Capitolo 4 – For your eyes only
Niente.
Niente
monitor, server, tastiere.
Nemmeno
il tavolo che Vikram aveva utilizzato come
scrivania per la postazione che aveva allestito nello stripper club
posto sotto
sequestro.
Il
locale non porta alcuna traccia della nuova
destinazione d’uso che l’analista di origini
indiane, o qualunque sia la sua
vera identità, le aveva assegnato.
Come
se non fosse mai stato lì.
Come
se quel luogo fosse rimasto il solito night club.
Come
se da un momento all’altro potessero saltare fuori
delle ballerine seminude pronte a strusciarsi intorno a un palo.
Il
cervello di Kate lavora a ritmo serrato, cercando di
processare le informazioni raccolte e prevedere le prossime mosse di
Loksat e
quale sia la strategia migliore da adottare, ma non riesce a giungere
ad alcuna
conclusione. La sua mente è al buio, proprio come quel
locale illuminato solo
dalle luci che indicano le uscite di emergenza. Nel frattempo, con
passo
felpato i due uomini l’hanno raggiunta e a loro volta si
guardano intorno. Hunt
fa cenno al figlio e alla nuora di non parlare e di ridurre al minimo i
rumori.
Ha subito realizzato che il posto è stato ripulito a dovere
e teme che chi ha
eseguito il lavoro abbia lasciato qualche cimice. Spera solo che non
abbiano
installato anche delle telecamere nascoste. Ha osservato con attenzione
i posti
dove lui le avrebbe posizionate e non ha notato nessuna lucetta o
apparecchio
elettronico, ma non può avere l’assoluta certezza
che il night club sia sicuro.
Lentamente
e nel silenzio più totale, i tre si avviano
verso l’uscita, capitanati da Beckett, il cuore colmo di
delusione. Non è
questo che avevano in mente. Non è così che
pensavano di portare a termine la
loro missione. Persino Hunt, che sembrava sapere tutto, pare stupito
dal non avere
trovato niente, anche se la sua espressione rimane imperturbabile. Un
pezzo di
ghiaccio.
Appena
fuori dall’edificio, nel vicolo su cui sbuca
l’ingresso secondario, Rick afferra delicatamente Kate per un
braccio per farla
voltare verso di lui. Lo sguardo muto dell’uomo le chiede
come sta, mentre
l’espressione corrucciata della donna gli rivela che il suo
cervello sta ancora
elaborando quanto è appena successo.
“Torniamo
a casa, Kate” le propone. “Vieni anche tu,
papà” dice poi voltandosi verso di lui.
Entrambi
annuiscono e poi si avviano verso le rispettive
vetture, con Rick che tallona Beckett. E al diavolo la prudenza. Non ha
nessuna
intenzione di lasciare sola sua moglie in questo momento.
Il
viaggio verso il loft inizia nel silenzio più totale,
finché il cellulare di Beckett non si mette a vibrare.
Dovrebbero essere
abituati al fatto che qualcuno la possa cercare a qualsiasi ora del
giorno e
della notte, ma ricevere una chiamata proprio in quel momento fa
sobbalzare
entrambi, tanto che si scambiano uno sguardo sorpreso. Kate accosta la
Crown e
osserva il display. E’ il numero dell’assistente
del Commissario capo del NYPD,
quello che sta a One Police Plaza. Impossibile rifiutare una chiamata
proveniente da lì. Fa cenno a Rick di tacere e schiaccia il
tasto del vivavoce
prima di rispondere: “Beckett.” Ha deciso di essere
sincera fino in fondo con
lui, anche perché l’aver visto quel velo di
tristezza passargli sul volto
quando ha scoperto che non gli aveva detto nulla di Rita le ha stretto
il cuore
e l’ha fatta sentire una carogna. Una carogna maleodorante,
per la precisione.
“Capitano,
la contatto per conto del dott. Bratton. Ha
bisogno di incontrarla domattina alle ore 8. Puntuale” le
ordina una voce femminile
autoritaria.
“D’accordo”
ubbidisce Kate, chiudendo la comunicazione e
facendo un sospiro profondo. Quella convocazione non promette nulla di
buono.
Sa di essersi messa nei guai un’altra volta, di aver abusato
della sua
posizione e di aver utilizzato mezzi di proprietà dello
Stato per un’indagine
personale e non certo autorizzata. L’ha combinata davvero
grossa e rischia la
fine ingloriosa di una carriera rapida e ricca di successi.
Senza
dire altro, Kate si rimette al volante e si dirige
verso il loft. Anche se non era esattamente quello il programma che
aveva per
la serata, non vuole tornare a dormire nella scatola.
Quando
tutti e tre raggiungono l’appartamento di Castle,
Rick rompe il silenzio e domanda a suo padre: “OK, ammetto
che sono confuso.
Cosa è successo? Ci sei tu dietro a questa storia?”
