille! » Esclamò lui, contento: « e grazie per l'offerta! »
« Di nulla! » La giovane lo guardò con più attenzione: i suoi occhi si presentavano dolci come il caramello, mentre i suoi capelli erano corti e riccioluti, ed il naso a patata.
« Come ti chiami? » Le chiese lui ad un tratto, e Arya intuì subito che doveva trattarsi di un forestiero.
« Arya Mason » rispose lei, cauta: « tu, invece? Non credo di averti mai visto qui in giro ».
« Sì, mi sono appena trasferito dall'Ohio. Mi chiamo Logan O'Mooney » disse Logan, strizzando il suo occhio pigro.
« Ah, ho capito! Sembri una persona interessante... sono rari gli artisti di strada qui ».
« Be', non sono proprio un artista di strada. Cerco solo di guadagnare qualche soldo... vorrei aiutare i miei genitori a pagarmi l'iscrizione all'università ».
« Cosa? » Arya rimase a bocca aperta: « wow... sei una persona interessante, allora! Stai per iscriverti, o devi frequentare l'ultimo anno del liceo? Perché se fosse così, ci ritroveremmo insieme! Anch'io sto per iniziare il quarto anno! »
« E allora, sì » Logan sorrise, mostrando la sua dentatura perfetta: « ci ritroveremo insieme a scuola ».
Arya gli ricambiò il sorriso: « è stato un piacere conoscerti, Logan! Ora devo proprio andare, spero di rivederti presto ».
« Anche per me, Arya! A presto! »
Così, la giovane Mason si allontanò da quel marciapiede e si indirizzò finalmente verso casa. Il pane all'interno della busta non scottava più. L'agitazione all'interno del suo animo non bruciava più così tanto.
Inserendo la chiave nella fessura della porta di casa, si ritrovò immediatamente nell'ingresso. Il profumo proveniente dalla cucina le fece alzare le sopracciglia: stavano preparando di certo una torta di mele.
Lasciò cadere a terra la borsa ed inseguì quella fragrante scia invisibile.
« Cosa stai cucinando? »
Sarah si voltò di scatto, aveva le mani impegnate in un impasto dall'aria decisamente malconcia: « ehi, quando sei arrivata? »
« Proprio adesso, non mi hai sentita? » Chiese la ragazza, abbandonandosi su di uno sgabello.
« No, sono troppo impegnata con questo... coso » disse Sarah: « volevo fare due torte: una è venuta benissimo e sta già in forno, l'altra... be', questo è il risultato ».
Arya scoppiò a ridere: sembrava che quell'impasto fosse stato picchiato a dovere da Mike Tyson in un incontro di boxe.
« Hai comprato il pane? » Riprese Sarah, asciugandosi la fronte con uno straccio: « è andato tutto bene? »
« Sì, eccolo » Arya le passò la busta: « e, sì... tranquilla, è andato tutto bene ».
« Ne sei sicura? »
La ragazza notò il contatto visivo che si era instaurato. Erano pochissime le persone in grado di guardarla in quel modo.
« Delle ragazze mi hanno riconosciuta, mi hanno indicata... ma non è successo nulla, davvero! Ho incontrato anche un ragazzo simpatico ».
« Un ragazzo simpatico? » Sarah inarcò le sopracciglia: « andiamo, Arya! Chi è? »
« Un ragazzo che suonava la chitarra, ordinario! »
« No, non mi piace. Devi prestare più attenzione! Non puoi mai sapere che razza di demone si nasconde dietro un bel faccino ».
Arya sbuffò, incrociando le braccia dinanzi al busto.
Dal giorno in cui Walton Hart aveva tentato di uccidere sua nipote, Sarah si era trasformata in un vero e proprio sbirro a tempo pieno. La mattina era solita raccomandarle minimo sei volte di non dare confidenza agli estranei, di non uscire di casa se la batteria del suo cellulare non fosse stata carica al cento per cento, di chiamare lei o Frank ad ogni ora per aggiornarli su come stesse, con chi fosse e dove si trovasse. Gli interrogatori integrali, tuttavia, erano previsti soltanto a fine giornata.
Innegabile il fatto che Sarah fosse divenuta una zia eccessivamente apprensiva, più adulta e consapevole. D'altronde era naturale che un evento come quello avesse scosso la famiglia, Arya lo comprendeva bene. Ma un clima simile non riusciva proprio a sopportarlo! La soffocava.
