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Autore: Lucash99    08/02/2016    1 recensioni
Erano passati circa tre mesi da quel giorno speciale nel quale i ragazzi avevano salvato la loro amicizia finita sull'orlo di un precipizio, tutto era tornato alla normalità nel gruppo, che si era poi diviso durante le vacanze estive per ritrovarsi successivamente all'inizio dell'anno scolastico, Neiv non aveva più ripensato a quelle voci nella sua testa e si era lasciato quell'istante di malessere alle spalle, anche se in quel periodo non ne aveva compreso il significato. Dalla parte opposta c'era Dortmund, impegnato in tribunale per difendersi dalle accuse di corruzione, l'esito del processo era atteso impazientemente dai giovani giocatori di Cuballs di tutto il mondo, sarebbe stato un gran sollievo quello di sapere che colui che aveva cercato di bruciare Giv non avrebbe più messo piede ad alcun torneo.
Dopo 6 mesi arriva il continuo di "Cuballs", mi impegnerò al massimo con l'intento di soddisfarvi, emozionarvi e divertirvi anche in questa seconda storia della serie, buona lettura!
Genere: Avventura, Azione | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Cuballs'
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Un'arma che non vedi ma c'è, dentro di te. O almeno non la vedi fin quando non la lasci libera. E quando sarà libera allora potrai vederla, a meno che non ti abbagli e ti travolga. E se travolgerà allora sarà davvero libera. E sarà condivisa, non più confinata. Avevi bisogno soltanto di lei, così spontanea e genuina, ma non te ne eri accorta.  
  
In quella poderosa arma, ricoperta d’un benevolo bagliore, erano rimaste racchiuse tutte le risposte in vano cercate. E finalmente era stata lasciata libera ed aveva travolto, ma senza abbagliare. Ed anzi aveva affascinato... quella verità, così bella da far innamorare tanto che splendeva. Che oramai parlava pure senza aprir bocca, ed incantando si faceva scegliere senza nemmeno chiederlo, perché era attraente per natura. 
 
Lui aveva finalmente deciso da che parte stare, grazie a quello schermo di luce che, proprio sul confine, lo aveva invitato a ripensarci e a non oltrepassarlo... quel confine, la fatidica linea che separa due mondi opposti. Perché in fondo il male è fatto così, lui ti dice di provarci giacché non nuoce. Tanto tentar non nuoce, si sa. E se poi nuoce? Tu non ne sei sicuro... non lo sai, non lo hai mai provato. Lui lo sa, sa che nuoce. Ma senza inganno non vive, ed ha bisogno che tu venga a conoscenza del contrario. Tanto... dopo aver provato non importa più nulla a nessuno se nuoce, oramai ci sei dentro e non ne esci più. Sei caduto nella stessa trappola degli altri 999 ingenui che ti hanno preceduto, ora sei invischiato anche tu in quella immensa ragnatela di truffe e raggiri, dove dovrai vivere e convivere con l'anonimato e col terrore che qualcuno alle tue spalle sia pronto a metterti nel sacco. Adesso nuoce? E perché non te lo sei domandato prima? Credevi fosse inclusa una garanzia? Soddisfatto o rimborsato? No... nessuno ti renderà indietro la tua vita, e se sei rimasto insoddisfatto dell'offerta poco conta, fattene una ragione. Ciò che non uccide poi fortifica... ma tu dentro stai già morendo. E quando torni a casa non racconti più della tua giornata, sempre se ci torni a casa. E se ci torni? Forse nemmeno ne avevi voglia... di farti vedere in quello stato, rabbuiato come non mai. 
 
Ma uno su mille ce la fa. Ad uscirne? Probabilmente no. A prevenire quel male incurabile? Se il cuore capta il segnale... sì, ma è doveroso che lo faccia prima che si giunga fuori zona, quando il misuratore di campo, come un bicchiere, è ancora mezzo pieno. 
 
E quell'uno ci era riuscito, aveva captato il segnale tornando a riempire di bianco tutte le tacche del proprio cuore. Ma se quelle particolari onde erano state captate soltanto da un individuo, lo stesso non si poteva affermare per quelle vocali, che si propagavano in quell'aria deserta fino ad arrivare ad orecchie piuttosto indiscrete: 
 
«Dannata impicciona, oramai lo avevamo in pugno il mezzo ribelle. Adesso invece si schiererà sicuramente contro di noi e ne guadagneremo soltanto altre seccature.» 
 
«Fidati, è meglio che sia andata così. Non saremmo riusciti a tenerlo a bada un tipo del genere, con quel carattere ci avrebbe causato più seccature di quante ce ne abbia già portate da nostro nemico.» 
 
