Era ormai pomeriggio inoltrato e John era ancora sdraiato a letto con il volto rigato di lacrime. Il suo Sherlock... Lo avevano portato via... Ma dove?
Lo avevano sicuramente rinchiuso da qualche parte.
Non avrebbero mai osato fargli del male. Lucille non avrebbe mai corso un rischio così grande di macchiare la sua preziosa reputazione.
Sherlock era ancora sulla nave... Da qualche parte
Sarebbe andato a cercarlo, a qualunque costo. Ma serviva che Lucille non fosse in cabina
Decise quindi di aspettare l’orario di cena, che sulla nave veniva servita per le 21 circa
Lucille arrivò puntuale come un orologio a chiamarlo “C’è la cena” Disse secca
“Non ho fame” Ribattè lui deciso, rimanendo sdraiato sul letto
“Preparati immediatamente!” Ordinò la madre picchiando un piede a terra, rabbiosa
“Va al diavolo.” Disse John scandendo lentamente ogni parola
“Bene. Morirai di fame allora!” Urlò Lucille per poi chiudere la porta con un tonfo e chiudendola a chiave
Fu nel momento in cui John sentì la madre uscire definitivamente dalla cabina che agì
Si alzò di scatto dal letto e corse verso la scrivania. Cominciò ad aprire tutti i cassetti e frugarci dentro nervosamente fino a trovare ciò che voleva.
Sorrise trionfante quando trovò la graffetta in fondo a un cassetto, sotto un mucchio di scartoffie.
Poi fu la stessa procedura di quando entrò nella cabina di Sherlock per andare a soccorrerlo: modellò la graffetta fino a farla diventare una linea e la introdusse nella serratura, che scattò pochi istanti dopo. Non gli importava cosa avrebbe fatto Lucille se lo avesse scoperto, piuttosto sarebbe stato nascosto per i restanti giorni del viaggio, ma non si sarebbe arreso.
John aprì la porta lentamente e uscì dalla stanza guardandosi intorno per essere sicuro di essere solo, poi si mise a pensare a dove potesse essere il suo Sherlock.
Doveva pensare come quel mostro di sua madre. Se fosse stato in lei, dove lo avrebbe fatto portare?
Considerava il suo compagno come un poveraccio, che non si meritava nulla
Fu lì che arrivò l’illuminazione
“Razza di idiota prevedibile” Mormorò John riferendosi alla madre per poi correre fuori dalla cabina e prendendo le scale che portavano ai piani inferiori della nave.
Corse così velocemente che ogni tanto rischiò di inciampare sulle rampe di scale, ma alla fine arrivò all’ultimo piano prima della sala macchine.
“Sherlock!” Gridò iniziando ad aprire ogni porta che percorreva quel corridoio
“John?” Mormorò una voce in risposta, proveniente da una porta poco distante
Lo scrittore scattò verso la direzione dalla voce e aprì la porta con uno scatto
Sherlock era lì, seduto a terra con gli occhi rossi, gonfi di lacrime e un polso ammanettato a un tubo che percorreva il muro
“Oh mio dio!” Disse John fiondandosi sul violinista e abbracciandolo così forte che quasi a Sherlock si bloccò il respiro
“Come mi hai trovato?” Domandò il moro senza sciogliere l’abbraccio
“Ovunque tu sia, io ti troverò sempre” Rispose John baciandolo, intanto che nuove lacrime cadevano a entrambi
La preoccupazione di essersi persi li aveva resi terribilmente instabili, sempre sull’orlo del pianto
Sherlock ricambiò il bacio, assaporando le labbra di John, salate dalle lacrime
“Ok” Mormorò John staccandosi e riprendendo fiato “Ora troviamo un modo per liberarti da queste manette”
Lo scrittore si guardò intorno fino a posare gli occhi su un ascia che stava nella teca per le emergenze.
Ruppe la teca con una gomitata ed estrasse lascia per poi tornare verso Sherlock, che sgranò gli occhi color ghiaccio
“Che cosa vorresti fare?” Domandò indietreggiando
“Sarà una cosa veloce”
“John, io ci tengo alla mia mano” Disse il violinista terrorizzato
“Sherlock! Ti fidi di me?”
Il moro sospirò, per poi tendere il braccio in modo da tenere tesa anche la catena delle manette “Mi fido” Sussurrò per poi girarsi dall’altra parte e chiudere gli occhi
Non ci volle molto prima di sentire un tonfo metallico e qualcosa che si rompeva. In pochi istanti la mano del violinista fu libera
“Grazie” Sussurrò per poi gettarsi tra le braccia di John
“Ora via di qui” Disse quest’ultimo per poi prenderlo per mano e correre via da quella maledetta stanza.