« Amore, ti sto solamente dicendo che... »
Arya la zittì, copiose lacrime di rabbia avevano preso a rigarle il volto.
Uscì dalla cucina e si diresse in tutta fretta verso la sua camera.
Chiuse a chiave la porta e si lanciò sul letto.
Avrebbe voluto gridare. Inviare un messaggio ad Oliver. Chiedergli di raggiungerla.
Ma l'unica cosa che fece fu bagnare il cuscino.
Si sentiva una stupida.
Una fallita.
Chiuse gli occhi, e ancora una volta venne scaraventata in quella villetta buia.
L'ombra possente le diede un calcio, un pugno.
Sentì il sapore del sangue invaderle la bocca.
Riaprì gli occhi.
Ansimante.
« Basta, basta, basta! » Arya si diede un colpetto sulla fronte, il mento poggiato sulle ginocchia.
Inspirò profondamente, osservando il Signor Cavaliere odorare un consunto paio di scarpe e scuotere il musetto – evidentemente schifato.
Ella deglutì, alzandosi: dinanzi allo specchio, posizionato al di sopra di quella sua elegante scrivania, le ricambiò lo sguardo una giovane ragazza con gli occhi rossi, il trucco colato e le guance impregnate di lacrime e muco.
« Che schifo! » Esclamò a gran voce, cercando di ricomporsi.
A chi avrebbe potuto darla a bere? Di certo, non a se stessa.
Scossa, fragile, distrutta.
Questa era la vera Arya Mason: la strega più patetica che avesse mai varcato la soglia del pianeta Terra.
La più debole. La più insensata.
Inspirò ancora una volta.
Nessun punto di sutura avrebbe mai potuto cicatrizzare il ricordo di quella sera.
« Arya? » Sarah bussò tre volte alla porta: « il telefono ti sta squillando... vuoi che te lo passi? È Beckah! »
« Come, scusa? » La ragazza aggrottò la fronte: « hai frugato nella mia borsa? »
« Tesoro, perché non capisci? Dovevo sapere chi ti stava cercando con così tanta insistenza ».
Arya strinse i denti e, con estrema aggressività, aprì la porta. « Non farlo più! »
« Arya, ne abbiamo già parlato! »
« Ora basta! » Le strappò l'oggetto di mano, dandole una spinta. « Quel che è successo, è successo! Non credo possa accadere di nuovo! Sta' tranquilla, è passato tutto! »
« No, non sto tranquilla! Come potrei? »
« Fidati di me! » Urlò Arya, le lacrime agli occhi.
« Non ci riesco! » Esclamò Sarah: « non mi hai mai detto nulla! I messaggi, la casa delle bambole che quel pazzo ti aveva spedito... non posso fidarmi di ciò che dici tu, adesso! Capisci? »
Il silenzio che seguì quelle parole fu il rumore più assordante che Arya avesse mai udito in tutta la sua vita. La zia Sarah non si fidava più di lei. Come poteva esser vero? Dopo tutto ciò che avevano passato assieme.
La guardò negli occhi e, con grande sforzo, tentò di pronunciare una qualsiasi sillaba – di dire qualcosa di senso compiuto: « sto uscendo » annunciò alla fine, le mani tremanti.
« Dove credi di andare? » La rimproverò l'altra: « torna subito qui! »
Ma Arya era già scesa per le scale e, raggiunto l'ingresso, aveva afferrato la sua borsa ed era andata via. Esausta.
Scelse di non piangere, di evitare da adesso in poi ogni singola lacrima.
Credeva che abbandonarsi alla disperazione fosse sbagliato. Il suo sapore sgradevole le sarebbe stato fatale. Non avrebbe neanche più avuto alcuna occasione di riprendersi, di uscirne viva. L'avrebbe divorata dall'interno – demolendola in ogni istante, ora dopo ora, giorno dopo giorno.
A grandi passi giunse dinanzi alla villetta di Hazelle, con la gonna che le sventolava attorno alle ginocchia.
L'aria afosa ed il sole battente la costrinsero a sbrigarsi a raggiungere la porta principale.
Non appena ebbe bussato, tentò di sistemarsi il volto alla bell'e meglio – sperando con tutta se stessa che Beckah non le chiedesse nulla. Non aveva infatti alcuna voglia di parlarne.
