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Autore: Halosydne    11/02/2016    1 recensioni
[SPOILER fino alla 4x22 + possibili SPOILER quinta stagione]
Emma Swan ha sacrificato se stessa per Regina, diventando l'Oscuro. Si è lasciata dietro la sua famiglia, i suoi affetti e il suo grande amore, per risorgere dalla Volta dell'Oscuro... e scoprire che nel suo destino era scritto qualcosa di ancora più grande e terribile di quello che ha affrontato da quando Henry la ha riportata a casa. Mentre lei intraprende il suo nuovo percorso sotto la guida di un mentore d'eccezione, a Storybrooke nessuno sembra disposto a rinunciare a salvarla. Perché Emma vuole essere salvata dall'Oscurità... giusto? È per questo che Killian Jones è pronto a pagare qualunque prezzo. È per questo che Robin Hood sa che è giunto finalmente il momento di fronteggiare il suo misterioso passato. È per questo che Biancaneve, il Principe e il Vero Credente ripongono tutte le loro speranze nella Regina Cattiva. È per questo che raggiungere Camelot prima che sia troppo tardi è di vitale importanza. Perché se ti abbandoni troppo a lungo all'Oscurità, diventerai Oscurità anche tu...
Genere: Angst, Avventura, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Emma Swan, Killian Jones/Capitan Uncino, Regina Mills, Sorpresa, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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5x04 Ϟ The tale of the thief

 

 
 
 
 
L’atterraggio fu parecchio brusco, e li lasciò tutti incastrati tra loro, in un groviglio confuso di gambe e braccia. Probabilmente doveva solo essere grata di non avere una delle frecce di Robin nello stomaco, o l’uncino di Killian in un orecchio. Anche se il sasso appuntito che le premeva tra le costole non era esattamente un cuscino di piume.
Ma a Mary Margaret la situazione non dispiaceva affatto. Anzi. Gli odori del bosco, la brezza fresca dell’alba che le accarezzava il volto, la sensazione del letto di foglie sulla pelle, il cinguettio degli uccellini tutt’intorno, spaventati dalla loro improvvisa apparizione… tutto, tutto le diceva una sola cosa: era tornata a casa. E per quanto il motivo del loro viaggio fosse la cosa più tremenda che le fosse mai successa, persino più orribile della prima maledizione oscura che era stata lanciata da Regina così tanti anni prima, lei non poté fare a meno di sorridere: essere di nuovo nella Foresta Incantata la faceva sentire ancora più sicura del fatto che ci sarebbero riusciti, che avrebbero davvero salvato Emma dall’Oscurità. E quando aprì gli occhi, Mary Margaret fu di nuovo Biancaneve.
Si tirò su, rabbrividendo leggermente nell’aria frizzante del mattino, e si guardò intorno, cercando di capire dove erano finiti di preciso mentre i suoi compagni di viaggio si districavano gli uni dagli altri in una cacofonia di grugniti e brontolii.
Il primo a parlare fu Henry, ovviamente. «Ci siamo riusciti, vero? Questa è la Foresta Incantata!». Dire che suo nipote era entusiasta le sembrò quasi un eufemismo: il ragazzino stava praticamente saltellando dalla gioia. Biancaneve fu felice di constatare che anche a lui quel bosco aveva infuso la giusta energia: dopotutto, pensò con un piccolo sorriso, quel posto era anche casa sua.
«Direi proprio di sì, figliolo» rispose Robin, alzandosi in piedi e tendendo cavallerescamente una mano a Regina,  che la accettò con un piccolo sorriso.
«Più precisamente, siamo quasi al confine occidentale del regno» aggiunse David, compiendo lo stesso gesto verso Lilith; ma la testarda ragazza drago rifiutò l’aiuto che le veniva offerto, e si tirò in piedi da sola. Il suo principe le indirizzò uno sguardo preoccupato, e Biancaneve sospirò impercettibilmente: avevano davvero intenzione di meritarsi il perdono di Lily, così come avevano fatto di tutto per ottenere quello della loro Emma, ma era evidente che non sarebbe stato affatto facile. Il fatto che Lilith avesse voluto aiutarli, però, la portava a sperare per il meglio: tutto quello che occorreva a lei e suo marito era tempo, e pazienza.
«Entusiasmante» commentò Uncino, che evidentemente di pazienza ne aveva ben poca.