«Ma tu sei pazzo. O forse non hai compreso bene la situazione? Per quanto possa essere fastidioso per colpa della sua indole, sarebbe almeno ideologicamente dalla nostra parte. Potrebbe rivelarsi forse troppo avventato, magari deciderebbe di intraprendere qualche iniziativa personale, ma male che vada...» 
 
«Ma dico io, stai scherzando?» tuonò, facendo sobbalzare il proprio collaboratore.
Poi, moderando il tono della voce, riprese: 
 
«Chi lo vuole un viziato del genere con sé? Abbiamo i nostri equilibri da preservare e non possiamo esporci a certi rischi solo per mantenere il piccolo Che Guevara. Questo qui io non lo voglio con me.» 
 
«Capisco, ma anche averlo contro non gioverebbe a...» 
 
«E lasciami parlare per carità, se mi interrompi ancora una volta sta sicuro che ti spacco la faccia.» 
 
Lui pose le mani avanti, come per chiedere scusa. 
 
«Io questo qui non lo voglio con me, ma questo non implica che lo voglia contro - indicò se stesso - di me. Devo renderlo inerme, voglio averlo stretto nel mio pugno. Il biondino diverrà il mio robot, nulla potrà fare al di fuori di quello che io – batté la mano sul petto – gli comanderò. Non lo avrò né con me né contro di me, ma semplicemente al di sotto di me.» 
 
«Non ho chiara in mente la maniera con cui attuerai il piano, ma sono sicuro di potermi fidare.» 
 
«E fai bene a fidarti, mi conosci e sai perfettamente che non ho mai fallito nessun obiettivo. Per uno come me sarà poco più d'uno scherzo incastrare quel moccioso.» 
 
Ma per fortuna – o per sfortuna forse -  i protagonisti del lieto evento non erano a conoscenza della presenza dei quattro inattendibili occhi che da tempo li monitoravano, e perciò potevano godere con tranquillità del loro momento di riappacificazione: 
 
«Hey, sta a vedere che nel mezzo di questa baraonda d'emozioni rischiavo di dimenticare i tre poveretti che sono lì dietro.» 
 
Accompagnata da un delicato sorriso e dal suo ritrovato ottimismo, con molta calma, si appropinquò all'atipico trio formato da Zadi e la sua principale fonte d'ilarità, con l'aggiunta di una new entry: una piccola bimba, sorella di Gord, trovatasi coinvolta emozionalmente in una vicenda della quale non conosceva alcun dettaglio e sulla quale non possedeva alcuna colpa; chissà quale impatto potevano avere avuto su di lei quegli scossoni di nervosismo e paura, che senza dubbio l'avevano colta di sorpresa, chissà che effetto applicavano su una mente così giovane; giovane ancor più delle altre, sulle quali parevano averne avuti alcuni che se non si voleva definirli negativi si poteva dire certamente che fossero stati l'esatto contrario di positivi. Glielo si doveva domandare, perché d'altronde era l'unica maniera esistente per scoprirlo: 
 
«C'è questa dolce donzelletta – esordiva con tono vivace e spiritoso – che oggi ne ha passate e combinate di tutti i colori. Carissima amica mia, che ho visto piangere, piangere ed ancora piangere, che ha sofferto tanto e si è rivelata tanto debole, anche se poi – la urtò col gomito - correva forte quando cercavo d'afferrarla.» 
 
E fu in quel caso che alla giovane scappò la prima risata della serata, inopportuna forse, considerato che andava a prendersi gioco di una situazione certamente poco rosea del suo recente passato, ma sicuramente genuina per il suo spirito; ed anzi quel suo essere inopportuna rendeva ancora più l'idea che Oster fosse riuscita a riportare serenità nell'ambiente, poiché pure del "black humor" poteva provocare reazioni benefiche. 
 
«Di ciò che è successo nel mezzo non ho informazioni, non so in che modo e con quali maniere tu abbia riportato dietro Giv... ed in realtà non ho chiaro nemmeno il motivo per cui tu lo abbia fatto scappare, ma attenendomi a ciò che tu hai detto devi aver sbagliato qualcosa. Magari sarei potuta restare lì con te per chiedertelo - accennò un sorrisino imbarazzato – invece di piantarti in asso, però pare che i fatti siano filati bene così e perciò io me la sono cavata.» 
 
Sotto gli occhi a dir poco incantati del redento, la giovane entrava sempre più in quel suo ruolo di leader che aveva sempre sognato d'interpretare e per il quale pareva essere modellata ad hoc; totalmente immersa nel suo enunciato, cominciò pure a gesticolare ed a camminare in tondo sul posto come un presentatore sul suo amato palco: 
 
«In fondo l'importante è che mi sia piaciuto il finale: tu, zuppa dalla testa ai piedi come un polpo messo a mollo nella pentola, con lo stanco Giv appoggiato alle tue spalle come trofeo finale di un lungo e pericoloso viaggio. Sì sì, sembravi un po' il protagonista di un videogioco che salva la principessa rinchiusa nel castello!» 
 