Ad aprire fu Bartek, il maggiordomo.
Sebbene fosse passato un anno dalla prima volta in cui lo aveva incontrato, Arya non poté evitare un sussulto quando lo vide accostarsi lentamente sulla destra ed allungare un braccio ossuto verso l'ingresso. La invitò ad entrare con un mezzo sorriso, privo di gioia. Aveva i capelli unti come al solito e, nonostante il caldo opprimente, indossava la sua classica uniforme composta da un lurido smoking nero.
La ragazza gli fece un cenno con la testa ed avanzò oltre la soglia.
« Dove sono? » Chiese non appena ebbe perlustrato il salotto.
Bartek spostò lo sguardo verso la cucina, dalla quale proveniva il solito lamento di Taissa causato dall'assenza di Hazelle.
Arya lo ringraziò ancora una volta e subito si fece avanti, entrando in cucina: « ehilà! Mi hai chiamato? »
« Oh, non ti aspettavamo! Ciao, bellissima! » La salutò Beckah, allontanandosi dalla macchina del gas: « come stai oggi? »
« Bene, grazie! Voi? »
La giovane Gray alzò le sopracciglia come a voler dire “si tira avanti”, mentre le altre due presenti si limitarono a sorridere in una brutta smorfia. Cinnamon era la strega che avevano liberato dal bosco, dalla prigionia di Walton Hart: si mostrava un'anziana signora dai lunghi capelli turchesi, intrecciati in nodi sgradevoli e disordinatissimi. Aveva gli occhi di ghiaccio, il naso aquilino ed una bocca sottile che non decideva mai di aprire. Non era originaria di Rozendhel, e nemmeno della vecchia Salem: proveniva da una cittadina di periferia del Kentucky, uno dei pochissimi luoghi abitati esclusivamente da stregoni che la comunità magica era solita definire Villaggi Eterni.
« Sto cercando di preparare qualcosa di decente da mangiare... Cinnamon ha trovato un libro di ricette in cantina » disse Beckah, sbirciando all'interno della pentola: « ne vuoi un po' anche tu? È una zuppa di pesce... cioè, almeno credo debba essere una zuppa. Ho messo troppa acqua, forse ».
Arya scosse la testa: « no, grazie! Preferirei continuare a vivere ».
La ragazza scoppiò a ridere, mescolando il contenuto della pentola.
« Avete qualche novità riguardante Hazelle? »
Taissa scosse la testa, lasciando parlare Beckah: « no, e sinceramente ci siamo anche arrese con i nostri futili tentativi di entrare nella sua stanza... avrà compiuto un incantesimo di protezione, è impossibile da aprire! Ieri notte, io e Bartek abbiamo persino tentato di spaccare i vetri della finestra con delle pietre. Il risultato? Lo vuoi sapere davvero? Sono tornate indietro e hanno iniziato a rincorrerci per tutto il giardino ».
« Wow » commentò Arya, un sopracciglio alzato: « e quindi, se non hai novità di Hazelle, perché mi hai chiamata? »
« Oh, giusto! » Esclamò Beckah: « volevo chiederti come fosse andato il giro di perlustrazione! Hai trovato qualche demone e/o Portale? »
« Fortunatamente no. Ho girato dappertutto e non mi è sembrato di vedere nulla di strano ».
Udendo quelle parole, Cinnamon fece un sospiro di sollievo: in quei tre mesi, Arya aveva notato più volte quanto timore provasse nei confronti dei demoni. Eppure si chiese se ne avesse mai affrontato uno.
« D'accordo, meno male! »
La zuppa di pesce arrivò finalmente in tavola, ma nessuno dei presenti si azzardò ad affondare il cucchiaino nel piatto – ad eccezione di Beckah. L'odore che emanava non era dei più invitanti e nemmeno il suo colore verdognolo-grigiastro la giovava granché.
L'unico aspetto positivo legato a quella cosa fu che provocò una risata isterica da parte di Taissa: l'immagine stampata sul volume si mostrava assurdamente diversa.
« Senti, vado a comprare le pizze surgelate » Beckah si arrese, alzandosi in piedi: « questa roba non la dovrebbe mangiare neanche un maiale! »
« Non penso che il supermercato sia aperto... e poi, fa caldissimo! Non ti conviene uscire » le consigliò Arya: « non hai nient'altro in frigo o nella dispensa? »
« Provo a vedere ».