Hunt
risponde: “No, figliolo. Ma è un lavoro da
professionisti e sono sicuro che nemmeno la scientifica riuscirebbe a
trovare
alcuna traccia. Domattina attivo i miei contatti e verifico. Adesso
andate a
dormire, domani faremo il punto. Il loft è sicuro, non
preoccupatevi: ci sono
un paio di miei uomini di guardia.” Dopo una breve pausa
aggiunge: “Per ogni
evenienza.”
Un
profondo senso di gratitudine nei confronti del padre
invade il cuore di Rick. Vorrebbe anche ringraziarlo, magari
abbracciandolo, ma
non sa come gestire il rapporto con lui. Senza considerare che
l’ultima volta
che si sono abbracciati il gesto è partito da Hunt e aveva
il secondo (o
primario?) fine di depositargli un localizzatore GPS in tasca. E
così resta lì,
senza dire o fare altro se non ripetergli l’invito a
sistemarsi nella stanza
degli ospiti.
Adesso
sono rimasti solo loro due.
Entrambi
avevano sognato di trovarsi da soli al termine
di quella giornata, ma non avrebbero mai pensato che ci sarebbero
arrivati con
quello stato d’animo. I piani di seduzione che
l’uno all’insaputa dell’altro
aveva preparato sono totalmente fuori luogo adesso, tanto che nessuno
dei due
sa come comportarsi.
Rick
si schiarisce la gola e le dice: “Ehm, Kate, non
voglio rendere la situazione più complicata di quanto
già sia, quindi se vuoi
puoi dormire in camera di Alexis…”
“Ti
dispiace se invece dormo con te in camera nostra?”
gli chiede, quasi sussurrando, come se avesse paura di essere rifiutata.
In
tutta risposta, Rick si avvicina a lei e la avvolge in
un abbraccio stretto. Quello stesso abbraccio in cui, anni prima, le
aveva
detto Let me take you some place, Kate.
Some place you’ll be safe. E vorrebbe ripeterle la
stessa promessa, perché
la sua massima aspirazione è tenerla al sicuro, proteggerla
da tutti e magari
anche da sé stessa. Se ha imparato a conoscerla un
po’ in questi anni, sa che
adesso si sta arrovellando il cervello, maledicendosi per non aver
capito prima
che Vikram la stava manipolando e si stava prendendo gioco di lei.
Kate
si scioglie dalla presa del marito e, senza dire
niente, lo prende per mano conducendolo verso la loro stanza. Ha
bisogno di lui
e non solo per dimenticare quello che è successo, ma
soprattutto le serve un
minimo di pace e di normalità. Rivuole il suo matrimonio,
con annessi e
connessi. Magari non proprio nell’ingresso del loft e con il
suocero che dorme
a pochi metri da loro, ecco. Meglio dirigersi verso
l’intimità della loro alcova.
E
una volta oltrepassata la soglia, le loro labbra, le
loro mani e i loro sensi si ritrovano e riscoprono quella connessione
che li ha
uniti sin dalla loro prima volta insieme. Prima di perdere
completamente il
possesso delle proprie facoltà mentali, un lampo di
lucidità attraversa il
cervello di Rick e l’uomo si stacca dalla moglie,
provocandole un mugolio di
protesta come risposta, e le sussurra: “Kate, lasciati amare
da me stanotte.”
Lei
lo fissa intensamente e annuisce, mordendosi il
labbro inferiore. Sa che quella richiesta nasconde ben altro.
Avrà lui il
comando stanotte ed è ben felice di lasciarglielo. E da quel
momento le parole
non servono più e lasciano spazio a baci, carezze, gemiti,
sospiri, corpi che
si riconoscono e si uniscono in un incastro perfetto.
La
mattina dopo, Kate si sveglia all’alba, in un meraviglioso
groviglio di arti e lenzuola. Dormire fra le braccia di suo marito le
ha
permesso di riposare meglio di quanto abbia fatto nelle ultime
settimane,
nonostante quello che è successo al night club e la
telefonata ricevuta. A dir
la verità, hanno dormito ben poco ed è stato
meglio così. Hanno investito il
tempo in attività assai più piacevoli di cui
entrambi avevano sentito molto la
mancanza. Ma adesso l’aspetta l’incontro con il
Commissario.
Un
incontro dal quale dipende il suo futuro lavorativo.
Per
sua fortuna al loft aveva lasciato un sobrio tailleur
pantaloni grigio antracite e una camicetta chiara, così
può avviarsi al
patibolo vestita in modo appropriato. Un serio chignon e un velo di
trucco
completano l’opera: ora è davvero pronta. Pur
avendo saltato la cena la sera
prima, e aver dato fondo alle sue energie durante la notte, la tensione
le
chiude lo stomaco e le impedisce di fare colazione. Prenderà
qualcosa più
tardi, prima di andare al lavoro. Sempre che un lavoro ce
l’abbia ancora…
Appena
giunta al numero 1 di Police Plaza, Beckett si
presenta alla receptionist che la invita ad accomodarsi nella saletta
numero 3
a piano terra. Kate si siede e poco dopo viene raggiunta da un uomo
alto che
indossa un completo nero, una camicia bianca e una cravatta nera. Se
solo portasse
anche gli occhiali da sole sarebbe un vero man
in black che potrebbe stare bene in uno dei film di Will
Smith. O almeno
questo è ciò che avrebbe pensato Castle in quella
situazione. Ormai Kate non si
stupisce più di aver adottato lo stesso processo mentale di
suo marito: il modo
di pensare dello scrittore deve essere contagioso! Comunque,
l’uomo di fronte a
lei non è certo il Commissario, con cui il capitano Beckett
pensava di avere
appuntamento. Ma forse il capo della Polizia di New York è
impegnato con casi
più gravi o più importanti del suo e ha mandato
un delegato. Speriamo che sia
un buon segno.
