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Autore: Mortarjenny    08/02/2016    0 recensioni
Dall’altro lato c’era Max green, con le lacrime agli occhi mi guardava fisso con lo sguardo perso nei suoi pensieri. Appena lo vidi corsi verso di lui e spiaccicai le mie mani sul vetro. Max sembrava senza forze, alzò il suo braccio verso di me e con mano tremante e la mise davanti alla mia, era concentrato a guardare la scena, come se non fosse lui a muovere la mano.
Genere: Malinconico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Max Green, Ronnie Radke
Note: Otherverse, Raccolta | Avvertimenti: Violenza
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Era ora di colazione, dovevo andare al piano di sotto, insieme agli altri detenuti. Non avevo un aspetto splendido, avevo il trucco sbavato e la lacca, ora mai, non aveva più il suo effetto. Avevo il foulard con alcuni teschi e una giacca di camoscio, l’unico segno rimasto della mia vita precedente. Non ero visto di buon occhio dalle altre persone, forse per il mio aspetto. Alle nove in punto suonò un allarme e tutte le porte delle celle si aprirono. Attraversavo tutte le celle e tutti i reclusi camminavano liberamente per i corridoi. Lo sapevo benissimo di avere gli occhi addosso, ma non ci facevo caso, camminavo per la mia strada come se nulla fosse. Alcuni detenuti erano in pigiama: pantaloncini corti e magliette larghe con sugo di pomodoro o macchie di caffè spalmato sopra; quindi l’unica cosa che potevo fare era camminare a testa alta e sistemarmi il colletto della giacca, avendo sempre un buon sorrisino stampato in faccia. Arrivai al piano bar, una stanza gigantesca, con tavoli da pic-nic gialli uno di fianco all’altro, creando file infinite. Presi la mia colazione al bar infondo all’locale e come tutti gli altri mi sedetti sulle panchine, pregustandomi la colazione. Forse il sorrisino era meglio me lo scordassi, non feci in tempo a dare un morso alla mia brioche ripiena di crema che mi ritrovai appeso ad un muro. Un ragazzotto, il quadruplo di me mi prese e mi sbatté sul muro, tenendomi per il colletto della giacca. “Hey, femminuccia, che bei capelli che hai…” disse con tono minaccioso. “Vedo che abbiamo anche un bel trucco sotto agli occhi non è vero ?! sei carina come ragazza, ma hai sbagliato parte del penitenziario, le donne vanno nel settore B” mi disse, tenendo alto un pugno verso di me. Il suo alito mattutino non mi fece molto piacere. L’unica cosa che ebbi fatto fu quella di annuire e guardare in basso, non avevo voglia di iniziare rissa il primo giorno di carcere. Il ciccione mi lasciò andare, però prima di voltarsi definitivamente mi lanciò un occhiata generale, come se stesse guardando la mia reazione oppure voleva qualcos’altro? La sua occhiata mi preoccupò sembrava troppo profonda, sembrava che mi fosse entrato nell’anima e avesse frugato nei miei pensieri, dopo quell’occhiata mi sentivo nudo, come se mi avessero rubato i vestiti. Lasciai perdere, avevo ben altre cose da fare, ero troppo impegnato a pensare che i prossimi due anni e mezzo della mia vita gli avrei passati in questo schifo di posto, ma potevo uscirne vivo, forse. La giornata era lunghissima, troppo lunga per i miei gusti, per fortuna avevamo 4 ore dove potevamo stare fuori: due ore dopo pranzo e due ore fino alle otto di sera, si insomma una goduria. Se ci penso ancora due anni e mezzo sono tanti, anzi troppi e pensare che fuori da qui la mia vita continua senza amici e senza persone che mi vogliono…cavoli, solo il mio Max mi ama e mi vuole seriamente, forse è l’unico che riesce a capirmi. Attendevo il suo arrivo come il Signore, ogni giorno dalle quattro