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Autore: Shin4    11/02/2016    6 recensioni
La vita a Beika continua a scorrere ininterrotta. Shinichi si ritroverà a dover fare molte scelte difficili per preservare la sicurezza di chi ama mentre l'ombra dell'organizzazione si allungherà sempre più su di lui. Riuscirà il nostro eroe a mantenere il suo sangue freddo, il suo carisma, mentre il mondo sembrerà crollargli addosso?
La mia storia riprende il manga direttamente a partire dal capitolo 940. insomma fresca fresca di novità cercherò di riempire le vostre giornate con nuovi casi, nuove rivelazioni e forti sentimenti che si dipaneranno attraverso questo racconto che prevede essere una lunga fanfiction all'insegna del crimine
Genere: Drammatico, Sentimentale, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti | Coppie: Heiji Hattori/Kazuha Toyama, Ran Mori/Shinichi Kudo
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Incontri indesiderabili
 
Erano passati due giorni da quella maledetta telefonata.
Aveva rivissuto all’infinito quei pochi minuti, cercando anche un solo indizio, parola o sospiro per dare un altro senso a quelle parole che le tormentavano i pensieri, come un tarlo fa con il legno.
Se le era ripetute talmente tante volte che ormai avevano perso di significato.
Non era nemmeno più riuscita a piangere. Tutte le lacrime che aveva, le aveva versate su quel freddo marciapiede e lì vi aveva lasciato anche metà della sua anima.
Il padre non le aveva mai fatto domande, non si era accorto di nulla, e a lei andava bene così.
Non era sua intenzione pesare su nessuno, perciò era andata avanti fingendo che tutto andasse bene. Ma niente andava bene.
Anche quel giorno aveva fatto le solite commissioni, la spesa, le pulizie, i compiti, ma non c’era più nulla che la raggiungesse, che la colpisse, che riempisse il vuoto che aveva dentro.
Non sentiva più nulla, e tutto ciò che faceva, lo faceva meccanicamente come se il corpo ricordasse come muoversi e dove andare senza che ci fosse effettivamente qualcuno a guidarlo.
Il mondo scorreva davanti a lei senza suscitarle la più piccola emozione.
Anche la gioia che aveva sempre provato per le piccole cose, come per un profumo buono o per i caldi raggi del sole che le baciavano la pelle, era sparita.
Tutto la lasciava tremendamente indifferente.
Perfino quando andò alla porta e si ritrovò davanti i due inaspettati amici del Kansai, non riuscì a rimanere sorpresa. Ma la buona educazione non l’aveva mai abbandonata, nemmeno in quel momento.
“Hattori-kun, Kazuha-chan, che bello vedervi!” Esclamò Ran con la maschera di un finto sorriso.
Kazuha la salutò calorosamente e anche Heiji, giusto poco prima di mettersi a scrutare ogni angolo della casa come se fosse alla ricerca di qualcuno di assente.
“Mori-kun dov’è il piccoletto?” chiese infatti curioso.
“Chi?” domandò lei confusa.
“Come chi? Il moccioso con gli occhiali, Conan. Ti sei forse dimenticata di lui?” replicò Heiji con uno strano sorriso, che non riuscì bene a definire.
“Ah sì, Conan” rispose lei sovrappensiero.
Dove era finito? Non lo sapeva. Non l’aveva più visto dopo che se ne era andato dalla festa.
Inspiegabilmente la sensazione di abbandono l’assalì nuovamente, come quella sera, bloccandole la gola.
Riuscì solo a balbettare “Io…Io non lo so.”
“Come?”
“Il moccioso si è fermato dal quel dottore suo amico, non te lo ricordi?” disse Kogoro, che era sopraggiunto in quel momento nella stanza.
No, non se lo ricordava. Ecco perché in quei giorni avanzava sempre del cibo durante i pasti, aveva per abitudine preparato da mangiare per tre, senza accorgersi che mancava qualcuno all’appello.
Ma come aveva fatto a non notare che Conan mancava da due giorni?
Sentì gli occhi del ragazzo del Kansai posarsi indagatori su di lei, ma qualsiasi domanda avesse voluto rivolgerle andò persa, dato che Kogoro aveva finalmente registrato la presenza dei due ospiti inattesi.
“Cosa siete venuti a fare qui? Non ho tempo per altri due rompiscatole come voi.”
“Ma come? È da così tanto che non ci vediamo, e non ci fa nemmeno un saluto Mori-san?” Cercò di rabbonirlo Heiji.
“Beh effettivamente ha ragione, ci siamo presentati così all’improvviso.” S’intromise Kazuha un po’ titubante.
“Ma se sei stata tu a voler venire a tutti i costi!” Replicò l’altro scontroso voltandosi verso l’amica.
Kazuha stava per rispondergli per le rime, scatenando così uno dei loro soliti battibecchi, quando un rumore sordo di qualcosa, o qualcuno, che cadeva attirò l’attenzione verso l’ingresso, facendo voltare tutti simultaneamente.
Il piccolo Conan era seduto scomposto appena oltre la soglia, i capelli corvini scompigliati e un’espressione confusa e stupita dipinta sul volto.
A quella vista, Ran sentì qualcosa sciogliersi dentro di lei, come se il nodo della tensione che si era portata dietro inconsapevole fino a quel momento, si fosse finalmente dissolto, e un’ondata di sollievo l’avesse travolta.
Sembrava che il flusso delle sue emozioni avesse deciso di riprendere a scorrere.
Venne assalita all’improvviso dalla tristezza e dalla consapevolezza della solitudine. Non riuscì a trattenersi e si gettò su di lui stringendolo in un abbraccio.
Un fiotto di parole le uscirono di bocca, e anche se sussurrate, riuscirono per la prima volta da due giorni a lasciar trapelare tutta la sua disperazione e il suo dolore.
“Sei tornato finalmente, pensavo mi avessi abbandonato anche tu.”
Lo sentì irrigidirsi fra le sue braccia, mentre alle sue spalle lo sguardo di Kazuha si puntava inquieto su di lei, e quello di Heiji su Conan.
L’unico che sembrava non aver percepito che qualcosa non andava, era come sempre Kogoro che affermò sorpreso e un po’ indispettito
“È stato via solo due giorni Ran, non è che non lo vedi da una vita. Non ti sembra di esagerare?”
In risposta lei si scostò un po’ dal bambino, comprendendo che, con quel gesto, aveva messo in allarme le persone a lei vicine.
Puntualmente infatti la voce incerta di Conan le arrivò all’orecchio
“Ran-neechan tutto…tutto bene?”
Sentiva gli occhi pizzicare, ma si sforzò di non piangere e provare a sorridere “Sì, è solo che mi sei mancato tanto.”
Se quelle parole per lei dovevano essere una rassicurazione, non sembravano sortire lo stesso effetto sul suo fratellino, che la guardò con due grandi occhi blu venati di tristezza e preoccupazione, possibile ci fosse anche una nota di senso di colpa?
Non avrebbe saputo dirlo perché vi si sottrasse bruscamente rimettendosi in piedi.
Un’altra immagine si era sovrapposta alla sua vista ed era stato come tentare di respirare acqua mentre si affoga.
“Quegli occhi sono troppo simili ai suoi…”
A nessuno passò inosservato quello scatto, men che mai al ragazzino che, anche se lei non se ne accorse perché gli aveva dato le spalle, si era rabbuiato ulteriormente.
“Kazuha-chan verresti con me a fare la spesa? Se vi fermate a cena ho bisogno di andare a prendere alcune cose” disse Ran velocemente accavallando le parole.
“Certo, ti accompagno subito” rispose l’aikidoka lanciando uno sguardo preoccupato ad Heiji.
Ma lui sembrò non notarlo concentrato com’era su Conan, con lo sguardo che si faceva sempre più cupo.
Ran afferrò al volo la giacca e la borsa e, pronunciando un “Ci vediamo fra poco”, si lanciò fuori dalla porta.
Solo dopo aver sceso i gradini ed essersi appoggiata con la schiena al muro, ricominciò a respirare.
Le lacrime trattenute iniziarono a scendere sul suo viso, mentre l’amica la fissava in cerca di spiegazioni.
 
Non appena le due ragazze erano uscite di corsa, si era diretto in camera consapevole che l’amico avrebbe voluto delle risposte. Se gli fosse passato inosservato lo strano comportamento di Ran, come a Kogoro, non avrebbe certo meritato di essere definito il detective dell’Ovest.
Si mise seduto sul letto, e mentre armeggiava con il secondo cellulare, quello di Shinichi, decise di parlare per primo per prendere un po’ di tempo.
“Allora Hattori cosa ci fai qui a Tokio? Hai per le mani un caso così difficile che non riesci a risolvere da solo?”
“No, sono venuto a trovare un amico che dovrebbe decidersi a dirmi cosa c’è che non va.”
Conan non poté fare a meno di sorridere a quella risposta diretta, era sicuro se ne fosse accorto.
“Non c’è niente che non va, nulla di rilevante perlomeno.” Replicò mentendo spudoratamente.
“Sì come no. Quindi quando Kazuha rientrerà con Mori, non mi dirà che Kudo ha combinato qualche guaio, giusto?" chiese Heiji, con l’accento del Kansai che si faceva pesante come quando sapeva di essere preso in giro.
Conan sbuffò e gli lanciò uno sguardo risentito.
Non è che non voleva raccontargli come stavano le cose, era solo che si era ripromesso di non coinvolgerlo mai direttamente contro gli Uomini in Nero, e raccontare tutto significava proprio quello. D’altro canto non appena avesse parlato con Kazuha, avrebbe sicuramente scoperto che cosa era successo con Ran e sarebbe corso da lui in cerca di una spiegazione: Heiji sapeva benissimo quanto lui tenesse a quella ragazza e che soltanto un più che fondato motivo, chiamato Organizzazione, poteva costringerlo a ingannarla facendola soffrire così.
“È coinvolta anche l’Organizzazione, vero?” lo incalzò nuovamente il ragazzo dalla pelle scura leggendogli il pensiero.
Il telefono che Conan teneva fra le mani, iniziò a squillare prima che fosse costretto a rispondere. Lanciando uno sguardo al numero capì che era inutile tergiversare oramai.
“Hattori controlla che non entri nessuno” ordinò quindi con tono perentorio.
Sentì uno sbuffo seccato mentre prendeva il suo papillon e sintonizzava la voce sulla propria da adulto.
“Pronto. Ispettore è lei?”
“Oh Shinichi, finalmente! Sono quasi due giorni che provo a chiamarti!”
“Mi scusi. Sono stato un po’ impegnato.” Mentì lanciando un’occhiata di sottecchi all’amico del Kansai, che si era appoggiato al muro e lo fissava senza battere ciglio.
Ormai Heiji era abituato a vederlo parlare con la sua vera voce, nonostante stando sul letto in quelle condizioni i suoi piedi non toccassero nemmeno terra.
“Ma stai bene vero? Sai mi sono molto preoccupato dopo quello che è successo l’altra sera.” Lo richiamò Megure, facendolo tornare presente alla telefonata.
“Sì sto perfettamente, perché c’è qualche problema?”
“Volevo informarti che abbiamo ritrovato l’uomo che avevi inseguito, nel quarto vicolo dietro il grattacielo Ikuzo.”
“Era morto vero?” chiese Conan, anche se era certo che la risposta sarebbe stata affermativa.
“Sì, per un colpo di arma da fuoco. Il suo nome era Masaki Nejishi. 28 anni. Lavorava come ricercatore scientifico.” Rispose schiettamente l’ispettore, la voce resa metallica dal ripetitore.
“Capisco.”
“Le nostre indagini sono ad un punto morto. Sei sicuro di non sapere nient’altro su quello che stavano facendo quegli uomini?”
“No mi spiace vi ho già detto tutto quello che so.” Replicò Conan prontamente, con un sorriso malizioso che si allargava sul volto.
Sentì Megure sospirare rumorosamente.
Gli dispiaceva non poterlo aiutare, ma le informazioni che aveva dovevano rimanere celate e confidenziali. Tornò serio e pose la domanda che più gli premeva
“Ispettore, qualcuno ha fatto domande per la storia del testimone anonimo?”
“Effettivamente sì. Ho ricevuto molte pressioni in ufficio, soprattutto dal sovrintendente Kuroda.”
Il ragazzino si mise a sedere dritto di scatto: quella del sovrintende era stata eccessiva diligenza o un tentativo di carpire informazioni?
“Davvero? È saltato fuori il mio nome in qualche modo?”
Sentì lo sguardo di Heiji trapassargli un fianco a quelle parole. Stava decisamente fremendo per l’impazienza. Se non avesse concluso in fretta la telefonata gli sarebbe probabilmente saltato al collo in cerca di risposte.
“No ho celato a tutti il tuo coinvolgimento come mi avevi chiesto. Kudo sei per caso nei guai?”
“No stia tranquillo ispettore va tutto bene. Grazie per il suo aiuto. Ci risentiremo.”
Fece appena in tempo a interrompere la chiamata che Heiji lo aggredì
“Allora adesso ti decidi a sputare il rospo Kudo o vuoi continuare a farmi credere che va tutto bene? Cos’hai combinato?”
 
“Ma io non capisco. Pensavo che lui a Londra si fosse dichiarato.” Disse Kazuha soffiando sulla sua tazza.
Erano rimaste sedute sull’ultimo gradino dell’agenzia per una buona mezz’ora, mentre Ran raccontava, fra un singhiozzo e l’altro, gli insoliti avvenimenti degli ultimi giorni.
Il freddo aveva iniziato a penetrare nelle ossa e, per far calmare un poco l’amica e non rientrare subito a casa, le aveva proposto di andare a scaldarsi con un the nel bar vicino, cosicché avesse il tempo di riprendersi.
Non l’aveva mai vista così sconvolta ed era seriamente preoccupata per lei.
"Già lo pensavo anche io. Però è anche vero che io non gli ho mai risposto.” Mormorò Ran con gli occhi bassi, stringendo forte la tazza con due mani in cerca di un po’ di calore.
“Forse si è stancato di aspettare e…”
“No Ran è assurdo! Sei tu quella che è qui e lo sta aspettando, non il contrario!” esclamò Kazuha un po’ troppo forte, tanto da far girare gli altri clienti del bar.
Si risedette composta e, anche se un po’ imbarazzata, era felice di vedere finalmente un sorriso fare capolino sulle labbra dell’amica.
Abbassò il tono di voce pima di continuare “E poi è più che giusto che tu abbia voluto aspettare per dirgli quello che provi. Lui non c’è mai e questa è una cosa che va fatta guardandosi negli occhi.”
Un forte rossore era dilagato sulle sue guance mentre sussurrava quella frase, d’altronde non aveva potuto fare a meno di pensare al suo di amico di infanzia e alla loro di questione in sospeso.
“Ma forse, proprio perché sono stata riluttante a confidarmi per telefono, durante i suoi viaggi ha incontrato qualcun’altra che…che lo interessava e lo ricambiava.” Palesò i suoi dubbi la karateka.
“Però quando ti aveva chiamata qualche giorno prima sembrava tutto a posto, no?”
“Sì, ed è questo che non riesco a capire.” concluse Ran con un sospiro.
Kazuha scosse forte la testa, la coda di cavallo fermata dal solito fiocco ciliegia che ondeggiava a sua volta.
L’idea positiva che aveva sempre avuto di Kudo era andata scemando di minuto in minuto, sostituita da un forte astio crescente.
