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Autore: casty    10/02/2016    6 recensioni
Cosa ci fanno Sherlock e John travestiti da Merlin e Arthur al Comicon di Londra? Cercano un serial killer, che domande! Se la dovranno vedere con un gruppo di fanciulle furbe, spietate e ossessionate da una strana passione...
[post stagione 3][rapimento]
Genere: Azione, Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Nuovo personaggio, Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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«Sherlock, Benvenuto! Stasera offre la casa, per te e per questo bel bocconcino!»
«Noo! Stooop!» gridò Midonz dall’altoparlante.
Angelo, che ancora stava stringendo vigorosamente la mano di Sherlock, sbuffò e lasciò cadere le braccia lungo i fianchi con un gesto teatrale. John si passò una mano sul viso. Bel bocconcino?
«Quante volte devo dirti che non devi fare variazioni creative al copione?» disse Midonz. Per una volta John era d’accordo con lei.
«Volevo aggiungere un tocco personale, un guizzo di passione!» protestò Angelo col suo marcato accento italiano. «Ho fatto parte di un gruppo teatrale dilettantesco, so improvvisare molto bene.»
«Torna indietro, rientra e questa volta dì la battuta giusta. E ti avviso: è la prima e ultima volta che interrompiamo la scena, se ti inventi qualche altra stupidaggine te la dovrai vedere con noi. E tu lo sai quanto sappiamo essere spiacevoli, se lo vogliamo…»
«…talento sprecato…» borbottò Angelo mentre si allontanava «…perle ai porci…»
Sherlock tossì. John si passò una mano tra i capelli.
«Scusate per l’interruzione, ragazzi, non succederà più. Ah… e buon divertimento.»
A quelle parole, che erano state dette con un’intonazione decisamente maliziosa, John non poté evitare di pensare al bacio. Forse ti bacerò, era stato il messaggio che Sherlock aveva scritto sulla schiena di John circa una settimana prima. Se sarò costretto a farlo, aveva aggiunto.
E John, per una settimana, nell’attesa noiosa ed estenuante della nuova prova, non aveva fatto altro che pensarci.
In una situazione di vita normale non ci avrebbe dato peso. Sarebbe andato al lavoro, avrebbe avuto indagini da studiare insieme a Sherlock, sarebbe uscito con qualche ragazza, magari. Ma lì in quella dannata prigione non c’era nulla da fare, e ossessionarsi sul bacio era diventato il suo passatempo principale.
Dopo una trentina di secondi Angelo spuntò di nuovo dal retro con aria gioviale. La recita stava per ricominciare.
«Oooh, caro Sherlock!» lo abbracciò calorosamente «Benvenuto!» posò due menù sul tavolo «Stasera offre la casa, per te e per il tuo ragazzo.»
Be’, sempre meglio di bel bocconcino, pensò John. «Non sono il suo ragazzo» sentì il bisogno di precisare.
«Vado a prendere una candela da mettere sul tavolo. È più… romantico» proseguì Angelo, pronunciando la parola “romantico” con un sospiro degno dell’eroina di una soap opera. Poi si voltò con una giravolta svolazzante e si allontanò verso il fondo del locale.
«Non sono il suo ragazzo!» ripeté John all’uomo corpulento mentre se ne andava.
John non fece nemmeno in tempo a scuotere la testa e fare un sorrisetto tirato a un impassibile Sherlock che vide Angelo tornare verso il loro tavolo tenendo davanti a sé sulla punta delle dita una candelina accesa. Camminava con un’aria pomposa e, arrivato al loro cospetto, posò la candela in centro al tavolo con la solennità di Amleto col teschio di Yorick.
John sollevò gli occhi al cielo. La prova era già abbastanza imbarazzante anche senza le velleità attoriali di Angelo.
«Grazie» mormorò John. Angelo rispose con un inchino subito prima di andarsene e lasciarli soli.
Per tenersi occupato con qualcosa, John prese in mano il menù e scorse la lista di piatti: cucina italiana, proprio come ricordava.
Ma non aveva fame, era troppo nervoso, quindi posò il cartoncino e si guardò intorno. Si trovavano in un set che riproduceva alla perfezione gli interni del ristorante Angelo’s, con tanto di finti clienti. Era il luogo dove John e Sherlock avevano avuto il loro primo appuntamento, almeno secondo l’interpretazione delle shipper. Si trattava, sì, della prima volta che erano usciti a cena insieme, ma John non l’avrebbe definito un appuntamento. Era, piuttosto, un appostamento. Un appostamento organizzato da Sherlock per tendere un agguato al misterioso assassino del primo caso a cui avevano lavorato insieme: lo studio in rosa, come l’aveva chiamato John sul blog.  
