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Autore: PaleMagnolia    21/03/2009    2 recensioni
Una tragedia storica di proporzioni epiche, un uomo esile e scialbo, una bambina dagli occhi pallidi: due vite cambiate per sempre da un fatale istante - brusca virata e schianto, giubbotti bianchi sotto il cielo nero, freddo.
Una piccola, perfetta bellezza dodicenne, col viso serio di una bambola di porcellana; un uomo pallido e schivo.
Quando l'amore è a prima vista, a ultima vista, a eterna vista.
Genere: Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Oh how I wish
For soothing rain
Oh how I wish to dream again
Once and for all
And all for once
Nemo my name for evermore
Nemo sailing home
Nemo letting go

Nightwish


Compilare modelli 730, in un ufficio senza finestre, con vista sull'archivio (da Bacchi a Bucciarelli, e da Galassi a Lugli), non è la cosa più ispirante (ispirativa?... Ispirevole?... Ispirazionale? Oddio...) che si sia mai vista, però ecco qui il settimo capitolo. Forse quello che più di tutti è ispirato (anche se credo che la parola giusta sia "plagiato") da The Secret History (e anche un po' - ma poco-poco, da Il Buio Oltre La Siepe), ma, ehi! Lavoro in una stanza senza finestre, non potete pretendere.

Grazie a Killer per il commento, e per la segnalazione: non ci avevo proprio fatto caso! Ho rimaneggiato la frase un paio di volte, e il doppio nome dev'essere il residuo di una versione precedente!


Irwing beveva il tè, tiepido e troppo zuccherato, a piccoli sorsi, tenendo entrambe le mani intorno all’ammaccata tazza di sta

Irwing beveva il tè, tiepido e troppo zuccherato, a piccoli sorsi, tenendo entrambe le mani intorno ad un'ammaccata tazza di stagno.

Seduta accanto a lui, le mani quietamente intrecciate in grembo, Annie lo guardava in silenzio, senza coinvolgimento - senza nemmeno tanto interesse - bensì con quello sguardo calmo e analitico che Irwing avrebbe imparato a conoscere come suo proprio.

Non era indifferenza, pensò, quanto invece una sorta di naturale distacco; un’insensibilità innata, che non derivava da malizia, o senso di superiorità, ma dal semplice fatto che la bambina sembrava del tutto immune al corso degli eventi.

Irwing avrebbe presto imparato ad accettare i suoi modi bizzarri, le sue stranezze: la sua perspicacia e le sue ingenuità, la sua mente brillante e il suo anacronistico, eccentrico rispetto delle superstizioni (“Cosa fai?”, le aveva chiesto una volta, grandemente stupito, quando, al bivio fra le due strade di campagna che portavano alla loro casa, le aveva visto togliere dalla tasca un piattino sbeccato e la bottiglia del latte. Riconobbe il piattino, decorato con fiorellini di smalto blu e un reticolo di crepe, come uno di quelli dentro i quali la ragazzina dava abitualmente da mangiare ai suoi molti gatti.

Annie aveva posato il piatto per terra, nella polvere, e ci aveva versato dentro un goccio di latte. “Nei crocicchi dimorano gli spiriti dei morti” gli aveva detto, tutta seria. “Quando si passa per un bivio, bisogna lasciar loro un’offerta per placarli”).

Irwing si voltò verso di lei, che ricambiò il suo sguardo senza malizia né coinvolgimento.

“Non provi molta emozione per gli altri, vero?”, le disse, senza pensare.

Annie sbattè le palpebre, senza sorpresa. Il vento scompigliava i suoi capelli solo sulla cima, lasciando inalterato il resto. Ciocche leggere si muovevano attorno al suo viso, ma il pesante caschetto nero cadeva, compatto e immobile come un sipario, sul suo collo.

“Nemmeno tu”, rispose, dolcemente.

Irwing riflettè un attimo.

“Hai ragione”, disse infine. Scrollò le spalle. “Non ha molta importanza, dopo tutto.”

Annie si inclinò un poco verso di lui, e gli mise una mano sul braccio.

“No, non ce l’ha, per noi, vero?”, mormorò, non senza una certa tenerezza; poi alzò lo sguardo, allarmata. “Oh”, gemette.

Sorpreso, anche Irwing alzò gli occhi.

Un ufficiale del Carpathia, giovanissimo e in evidente, tremendo imbarazzo, si stava avvicinando a loro con un taccuino fra le mani. Si fermò di fronte ai due, appoggiandosi alternativamente su un piede, poi sull’altro.

“Signore, hmm, io... potete dirmi il vostro nome, per, hm – stiamo facendo una lista dei, uh, superstiti del naufragio per – sapete com’è”.

Irwing lo guardò negli occhi. Il poveretto tormentava la matita che teneva fra le dita, rigirandola e piantando le unghie nel legno tenero; fissava un punto all’orizzonte, per evitare di incontrare lo sguardo dei suoi interlocutori.

“Io sono, uh, il mio nome è William Harry Irwing”, disse. “Seconda classe.”

Il giovane rivolse la sua attenzione ad Annie, e le rivolse un sorriso forzato.

“E questa bella signorina, come si chiama?”

Irwing si voltò verso la bambina, che, si accorse, gli stava ora stringendo spasmodicamente il braccio.

“Lei è Ann--”

“... Catherine Irwing”, terminò Annie per lui. “Quest’uomo è mio padre”, aggiunse, freddamente, fissando il poveretto come per sfidarlo a contraddirla.

Il sorriso si spense; l’ufficialetto scribacchiò in fretta i nomi e si allontanò strusciando i piedi.

Ora Irwing era davvero confuso.

“Perchè hai detto a quell’uomo che io sono tuo padre?”, chiese, incerto se esserne lusingato o inquietato.

“Perchè è quello che sarai, d’ora in poi”, fu la risposta di Annie che, rigida, continuava a fissare dritto avanti a sè.

Cominciò a piovere.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

  
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