In questo modo la Congrega si riunì a mangiare del pane tostato e, per un pomeriggio intero, nessuno fece più riferimento alla questione riguardante la Dimensione Demoniaca. Si limitarono a discutere esclusivamente di temi quali la scuola e le grandi possibilità offerte dal futuro. Seduta sul divano come una vera nobile, Beckah raccontò di avere dei seri progetti: voleva iscriversi in un'università d'arte a New York e metter su famiglia con un marito amorevole e due figli ben educati. Era sottinteso, dunque, che anche lei si stava preimpostando l'idea di andarsene via da Rozendhel e dimenticare tutte le faccende ad essa collegate.
Arya la ascoltò con attenzione, desiderando un futuro migliore anche per se stessa.
Avrebbe potuto continuare a studiare, diventare una fotografa e girare il mondo con la sua fedele macchinetta. O magari, si sarebbe lanciata sulla scrittura e avrebbe trasformato ogni loro impresa in un racconto fantastico. Chissà!
Le ore passarono in fretta e subito precipitò il buio.
Arya diede una controllata all'orologio – si erano fatte le dieci – e, a suo malgrado, non poté fare a meno di dedicare un pensiero a sua zia: la immaginò in salotto a chiedersi che fine avesse fatto, con Frank che tentava inutilmente di calmarla.
« Io devo andare » disse alla fine.
« Ma cosa? No! Pensavo dormissi qui! » Esclamò Beckah, la fronte aggrottata.
« Sì, ho discusso con Sarah prima di uscire e penso proprio che in questo momento si stia disperando » Arya continuò, accennando ad un sorriso: « spero non abbia già chiamato la polizia ».
« O forse ha capito la situazione » le disse l'altra: « non ti ha nemmeno chiamata oggi! »
« Potrebbe essere, ma non voglio rischiare. Buonanotte a tutte! »
Cinnamon scosse una mano, mentre Taissa si limitò ad osservarla – senza dire alcunché.
« Non posso lasciarti andar via così! Ti accompagno! »
Così Beckah avvertì Bartek di tenere sotto controllo le altre due streghe e, in fretta, si avvicinò alla porta d'ingresso.
Arya sperimentò la felicità che le stava incendiando gli occhi: sembrava proprio che non vedesse l'ora di allontanarsi per un po' da quella casa e da tutte le persone con cui si trovava costretta a vivere. Non appena si furono allontanate dalla villetta, le chiese anche se potessero prendere insieme un gelato. « Però devo inviare un messaggio a Sarah » disse la giovane Mason, sotto l'intensa luce della luna e delle sue compagne stelle.
« Che le scrivi? » Le domandò Beckah, quasi retoricamente.
« Niente di che » Arya iniziò a premere le dita sulla tastiera: « “sono con Beckah. Prendiamo un gelato e arrivo” va bene, no? »
« Sì, credo possa andare ».
Si misero a camminare lungo un viale illuminato parzialmente dalla luce dei lampioni, dove notarono un solo locale aperto ed affollatissimo di liceali. Le vacanze estive si trovavano ormai agli sgoccioli, e tutti coloro che avevano lasciato Rozendhel all'inizio della stagione, adesso, stavano tornando con mille storie da raccontare agli amici.
Arya e Beckah proseguirono sulla loro strada, senza badare ai commenti insulsi che qualcuno, di certo ubriaco, aveva gridato a squarciagola solo per attirare su di sé l'attenzione.
Raggiunta poi la gelateria, chiesero entrambe un cono a doppio gusto e decisero di sedersi all'aperto – ad un tavolo metallico, vicino ad una coppietta oltremodo sdolcinata.
Al contrario di Arya, Beckah utilizzò un cucchiaino di plastica per consumare la sua ordinazione: si dimostrava una principessa anche in casi come quelli. Sedeva con la schiena rigida, le gambe accavallate e sbatteva le palpebre più del necessario. Alcune volte Arya aveva la convinzione che fosse una sorta di bambolina di porcellana, dotata però di una straordinaria forza immane. Effettivamente, durante gli scontri, Beckah era solita trasformarsi in tutt'altra persona: con un pugno solo riusciva persino a sviluppare una voragine nel terreno. Era una ragazza interessante sotto ogni punto di vista.
« Davvero buonissimo! » Commentò Arya non appena ebbe terminato anche l'ultima briciola del cono.