Zadi, notando la clamorosa gaffe, rischiò seriamente di cadere preda d'un forte attacco di riso, ma riuscì a contenersi e a trasformare le risate in un'espressione facciale che voleva dirle "fai sul serio?". 
Ma dal momento che Oster non era ancora arrivata a comprendere il perché di quella faccia perplessa, ne chiarì lei il motivo concedendosi pure un ghigno d'accompagnamento: 
 
«Ch... ch...  principessa? Ch...»  
 
Comicamente imbarazzata, con una mano a tapparsi la bocca ed una in aria con l'indice alzato a far segno di no, provò a giustificarsi: 
 
«Ovviamente a parti invertite.» 
 
...ma senza successo: 
 
«Fino a prova contraria, non ho ancora fatto il cosplay di Zelda!» 
 
Finalmente era tornata ad accarezzare i volti dei ragazzi quella buon aria fresca di armonia, che per troppo tempo era stata soffocata dai gas tossici del fuoco precedentemente appiccato; gli sguardi felici erano tornati ad abitare negli occhi dei ragazzi, che sentivano di essere tornati di nuovo a casa dopo lo smarrimento tra i vicoli del dubbio e della sfiducia. 
 
Ora che pure Giv aveva cancellato e dimenticato quel livore che aveva macchiato il suo viso ed il suo cuore, era giunta anche per Neiv l'ora di svegliarsi dal suo stato d'incanto: 
 
"Devo ringraziare voi, perché so che fino a quando sarete con me io non sarò in pericolo. Chissà quale brutta fine mi avrebbe atteso se non mi aveste fatto tornare a ragionare, chissà dove mi avrebbero portato quei miei pensieri malati ed insensati. Adesso, grazie a voi, ho capito che vincerò senza aver alcun bisogno di quello stupido odio che mi spingeva a proseguire da solo. Ma grazie soprattutto a te, che con le emozioni regalatemi mi hai curato dal mio male." 
 
Pensando ciò sorrise, e poi ripeté a bassa voce quelle parole che avevano pervaso la sua mente: 
«Grazie a tutti.» 
 
Oster, dalla sua posizione, udì solo un sibilo e perciò ignorò che potesse rappresentare qualcosa di importante, anzi, proseguì in piena libertà la sua digressione su Zadi: 
 
«Adesso, volendo evitare di continuare a ridere della mia... ch... ch...» 
 
Contagiata pure lei dal clima di divertimento che s'era andato a creare, scoppiò a ridere rumorosamente; ricompostasi, qualche secondo dopo, puntualizzò sulla manovra attuata dagli amici: 
 
«Bravi bravissimi, siete riusciti a rovinare il mio momento poetico.» 
 
Si guardò intorno e poi, con la voce spezzata dalle risate, continuò a punzecchiarli:  
 
«E dalle facce soddisfatte deduco che non vi dispiace nemmeno, vero?» 
 
Nonostante tutto, però, riuscì a riconquistarsi il suo spazio ed a sfruttarlo nella miglior maniera possibile: 
 
«Beh, tutta questa disamina... solo per dirti che ti apprezzo davvero tanto.» 
 
Le si gettò contro, per poi abbracciarla con delicatezza. 
 
"Ho per caso una calamita addosso oggi?" 
 
«Per il coraggio che hai dimostrato, per la voglia che hai avuto di riparare al tuo errore e...» 
 
Lei, quasi imbarazzata e tentennante, la interruppe: 
 
«Era quello che sentivo di dover fare, sapevo che... insomma, non so come dirlo. Dovevo farlo e l'ho fatto, era ciò che provavo e... mi sono lasciata guidare.» 
 
«… e per la tua spontaneità.» 
 
Poi, sussurrando, decise di farle venire i brividi: 
 
«Credimi, sei unica.» 
 
Mollò la presa e la lasciò libera; lei osservò la fasciatura che era stata apposta alla sua caviglia e, con quello sguardo, fece una promessa a se stessa. Nessuno fiatò per qualche istante, fino a quando non fu Giv a scegliere di rompere quel silenzio, molto ironicamente: 
 
«E grazie per aver deciso di condividere la tua futura influenza con me!» 
 
«Oh, di nulla. L'ho fatto solo perché sarebbe stato un peccato sprecare il numero di assenze che ci concedono a scuola!» 
 