L’unica volta che lo aveva incontrato, in occasione del caso dello Shiragami, era rimasta affascinata da quel ragazzo: bello, con un sorriso disarmante e uno sguardo magnetico, dai modi di fare sicuri ma non sprezzanti, con una forza d’animo invidiabile e un altissimo senso della giustizia, ma soprattutto un grande cuore. Aveva capito perché perfino Heiji, che non aveva mai stretto legami di amicizia profondi con altri ragazzi, provasse una così grande ammirazione per lui, tanto da definirlo il suo migliore amico.
Adesso però non riusciva più a far collimare quell’impressione positiva con il comportamento scostante che l’amica le aveva riferito.
“Non lo so. C’è qualcosa che non mi torna. Si sta comportando in modo strano.”
“Lo dici con me? Dovevi vederlo quella sera. Mi è passato da parte senza degnarmi di uno sguardo. Tutto sorridente ha raccolto qualcosa da terra ed è corso dietro a quell’uomo come se nulla fosse. Non sono riuscita a riconoscerlo, non sembrava più lui.”
“Ran-san!”        
Le due giovani si voltarono verso il bancone, mentre un ragazzo alto con la carnagione scura si stava avvicinando a loro vestito da cameriere. Sorrise a entrambe, sembrava molto gentile.
“Amuro-san non ti avevo visto prima” lo accolse Ran sorpresa.
“Ho iniziato il turno adesso. C’è qualcosa che non va?” chiese lui fermandosi davanti al loro tavolo, dopo aver notato gli occhi rossi e lucidi della ragazza.
“No, no sto bene grazie.” Replicò lei con un sorriso tirato, poi voltandosi verso Kazuha continuò “Non credo che voi vi siate mai incontrati. Lei è una mia amica, viene da Osaka.”
“Piacere sono Kazuha Toyama”
“Piacere mio. Mi chiamo Tooru Amuro.” Si presentò l’altro rivolgendole un sorriso e un piccolo inchino, prima di riportare la propria attenzione sulla ragazza dell’agenzia.
“Ho saputo quello che è successo l’altra sera. Va tutto bene adesso?”
Ran sobbalzò lievemente “Hai…hai saputo?”
“Non pensare male. Ho un amico che è in polizia e mi ha detto che hai assistito in parte a un crimine.”
“Ah sì. Sulle scale del 48esimo piano del grattacielo Ikuzo.” Riferì la ragazza.
“Per fortuna che quel ragazzo è intervenuto altrimenti quell’uomo avrebbe potuto farvi del male.”
“Già” confermò amaramente Ran ricevendo un’occhiata eloquente da Kazuha.
Quel cameriere sembrava davvero gentile a preoccuparsi, però l’aikidoka sapeva che con la sua involontaria insistenza stava scatenando in Ran dolorosi ricordi non ancora sopiti.
“È stato un vero peccato che nessuno lo abbia visto bene. Mi hanno detto che non hanno nemmeno una descrizione di quel tipo.” Rivelò lui con tono apparentemente indifferente.
“È successo tutto così in fretta. Mi sembra normale che nessuno si sia preoccupato di osservarlo.” Commentò l’Aikidoka pensando che il giovane cameriere si riferisse allo scienziato.
Per un attimo ebbe l’impressione che Amuro non avesse gradito l’intromissione, ma quando il suo sguardo si posò su di lei era ancora cordiale, e mostrava solo preoccupazione.
“Credo tu abbia ragione, però se qualcuno lo avesse riconosciuto sarebbe stato tutto più facile.” Sostenne lui con fare non curante.
Kazuha stava per replicare ma venne interrotta da Ran, che sotto lo sguardo attonito dell’amica, dichiarò decisa
“No, quel ragazzo non l’avevo mai visto prima in vita mia.”
Lesse dolore e rabbia trattenuta nei suoi occhi e capì che lei non si stava affatto riferendo al criminale, bensì al detective liceale suo amico d'infanzia, Shinichi Kudo.