« Sì, hai ragione » Beckah emise un lento sbadiglio: « saremmo dovute venire qui più spesso nel corso dell'estate, o farci anche solo una passeggiata ogni tanto. È così rilassante! Non puoi capire quante cose succedono ogni volta con Taissa, Cinnamon, o entrambe nello stesso momento ».
« Ti capisco » Arya si guardò intorno: le vetrine dei negozi che si affacciavano sulla strada erano buie, custodite da vecchie saracinesche impolverate.
« Non trovi che sia stata l'estate peggiore delle nostre vite? Non abbiamo fatto altro che allenarci e combattere demoni ».
« Ma almeno sono migliorata nello scontro diretto! » Esclamò Arya, contenta.
« Infatti! Hai sprigionato tutta la forza che detiene una strega-guerriera ».
« Ed è stato un bene! Ricordi quando ho lanciato in aria quell'essere verdognolo ed è precipitato proprio sull'automobile di Quinn Lloyd? »
« Momento epico! » Rise Beckah: « oppure quando abbiamo sradicato insieme quel pino credendo ci fosse un demone in cima? »
L'urlo sguaiato di Arya richiamò l'attenzione del gelataio, il quale la pregò di non fare troppo chiasso. In effetti, si era già fatta una certa ora e dunque, lasciando le loro postazioni, si diressero verso casa.
La via che imboccarono si presentava zeppa di silenziose case quadrate. Tutte uguali, l'una accostata all'altra, con una porta e due finestre sulla facciata, davano l'impressione che di lì a poco si sarebbero trasformate in giganti famelici ma con un buon gusto verso le tende e gli arredi.
Camminavano in fretta, ansimando. Era tardissimo.
Svoltarono a sinistra, in una strada priva di lampioni accesi. Ad un angolo del marciapiede si trovava un senzatetto tarchiato, avvolto in degli abiti laceri e con le mani impegnate a reggere la sua grossa testona. Il forte odore di alcol si iniettò nelle loro narici. Avanzarono di qualche altro passo, arrivando in questo modo dinanzi al cancello del Sunny-Valley.
« I barboni mi terrorizzano » spiegò Beckah: « appena ho visto quel tipo, sono corsa via alla velocità della luce ».
« Ho notato! » Esclamò Arya, piegandosi su stessa: « mi fa male la milza, fermiamoci un secondo ».
Si misero a sedere sul gradino del marciapiede, gli occhi puntati verso la luna.
Sembrava brillare più del solito con quella sua magica luce argentea – come se avesse voluto trasmetter loro un messaggio, un comunicato importante che andava ben oltre i loro semplici, ordinari vocaboli. Ricambiò lo sguardo mentre le sue compagne la attorniavano, silenziose, bucherellando il manto oscuro della notte.
La giovane Mason sospirò: la sua mente aveva iniziato a girovagare lungo viali di pensieri malinconici, arrestandosi dinanzi alle forti preoccupazioni e sentimenti inespressi.
« Stai pensando a Darren, non è vero? » Le chiese Beckah, intuendo ogni cosa.
Arya annuì e, abbassando gli occhi, disse: « non so dov'è, non so se è ancora schiavo della luna... mi manca. Mi manca tutto della mia vecchia vita! Oliver, Darren, la scuola... »
« Lo so, Arya, lo so » sussurrò Beckah: « penso che a tutte noi manchi una vita del genere, priva di eventi strani e continue perdite ».
« Posso farti una domanda seria? » Esclamò Arya all'improvviso.
« Vai, dimmi pure ».
« Be', ecco » cominciò la ragazza, portandosi una ciocca dei suoi lunghi capelli dietro l'orecchio sinistro: « è da un po' che mi sta ronzando in mente questa cosa... se esistono i demoni, le creature dell'Inferno, pensi che possa esistere qualcosa di diverso? Qualcosa che si avvicina più a... »
« Non lo so, Arya » la interruppe l'altra: « me lo chiedo anch'io, ma non credo. Che razza di Dio permetterebbe tutto questo? Bambini che muoiono di fame, continue disgrazie, guerre, epidemie ».
« E se invece fosse proprio così la sua idea di Bene? Potrebbe pensarla diversamente da noi, esseri umani. Per Lui, potrebbe essere questo il Bene ». Beckah inarcò le sopracciglia: « sei stata troppo tempo a contatto con Taissa! Mi sembra di parlare con lei! »
Arya sorrise, ma poi udì qualcosa di strano.