John e Sherlock erano persino vestiti identici a quella sera, Sherlock come sempre elegante e impeccabile in un completo nero, John con quello stupido maglione ecrù che non indossava da secoli e pensava fosse stato divorato dalle tarme nelle profondità di qualche cassetto, invece eccolo lì, perfettamente integro e profumato di lavanda.
L’unico particolare differente era l’ombrello.
Un oggetto che John non credeva di aver mai visto a casa loro; sembrava uno di quegli ombrelli raffinatissimi e costosissimi di Mycroft. Forse lo era, ma cosa ci faceva lì? Da dove saltava fuori? E soprattutto, quale era la ragione della sua presenza in scena? Erano tutte domande che non poteva porre ad alta voce: Sherlock, durante la comunicazione segreta sotto le coperte, quella in cui gli aveva annunciato la possibilità del bacio - Oddio, il bacio! - aveva avvisato John della presenza dell’ombrello e gli aveva detto di non fare commenti in merito, così John si era trattenuto dal chiedere alcunché o anche solo dal fissarlo troppo a lungo. Sherlock aveva architettato qualche tipo di piano che richiedeva l’uso dell’ombrello, questo era ovvio, e le shipper non dovevano insospettirsi.
E adesso? Le shipper cosa si aspettavano da loro? Non c’era alcun serial killer da tenere sott’occhio, quindi John aveva preso a vorticare i pollici e Sherlock si stava grattando l’orecchio con aria imbarazzata.
Forse ti bacerò.
John deglutì e chiuse gli occhi per qualche secondo, non ne poteva più di quel pensiero ossessivo. Doveva trovare qualcosa da dire. Quando riaprì gli occhi vide trotterellare verso di loro il suo salvatore: Angelo con un vassoio e una bottiglia di vino bianco.
«Quand’è che abbiamo ordinato?» disse John aggrottando le sopracciglia.
«Hors d’oeuvre!» annunciò giulivo Angelo «Tartine di aragosta con frutto della passione»
«Ehm… dov’è finita la cucina italiana?» chiese John sottovoce.
«Piatto a-fro-di-si-a-co!» bisbigliò Angelo a Sherlock mentre stappava il vino. Poi guardò John e gli fece l’occhiolino.
John aveva la netta sensazione che anche queste fossero aggiunte fantasiose al copione, ma stavolta Midonz non interruppe la scena.
John abbassò gli occhi sul vassoio e notò che ogni tartina era condita con decorazioni a forma di cazzetto. Sollevò uno sguardo disperato verso Sherlock che, apparentemente ignaro, stava addentando una tartina fissando John negli occhi con uno sguardo intenso. Stava forse cercando di lanciargli un messaggio? Qualcosa del tipo: John, provaci con me?
E allora a John venne un’idea.
«Ti ricordi di cosa abbiamo parlato quella sera?»
«Mh?» fece Sherlock masticando.
«Mi avevi detto di essere sposato con il tuo lavoro...» disse John, e addentò anche lui una tartina cazzetto.
«Oh, già! Quando ci hai provato con me.»
John quasi si strozzò con la tartina.
«Prego?» disse tossendo. Non era a questo che aveva pensato, proponendo quell’argomento di discussione. Il suo intento era parlare della passata vita sentimentale di Sherlock, prendendola un po’ alla larga, ma Sherlock con una battuta aveva invertito il fuoco della discussione.
«Ricordo benissimo il dialogo,» proseguì Sherlock con semplicità «ti sei informato sulle mie frequentazioni e poi hai espresso soddisfazione quando ti ho detto di essere gay e non fidanzato.»
John spalancò gli occhi e la frase appena pronunciata da Sherlock risuonò nella sua mente come l’eco di una campana trionfale.
Essere gay e non fidanzato.
Essere gay e non fidanzato.
Essere gay.
GAY.
Gay e non fidanzato.
John scosse la testa.
«A dire il vero» disse John «non sono mai stato troppo sicuro, uhm, del significato di quel discorso. Cioè non… quindi… sei… davvero… Cioè... l’ho pensato quella sera, ma poi hai sviato l’argomento dicendomi di essere sposato al tuo lavoro e…»
«Ti ho detto che le donne non sono il mio campo. Mi sembra un’affermazione piuttosto inequivocabile.»
«Sì, ma… e Irene Adler?»
«Che c’entra Irene Adler?» chiese Sherlock con un’espressione incuriosita.
«Non hai… mai...?» tentennò John.
«Non ho avuto alcun rapporto sessuale o sentimentale con Irene Adler, se è quello che stai cercando di chiedermi.» disse risoluto Sherlock.
John era confuso. Sherlock stava dicendo la verità o erano menzogne per le orecchie delle shipper? Non aveva mai parlato di argomenti simili con Sherlock, e adesso non avrebbe saputo dire dove finiva la verità e iniziava la messinscena.