 
“Quindi fammi capire bene” disse Heiji “Hai trovato per puro caso una pista sull’Organizzazione, gli uomini che cercavi sono tutti morti prima che potessi parlarci, ma sei riuscito comunque a recuperare un dischetto con delle importanti informazioni sul farmaco che ti ha rimpicciolito. Al momento la piccola scienziata lo sta accuratamente esaminando per poter creare finalmente l’antidoto definitivo. Durante il tuo ultimo scontro però, hai incontrato Ran, e dato che non sapevi ancora se quello fosse il dischetto giusto fra i due, le hai detto un sacco di cose stupide per allontanarla da te e per evitare che, nel caso in cui quelli dell’Organizzazione ti avessero scoperto, andassero a cercarla. E poi, per di più, ti sei dovuto subire una ramanzina anche da quella strana detective?”
“Wow Hattori, facciamo progressi. Ti ci è voluta solo una notte per afferrare così brillantemente il concetto.” Replicò Conan acido.
Stavano camminando spediti verso quello che era stato il luogo dello scambio, dietro al grattacielo Ikuzo. La sera prima, conclusa la telefonata con l’Ispettore Megure, Conan gli aveva finalmente raccontato tutto. In quel momento non aveva potuto fare a meno di ringraziare mentalmente Kazuha e il fatto che lo avesse trascinato a Tokio: era certo che se non si fosse presentato lì per caso, quel testardo di Kudo non lo avrebbe informato di nulla. Quello stupido non voleva mai coinvolgerlo quando doveva affrontare quegli Uomini e la situazione si faceva grave e pericolosa.
“Basta che ti lasci da solo un po’ di tempo e combini un disastro Kudo.” Lo prese in giro bonariamente Heiji “E se non fosse per la grazia con cui mi sei caduto addosso stamattina, sono sicuro che non mi avresti nemmeno svegliato.”
“Non è colpa mia se hai il sonno pesante e ti apri a stella sul pavimento quando dormi” replicò Conan con un’alzata di spalle.
Anche quella mattina infatti, il ragazzino aveva tentato di lasciarlo indietro, cercando di uscire di soppiatto di casa, fallendo miseramente.
“Quanto hai detto che intendi rimanere? Una settimana?” chiese il detective dell’Est fingendo un’aria scocciata.
Heiji sapeva che in realtà era felice che lui si fosse offerto di dargli una mano. La situazione era complicata e difficile da gestire: una mente e un parere in più non avrebbero guastato. Kudo non lo avrebbe mai ammesso ma era così, perciò decise di non infierire ulteriormente.
“Sì, dato che non c’è scuola pensavo di approfittarne e fermarmi fino a sabato per partecipare anche alla riunione annuale della polizia, che quest’anno si tiene a Tokio. Essendo mio padre il questore di Osaka siamo stati come al solito invitati.”
“Non gongolare troppo Hattori. Se non fosse che sono intrappolato in questo corpo ci sarei stato anche io.” Ribatté prontamente l’altro.
Arrivati nel vicolo in cui si era compiuto il tragico fatto, iniziarono a perlustrarlo con cura alla ricerca di qualche indizio. Scandagliarono anche il più piccolo angolo buio senza, però, scovare nulla.
“Non c’è niente, come mi aspettavo.” affermò infatti Conan, senza essere troppo stupito.
“Ma se sapevi che non avremmo trovato nulla, allora perché sei voluto venire qui?” chiese Hattori di rimando.
Kudo era sempre stato un detective estremamente attento e meticoloso, però quando si trattava di quegli Uomini, credeva che addirittura esagerasse nell’estrema scrupolosità e nell’esagerata cautela che mostrava.
“Perché è l’ultimo luogo dove sono stati quelli dell’Organizzazione prima di tornare nell’ombra e cercava una traccia che li riconducesse a loro.” Sostenne una voce femminile, proveniente dalle loro spalle.
Un’espressione sorpresa apparì sui volti dei due ragazzi non appena si voltarono.
Una donna alta e bionda, con indosso un semplice tailleur grigio, se ne stava dritta in piedi con le braccia incrociate.