Un suono, forse una voce, s'impossessò della sua mente e la mandò in confusione.
Le gelò il sangue, le tolse il respiro.
Era un suono flebile, serpentesco.
Sembrava provenire dalla stessa terra, o dalle vetrine scure dei negozi.
« Cosa? » disse ad alta voce.
« No, scusa, dicevo una cavolata... però mi piacerebbe l'idea di mostrare i miei lavori in una galleria » esclamò Beckah, sorridendo.
« No, aspetta, non intendevo questo » disse Arya, guardandosi intorno: « hai sentito quella voce? »
« Quale voce? » Domandò la ragazza, la fronte aggrottata: « ti senti bene? »
Arya non rispose.
« Dai, si sta facendo tardi... andiamo a casa ».
« Va bene ».
Ma eccolo di ritorno.
Era un suono viscido, estremamente pericoloso.
Arya Mason. Ti ucciderò.
La ragazza s'impietrì: non era un suono qualsiasi, quella voce la stava chiamando.
Ti squarterò. Ti divorerò.
« Arya? » Beckah la afferrò per un braccio: « stai bene? »
« Non lo so... tu non senti niente? »
« Forse qualcuno sta cercando di mettersi in contatto con te, proprio come fece Mathilda l'anno scorso ».
« No, è diverso » la ragazza frustò l'aria con i capelli: « ho paura che qualcuno ci stia seguendo ».
Ma la strada che si estendeva dinanzi, o anche dietro di loro, era completamente deserta. In lontananza, videro una coppietta stringersi per mano. Non potevano essere loro.
« Non penso che i demoni abbiano la capacità di entrare nelle menti delle streghe » affermò Beckah: « torniamo a casa ».
Un fruscio. Il suono metallico del cancello.
Arya si voltò appena in tempo.
Dall'oscurità del Sunny-Valley era fuoriuscito un qualcosa, una macchia bianca e velocissima che la scaraventò a terra con estrema facilità.
Beckah lanciò un incantesimo che arrestò la bestia per una manciata di secondi, il necessario affinché Arya si rialzasse.
La creatura sconosciuta era una delle più inquietanti che le due streghe avessero mai visto: alta pressoché due metri, priva di occhi, la bocca dotata di tre file di zanne, la pelle cadaverica e squamosa. Si teneva in piedi con le zampe posteriori e, per mezzo di quelle sue due narici, riusciva a percepire benissimo il punto in cui si trovassero. Non aveva la coda, ed era grosso quanto il tronco di una quercia. Si riprese immediatamente dal colpo infertogli da Beckah e, subito, si scagliò contro la figura di Arya – la quale si afflosciò contro la vetrina di un negozio non appena sentì le zanne della creatura affondarle nella carne.
Beckah gridò e, con la sua solita forza sovrumana, afferrò il lucertolone e lo scagliò a terra. Scoppiò così in un grido acutissimo. Le streghe si tapparono le orecchie, sperando che nessuno lo avesse udito.
La creatura prese a strisciare in direzione di Arya: minacciosa, tirò fuori la sua lunghissima lingua.
« Fragor! »
L'esplosione non ebbe l'effetto desiderato. Era inarrestabile.
Le due streghe continuarono a lanciare incantesimi. Senza riceverne mai dei buoni risultati.
Allora, a quel punto, Arya si decise a corrergli incontro: proprio come le era stato insegnato dalla sua compagna, gli diede un sonoro colpo alla testa – nel punto in cui ci sarebbero dovuti essere gli occhi – ed immediatamente lo afferrò per la zampa destra e lo scagliò contro il cancello metallico del parco.
Era impossibile che il vicinato non stesse sentendo nulla.
« Rompigli l'osso del collo! » Gridò Beckah.
Arya annuì: « subito! »
Ma la bestia si rialzò e, con le sue zanne, le morse un braccio.
Le grida di dolore esplosero nella notte, mentre il sangue continuava a sgorgarle dalle ferite.
Arya credette che da quel momento in poi avrebbe dovuto usufruire di una protesi. Non si sentiva più parte del corpo.