Corsero su per la scale fino ad arrivare al pontile
Erano quasi le 22 e tutti i passeggeri erano ancora nel salone principale a causa di una festa, quindi i due decisero di rimanere all’esterno.
Passeggiarono mano nella mano per tutta la nave, fino ad arrivare alla prua della nave.
Il vento scompigliava i capelli di Sherlock, che chiuse gli occhi respirando profondamente l’aria marina.
John rimase a fissarlo imbambolato, era meraviglioso
Il violinista si diresse alla ringhiera davanti a lui e si mise a guardare l’orizzonte, allargando le braccia, facendosi circondare dal vento
John gli fu accanto e gli circondò la vita, appoggiando poi la testa sulla spalla del compagno e mettendosi a guardare anche lui il panorama
“E’ bellissimo” Mormorò Sherlock perdendosi a guardare le onde del mare
“Non è la cosa più bella qui però” Lo corresse John baciandogli il collo
“Smettila di dire idiozie” Rise il violinista girandosi verso il compagno per baciarlo.
Gli scompigliò i capelli biondi, gli accarezzò la schiena intanto che il vento e il mare li cullavano. Era tutto perfetto.
Continuarono a baciarsi incuranti di chi potesse vederli, in quel momento erano solo loro e basta
Il rumore di una campana però li interruppe, attirando la loro attenzione e videro che la nave stava cercando di fare una virata
“Ma che succede?” Chiese John sporgendosi dalla ringhiera per guardare davanti a lui e cercare di vedere oltre l’oscurità
“Oh mio dio..” Sussurrò Sherlock al suo fianco stringendogli la mano d’un tratto, vedendo l’enorme iceberg davanti a loro
Intanto la nave virava sempre di più, cercando di evitare l’enorme ammasso di ghiaccio. Erano a pochi metri da esso ormai. Sherlock abbracciò John per non guardare, lo scrittore invece rimase con lo sguardo fisso davanti a lui.
La nave passò accanto all’iceberg, distante pochi centimetri da loro
“Sherlock, ce l’hanno fatt...”
Non fece in tempo a finire la frase che un suono terrificane proveniente dal fondo della nave invase l’aria. Un suono agghiacciante, di metallo che si frantumava...
Sherlock guardò John terrorizzato intanto che una sirena stridula partiva per segnalare un pericolo. Uno dei peggiori che si potessero verificare... Il più terribile...
La nave stava affondando...
Lo avevano sicuramente rinchiuso da qualche parte.
Non avrebbero mai osato fargli del male. Lucille non avrebbe mai corso un rischio così grande di macchiare la sua preziosa reputazione.
Sherlock era ancora sulla nave... Da qualche parte
Sarebbe andato a cercarlo, a qualunque costo. Ma serviva che Lucille non fosse in cabina
Decise quindi di aspettare l’orario di cena, che sulla nave veniva servita per le 21 circa
Lucille arrivò puntuale come un orologio a chiamarlo “C’è la cena” Disse secca
“Non ho fame” Ribattè lui deciso, rimanendo sdraiato sul letto
“Preparati immediatamente!” Ordinò la madre picchiando un piede a terra, rabbiosa
“Va al diavolo.” Disse John scandendo lentamente ogni parola
“Bene. Morirai di fame allora!” Urlò Lucille per poi chiudere la porta con un tonfo e chiudendola a chiave
Fu nel momento in cui John sentì la madre uscire definitivamente dalla cabina che agì
Si alzò di scatto dal letto e corse verso la scrivania. Cominciò ad aprire tutti i cassetti e frugarci dentro nervosamente fino a trovare ciò che voleva.
Sorrise trionfante quando trovò la graffetta in fondo a un cassetto, sotto un mucchio di scartoffie.
Poi fu la stessa procedura di quando entrò nella cabina di Sherlock per andare a soccorrerlo: modellò la graffetta fino a farla diventare una linea e la introdusse nella serratura, che scattò pochi istanti dopo. Non gli importava cosa avrebbe fatto Lucille se lo avesse scoperto, piuttosto sarebbe stato nascosto per i restanti giorni del viaggio, ma non si sarebbe arreso.
John aprì la porta lentamente e uscì dalla stanza guardandosi intorno per essere sicuro di essere solo, poi si mise a pensare a dove potesse essere il suo Sherlock.
Doveva pensare come quel mostro di sua madre. Se fosse stato in lei, dove lo avrebbe fatto portare?
Considerava il suo compagno come un poveraccio, che non si meritava nulla
Fu lì che arrivò l’illuminazione
“Razza di idiota prevedibile” Mormorò John riferendosi alla madre per poi correre fuori dalla cabina e prendendo le scale che portavano ai piani inferiori della nave.