Oh, quanto avrebbe voluto sapere la verità!
«A cosa stai pensando, John?» chiese dolcemente Sherlock appoggiando i gomiti sul tavolo e sporgendosi verso di lui. Mancava solo che si mettesse a fare flap flap con le ciglia.
«A cosa sto pensando?» gli fece eco John. «A niente!» disse sforzandosi di mantenere un tono noncurante. Sapeva che Sherlock lo stava provocando solo per far credere alle shipper che stesse nascendo un’intesa sentimentale tra di loro, ma la cosa lo metteva a disagio come se fosse tutto vero e non riusciva a stare al gioco.
«Sai,» disse Sherlock abbassando lo sguardo «tu poi quella sera hai negato tutto. Ma…» si morse il labbro «…ho sempre voluto chiedertelo e…»
Dio come faceva bene la parte dello spasimante imbarazzato! Oddio, forse lo caricava un po’ troppo. Del resto non era esperto in rapporti sentimentali, e stava imitando modelli di comportamento stereotipati.
«Vuoi sapere se ci stavo provando davvero con te?» sputò fuori John. Non ebbe il coraggio di guardare Sherlock negli occhi mentre lo diceva.
E subito sentì lo stomaco contorcersi e la stramaledetta aragosta che aveva appena ingoiato sembrò riprendere vita e volerlo strozzare risalendo nell’esofago. Afferrò la bottiglia di vino e versò un bicchiere per lui e uno per Sherlock.
Ripensò a quella sera. No, non ci aveva provato con lui, Sherlock aveva frainteso tutto.
Eppure…
Eppure cosa, John?
John tracannò il bicchiere in pochi sorsi.
«John?» lo incalzò Sherlock.
John sollevò lo sguardo e gli occhi di Sherlock sembravano quasi lucidi per l’emozione.
Dio Sherlock, smettila di recitare così bene.
«Non lo so,» disse «non lo so cosa stavo facendo.» E si rese conto con orrore che aveva detto la verità.
Io non so se ci stavo provando con Sherlock, quella sera.
E ripensò al bacio. John guardò le labbra leggermente socchiuse di Sherlock. Avevano un aspetto così morbido e invitante.
Forse mi bacerai? E quando lo farai? Adesso?
«Le pièce de résistance!» Angelo irruppe in scena con la grazia di un trattore agricolo, interrompendo le elucubrazioni di John. Sherlock fece una smorfia che a John sembrò quasi infastidita.
L’uomo posò due piatti di pesce sul tavolo e portò via il vassoio con le tartine. Mentre se ne andava fece l’occhiolino a John.
«A proposito, credo che Angelo ci stia provando con me. È la seconda volta che mi fa l’occhiolino.» John ridacchiò istericamente.
Sherlock sorrise alla battuta e spinse il piatto lontano da sé.
John lo imitò. «Nemmeno io ho fame.»
Sherlock per qualche secondo strizzò gli occhi e fissò un punto lontano davanti a sé, come se stesse pensando a qualcosa. Poi prese il suo bicchiere, ancora colmo di vino, e lo bevve tutto d’un fiato. Fece un sospiro teatrale e improvvisamente, inaspettatamente, si alzò in piedi. John si scostò leggermente dal tavolo, allarmato. Istintivamente lanciò un’occhiata rapidissima al locale, e notò che i clienti, impersonati dalle shipper, si erano voltati tutti a guardare Sherlock. Stava cercando di attirare la loro attenzione?
«Guardami negli occhi John!» disse Sherlock, sedendosi sul divanetto accanto a lui.
Ok, messaggio ricevuto, devo guardare lui. Non devo guardare le shipper. Sta per succedere qualcosa? Sta per succedere QUELLA cosa?
Improvvisamente sentiva la gola secca.
«So che non è il luogo e il momento, ma devo chiedertelo. Guardati nel cuore, John: sei sicuro di non saperlo?» il suo viso si avvicinò di qualche centimetro a quello di John.
«Eh?» disse John confuso «Sicuro di non sapere… cosa?»
«Sicuro di non sapere cosa stavi facendo quella sera.» Poi si avvicinò un altro po’, allungò le mani e prese quelle di John. «Sicuro di non sapere quello che provi.»
Ok. Respira John. Respira. È tutta una farsa.
Sentì il cuore pulsargli nelle tempie.
«Cristo Sherlock,» disse John quasi tra sé e sé «non fare così.»
Abbassò gli occhi e guardò le mani di Sherlock posate sulle sue.
«È difficile per me, lo sai.»