« Non ti muovere, Arya! Fragor! » L'esplosione causata da Beckah colpì il mostro in pieno, il quale fu costretto a mollare la presa. « Stai bene? »
« Sì » rispose Arya, la vista offuscata: « uccidiamolo ».
« Okay » Beckah proseguì, asciugandosi il sudore dalla fronte: « io lo blocco, e tu gli strappi il cuore ».
« Non possiamo fare il contrario? »
« No! Devi essere tu ad ucciderlo! » Esclamò Beckah: « ti ho insegnato a farlo nel corso dell'estate! Fallo! »
Si mossero, dunque, in direzione della creatura.
Adesso, si trovavano faccia a faccia.
« Sei pronta? »
Arya annuì: « dai, andiamo ».
Sicura di sé, Beckah si scagliò contro il nemico; ma il suo attacco fu inutile, tant'è che venne gettata a terra, contro la superficie fredda della strada. Arya soffocò un grido, vedendo la creatura avvicinarsi al suo collo e succhiarle il sangue.
Sentì Beckah gridare un qualcosa, vide accendersi le luci di un'abitazione in lontananza. Le sirene della polizia le fecero aumentare il battito del cuore – sebbene fosse già arrivato al massimo delle pulsazioni.
Inspirò profondamente e corse in direzione della bestia: « lascia stare Beckah! Fragor! »
Niente.
« Ignis! »
Nessun risultato.
« Nox Mordre! »
La creatura bloccò l'incantesimo facilmente.
Arya intravide il volto di Beckah divenire sempre più pallido.
Doveva fare qualcosa alla svelta. Ma cosa?
Sentì la Chiave bruciarle sul petto. Ci mancava giusto questa!
Si portò indietro i capelli e desiderò che qualcuno le venisse a salvare.
No. Nessuno sarebbe venuto.
Doveva farcela da sola.
Chiuse gli occhi, le mani tremanti.
Sentì il potere fluire nelle vene: era una sensazione strana, nuova.
Il vento si alzò. La luce dei lampioni scoppiò, estinguendosi.
Strinse i pugni con decisione.
Il buio divorava ogni cosa.
Poteva farcela.
Alzò le mani, e liberò tutta la sua energia.
Era da tempo che percepiva dentro di sé un potere sconosciuto. Aveva provato più volte a documentarsi, senza mai trovare fonti affidabili. Era giunto il momento di lasciarlo andare. Era la sua vera essenza. Quella che un tempo Walton Hart aveva definito come Fuoco Aureo.
Il buio venne incendiato dalle sue scintille dorate, le quali si indirizzarono poi verso la creatura, uccidendola.
Le grida si spensero. Beckah tossì sangue.
Arya si afflosciò a terra.
Ce l'aveva fatta!
Ricordandosi delle sirene, corse incontro alla sua amica e subito la trascinò via – in un vicolo buio lì vicino.
« Fa' silenzio » le ordinò, e Beckah annuì debolmente.
Pochi minuti dopo sopraggiunsero due poliziotti.
Arya si affacciò con il volto, il cuore stava per evaderle dal petto: se le avessero scoperte, cosa avrebbero potuto raccontare?
« Guarda qui » chiese il più alto.
« Ma che razza di animale è? »
Arya sgranò gli occhi: la bestia si trovava ancora sull'asfalto, morta.
« Non è un animale! »
« Ma è impossibile... cos'è, allora? » Sussurrò l'altro, atterrito.
« Portiamolo via, prima che qualcuno lo veda ».
« E dove vuoi portarlo? »
Arya si morse un labbro.
« Dal sindaco Lloyd... lui saprà cosa farci ».
« Ma è quello che penso io? »
« È un demone, Mike! » Il poliziotto più alto lanciò un'occhiata verso il vicolo in cui si erano nascoste, e Arya sperò non l'avesse vista: « e sono più che sicuro che qui intorno ci siano delle streghe. Fa' attenzione! »
Fecero una chiamata, ed immediatamente apparì un furgoncino che si mimetizzava alla perfezione con l'oscurità della notte. Insieme ad un altro signore caricarono il demone all'interno e, in fretta, sfrecciarono via.
Arya si afflosciò lungo la parete del vicolo.
« Arya... ce l'hai fatta » sussurrò Beckah, reggendosi la testa con entrambe le mani.
« Lo so » replicò lei: « andiamocene subito. Dobbiamo tornare a casa ».

 

 

 

 

 

 

  
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