Corse così velocemente che ogni tanto rischiò di inciampare sulle rampe di scale, ma alla fine arrivò all’ultimo piano prima della sala macchine.
“Sherlock!” Gridò iniziando ad aprire ogni porta che percorreva quel corridoio
“John?” Mormorò una voce in risposta, proveniente da una porta poco distante
Lo scrittore scattò verso la direzione dalla voce e aprì la porta con uno scatto
Sherlock era lì, seduto a terra con gli occhi rossi, gonfi di lacrime e un polso ammanettato a un tubo che percorreva il muro
“Oh mio dio!” Disse John fiondandosi sul violinista e abbracciandolo così forte che quasi a Sherlock si bloccò il respiro
“Come mi hai trovato?” Domandò il moro senza sciogliere l’abbraccio
“Ovunque tu sia, io ti troverò sempre” Rispose John baciandolo, intanto che nuove lacrime cadevano a entrambi
La preoccupazione di essersi persi li aveva resi terribilmente instabili, sempre sull’orlo del pianto
Sherlock ricambiò il bacio, assaporando le labbra di John, salate dalle lacrime
“Ok” Mormorò John staccandosi e riprendendo fiato “Ora troviamo un modo per liberarti da queste manette”
Lo scrittore si guardò intorno fino a posare gli occhi su un ascia che stava nella teca per le emergenze.
Ruppe la teca con una gomitata ed estrasse lascia per poi tornare verso Sherlock, che sgranò gli occhi color ghiaccio
“Che cosa vorresti fare?” Domandò indietreggiando
“Sarà una cosa veloce”
“John, io ci tengo alla mia mano” Disse il violinista terrorizzato
“Sherlock! Ti fidi di me?”
Il moro sospirò, per poi tendere il braccio in modo da tenere tesa anche la catena delle manette “Mi fido” Sussurrò per poi girarsi dall’altra parte e chiudere gli occhi
Non ci volle molto prima di sentire un tonfo metallico e qualcosa che si rompeva. In pochi istanti la mano del violinista fu libera
“Grazie” Sussurrò per poi gettarsi tra le braccia di John
“Ora via di qui” Disse quest’ultimo per poi prenderlo per mano e correre via da quella maledetta stanza.
Corsero su per la scale fino ad arrivare al pontile
Erano quasi le 22 e tutti i passeggeri erano ancora nel salone principale a causa di una festa, quindi i due decisero di rimanere all’esterno.
Passeggiarono mano nella mano per tutta la nave, fino ad arrivare alla prua della nave.
Il vento scompigliava i capelli di Sherlock, che chiuse gli occhi respirando profondamente l’aria marina.
John rimase a fissarlo imbambolato, era meraviglioso
Il violinista si diresse alla ringhiera davanti a lui e si mise a guardare l’orizzonte, allargando le braccia, facendosi circondare dal vento
John gli fu accanto e gli circondò la vita, appoggiando poi la testa sulla spalla del compagno e mettendosi a guardare anche lui il panorama
“E’ bellissimo” Mormorò Sherlock perdendosi a guardare le onde del mare
“Non è la cosa più bella qui però” Lo corresse John baciandogli il collo
“Smettila di dire idiozie” Rise il violinista girandosi verso il compagno per baciarlo.
Gli scompigliò i capelli biondi, gli accarezzò la schiena intanto che il vento e il mare li cullavano. Era tutto perfetto.
Continuarono a baciarsi incuranti di chi potesse vederli, in quel momento erano solo loro e basta
Il rumore di una campana però li interruppe, attirando la loro attenzione e videro che la nave stava cercando di fare una virata
“Ma che succede?” Chiese John sporgendosi dalla ringhiera per guardare davanti a lui e cercare di vedere oltre l’oscurità
“Oh mio dio..” Sussurrò Sherlock al suo fianco stringendogli la mano d’un tratto, vedendo l’enorme iceberg davanti a loro
Intanto la nave virava sempre di più, cercando di evitare l’enorme ammasso di ghiaccio. Erano a pochi metri da esso ormai. Sherlock abbracciò John per non guardare, lo scrittore invece rimase con lo sguardo fisso davanti a lui.
La nave passò accanto all’iceberg, distante pochi centimetri da loro
“Sherlock, ce l’hanno fatt...”
Non fece in tempo a finire la frase che un suono terrificane proveniente dal fondo della nave invase l’aria. Un suono agghiacciante, di metallo che si frantumava...
Sherlock guardò John terrorizzato intanto che una sirena stridula partiva per segnalare un pericolo. Uno dei peggiori che si potessero verificare... Il più terribile...
La nave stava affondando...