alle cinque del pomeriggio, cioè nelle ore di visita, lo attendevo, ero sempre impaziente di vederlo, anche se lo vedevo oltre un vetro mi sembrava quasi di toccarlo. Forse era meglio guardare la mia cella, vedere in che stato avrei vissuto i prossimi anni: non era male, lo spazio era piccolo ed angusto ma nel suo piccolo c’era tutto: in angolo a destra una piccola doccia con a lato il lavandino mentre dall’altro lato della stanza si trovava il letto. Avevo anche un piccola finestra sopra al bagno dove si poteva vedere il giardino del penitenziario. I miei occhi caddero su una piccola apertura, in fondo al giardino c’era un albero abbastanza alto, che confinava e toccava la rete di recinzione. Una possibile via di fuga ma… appena superata la rete dovevo per forza attraversare un fossato pieno di acqua, lasciai perdere, dovevo trovare un'altra soluzione. Una migliore, che non sia troppo impegnativa. Quindi mi sedetti su letto e rincominciai a dormire. Alcune ore dopo sentii qualcuno che mi chiamava e mi svegliai di soprassalto, era una guardia, era venuta a parlarmi. Sgranai gli occhi e mi presentai subito di fronte ad essa. “Hai ancora visite Ronnie” disse. “E’ ancora quel ragazzo coi capelli simili ai miei ?”chiesi. “Max intende?” mentre cercava le chiavi per aprire il portone della cella. “si esatto, proprio lui”. Mi prese per un polso ammanettandomi e mi scortò fino alla stanza 24 della “zona visite”. Le stanze erano sempre bianche e l’unica cosa che separava me dal mio migliore amico era un dannatissimo vetro antiproiettile. Appena arrivai il Max aveva la testa china, non osava guardarmi, mi avvicinai alla cornetta del telefono tenendo lo sguardo fisso su Max per catturare ogni suo movimento. L’unico gesto che fece su quello scatto fulmineo per prendere la cornetta e rispondere “Ciao Ronnie”. A quelle sue parole così fredde capì che neanche lui se la passava bene la fuori, il samgue smise di circolare nel mio corpo…rabbrividì… “Hey, Max ?!” “Male…tu?” rispose con freddezza “Mi dispiace Max, tu non sai quanto sento la tua mancanza…Lo sai che per me sei sempre stato il mio migliore amico” Max a questa risposta alzò lo sguardo e mi guardò negli occhi con fermezza. “anche tu mi manchi…non sai quanto…Ti amo Ron” disse con voce strana, non sembrava neanche lui, era calmo e sereno. Il cuore si bloccò, era la prima volta che il mio migliore amico mi diceva una cosa simile, non capivo, perché mi ha disse questo? Cosa vuole intendere ? Max ripose la cornetta, si alzò in piedi, tenne lo sguardo fisso sui miei occhi finché ad un c’erto punto si girò di scatto e se ne andò. Ero scioccato, iniziai ad attirare la sua attenzione lanciandomi contro il vetro mentre la guarda mi tratteneva i polsi, ammanettandomi, mi rimase solo la voce, quindi urlai più volte “MAAAX!!!” anche se sapevo che era tutto inutile, quel maledetto vetro non avrebbe mai lasciato filtrare nemmeno l’ultimo suono di questa terra, e fu proprio la sua reazione di andarsene che mi scioccò. Non se la sentiva ? mi ha detto ti amo e poi si suicida ? Noo non lascio il mio amico in questo modo pieno di tentazioni, voglio uscire e stare con lui. La guardia mi riportò nella mia cella, dove mi sedetti sul letto a pensare e ripensare alla reazione di Max, perché, cosa, quando. Volevo dire tutto ma anche niente. E fu proprio in questo momento che il sottoscritto Ronald Radke versò a terra una goccia delle sue lacrime. ANGOLINO DELLA SCRITTRICE Spero vi sia piaciuta, non avevo molte idee quindi ho continuato a tentoni, la prossima volta prometto di essere più concreta nelle scene XD. grazie a tuttii
   
 
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