L’interlocutore
si presenta come John Smith.
Davanti
a questo nome, così banale, il capitano Beckett
solleva impercettibilmente un sopracciglio, cercando comunque di
mantenere la
sua collaudata poker face. Ci
mancava
giusto che dicesse my name is Bond, James
Bond.
“So
che le sembra un nome inventato, capitano” la precede
l’agente, che evidentemente sa come leggere la mente e il
linguaggio non
verbale di chi gli sta di fronte. Nonostante la frustrazione per essere
stata
scoperta – mannaggia, questo è più
scafato di lei –, Kate nota che l’uomo non
ha né confermato né negato quel sospetto.
“Ma non siamo qui per parlare di me”
continua Smith, o qualunque sia il suo nome.
Poi
le porge una cartellina, invitandola ad aprirla.
Il
primo pensiero di Kate è che lì dentro ci sia la
sua
lettera di licenziamento. Sospira. Non vorrebbe lasciare il proprio
lavoro. Non
saprebbe cosa fare della sua vita senza essere un poliziotto, senza
poter
portare giustizia a chi è vittima di un crimine. Le
è già successo dopo essere
stata licenziata dall’FBI e non vuole ripetere
quell’esperienza: non ha certo l’indole
da casalinga. Allo stesso tempo, si rimprovera mentalmente
perché, ancora una
volta, sta mettendo sé stessa davanti al suo matrimonio e
alla sua esistenza
accanto a Rick. Questo è il suo vero problema e ha anche
capito come
affrontarlo. Ma adesso non è il momento. Basta farsi
coraggio e vedere cosa il
destino ha in serbo per lei in quel fascicolo.
Apre
l’incartamento e scopre che, in realtà, il foglio
riporta l’ordine immediato e tassativo di trasferimento per
Vikram Singh dal
Dodicesimo agli affari interni, per un incarico altamente confidenziale.
Ecco,
questo proprio non se l’aspettava.
Beckett
solleva lo sguardo dalla comunicazione, redatta
su carta intestata del Commissario e debitamente siglata, e, corrugando
la
fronte, lo rivolge a Smith, fissandolo dritto negli occhi. Le sue iridi
gridano
a chiare lettere quanto sia determinata a non uscire da quella stanza
senza una
spiegazione.
Per
un attimo i due si fronteggiano senza aprire bocca.
Poi l’uomo esordisce: “Capitano, questa
conversazione non ha mai avuto luogo,
ci siamo capiti?”
Kate
annuisce e la sua mente è attraversata dal titolo di
un altro film di James Bond, For your
eyes only. Com’è che in questi giorni
pensa sempre a 007? Bah, ci sarà una
spiegazione logica che al momento le sfugge.
“Stavamo
sulle tracce di Singh, anche noto come Pawan Dahr,
Udhai Khan, Hasnain Sukumar e altri alias, da tanto tempo e adesso che
lo
abbiamo trovato abbiamo intenzione di usarlo per arrivare a Loksat. So
che la
cosa interessa anche lei, ma non aveva e continua a non avere alcuna
autorizzazione a continuare le sue indagini. Per rispetto alla sua
carriera non
proseguiremo con ulteriori accertamenti su ciò che lei ha
fatto finora. Ma da
adesso ce ne occuperemo noi. Senza ulteriori intromissioni, sono stato
chiaro?”
dichiara con un tono che non ammette smentite.
Beckett
è combattuta. Nonostante il luogo in cui si
trovano, una parte di lei non crede alle parole dell’uomo che
le sta di fronte.
Potrebbe essere un agente corrotto o un membro di
quell’organizzazione potente
di cui le ha parlato Hunt giusto la sera prima e che deve essersi
infiltrata
ovunque e fino nelle alte sfere. Però poi lui pronuncia una
frase,
apparentemente senza senso, che dissipa ogni dubbio.
Con
quella consapevolezza, Beckett stringe la mano a
Smith e guardandolo intensamente negli occhi si congeda da lui.
Nota
dell’autrice
Non
so se l’evolversi della storia sia in linea con quello che vi
aspettavate…
spero che sia comunque di vostro gradimento! Vikram è
sparito e Beckett è stata
convocata a 1PP, ma ci sarà davvero da fidarsi di quello che
le dice Smith?
Grazie
per avermi regalato il vostro tempo e al prossimo (e ultimo) capitolo,
Deb