«Andiamo, amico» lo esortò David, chiamandolo proprio con quell’appellativo che Killian aveva usato tante volte con il principe. «Non sei contento che siamo riusciti ad arrivare a casa?»
Il leggendario sopracciglio del capitano si inarcò considerevolmente. «Prima di tutto, dire “siamo riusciti” è poco meno di millantato credito, per come la vedo io, principe... e quando ero in marina, una cosa del genere mi sarebbe costata parecchio, te l’assicuro. Vedi, il fatto è che mentre voi eroi eravate tutti lì a tenervi le manine e ad aspettare una stella cadente, io ho trovato una soluzione, io ho pensato ai fagioli e a Malefica e sua figlia. Quindi perdonami se al contrario tuo non sembro qualcuno che si è appena svegliato da un sonno di bellezza… e in secondo luogo» aggiunse, alzando leggermente la voce per impedire a David e Regina di ribattere – se con ironia o esasperazione, Mary Margaret non avrebbe saputo dirlo «questo non è un posto in cui potrei mai sentirmi a casa. Per un qualunque pirata degno di questo nome, “casa” è solo dove c’è un mare da navigare e una maledetta nave con cui farlo!».
«“Casa” è anche dove sono le persone che ami» Henry intervenne serenamente, rifiutando di lasciarsi impressionare dall’umore nero del pirata. Biancaneve non avrebbe potuto essere più fiera di suo nipote – e a giudicare da come a Killian mancò la forza di rispondere a tutti i sottintesi che il ragazzino gli aveva indirizzato, lei non era stata la sola a cogliere la forza che trasudava da quelle parole.
Uno sbuffo alle sue spalle la distrasse dai suoi pensieri. «Beh, questo spiega perché non mi sono mai sentita a casa in tutta la mia vita, allora» sentenziò Lilith con voce dura, indirizzandole uno sguardo penetrante.
Lei cercò di non sembrare troppo turbata dalle sue parole, e si schiarì la voce. «Allora, quando tutta questa storia sarà finita, cercheremo in tutti i modi di farti finalmente provare quella sensazione… che ne dici?».
La ragazza drago la fissò a lungo, come a valutare se valesse la pena di fidarsi di lei. Mary Margaret riconobbe quello sguardo, perché lo aveva imparato a riconoscere negli occhi di Emma. Attese la risposta di Lily con le unghie conficcate nei palmi delle mani: non era affatto facile guadagnarsi la fiducia di un Bimbo Sperduto, sua figlia lo aveva insegnato fin troppo bene a tutti loro. «Dico che è ora di metterci alla ricerca di Emma».
«Questa sì che è una cosa sulla quale possiamo essere tutti d’accordo, eh?» commentò Robin, sorridendo per spezzare un po’ la tensione che si era creata. «Allora, dove si va?».
Gli sguardi di tutti furono di nuovo puntati su Lily: lei si guardava intorno, un po’ intimorita un po’ curiosa di scoprire com’era fatto il mondo nel quale avrebbe dovuto crescere. Poi la ragazza chiuse gli occhi, e una piccola ruga di concentrazione le increspò la pelle chiara della fronte.
Neve intercettò lo sguardo diffidente di Regina e lo ricambiò con uno che diceva chiaramente “non-mettere-pressioni-la-ragazza-può-farcela-abbi-fiducia”. Accidenti, ma perché per i cattivi era così difficile avere fede? Poteva trattarsi di una sorta di problema genetico? Forse nascevano con qualche gene mancante, chissà. L’unica cosa certa era che alla fine della fiera erano sempre gli eroi ad avere ragione: per questo Biancaneve non fu affatto sorpresa del tono privo di esitazioni con il quale pochi istanti dopo Lily affermò «Da quella parte».
«A ovest?» chiese Regina. «Quindi avevi ragione, Henry… Emma sta davvero andando a Camelot».
Neve e David erano già pronti a incamminarsi, seguiti da tutto il gruppo, quando la voce di Robin li fermò. «Ehi, fermi… aspettate un attimo!» esclamò l’arciere. «Non dovremmo cercare la Volta dell’Oscuro prima? Per ispezionarla! Potrebbero esserci indizi su dove sia Emma, o su cosa stia facendo!». Il nervosismo nella sua voce era più che percepibile: chiaramente, Robin Hood non aveva molta voglia di visitare Camelot – o di tornare a visitarla, ora che ci pensava meglio. Lui aveva detto loro di esserci stato.