John vide le mani di Sherlock avvicinarsi. Lo prese per il viso e lo sollevò costringendo John a guardarlo di nuovo negli occhi. Era incredibilmente vicino, ora, solo pochi centimetri li separavano. Allora John posò una mano sul petto di Sherlock: il suo cuore batteva così veloce.
È solo la tensione, non è emozionato.
John strinse la mano a pugno, accartocciando la camicia. Sherlock lo fissava, lo sguardo carico di esortazione e le guance imporporate.
È il vino che ha appena bevuto, non è emozionato.
«Anche per me è difficile John» la sua voce era rotta dall’emozione.
No, non è emozione, John. È tutta una farsa, non prenderla sul serio.
Sherlock si morse il labbro inferiore.
E quella visione ruppe qualcosa dentro la sua testa. John spinse via le braccia di Sherlock, che ancora gli stavano tenendo il viso. Affondò le mani tra i suoi capelli e lo tirò a sé. Appoggiò la fronte contro la sua e rimase qualche secondo fermo a sentirlo respirare. Strinse i capelli tra le mani e Sherlock rispose con un piccolo gemito stizzito. Gli stava facendo male? Ma non si sentì in colpa, anzi, quel gemito disintegrò anche quel po’ di esitazione che gli rimaneva. John allungò il collo e nell’istante in cui le sue labbra toccarono, anzi, sfiorarono quelle di Sherlock si udì un fracasso di vetri rotti, e una specie di esplosione e Sherlock si buttò addosso a John e lo spinse sotto al tavolo.
John si guardò intorno confuso, frastornato, cosa stava succedendo?
Da sotto il tavolo vide una piccola folla di uomini in divisa antisommossa, con mitra e pistole puntati sulle avventrici del locale, sulle shipper, e John si rese conto di essersi dimenticato per un paio di minuti delle shipper, del fatto che fossero lì su quel set con loro.
«Che cosa…?»
Era talmente intontito che gli sembrava di essersi appena risvegliato da un’anestesia totale.
«Appena in tempo, bravissimo!» disse Sherlock guardando nel vuoto davanti a sé. Con chi stava parlando?
La confusione si risolse molto rapidamente: qualche urlo, qualche calcio rotante fermato a mezz’aria e le shipper presenti nella stanza furono tutte ammanettate nel giro di un minuto o poco più. John guardò Sherlock che annuiva fissando il vuoto e tenendo una mano premuta all’orecchio: indossava un auricolare? Chi gliel’aveva consegnato? E quando?
John scosse la testa ripensando a quello che era appena successo. Troppe cose.
Aveva quasi baciato Sherlock. Avvertiva ancora la sensazione fugace del contatto sulle labbra.
E poi erano stati liberati, a quanto pareva. Gli uscì una risatina isterica.
«Siamo liberi?» chiese incredulo a Sherlock.
Sherlock non rispose, lo vide alzarsi in piedi e sorridere a qualcuno davanti a sé. «Sapevo che avresti capito!» esclamò in tono entusiasta.
«Certo che ho capito, era elementare!» Era la voce di Mycroft.
John si tirò fuori da sotto il tavolo: il fratello di Sherlock avanzava a passi lenti e sicuri verso di loro.
«Complimenti per la recita,» disse guardando John e battendo una mano sulla spalla di Sherlock «siete stati molto convincenti, sembravate proprio due piccioncini.»
«Siamo entrambi due bravi attori.» disse Sherlock abbassando lo sguardo.
«Ma come…? Cioè, cosa…?» John non ci stava capendo nulla.
«Gli ostaggi?» chiese Sherlock a Mycroft.
«Tutti in salvo. È stata un’operazione pulitissima.» rispose Mycroft.
«Qualcuno vuole spiegarmi cos’è appena successo?» chiese John spazientito.
Ma né Sherlock né Mycroft risposero, perché proprio in quel momento, quasi dal nulla, apparve Angelo, sorridente e baldanzoso come sempre.
«Vecchio marpione,» disse a Sherlock agitando un dito verso di lui, «lo sapevo che c’era qualcosa fra voi due…»
«Stavamo recitando!» sbottò John infastidito. Si morse un labbro pensando al bacio che c’era quasi stato e senza quasi rendersene conto guardò quelle di Sherlock.
«Posso riavere il mio ombrello?» disse Mycroft allungando una mano verso Sherlock.
L’ombrello scacciò momentaneamente il pensiero del bacio dalla mente di John. «L’ombrello c’entra qualcosa, vero?» chiese «C’era una ricetrasmittente all’interno, oppure…»
Sherlock e Mycroft risero all’unisono, facendo sentire John, per l'ennesima volta, uno stupido.
«L’ombrello è la chiave di tutto,» disse Sherlock «ma la soluzione è molto più semplice di quel che pensi.»
   
 
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