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Autore: Luxie_Lisbon    10/02/2016    3 recensioni
L'infanzia e l'adolescenza di Takanori e Akira, due bambini che si conoscono all'asilo e diventando migliori amici. Storia ispirata dalle canzoni di Troye Sivan.
Un giorno, a l’asilo, si avvicinò a lui con un cerotto colorato tra le mani. Si inginocchiò difronte ad Akira e senza dire una parola appoggiò il cerotto sulle ginocchia magre del bambino. Akira alzò lo sguardo e lo guardò incuriosito.
"Così ti passa la bua" aveva detto Takanori, sorridendo timidamente. Akira lo aveva guardato con gli occhi lucidi.
Genere: Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Nuovo personaggio, Reita, Ruki
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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FOOLS
Adolescenza
...
https://www.youtube.com/watch?v=uxg222-hWWc
 
Nel sonno ricercavo una sorta di pace, mascherata, con una parvenza di benessere. In realtà, quando tornavo cosciente, mi rendevo conto che ero ancora vivo, che dovevo vivere, respirare, che mi aspettava un’ennesima giornata di sole oscurato.
In Takanori vedevo la speranza, la salvezza. Lui mi voleva bene, mi accettava per quello che ero, mi faceva sentire migliore. In lui c’era qualcosa che mi aiutava a sorridere nonostante il dolore onnipresente nelle mie membra, nel cuore. Avevo pensato molte volte di porre fine alla mia vita, di recidere i fili che tenevano incollate parti del mio corpo mortale, di interrompere il battito del cuore, ma dovevo continuare per mio fratello, cercando di ricordare che lui aveva soltanto me, ed io soltanto lui. Ma con Takanori, tutto il malessere si tramutava, almeno per qualche minuto, per qualche preziosa ora. Diventava meno opprimente, mi sembrava quasi di essere divenuto a conoscenza di cosa volesse davvero dire essere felice.
Quando ci hanno separati, tutto è crollato. Mi sono sentito veramente solo. Ma non una solitudine a cui ero abituato. Era come se mi avessero spezzato in due. L’altra metà del mio corpo era scomparso. Cercavo di resistere, ma volevo ancora il mio tutto, l’altra metà del mio corpo. Vivere senza di lui era orribile.
Mi distendo nella luce, avvertendo la schiena urlare di dolore. Non ho nessuna ala, non sto per spiccare il volo, non sono un angelo come diceva sempre mia madre. Sono completamente solo, anche qui. Attorno a me non sosta nulla, soltanto il mio malessere.
 
Takanori iniziò la sua nuova avventura in una scuola diversa da quella di Akira. Passare tutte quelle ore scolastiche senza il suo amico era doloroso, ma nonostante questo continuava ad impegnarsi nello studio, per non deludere i suoi genitori. Non aveva più rivisto Akira da quel giorno in spiaggia, quando suo fratello lo aveva portato via.
Un giorno, quando Takanori tornò a casa da scuola stanco e spossato, vide Akira seduto sul muretto della sua casa, un pallone da calcio tra le mani. Takanori sorrise di cuore e corse verso il suo amico. Akira scese con un balzo dal muretto e accolse tra le sue braccia calde il corpicino del suo amico.
“Mi sei mancato” sussurrò Takanori. Akira sorrise. Avrebbe voluto dire la stessa cosa, ma si vergognava, suo fratello lo avrebbe sgridato se avesse saputo quello a cui stava pensando, così si limitò ad accarezzare i capelli di Takanori.
“Vuoi giocare a calcio con me?” chiese Akira. Il sorriso di Takanori si spense, e gli disse che i sui genitori lo aspettavano a casa per il pranzo. Però promise ad Akira che sarebbe andato da lui nel pomeriggio. Giocarono a calcio dalle tre alle sei del pomeriggio. Akira rise così tanto quando Takanori cadde tra i fili d’erba, rise quando non riuscì a calciare il pallone, troppo pesante per i suoi piedini. Si lasciò andare ad un sospiro quando Takanori lo abbracciò prima di correre verso casa sua.
Anche per Akira a scuola le ore non passavano mai. Restava seduto al suo banco in silenzio, senza mai rivolgere la parola a nessuno, in attesa di rivedere Takanori nel pomeriggio. Giocavano a calcio, andavano a fare tantissimi giri in bicicletta, mangiavano gelati e panini seduti ad un chiosco in centro. La loro infanzia trascorse così, un insieme di ore in solitudine e pomeriggi ricchi di gioia. Incisero anche sul tronco di un albero accanto alla casa di Takanori le loro iniziali. Takanori pensò di contornarle con un cuore, ma si vergognò immediatamente di quel pensiero, così lasciò stare. Anche Akira ci penò, arrossendo, poi prese la manina di Takanori e tornarono alle biciclette.