«Non mi hai sentito, Occhio di Falco?» chiese Lily, in un tono abbastanza sgarbato. «Te lo posso dire io dov’è Emma. E una volta che la avremo raggiunta, sapremo anche cosa sta facendo».
«Robin» Regina sembrava preoccupata dalle reazioni del suo compagno. Gli pose una mano sul viso, accarezzandolo senza mai distogliere gli occhi dai quelli di lui. «Cosa c’è a Camelot che ti spaventa tanto?».
«Non sono affatto spaventato» ribatté subito Robin, ma Biancaneve vide che evitava lo sguardo di Regina.
«Come no» sbuffò Killian. «Ho visto la paura molte volte sulla faccia degli uomini che stavano per conoscere il mio acciaio, amico, e ti posso assicurare che non era affatto diversa dall’espressione che hai tu in questo momento».
«Non sei d’aiuto» sibilò Regina.
«Perché invece negare l’evidenza è così tanto d’aiuto, vero?».
«Ti avverto, pirata…».
«Basta così» li interruppe Robin, con un tono imperioso che Mary Margaret non poté non invidiargli: ogni volta che Killian e Regina cominciavano a battibeccare, le uniche opzioni erano la voce grossa o la polvere di papavero… e lei si ritrovava così spesso a desiderare che Mulan fosse a Storybrooke con loro, in quei momenti. Robin chiuse gli occhi per un momento, e prese un bel respiro. «Regina, Killian ha ragione… non sono stato del tutto sincero, poco fa».
«Ma non mi dire…» borbottò Uncino.
Robin lo ignorò. «È una lunga storia, ma non possiamo aspettare, dobbiamo metterci in viaggio. Solo… credo di aver bisogno di un incantesimo per camuffarmi. Puoi farlo, Regina?».
«Io… sì, certo, posso» rispose lei, abbastanza sconcertata da quella richiesta – ma Biancaneve la vide tornare subito in se stessa quando Regina si guardò intorno, scrutando i loro abiti. «Ora che mi ci fai pensare, direi che tutti noi abbiamo bisogno di un rapido ritocco al look, mh?».
«Forse hai ragione, mamma… credo che saremmo troppo vistosi conciati così!» concordò Henry. «Penso che soprattutto voi donne attirereste l’attenzione, con quei jeans e tutto il resto».
«E non hai idea di quanta attenzione attireremmo io e il mio giubbotto di pelle, ragazzo».
David alzò gli occhi al cielo.
«Possiedi ancora un briciolo di senso dell’umorismo, Uncino? Allora non hai battuto troppo forte la testa quando siamo atterrati… forse» commentò Regina, ma Neve sapeva che tutti loro erano sollevati nel vedere che il pirata cercava di comportarsi un po’ più come se stesso. Forse, quello dei cattivi non era un problema genetico, dopotutto... o almeno, non era incurabile.
Regina agitò appena una mano, e una nube violetta li avvolse tutti, per diradarsi qualche istante dopo e lasciarli tutti abbigliati in maniera più consona alla Foresta Incantata e a Camelot. Biancaneve apprezzò molto la sensazione di essere di nuovo nei suoi vecchi abiti da bandito, e dovette fare uno sforzo per nascondere la sua emozione nel vedere Henry indossare un farsetto per la prima volta; ma qualunque pensiero commosso venne rapidamente sostituito dalla perplessità, quando constatò che Regina aveva scelto anche per sé i vestiti dei vecchi tempi.
«Se davvero non vogliamo attirare l’attenzione su Robin, o su uno qualunque di noi, forse dovresti valutare l’ipotesi di rinunciare alla tua tenuta da supercattivona, Regina» le disse, abbastanza divertita.
Regina esaminò per un attimo la sua ampia gonna di velluto nero e il corpetto in seta scarlatta che aveva addosso, poi scosse la testa. «Giusto. Il lupo perde… il vizio ma non il pelo, suppongo» commentò, ridacchiando. E con un altro gesto della mano, cambiò i suoi vestiti eleganti nei vecchi abiti da equitazione che indossava quando si erano conosciute, così tanto tempo prima. «Suppongo che sia meglio tenere un profilo basso, in effetti. Far sapere agli abitanti di Camelot che l’Oscuro si aggira nel loro reame potrebbe essere controproducente… e un ragazzino intelligente mi ha sempre parlato della segretezza come di un elemento importante per la riuscita di un’Operazione» aggiunse, indirizzando un occhiolino al figlio. «E a questo proposito, un certo ladruncolo di mia conoscenza aveva bisogno di viaggiare in incognito, mh?».
«Ex-ladruncolo, milady» rispose Robin, sorridendole mentre l’incantesimo mutaforma della regina faceva effetto. «Quei giorni sono finiti, per me».
«Fidati, amico, non dirlo ad alta voce fino a quando non sarai sul letto di morte» consigliò Uncino, incupito. «L’ultima volta che ho pensato una cosa del genere, mi sono ritrovato alla mercé del Coccodrillo e ci ho quasi rimesso le penne…».
«Beh, ora sei parte dell’Operazione che salverà la mamma e libererà il mondo dall’Oscurità… direi che te la stai cavando abbastanza bene».
Per la seconda volta nell’arco di una manciata di minuti, Mary Margaret sentì che Henry era il degno nipote di Biancaneve e del Principe Azzurro, e non poté fare a meno di scambiare un sorriso orgoglioso con suo marito: quel ragazzo era veramente speciale. Anche solo perché sembrava essere l’unico capace di lasciare Uncino senza parole.
«Sì, è tutto meraviglioso e vivremo in un palazzo di cristallo sopra l’arcobaleno, ma adesso vogliamo per favore metterci in marcia?» sbottò Lilith, rovinando per l’ennesima volta il momento. Biancaneve si fece un appunto mentale di interrogare qualche stregone o qualche fatina a proposito dei problemi genetici dei cattivi.
David sembrava esasperato quanto lei dalla ragazza drago, ma non si lasciò scomporre. «Guidaci» le disse semplicemente, indicando il sentiero davanti a loro.
E senza perdersi ulteriormente in chiacchiere, il gruppo lasciò la radura. Mary Margaret strinse la mano di Henry quando il ragazzo le passò accanto, e al sorriso di lui seppe che entrambi stavano pensando la stessa cosa: “Stiamo arrivando, Emma!”.
 
***
 
Camminarono parecchio, quella mattina, guidati da Lilith attraverso i pini e le querce del bosco che congiungeva la Foresta Incantata a Camelot; ma alla fine, la stanchezza per la lunga notte che avevano trascorso cominciarono a farsi sentire, e decisero di accamparsi nei pressi di un ruscello, anche se era solo mezzogiorno. Sia lei sia Robin furono d’accordo nel constatare che viaggiare di notte sarebbe stato meglio: le tenebre li avrebbero nascosti da occhi indiscreti, e quanto alle creature più o meno pericolose che avrebbero potuto incontrare, sapevano tutti che con Regina sarebbero stati al sicuro. L’autorevolezza che i due riuscivano ad avere grazie ai lunghi periodi che avevano trascorso nascondendosi nelle foreste fu sufficiente a convincere tutti della necessità di fermarsi a riposare… tutti tranne Uncino, ovviamente.
«Avete davvero intenzione di bivaccare per il resto della giornata, mentre Emma è chissà dove a combinare chissà cosa?».
«Amico, ti assicuro che nelle condizioni in cui ci troviamo non saremmo di nessun aiuto a Emma» disse Robin, mentre aiutava Henry a preparare un cerchio di pietre per accendere un fuoco.
«Perdonami se non riesco a fidarmi del parere dell’unica persona qui in mezzo che sembra avere tutta l’intenzione di ritardare il più possibile il nostro arrivo a Camelot… amico».
«Ho le mie buone ragioni, e sarà meglio che le ascoltiate tutti mentre riposiamo».
«Non mi importa un accidenti delle tue ragioni! Abbiamo una missione da compiere, dannazione, non c’è tempo di stare qui ad arrostire cacciagione e raccontare storie!».
Biancaneve dovette trattenersi parecchio per non mettersi a sbuffare come Lily. Probabilmente, era così esasperata dal pirata che avrebbe anche emesso del fumo, in perfetto stile ragazza drago. Si concentrò sui rami e le foglie secche che stava raccogliendo tutt’intorno, contò fino a dieci e poi parlò. «Ricordo distintamente che quando eravamo sull’Isola Che Non C’è fosti proprio tu a dire a Emma e Regina che se volevano riuscire veramente a salvare Henry da Pan dovevamo anche fermarci a riposare. Spiegami perché stavolta dovrebbe essere diverso, Uncino». Fu piuttosto soddisfatta nel notare che il pirata non trovò niente da risponderle. «Bene, vedo che ti è rimasto un briciolo di ragionevolezza in quella tua testolina così affascinante. Ora, se vuoi renderti utile in qualche modo, puoi andare a raccogliere la legna con David, mentre magari io e Lilith andiamo a cercare qualcosa da mangiare, mh?».
Regina alzò una mano, spazientita. «Tutto questo non ha affatto senso» dichiarò, e schioccò le dita un paio di volte. In un attimo, comparvero un bel fuoco scoppiettante, della selvaggina e persino un po’ di frutta. «Se lo scopo di questa pausa è riposarsi, riposiamoci. Non vedo perché dovremmo affannarci a cacciare e cercare legna quando posso procurare tutto quello di cui abbiamo bisogno con un po’ di magia».
Biancaneve si sedette accanto al fuoco e afferrò un po’ del coniglio che Regina aveva fatto apparire dal nulla. «È incredibile come tu riesca sempre a rovinare il divertimento, sai?» le chiese, mettendo su un piccolo broncio, ma non poté negare a se stessa che quelle inaspettate comodità le avrebbero fatto più che piacere, nei suoi giorni da bandito.
«Suppongo che ci sarà più di un’occasione per divertirsi, una volta arrivati a Camelot» commentò Uncino, sedendosi poco lontano da lei, imitato da tutti gli altri.
«Precisamente» rispose Regina. «Henry, non dimenticare di mangiare un po’ di frutta» aggiunse.
Il ragazzo alzò gli occhi al cielo. «Ma mamma… sai che odio le mele!».
David ridacchiò. «Magari ti piaceranno di più, se accompagnate dal giusto condimento… qualcuno qui aveva promesso di raccontarci una storia» disse, dando una spallata amichevole a Robin.
«Dai, Robin» lo incoraggiò Henry, cogliendo la palla al balzo. «Mamma dice sempre che è importante per la mia crescita che io assuma le vitamine di cui ho bisogno!».
«Coraggio, Occhio di Falco» incalzò Lilith. «Magari la tua storia aiuterà anche me a mandare giù la cucina della tua ragazza».
Regina, Mary Margaret e David alzarono gli occhi al cielo.
Uncino offrì a Robin la sua fiaschetta, e l’arciere la accettò volentieri. Mandò giù un sorso di rum e si prese un paio di minuti, fissando il fuoco come se le fiamme avrebbero potuto suggerirgli come iniziare il discorso. «Beh, non ha senso girarci intorno, suppongo… io e re Artù siamo fratelli di latte».
Biancaneve quasi si strozzò con il pezzo di coniglio che stava masticando, e fu salvata solo dai colpi secchi che David le assestò sulla schiena. Guardandosi intorno, notò che la notizia aveva sconcertato anche i suoi compagni di viaggio: Regina guardava Robin come se gli fossero appena spuntate due antenne da formica in testa, Henry aveva gli occhi spalancati dallo stupore, persino Uncino sembrava colpito da una simile rivelazione. L’unica ad ostentare una certa noncuranza, ovviamente, era Lily.
«Voialtri dovreste seriamente considerare l’ipotesi di mettere su carta un albero genealogico bello grosso, una volta o l’altra» commentò, addentando una mela. «Ci sono più legami di parentela tra di voi che in una telenovela, ve lo posso assicurare».
«Una teleche?».
«Lascia stare, Killian» tagliò corto Neve.
«Già, ora è un’altra la storia che dobbiamo ascoltare» concordò Regina. «Non avevi detto di essere stato a Camelot una volta?» chiese, rivolta a Robin, con il tono che di solito usava con Henry.
«Ho già detto di non essere stato del tutto sincero con voi prima» si scusò Robin. Bevve un altro sorso di rum e restituì la fiaschetta a Killian, poi ricominciò a raccontare, senza guardare nessuno di loro negli occhi. «A Camelot ci sono nato, in realtà. Mia madre è morta nel darmi alla luce, quindi mio padre si è dovuto rivolgere alla famiglia della fattoria vicina perché io venissi allattato: ed era la fattoria dei genitori di Artù, che era nato poche settimane prima di me. Io e lui siamo cresciuti come fratelli, praticamente. Lavoravamo nei campi insieme, aiutavamo le nostre famiglie con gli animali e i raccolti, sapete… e vivevamo le nostre belle avventure in giro per la foresta quando ci mandavano a caccia insieme. Eravamo inseparabili». L’arciere sorrise tra sé e sé, ricordando i tempi andati.
«E allora perché non vuoi farti riconoscere? Ora che lui è re e ha Excalibur, può aiutarci a salvare la mamma, no?».
Robin si pizzicò l’attaccatura del naso, palesando tutta la sua stanchezza. «Vorrei che fosse così facile, figliolo, ma temo che Artù sarà assai poco disposto ad aiutarci, se saprà che sono con voi. Vedi, quando eravamo poco più grandi di te, io e Artù salvammo un vecchio mendicante che vagava nei boschi dall’assalto di un cinghiale. Solo che quel vecchio mendicante non era affatto chi sembrava essere… ».
«Non lo sono mai, suppongo». Neve non poté trattenere un sorriso. «La prossima volta che partiamo per una missione avventurosa, Henry, ricordami di raccontarti di quella volta in cui tua madre si travestì da mendicante, finì ferita dalle sue stesse guardie e fu salvata da un’esecuzione dalla sottoscritta».
«Perché ti eri travestita da mendicante, mamma?».
Regina le lanciò uno sguardo furioso. «Hai sentito Mary Margaret, giovanotto. La prossima volta. Voglio sapere come continua la storia».
Robin sorrise amaramente, e lanciò un po’ di legnetti nel fuoco. «Beh, è presto detto. Quell’uomo era una sorta di stregone, o di mago, o non so, e ci disse di essere dotato di un dono speciale… sapeva leggere il futuro».
«Ehi, aspetta un momento» intervenne Uncino, come se un sospetto stesse prendendo forma nella sua mente. «Suona parecchio come un certo Coccodrillo di nostra conoscenza».
Robin trasecolò. «Cosa? Pensi che fosse l’Oscuro? Non sembrava affatto Rumplestiltskin, se devo essere sincero…».
«Ah, questo non vuol dire niente» disse Regina. «Il folletto sapeva il fatto suo, quando si trattava di travestirsi. Soprattutto se questo gli permetteva di tirare i fili di un qualche spettacolo di burattini che gli faceva comodo dirigere» aggiunse, pensierosa.
«Questo sì che è interessante. Non ha mai dato segno di avermi riconosciuto, né quando ci siamo incontrati nella Foresta Incantata né quando sono arrivato a Storybrooke».
«Sì, beh, nemmeno questo vuol dire che non fosse veramente Gold, Robin» si inserì David. «Sbaglio o non ha mai detto a nessuno nemmeno di Zelena, giusto per dirne una? Quell’uomo conosce veramente tutti, in questo mondo… e rivela le cose che sa solo quando gli fa comodo che anche gli altri le sappiano».
«Il nonno è pieno di risorse» commentò Henry affettuosamente.
«Puoi dirlo forte, ragazzo» borbottò Killian, decidendo di aver bisogno di un sorso di rum per continuare ad ascoltare la storia di Robin.
«Beh, che fosse lui o no, si offrì di rivelarci qualcosa del nostro futuro per ringraziarci di quello che avevamo fatto. Io dissi che preferivo avere in regalo un arco e una faretra: mio padre mi aveva insegnato che certe cose è meglio non saperle in anticipo. E poi, morivo dalla voglia di imparare a tirare con l’arco. Ma Artù… Artù era diverso. Era sempre stato curioso, sveglio… e un po’ ambizioso, credo: la vita da contadino gli stava stretta, ora lo capisco. Ma all’epoca non me ne rendevo conto. Così gli chiesi di lasciar stare il suo futuro, e di chiedere un'altra ricompensa allo stregone, ma lui non mi diede ascolto. Litigammo, e io lo lasciai nel bosco con lo stregone per tornarmene a casa. Non ci parlammo per giorni, ma poi mio padre mi disse che saremmo partiti per la Foresta Incantata perché aveva perso la fattoria giocando d’azzardo alla taverna del paese… e io ero così sconvolto che decisi di lasciar stare il nostro litigio per chiedere al mio amico di aiutarmi in qualche modo, così andai a cercare Artù nel nostro posto, nella foresta».
L’arciere si interruppe nuovamente, fissando il fuoco acceso da Regina senza quasi battere le palpebre.
«… E poi? Cos’è successo?» lo incalzò Biancaneve, incuriosita.
Robin scrollò la testa, come per schiarirsi le idee. «Il mio cosiddetto amico di infanzia mi accolse puntandomi un bastone appuntito contro il petto. Non volle stare a sentire nemmeno cosa avevo da dirgli: mi disse che non voleva più vedermi, e che avrei fatto meglio a stare lontano da lui e dalla sua famiglia. Normalmente lo avrei preso a pugni per cercare di ficcargli un po’ di sale in zucca, ma lui aveva un tale sguardo negli occhi che mi spaventò. Io e mio padre partimmo quella sera stessa, e da allora non l’ho più incontrato».
Ci fu qualche minuto di silenzio, poi Lilith parlò. «Mi stai dicendo che te la fai sotto dalla paura perché decenni fa un ragazzino ti ha guardato storto? E io che pensavo fosse Emma la damigella in difficoltà…».
Neve pensò che Regina stesse letteralmente per fulminarla con gli occhi. «Stammi bene a sentire, ragazzina. La tua storia triste e dolorosa non ti autorizza a trattare come rifiuti tutte le persone che ti circondano… fatta forse eccezione per gli Azzurri, che se lo meriterebbero pure, ma dà retta a chi ha più esperienza di te: alla fine il cosiddetto Bene vincerà, e tu ti ritroverai a cenare con loro, a condividere avventure con loro, persino a cercare di salvare qualche loro figlio neonato in pericolo. Perciò vedi un po’ di farla finita con queste sciocchezze, o giuro che ricorrerò a misure straordinarie. Non hai bisogno della voce per guidarci da Emma, te lo garantisco». Neve non poté fare a meno di sorridere alle parole della sua matrigna: erano la cosa più vicina ad un ti voglio bene che Regina le avesse mai detto.
Fu come sempre Henry a riportare la tensione a livelli sopportabili. «C’è dell’altro, vero, Robin?» chiese, ignorando quanto sua madre e Lilith si erano appena dette.
«Già» rispose l’arciere, e a tutti loro sembrò parecchio più vecchio di quanto non fosse mentre si strofinava il viso con una mano. «Io e mio padre passammo alcuni anni qui nella Foresta Incantata, vivendo di espedienti, lavorando come braccianti quando ci riuscivamo, cacciando di frodo nelle riserve reali… ».
«Ehi!» esclamò Neve, fingendosi offesa a morte per cercare di tirarlo un po’ su di morale. «Come hai osato, arciere da strapazzo?»
Regina ridacchiò.
«Avevate proprio dei bei cervi, sapete?» anche Robin si concesse un sorriso, parecchio più disteso di quelli che i suoi ricordi di infanzia gli avevano provocato. «Comunque sia, dopo diversi anni passati così, mio padre rimase gravemente ferito durante una battuta di caccia, e non ci fu verso di salvarlo. Dopo la sua morte non era rimasto nulla per me qui nella Foresta, quindi decisi di tornare a Camelot. Una volta arrivato lì, scoprii che nel frattempo anche il nostro vecchio sovrano era morto, e che una profezia era stata rivelata: il suo degno successore sarebbe stato l’uomo che avesse trovato ed estratto la mitica Excalibur dalla roccia nella quale Merlino la aveva conficcata, tanti secoli prima».
«Il tuo amico Artù, mh?» Killian tirò ad indovinare, osservando la reazione di Robin da sotto al suo cipiglio.
«Proprio così. Io arrivai a Camelot proprio nei giorni in cui ricorreva il suo primo anniversario di regno, ma quello che vidi non mi piacque affatto: la popolazione era affamata dalle tasse e dalle corvée che il nuovo sovrano aveva imposto, un sacco di ragazzi e ragazze erano stati chiamati a servirlo come militari, e Artù passava tutto il santo giorno nelle stanze più remote del suo castello, senza nemmeno incontrare sua moglie Ginevra o i suoi funzionari. Nessuno aveva idea di cosa gli passasse per la testa, ma io ero piuttosto sicuro che avesse a che fare con quello che lo stregone gli aveva profetizzato tanti anni prima… probabilmente, era anche il motivo per il quale mi aveva allontanato» aggiunse.
«E quale sarebbe?» domandò David, visto che Robin si era di nuovo perso ad osservare le fiamme, accarezzando distrattamente la mano di Regina.
«Vorrei proprio saperlo» rispose l’arciere. «La gente diceva che il re era ossessionato da qualcosa, da una missione che gli era stata affidata e alla quale doveva destinare tutto se stesso… ma qualunque cosa fosse, non giustificava il modo in cui permetteva che il suo popolo vivesse. