Serie TV > Squadra Speciale Cobra 11
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Autore: ChiaraBJ    07/02/2016    2 recensioni
“Sono qui su incarico del capo della polizia. E’ venuto a conoscenza dell’incidente autostradale, tra l’altro mortale di cui lei è stato la causa. A suo carico verrà avviato un procedimento da parte del comando generale di polizia, questo significa che lei è stato sospeso dal servizio, appena potrà consegnerà al suo superiore, il commissario Kruger, il tesserino, l’arma d’ordinanza e la patente di guida” (…) Ben restò per un attimo come paralizzato. Non credeva alle sue orecchie. La Schrankmann lo aveva sospeso dal servizio…e per quanto tempo? E perché? Allibito cercò con lo sguardo il suo capo, come in cerca di un aiuto che però non arrivò.
Consigliata, ma non indispensabile la lettura de ‘il poliziotto e la bambina’.
Genere: Angst, Azione, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ben Jager, Nuovo personaggio, Semir Gerkan, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Legami speciali ed indissolubili'
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Domande e risposte
 
Ben fece salire la donna sull’auto, per proteggerla in qualche modo dal freddo pungente che faceva.
Era pieno inverno e l’autostrada era sferzata da un gelido vento.
L’ispettore prese il cellulare per contattare e al contempo chiedere aiuto al vicino ospedale di Colonia.
Mentre attendeva che qualcuno rispondesse Ben si guardò un po’ attorno; nessuna casa, nessun edificio, niente di niente.
Perplesso il giovane si chiese da dove fosse sbucata quella donna e in che modo fosse arrivata a percorrere l’autostrada, indossando solo una leggera camicia da notte, per di più scalza.
“Pronto intervento, ospedale di Colonia, in cosa posso esserle utile?” rispose una voce femminile dopo qualche squillo dall’altro capo del telefono riportando Ben alla realtà.
Ben si presentò ed espose il quadro della situazione:
 “…la donna è in evidente stato confusionale, avrà circa trentacinque, quarant’anni. Veste solo con la camicia da notte ed è scalza…”
“Ispettore” disse l’infermiera dall’altro capo del telefono “Ha detto che si trova all’altezza del km 73 dell’A57, dico bene?”
“Sì esattamente” asserì il giovane.
“Lì vicino se non sbaglio c’è un cavalcavia che passa sopra l’autostrada”
“Sì esattamente…” confermò di nuovo Ben, poi come se avesse avuto un’illuminazione “Ma certo lì vicino al cavalcavia c’è la clinica ‘Raven’, dove sono in cura pazienti con disturbi mentali. Forse la donna proviene da lì” e avrebbe voluto aggiungere che forse la signora avrebbe potuto anche essere scappata dalla struttura, ma tenne la considerazione per sé.
“Può essere, comunque ora le mando un’ambulanza e potrei chiedere nel frattempo informazioni alla clinica”
Ben riagganciò trovandosi davanti gli occhi terrorizzati della donna che lo scrutava attentamente.
Per un attimo ne ebbe quasi paura, poi cercando di apparire il più tranquillo possibile disse:
“Signora Wolfgang fra un po’ arriveranno dei medici… l’aiuteranno…”
Ma a quelle parole la donna sgranò gli occhi, lo sguardo terrorizzato, cominciò ad urlare, scese velocemente dall’auto e si mise a correre in mezzo all’autostrada.
Ben spiazzato scese velocemente anche lui dall’auto correndole dietro, purtroppo le vetture che sopraggiungevano in quel momento erano molte.
Per schivare la donna alcune tagliarono la strada ad altre provocando una serie di tamponamenti.
Charlotte Wolfgang sentendo le auto cozzare tra di loro si bloccò di colpo in mezzo alla carreggiata.
Un’auto che stava procedendo a velocità sostenuta la stava per investire in pieno quando Ben, quasi tuffandosi riuscì all’ultimo istante a spostarla dalla traiettoria.
I due atterrarono sull’asfalto nella corsia d’emergenza.
“Ma che le è saltato in mente? E’ pazza?” le urlò quasi inviperito Ben, ma poi si rese conto di quello che le aveva detto.
Cercò di scusarsi, ma la donna cominciò ad urlare di nuovo.
“Mi lasci, non voglio tornare là, mi uccideranno…come hanno ucciso gli altri…lo chieda a Samantha…lei le dirà le stesse cose…siamo entrambe in pericolo…lei ha visto morire un uomo…non è annegato, lo hanno ucciso…le chieda di Stefan…deve aiutarmi, deve aiutarmi, la prego…”
La donna si dimenava come una furia e a stento Ben riusciva a tenerla ferma.
Pochi istanti dopo arrivò un’ambulanza e da essa scesero due paramedici.
Appena li vide Charlotte Wolfgang riuscì a divincolarsi dalla forte presa di Ben, stava per buttarsi di nuovo in mezzo alla carreggiata, quando venne bloccata appena in tempo da un medico, mentre un altro accorso in aiuto del collega la tenne ferma quel poco che bastò per somministrarle con un’iniezione un sedativo per calmarla.
La donna in pochi istanti smise di agitarsi, continuando però a guardare Ben terrorizzata e chiedendogli di aiutarla.
Ben in disparte assisteva impotente alla scena.
Avrebbe voluto in qualche modo aiutarla, esaudire la sua richiesta, ma come?
Passarono pochi minuti, la donna entrò come in uno stato di dormiveglia e così i medici la poterono tranquillamente sistemarla sull’ambulanza.
“Scusate…dove la state portando?” chiese Ben avvicinandosi ai medici.
“Alla clinica ‘Raven’. La nostra centrale operativa si è messa in contatto con la clinica, stamattina hanno denunciato la scomparsa di una loro paziente…la descrizione corrisponde…e il nome che le ha fornito la donna ne è un’ulteriore conferma. Grazie della collaborazione ispettore. Arrivederci” e detto ciò l’ambulanza partì.
Ben accompagnò con lo sguardo il mezzo di soccorso finché questo non sparì dalla sua vista, poi salì sulla Mercedes e si diresse verso il distretto sanitario dove di lì a poco avrebbe incontrato la dottoressa Kladden.

Per tutto il tragitto continuava a pensare a quella donna.
Lo sguardo terrorizzato, le urla strazianti, la pressante e quasi incessante richiesta di aiutarla.
Poi ragionò che se quella donna era ricoverata alla clinica ‘Raven’ una ragione c’era.
E quindi seppur dispiaciuto per quella triste realtà, cercò di mettersi il cuore in pace.
Fortunatamente a distoglierlo dai quei pensieri venne in aiuto la vista del grande edificio dove era ubicato il distretto sanitario.
Il ragazzo parcheggiò l’auto, si diede una veloce sistemata ai capelli e ai vestiti e entrò nel grande edificio.
Per i corridoi, forse anche perché era agitato da quello che le avrebbe potuto dirgli la dottoressa Kladden, Ben continuò imperterrito a spolverarsi la camicia fino a che non arrivò davanti all’ufficio della psicologa.
Il ragazzo bussò ed entrò, salutò la giovane donna e si accomodò su di una poltroncina di fronte a lei.
Dopo i consueti convenevoli Elise Kladden cominciò la sua valutazione sulla piccola Livyana.
“…perdere i genitori in modo così tragico, assistere al suo ferimento, assistere a tutto questo è qualcosa di terribile, oltretutto per una bambina piccola. Ma devo dire che l’aver affidato a lei Livyana si è rivelata la mossa, anzi direi la terapia più giusta” poi scorrendo alcuni appunti continuò “Livyana mi ha detto che grazie alle sue amicizie ora ha anche una nuova famiglia…degli ‘zii’ e delle ‘cugine’…”
Ben pensò subito a Semir e all’intera famiglia Gerkhan, di quanto si erano affezionati alla piccola e Livyana a loro.
“Sì certo, la famiglia del mio collega “confermò Ben.
“Parla anche di una ‘zia’ anziana, ma mi ha detto che non è sua madre”
“No…no…purtroppo mia madre è morta, Livyana si riferisce ad Helga…una persona speciale per me ed ora diventata speciale anche per la bambina”
“Comunque” continuò la dottoressa “Una cosa che le farà molto piacere sapere e che Livyana non vuole che lei sappia per non crearle …aspetti l’ho scritto qui” e scorrendo gli appunti testualmente lesse:
“Ben non deve sapere che io lo considero più un padre che un fratello maggiore, se lo sapesse si farebbe un sacco di sensi di colpa e poi si sentirebbe ancora di più responsabilizzato…mi vuole bene…troppo e troppo in questo caso, nel suo caso è pericoloso”
Ben si immaginò la piccola mentre diceva queste cose.
Ora come ora avrebbe dato la vita per quella di Livyana e la piccola in un certo qual modo ne aveva paura.
Sapeva che Ben, se fosse stato inevitabile, sarebbe morto per lei.
“Lei sa perché dice che ‘nel suo caso è pericoloso’ vero?” chiese la dottoressa.
“Sicuramente si riferisce all’episodio in cui sono stato ferito. Il fatto che mi sia messo, come dire, in mezzo tra lei e il proiettile…penso che abbia paura che possa accadermi di nuovo qualcosa di spiacevole. Credo che si senta in colpa, lei non me lo vuole dire, e non me lo dirà mai, ma un giorno si è confidata con il mio collega che poi, naturalmente, lo ha riferito a me”
“Siete molto uniti, lei, la piccola, la famiglia del suo collega”
“Già” rispose alla fine il giovane poliziotto.
Un’ora dopo Ben  uscì dal distretto sanitario.
Si sentiva sollevato da come si stava evolvendo la situazione, era felice, ma al contempo tempo triste.
Livyana lo considerava come uno dei genitori che aveva perso, ma purtroppo lui non lo era.
 
Nel pomeriggio il giovane accompagnò la piccola in piscina, e quando Livyana le chiese come era andato il colloquio con la dottoressa Kladden lui le aveva risposto che la signorina Elise era molto contenta di lei.
Stava per aggiungere altro quando Livyana lo precedette.
“Secondo me dovresti chiederle di uscire” disse innocente la piccola, guardando con i suoi occhioni profondi quelli castani di Ben attraverso lo specchietto retrovisore, tenuto conto che lei viaggiava nei sedili posteriori della Mercedes.
“Ma cosa vai dicendo…e poi non posso…sarebbe una specie di …conflitto d’interessi, è la tua ‘tutor’ in un certo senso…” rispose serio.
“Ciò non toglie che la signorina Elise, oltre ad essere una bella ragazza è molto intelligente, le piace arrampicarsi sulle montagne come te e ama la musica…a proposito lo sai che l’anno scorso è andata ad un concerto dei Nickelback? Addirittura in Canada...”
“Ma davvero?” rispose stupito Ben.
“Ben” chiese poi seria “Posso farti una domanda strana? “
“Certo piccola di che si tratta?” rispose il giovane percependo che il tono della voce era decisamente cambiato.
“Se i miei genitori  non fossero morti…ecco io mi chiedevo” ma la bimba si bloccò, da una parte aveva il bisogno impellente di chiederglielo, dall’altra aveva paura di ferirlo, ma Ben capì subito dove voleva arrivare la piccola.
Ormai tra loro si era creata una forte empatia.
“Volevi chiedermi se ho chiesto il tuo affidamento perché mi sento in colpa? Per il fatto che non sia riuscito a …”Ben lasciò volutamente la frase in sospeso, sapeva molto bene che ora la piccola affrontava l’argomento abbastanza serenamente, ma ciò nonostante se poteva evitare di farla soffrire…
“Già volevo chiederti se ti senti in colpa perché non sei riuscito a salvare i miei genitori…a volte penso che tu sia …come dire…portato per sentirti continuamente in colpa” sentenziò non guardandolo volutamente negl’occhi.
Ben cercò le parole che a lui sembrarono più adatte:
“Non volevo che restassi sola, so cosa vuol dire, io dopo la morte di mia madre in un certo senso lo sono stato, non volevo che anche tu…”
Ben si rese conto che il discorso stava prendendo una piega decisamente drammatica e quindi cercò di alleggerire l’atmosfera che si era creata.
“Comunque sei diventata la mia ragione di vita e lo sai. Lo ha notato anche ‘zio Semir’, dice che sono meno spericolato… beh solo un po’…”
“Ma i tuoi hobby? La tua band” lo incalzò imperterrita la piccola.
Ben si sentì quasi sotto interrogatorio, la piccola non dava cenno di voler cedere e di fatto gli stava facendo una specie di terzo grado.
“Beh lo vedi anche tu qualche volta esco e torno tardi, capita che vai a dormire dagli ‘zii’ o chiedo ad Helga o ad Irina se possono venire da noi…”
“Ma le prove? Una volta andavi spesso alla sala prove…”
“Lo sai benissimo che provo molte volte con la band, solo che adesso ho chiesto ai ragazzi di anticipare gli orari, di fare meno tardi così puoi venire anche tu , e faccio in modo che le nostre esibizioni siano durante il weekend…”
“Vero…” rispose, ma il tono della piccola a Ben suonò poco convinto.
“Ecco siamo arrivati”
Il resto della giornata passò tranquillamente.
La classica ‘quiete prima della tempesta ‘, perché il giorno seguente per il giovane ispettore sarebbe stato un giorno ad dir poco terrificante.
 
Angolino musicale: Vista la canzone che mi è venuta in mente, alla clinica 'Raven' dovrei andarci pure io, comunque capitolo quasi tutto incentrato su Ben e …le donne. Una decisamente ‘pazza’, ma forse anche no e una formato ‘mignon’: dolce , tenera e desiderosa di ‘scavare’ e capire a fondo il suo ‘angelo custode terreno’ povero Ben…di questo passo al manicomio ci finirà lui.
Savage Garden ‘Crash and Burn’ (abbattersi e bruciare).
Per ascoltarla: https://www.youtube.com/watch?v=W60IPexop30
Abbattersi e Bruciare
Quando ti senti tutta sola e il mondo ti ha voltato le spalle dammi un momento per domare il tuo cuore selvaggio so che ti senti come se le pareti ti si stessero chiudendo addosso è difficile trovare conforto e la gente può essere così fredda Quando l'oscurità è sulla tua porta e ti senti come se non potessi prenderne di più Quando ti senti tutta sola ed un amico fedele è difficile da trovare sei intrappolata in una strada a senso unico con i mostri nella tua testa quando le speranze e i sogni sono lontani e ti senti come se non potessi affrontare un giorno Lascia che sia l'unico che chiami se salti bloccherò la tua cadutati tirerò su e volerò lontano con te nella notte se hai bisogno di cadere isolata posso rammendare un cuore infranto se hai bisogno di abbatterti allora abbattiti e brucia non sei da sola




 
  
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