Quando Takanori si iscrisse ad una scuola superiore, sperò con tutto se stesso di vedere Akira nello stesso istituto. Ma non fu così. Il fratello del suo amico lo aveva iscritto ad una scuola professionale, sperando che imparasse sin da subito a lavorare. Questa ennesima lontananza non distrusse il loro rapporto. Takanori ed Akira passavano le loro ore pomeridiane a giocare a calcio. Ora Takanori era migliorato nel gioco, Akira era sempre più snello e bello. Takanori arrossiva sempre quando il suo amico lo abbracciava forte, gli sorrideva. Pensò che Akira fosse davvero bellissimo, e di notte, steso nel suo letto, immaginò più volte di toccare le sue braccia, di sfiorare i suoi capelli ora biondi, di baciarlo. Comprese di amarlo quando Akira gli sorrise, steso tra l’erba del parco dove giocavano a calcio, e gli prese la mano. La strinse così forte. Takanori chiuse gli occhi, poi si sollevò un po’, portando una mano alla nuca e il gomito tra l’erba, osservando Akira steso accanto a lui. Senza timore che qualcuno li potesse vedere si chinò su di lui e lo baciò. Non fu un bacio innocente come quello che si erano scambiati quando erano piccoli. Fu un bacio delicato ma pieno di amore. Erano consapevoli l’uno dell’amore dell’altro. Le mani di Akira finirono tra i capelli di Takanori, li accarezzò piano, e quando si staccarono erano entrambi senza fiato. Non dissero nulla. Akira aprì piano le braccia avvolgendo il corpo di Takanori, che appoggiò la guancia sul suo petto. Gli piacque terribilmente ascoltare i battiti del cuore del ragazzo che amava, il petto alzarsi ed abbassarsi, segno che era vivo, reale, lì, tra le sue braccia.
Continuarono ad andare a scuola, a studiare divisi, Takanori nella sua grande casa sulla collina, Akira nella sua stanzetta piena di poster di auto e videogiochi. Takanori odiava la sua grande casa. Possedeva troppi soldi che avrebbe voluto lasciare ad Akira, ma i suoi genitori erano severi. Gite al lago, vacanze in montagna. Quando Takanori era lontano da Akira il suo cuore non batteva quasi più. Era come se morisse, lentamente, ora dopo ora, giorno dopo giorno.
Dopo quel bacio, il desiderio di toccarsi era troppo forte per i due. Una sera, al cinema, seduti sulle poltrone rosse, i due ragazzi avvertirono un bisogno di amarsi molto forte. Al buio, il volto illuminato soltanto dal tenue bagliore dello schermo, Takanori adagiò le mani sulle gambe di Akira che arrossì violentemente. Prese la mano di Takanori e la strinse forte, pregandolo con un gesto di volergli bene. La curiosità fu tanta, Takanori scese con la mano gelida, sfiorando Akira che chiuse gli occhi. Era un momento così intenso. I due uscirono dalla sala, in silenzio, guardandosi intorno impauriti, poi si chiusero in uno dei bagni del cinema, fortunatamente deserto. Si amarono. Akira baciò Takanori togliendogli il fiato, e la mano di Takanori tornò ad accarezzare il ragazzo. Akira chiuse gli occhi, quasi crollando sul corpo esile di Takanori, cullato dalle sue carezze. Non aveva mai provato una sensazione così intensa e bella prima d’ora.
“I miei genitori sono fuori domani pomeriggio. Vuoi venire da me?” chiese Takanori, senza lasciare la mano di Akira, fuori dal cinema. Akira annuì, pensando al fatto di dovere mentire a suo fratello per avere la possibilità di uscire.
Quella sera disse a Hiroki che avrebbe passato il pomeriggio in biblioteca a studiare. Il ragazzo annuì, poco attento alle parole del fratello minore, poi si versò un ennesimo bicchiere di vino.
Sapevano entrambi quello che sarebbe successo quel pomeriggio. Quando Takanori aprì la porta d’ingresso ad Akira, sorrise, porgendogli la mano fredda. Akira la strinse forte, poi crollò tra le braccia del ragazzo, baciandolo come se temesse di perderlo. Finalmente erano liberi di amarsi. Crollarono senza staccarsi mai sul letto di Takanori, dopo aver chiuso la porta. Le mani ora più esperte assaporarono ogni centimetro di pelle, le labbra baciarono e sorrisero, i corpi tremarono. Akira abbracciò forte Takanori, con il cuore che rischiava di uscire dal petto, e gli chiese quasi il permesso. Takanori annuì a corto di fiato, lasciandosi cadere tra le lenzuola, aprendo piano le gambe e accogliendo le labbra di Akira. Si amarono intensamente, delicatamente, e quando arrivò il momento che avevano soltanto immaginato, fu come essere circondati da tanta luce. Erano felici come mai prima di allora.
“Ti amo” disse Takanori, le labbra sul petto di Akira.
“Ti amo” rispose Akira, chiudendo gli occhi e accarezzando i capelli del ragazzo.
Tutto sembrava andare per il verso giusto. Avevano compreso di amarsi, di volersi bene. Ma un fulmine carbonizzò Akira. Suo fratello li vide tornare a casa mano nella mano. Vide Akira baciare sulle labbra Takanori. Vide i due amici restare abbracciati, l’uno tre la braccia dell’altro. Quando Akira rientrò a casa, Hiroki lo aggredì, facendolo cadere sul pavimento. Hiroki era inorridito, non riusciva a comprendere quello che aveva appena visto. Mentre Akira cercava di scappare dalle sue sberle, Hiroki lo minacciò. Doveva abbandonare Takanori, doveva dimenticarlo. Non avrebbe mai avuto un futuro amando un ragazzo. Akira si coprì il volto con le mani, ma non servì a nulla. I pugni e i calci arrivarono ugualmente. Suo fratello era furioso.
Quella sera Takanori non ricevette il messaggio della buonanotte di Akira. Nemmeno il buongiorno. Quando provò a chiamarlo, preoccupato, il silenzio che ricevette dall’altra parte lo annientò. Andò a casa sua, vide Akira e suo fratello in giardino, intenti a sistemare la vecchia auto di Hiroki. Takanori sorrise nel vedere Akira, lasciò andare la rabbia che aveva provato non ricevendo alcuna notizia da parte sua e lo chiamò perché andasse da lui. Ma quando Akira si avvicinò al ragazzo, tutto quello che Takanori ricevette dopo giorni di assenza fu il nulla. Akira gli chiese di andarsene. Takanori non dimenticò mai lo sguardo vitreo e gli occhi pieni di lacrime di Akira, la sagoma di Hiroki alle spalle del ragazzo che amava. Visto che Takanori non si spostava, Akira quasi gridò, così Takanori alzò le braccia in segno di resa e si voltò. Gli disse semplicemente “ti amo”. Akira avrebbe voluto sussurrare a Takanori “anche io” ma non aveva il permesso.
La solitudine distrusse il cuore di Takanori. Provò ogni sera a chiamare il ragazzo, ma c’era sempre la segreteria. I suoi sms non ricevano mai risposte. I genitori di Takanori, difronte alla tristezza del figlio, pensarono che una vacanza dai nonni gli avrebbe fatto bene. Takanori partì contro voglia, piangendo. Trascorse tutte le vacanze chiuso in casa, gli auricolari alle orecchie, rileggendo all’infinito i messaggi che si erano scambiati lui ed Akira. Messaggi in cui dicevano di amarsi, messaggi in cui si confidavano, in cui si giuravano amore eterno.
Dopo un’estenuante settimana, Takanori ed i suoi genitori tornano a casa. Dopo aver disfatto le valigie ed essersi fatto una doccia bollente, Takanori uscì di casa. La sua meta era la casa di Akira. Voleva affrontare Hiroki, dire al ragazzo che lui ed Akira si amavano, dirgli che era pronto anche a rinunciare a tutto per Akira. Ma sulla strada dell’andata, Takanori incontrò Akira, la mano stretta in quella di una ragazza. Il suo cuore si disintegrò. Akira e la ragazza gli passarono affianco senza neppure guardarlo. Akira aveva lo sguardo rivolto in avanti, lei parlava di chissà che cosa. Quando Takanori gli passò accanto, Akira non lo guardò neppure. Lo aveva notato all’inizio della strada. Si era sentito morire. Ma doveva portare avanti quella recita, per convincere suo fratello che era stato soltanto un errore. Doveva convincere suo fratello di non amare Takanori. Ma quel sentimento non sarebbe mai andato via.
Takanori osservò la coppia andarsene, senza riuscire a distogliere lo sguardo dalle loro schiene, continuando a camminare. Quando tornò a guardare a terra si sentì morire. Era morto, il suo cuore aveva veramente smesso di battere. Attese un po’, fermo al centro del sentiero, poi si voltò e tornò a casa. Alla vista di quel tronco d’albero che le loro iniziali, ebbe voglia di cancellarle per sempre, ma non aveva la forza. Chiuse gli occhi e proseguì per la sua strada, in solitudine. Gli aspettavano ore, giorni completamente bui, confortato dal buio e dal nulla, steso in posizione fetale nel suo letto. In quel letto che conservava ancora il profumo del corpo di Akira.
Takanori non versò neppure una lacrima.
Era soltanto uno sciocco. Si sentì pazzo, perché soltanto un pazzo continuava ad amare una persona dopo che questa gli aveva spezzato il cuore. Le loro vite non si sarebbero incontrate mai più. 
***
***Eccomi qui anche con la seconda parte! Scrivere di mattina è più producente devo dire xD Spero che vi sia piaciuta. Mi sono ispirata al video verso la fine, perchè le scene concepite da Troye mi sono piaciute tantissimo, e ci stavano, purtroppo, nella storia :( Spero che vi sia piaciuta anche questa parte <3 Vi voglio bene, alla prossima bellezze <3
Luxie
 
  
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