“A-agente Jodie?” disse il ragazzino, chiedendosi come avesse fatto a non sentirla arrivare.
“Vedo che non fa più finta di non saper parlare bene il giapponese.” L’accolse invece Heiji, recuperando il suo solito comportamento beffardo.
“Buongiorno Cool Kid. È un piacere rivedere anche te, detective di Osaka” li salutò cordialmente lei, anche se evidentemente non era poi molto felice di vederli lì.
“Allora mi dite come siete venuti a conoscenza di questo posto?”
“Anche se lei non mi ha tenuto informato” spiegò il piccolo detective con un ingenuo sorriso sulle labbra, che nascondeva il suo disappunto “c’ero anche io l’altra sera all’interno del palazzo.”
“Che cosa?” chiese sconcertata l’agente dell’FBI
“Eh già, ero lì per l’inaugurazione del ristorante.”
“Quindi hai assistito alla scena? Hai per caso visto il misterioso ragazzo che è intervenuto?”
Heiji lanciò un’occhiata divertita al collega. Voleva proprio vedere come si traeva dall’impiccio stavolta.
“No mi spiace, me ne sono andato prima perché non stavo bene.” Rispose Conan prontamente.
Era incredibile come quel piccoletto avesse imparato a recitare bene, i geni d’attrice della madre dovevano avere decisamente aiutato.
“Allora come hai fatto a sapere del fatto?” domandò Jodie che iniziava a essere sospettosa.
“Me lo ha riferito Ran. C’era anche lei quella sera, insieme a due sue amiche. Mi ha anche detto che quel ragazzo indossava un cappello che gli copriva buona parte del volto, e che quindi era impossibile distinguerne i connotati.” Aggiunse il ragazzino, per evitare ulteriori domande.
“Allora sono al punto di partenza.” ammise Jodie abbattuta “Non abbiamo altri indizi per scoprire chi fosse.”
La donna aveva evidentemente sperato di estorcere loro qualche nuovo dettaglio, ma non aveva fatto i conti con chi aveva davanti.
“Beh l’importante è sapere che siamo tutti dalla stessa parte, no?” s’intromise Heiji, guadagnandosi un’occhiata incredula da parte di Jodie.
“Quello che intendeva dire Heiji-niichan è che chiunque intralci i piani di quegli uomini può essere un potenziale alleato.” Tentò di rimediare Conan, dopo aver assestato una gomitata al ginocchio dell’amico per ingiungergli di tacere.
“Non è possibile, anche voi la pensate allo stesso modo.” Sospirò la donna affranta.
“Come?” chiesero in coro i due detective.
“Avete fatto esattamente le stesse considerazioni di Akai.” Rivelò ancora incredula l’agente Jodie.
E mentre i due giovani si guardavano fra di loro perplessi, nessuno notò la figura scura celata fra le ombre, allontanarsi silenziosa dopo aver origliato la loro conversazione.
 
 
 
Angolo d’Autrice
Eccomi tornata dopo una settimana ad annoiarvi con la mia storia che procede a rilento.
Effettivamente sembra che non accada un granché in questo capitolo…
In realtà ho posto le basi per una spietata caccia all’uomo! ;)
Per chi avesse avuto un momentaneo buco di memoria, il caso dello Shiragami citato da Kazuha è quello in cui Shinichi torna inavvertitamente adulto e si traveste appunto da demone della foresta per incastrare il ragazzo che aveva preso il suo posto.
(Gli episodi corrispondenti sono quelli dal 521 al 524 della numerazione giapponese “Tutti contro Shinichi”)
L’affermazione di Heiji “Vedo che non fa più finta di non saper parlare bene il giapponese” è invece riferita al primo e unico incontro fra il detective del Kansai e l’agente Jodie, che a quel tempo era ancora sospettata di essere Vermouth.
(Episodi 277 e 278 della numerazione giapponese “Insegnante d’Inglese contro famoso detective”)
Cari lettori vi ringrazio per continuare a seguirmi!
A presto
Shin4
   
 
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