Si agisce spesso così tra amici: le dichiarazioni più serie si esprimono con una risata. È raro che qualcuno trovi il coraggio di esternare la propria gratitudine verso un compagno in maniera esplicita, ed è per questo che la si maschera con battute o simili. Non è affatto vero che tra amici si dicono solo stupidità, tra amici si dicono tante cose serie ma senza fare sul serio, eccezion fatta per i poeti... che con le parole ci sanno fare e non hanno alcun timore di dimostrarlo: 
 
«Lo capisci perché mi piaci così tanto?» 
 
Zadi, meravigliata dalle sue straordinarie capacità dialettiche, si voltò nuovamente verso di lei, curiosa di scoprire come le avrebbe utilizzate in quell'occasione. 
 
«Tu tratti un'impresa eroica come un fatto insignificante, banale, semplice. Ti comporti come se non avessi compiuto nulla di speciale, come se ti fossi limitata a... non so, a... prestargli una penna durante il compito di matematica, ecco. Guarda che certi scrittori, con molto meno, scrissero intere opere e...» 
 
«Ma io non ho fatto nulla di speciale, l'ho già detto prima che ho fatto soltanto ciò che sentivo... e niente di più. Insomma...» 
 
Avvertendo di avere tutti gli occhi puntati addosso abbassava lo sguardo per provare a sfuggirli, consapevole che quello stato di soggezione non l'avrebbe comunque abbandonata; pur se esitando, riuscì a trovare le giuste parole: 
 
«… io credo che i gesti di amicizia debbano essere spontanei. Altrimenti sarebbero – si fermò per qualche secondo facendo battere più volte tra di loro gli indici  delle mani – forzati, quindi non d'affetto. Avrebbero qualche altro significato, ma non lo stesso che ho trasmesso io prima.» 
 
Al di fuori di Oster che sorrideva soddisfatta della reazione della ragazza, chiunque in quell'angolo di piazza era del tutto immerso nell'ascolto delle sue parole, anche se lei pareva non gradire tanta attenzione: 
 
«E voi volete smetterla di fissarmi?», disse alzando gradualmente il tono della voce, comunque non
arrivando ad urlare. 
 
«Mi mettete a disagio.», concluse abbassandolo. 
 
E d'improvviso spuntò una voce che era stata poco udita fino a quel momento, di un personaggio che poco aveva udito... da sempre: 
 
«Sicura che siamo stati a noi a metterti in imbarazzo?» 
 
«Cosa staresti insinuando?» 
 
«Lo sai.» 
 
«No!», esclamò con timbro più acuto. 
 
«Sì che lo sai.» 
 
«Non lo so.» 
E si voltò, evidentemente appagato, verso la sua vicina di posto. 
«Hai colto nel segno, fratellone!» 
 
Paff, batticinque! 
 
Ma le sue allusioni non erano andate giù a Zadi, che perciò controbatteva: 
 
«Tutto d'un tratto ti sei svegliato dal torpore? Adesso sei tu a prendere in giro me?» 
 
"Chissà che significa precisamente torpore... bah." 
 
«La vendetta è un piatto che va servito a sangue freddo.», esclamò borioso, senza notare l'evidente errore nella sua frase. 
 
«Va servito freddo, senza sangue.» 
 
«Tu sei piccola e non lo capisci. I piatti al sangue sono più gustosi.» 
 
Mino fece scorrere lentamente il palmo della mano sul suo volto: 
 
«Lascia perdere...» 
 
E mentre loro due portavano avanti una discussione alquanto inutile, un biondino, posto in posizione defilata, vedeva ridipingersi sul viso un sorriso che era invece più che utile, per il suo benessere – e per quello altrui futuro – e la sua salute; e loro tutti erano riusciti a ridipingerlo quasi senza accorgersi di aver impugnato il pennello, che in realtà avevano adoperato davvero egregiamente. 
 
Non ci si accorge di quanto bene si fa agli altri senza neanche intenderlo, di quanta gioia si diffonde vivendo con semplicità ed essendo solamente se stessi. Senza sforzarsi, a volte, si possono raggiungere obiettivi che altri farebbero risaltare come grandi imprese, soltanto perché se li erano prefissati.  
 
Non stanchiamoci mai di elogiarci e ringraziarci per i sorrisi ed il bene che doniamo, ogni giorno nella nostra quotidianità, senza neppure volerlo, perché checché se ne dica... non rappresenta un atteggiamento di vanità, ma consapevolezza di essere parte integrante del bene di questo mondo. 
 
Neiv ruotava leggermente la testa a destra e a sinistra per constatare quanto fosse effettivamente cambiato il colore dell'area e dell'aria intorno a sé: una zona cupa e desolata, come era quella esterna all'immenso stadio, si trasformava tutto d'un tratto in uno di quei luoghi intrisi di magia e poesia, al pari dell'ermo colle di Leopardi. Ci sono luoghi, gesti, oggetti, segni... che perderanno il loro mero valore originale per acquisirne uno ben più speciale, quello dei ricordi a cui sono legati; ognuno lì già sapeva, o avrebbe poi scoperto, che quei pezzi d'asfalto, di plastica, di fibra sarebbero divenuti parte integrante della loro vita, così che ogni volta che li avrebbero osservati avrebbero potuto ripensare all'unicità di quella giornata. 
 
Ma quanto male si subisce senza notarlo? Perché è fondamentale non farsi notare: 
«Per quanto ancora dovremo sorbirci le pagliacciate degli allegri...» 
 
Paff! Un altro cinque che batte, sulla faccia stavolta. 
 
«Dannazione, devi smetterla di coprire quelle poche parole che arrivano! Zitto e ascolta, tutto può esserci utile.» 
 
«Cosa me ne faccio del...» 
 
«Ho detto zitto! L'esperto sono io e so io come lavorare. Tu limitati a fare ciò che ti dico io o giuro che ti faccio licenziare seduta stante, sei un dilettante e da tale ti devi comportare.» 
 
Ogni tanto lasciava trasparire il suo ego smisurato e il suo atteggiamento da vecchio lupo, ma riusciva comunque a mantenere sempre la calma col suo sottoposto, che nulla faceva per agevolargli il lavoro. 
«Secondo me dovremmo attaccarli subito direttamente, senza temporeggiare così tanto. Sai cosa intendo, vero?» 
 
«So benissimo cosa intendi, ma bisogna muoversi con cautela. Prima si capisce come agire, e poi si agisce. Questo non è un lavoro per ragazzini esaltati, se vuoi diventare come me allora devi prima imparare a lavorare con serietà, io da giovane non ho mai fatto di testa mia.» 
 
Adesso, invece, poteva illudersi di farlo; sono questi i vantaggi d'essere un gran veterano. 
 
… 
 
«Comunque, secondo me si vergogna solo di Giv, perché ne è...» 
 
Zadi avvertì il pericolo giusto in tempo, giusto in tempo per evitare il più grande imbarazzo della sua vita: 
 
«Ferma!», urlò. 
 
La bimba, divertita, si ammutolì. 
 
«Non provare a dire ciò che stavi per dire. Io so cosa stavi per dire.» 
 
Gord si intromise nuovamente nel dibattito: 
 
«Perché hai la coda di paglia.», aggiunse con tono saccente e tenendo l'indice alzato, manco fosse la bocca della verità. 
 
E nella sua inutilità generale, riuscì quantomeno a far uscire Zadi da quella fase di scarsa disinvoltura che poco le si addiceva, anche se era chiaro non fosse il suo reale intento. 
 
«Hey, voi due in coppia vi rivelate davvero letali. Ed io che pensavo di sapere tutto di Gord...» 
 
Fece prima un passo avanti, poi cominciò a scuotere leggermente la testa mentre mandava strane occhiate all'amico; distolse lo sguardo da lui e cominciò ad elencare le sue numerose "malefatte": 
 
«Le distrazioni durante i sorteggi, Sindi e Sand, la mortadella, il Dramma Drammatico...» 
 
E mentre lei proseguiva nello stilare la lista, i due consanguinei confabulavano tra loro: 
 
«Ma cosa sta dicendo?» 
 
«Cose vere, fratellone.» 
 
Zadi, avendo udito la discussione tra i due, arrestò il suo monologo, sollevata dall'idea che fosse tutto finito; ma, purtroppo per lei, fratello e sorella avevano ancora varie frecciate al loro arco: 
 
«… che servono per provare a cambiare argomento.» 
 
«Esatto, altrimenti si sentirebbe a disagio, perché vorrebbe fingere...» 
 
«Ma al cuor non si comanda!» 
 
Zadi, un po' indispettita, batteva il piede per terra... 
 
«Perché è un muscolo involontario.» 
 
«Fratellone, vuoi smetterla di rovinare i miei interrogatori con queste considerazioni buttate giù a caso?» 
 
...e, giunta al limite della sopportazione, decise di intromettersi: 
 
«Ma quali interrogatori? Cosa c'entrano adesso gli interrogatori? Ho un legame speciale con Giv e non mi vergogno affatto a dirlo.» 
Ed era evidente che non mentisse, non dava infatti nessun segno di nervosismo o imbarazzo stavolta, neppure un leggero arrossimento. Chi forse trovava un po' più scomoda la situazione era invece l'altro protagonista della vicenda, sul quale si erano istantaneamente spostati tutti gli sguardi dei presenti. 
 
"E adesso cosa me ne faccio delle cotte studentesche di questi qui? Il gran visir dice di avere tutto sotto controllo, ma chissà se ha davvero trovato una validità in tutto ciò. Secondo me inizia a non capirci più nulla... però non vuole perdere credibilità, quindi recita la parte di quello sicuro dei propri mezzi." 
 
"Ho oh, legame speciale. Dopo averlo fatto intendere più e più volte, lo conferma a parole. Era proprio questo che volevo sentirti urlare!" 
 
«Compagno, secondo me non ne caveremo...» 
 
Ed era proprio mentre il collaboratore cercava di fargli notare il contrario, che lui si era definitivamente convinto di aver agito al meglio: 
 
«Siamo a cavallo! E da ora in poi continueremo a segnare solo punti a nostro favore! Ne sono certo al cento per cento, amico caro.» 
 
E pronunciò erroneamente quella parola "amico" che poco coincideva col tipo di rapporti che solitamente instaurava. Ma era stato probabilmente soltanto uno scherzo giocato dall'euforia. 
 
"Forse sa davvero quello che fa. Anche se io continuo a non capire... bah, ma d'altronde è lui quello esperto. Adesso spero solo di poter fare ritorno a..." 
 
E non ebbe neppure il tempo di elaborarlo, che il suo sogno subito venne mandato in frantumi: 
 
«Adesso non ci resta che continuare le nostre indagini alla solita maniera. Mantieni in funzione l'amplificatore della Cuball, perché ho il presentimento che ne sentiremo ancora delle belle.»
 
Pure aprir bocca diventava impossibile quando l'esperto vulcano era in eruzione: 
 
«Ma adesso raffreddiamo i bollenti spiriti, ricomponiamoci, rimaniamo tranquilli. Non vorrei certo che la troppa esaltazione condizionasse il tuo lavoro.» 
 
"In realtà è lui che si è esaltato, io non..." 
 
«Sei lucido?» 
 
«Io non ci ho ancora capito nulla, a dir la verità.» 
 
«Ti fai prendere dall'emozione, si vede. Ma adesso ricompattati, non posso fare sempre tutto io.» 
 
Marcò molto, come al solito, quell'ultima parola. Come marcato, a vista, era Giv da parte di tutti i suoi compagni... 
 
«È un gioco a chi si vergogna di più?» 
 
Nessuno fiatò. 
 
«Ed ho l'impressione che vogliate far vincere me, vero ragazzi?» 
 
Nessuno fiatò per la seconda volta, in modo da non rovinare la sacralità del momento. 
 
«Ma non raggiungerete il vostro obiettivo a quanto pare. Io sono dello stesso parere della mia migliore amica, dal momento che non mi vergogno di dire che lo è.» 
 
Rimasero tutti alquanto spiazzati, più per la scioltezza con cui avevano dato la risposta che per la risposta in sé; ci sarebbe stato sicuramente tutto un altro gusto nell'osservare due mocciosi impacciati, e fu proprio quella beffa a non andare giù ai ragazzi. 
Sia Giv che Zadi sorrisero divertiti dall'esito della vicenda, l'uno si diresse verso l'altra, che gli indirizzò un occhiolino come a dire "ben fatto", lui sollevò la mano e attese l'arrivo del batticinque; un bello schiaffo morale per coloro che avevano creduto di aver avuto a che fare con due ragazzini normali! 
 
«La vita non è sempre come un libro sdolcinato con gli adolescenti che arrossiscono.», esclamò lei con chiaro atteggiamento di superiorità. 
 
«Sappiatelo.», concluse allargando le braccia in avanti. 
 
Ad interrompere il tutto dovette arrivare la paladina dell'amicizia, anche perché altrimenti le discussioni si sarebbero protese fino a tarda notte. 
 
«Scusate, potrei avere la vostra attenzione?» 
 
Si voltarono verso di lei. 
 
«Io non vorrei fare la guastafeste che rovina gli attimi di compiacimento di Zadi e Giv, tra l’altro meritatissimi, però ho un piccolo sentore che mi dice che arriveremo a fare le ore piccole se continuo a lasciarvi comporre gag in tutta libertà, e considerando che il sole ci ha già abbandonati... direi che sarebbe conveniente cominciare ad incamminarsi.» 
 
Ognuno si guardò intorno... confuso, pure per cercare gli sguardi altrui a cui chiedere "cosa si fa adesso?" 
 
«Anche perché credo che nessuno qui abbia avvisato a casa del possibile ritardo, o sbaglio?» 
 
«Ed è pericoloso lasciare una bambina piccola per strada a quest'ora, giusto?» 
 
Mino proibì il diritto di replica ad Oster e decise di difendersi autonomamente: 
 
«Semmai è pericoloso lasciare te per strada, non si può mai sapere che ti incammini per cercare la casa del protagonista di Dramma Drammatico.» 
 
«Quindi mi staresti dicendo che...» 
 
La biondina intervenne ancora con la sua voce prorompente: 
 
«ALT! Era proprio questo che stavo cercando d'evitare.» 
 
«Scusaci.», le risposero all'unisono. 
 
«Quindi questa strana giornata è giunta al termine.» 
 
«Pare di sì, Grey.» 
 
Respirò profondamente. 
 
«Bene, allora dobbiamo salutarci. Tanto domani dovremmo comunque rivederci a scuola, e quindi i due – metteva adesso tra virgolette - migliori amici potranno di nuovo stare insieme.» 
 
«Non finirà mai più questa storia, vero?», commentò, pungente, Zadi. 
 
«Ne dubito.», le confermò Boost. 
 
«Prendiamo le nostre strade. A domani!» 
 
Tutti fecero un cenno di congedo e imboccarono vie diverse, solo una persona rimase ferma al suo posto, da cui non si era in realtà mai smosso; questo fece incuriosire Oster, che allora frenò il suo passo e si rivolse a lui: 
 
«Neiv, tu rimani qui?» 
 
«Ehm...» 
 
Era non poco titubante. 
 
«Hai qualche problema per caso?» 
 
«No, è che...» 
 
«Che...?» 
 
«Che vorrei... insomma... dirti alcune cose. E dal momento che c'è, che poi... abbiamo una parte di tragitto in comune, potrei dirtele adesso.» 
 
Un periodo disordinato e dei movimenti molto poco spigliati, si vedeva lontano un miglio che era messo sotto pressione. Chissà da cosa poi. 
 
«Sai che non ti credevo così insicuro?» 
 
Fece uno sforzo per riacquistare la calma, così che riuscì quantomeno ad articolare una frase di tre parole senza incespicare su ognuna di esse: 
 
«Non lo sono.» 
 
Oster avrebbe potuto anche dirgli "chi vuoi prendere in giro?", ma preferì farglielo intuire. 
«Di solito.» 
 
«Di solito no? Adesso invece sì?» 
 
«No, non è così...» 
 
Lei portò la mano sinistra in avanti, in segno di stop. Forse non aveva voglia di sorbirsi un elenco infinito di scuse, che poi non erano altro che toppe apposte su una scucitura di vergogna. 
 
«Forse prima non hai recepito bene il messaggio? Vorrei non facessimo notte con gag da quattro soldi. E con gag da quattro soldi intendo anche questo, io che ti faccio domande scomode e tu che finisci nel pallone perché... boh, il perché lo conosci soltanto tu. Poi scomode – roteò la mano - si fa per dire.» 
 
«Sì, scusa.» 
 
«E sbloccati, dai! Non mi piace parlare con gli imbranatoni!» 
 
Neiv, sollecitato dalla compagna, si sbloccò: 
 
«E tu sei molto schietta a quanto pare.» 
 
«Mi costringi ad esserlo, sennò tu rimani impalato!» 
 
«Quindi lo sei!» 
 
Attese qualche istante per dare all'esclamazione successiva un'enfasi tipicamente teatrale: 
 
«E quindi mi ritieni... imbranatone?» 
 
«La smetti, Totò?» 
 
«Ah, allora sei un intenditrice.» 
 
Le indirizzò un occhiolino in segno di stima, ma lei, stufa di tanti temporeggiamenti, neppure lo notò. 
 
«Sì, la smetti.» 
 
Lo prese per il braccio e cominciò a trascinarselo con sé. 
 
«Altrimenti inizio davvero a credere che tu abbia timore di esprimere ciò che pensi.» 
 
«E va bene.», disse rassegnato.
Lo mollò, e così si incamminarono sulla via di casa. 
 
… 
 
«E allora? Mi pare che volessi dirmi qualcosa. Suppongo sia importante.» 
 
Annuì. 
 
«Beh, volevo solo ringraziarti.» 
 
«Ringraziarmi.», disse col tono di chi pensa ad alta voce.  
 
«Ringraziarti, sì.»,  
 
«E perché poi?» 
 
Bisognava proprio soffermarsi ed analizzare a fondo quella scena, che possedeva delle caratteristiche                    davvero singolari. Si era formato un quadro davvero particolare, dove si discuteva di argomenti
 - almeno secondo le premesse - seri, in seguito ad alcuni avvenimenti quasi melodrammatici, ma avvolti da un aria tutt'altro che tesa, anzi... piuttosto distesa. 
 
Sembrava di osservare due colleghi di ritorno da un bar che ammazzavano il tempo parlando del più e del meno, di cosa avevano mangiato a cena o di che tempo faceva, eppure non parlavano certamente di roba del genere. Ed infatti pure loro lo sottolineavano... 
 
«Perché, insomma, nessun altro avrebbe saputo tirarmi fuori da quel guaio. Spesso sono scontroso anche nei momenti di tranquillità, non sono un tipo che accetta consigli e che si fa convincere dalle chiacchiere altrui. Tu invece, in una situazione così complessa, ce l'hai fatta.» 
 
Oster non ribatteva, ma si limitava ad ascoltare con estrema attenzione. 
 
«Forse perché... le tue non erano chiacchiere...» 
 
Modificò impostazione vocale, calò lo sguardo: 
 
«Quando, dopo la nostra rissa, hai parlato tu ho avvertito qualcosa di diverso, che nulla aveva a che fare con ciò che avevo sentito all'inizio del primo discorso. Le tue parole mi hanno catturato, mi hanno fatto sentire bene... di nuovo, perché ero stato tanto male. Grazie a te, senza rendermene conto... ho capito di aver sbagliato, e non ne ho compreso pienamente il motivo, ma so che è stato qualcosa di straordinario.» 
 
Oster, dal canto suo, non seppe dire altro che: 
 
«Capisco.» 
 
Ma Neiv era un fiume in piena, pieno di sentimenti: 
 
«Forse è che... nessuno era stato ancora così sincero con me. Tutti mi avevano affrontato come se avessero preparato un copione per farlo, perché il loro obiettivo era convincermi a tutti i costi. Tu non hai fatto così, perché hai reagito in maniera così naturale...» 
 
Oster era visibilmente colpita dalle parole dell'amico. 
 
«Ed allora ho capito che ciò che dicevi significava davvero qualcosa per te, e non era più un discorso da leader politico, come lo chiamavo io, che mirava a farmi cambiare idea con espressioni e intonazioni convincenti. Nessuno voleva più ingannarmi...» 
 
«Neiv...» 
 
«… come avevano sempre fatto tutti.», concluse con voce strozzata. 
 
«Va tutto bene?» 
 
«Adesso sì. Scusami se ho avuto questo sfogo proprio con te.» 
 
E strofinò i polsi sugli occhi per arrestare quel principio di lacrima che era appena nato. 
 
«Forse, se avessi avuto un'altra persona affianco non avrei saputo fermarmi.» 
 
Un morbido sorriso si allargò nuovamente sulle sue labbra. 
 
«Ma con te riesco ad essere tranquillo, spensierato. La tua energia positiva mi contagia e mi trasporta, come è successo qualche istante fa.» 
 
Mosse altri due passi con velocità media, poi uno allentato e poi nulla più; lei pure interruppe il passo. 
 
«Sei qualcosa di straordinario, e non capisco come... come si possa essere così straordinari.» 
 
Ci rifletté per un secondo, inspirò ed espirò.  
 
«Dietro c'è una lunga, lunghissima storia composta da personaggi ed avvenimenti unici. E prometto che la racconterò al ragazzo che più ha creduto in me, e solo ed esclusivamente a lui.» 
 
Neiv sentì dentro di sé una gioia talmente forte, che non poté evitare di esternarla: 
 
«Sai che ti voglio così bene da amarti?» 
 
Ed Oster non potè fare altro che rispondere ironicamente: 
 
«E poi chi era quella schietta?» 
 
Lui allargò le braccia, mentre col volto diceva "non lo negherai proprio a me un abbraccio?" 
 
E fu il terzo abbraccio amichevole della giornata, che il biondino sfruttò anche per comunicarle un messaggio ravvicinato: 
 
«Da collega a collega, ovviamente.» 
 
«Ah, Da collega a collega. È così che tu rimedi a certe dichiarazioni?» 
 
Una volta lasciatisi, Oster gli diede una scherzosa spintarella: 
 
«La prossima volta rifletti sul senso di certe paroline magiche, invece di rimediare usando i termini da me coniati.» 
 
«Lo conosco il senso.», gli rispose "offeso". 
 
«Su, riparti. Prima che mi venga voglia di approfondire l'argomento.» 
 
«Ma io ho detto solo ciò che sentivo e...» 
 
«E smettila di rubare le battute altrui!» 
 
«E va bene, ti accontento.» 
 
… 
 
"Sfoghi dovuti a chissà quale vecchio ricordo, lunghe storie da origliare, rapporti molto stretti..." 
 
«Questo qui ce lo lavoreremo per bene.» 
 
«Adesso capisco cosa intende. Questi ragazzi non avranno più pace...»
  
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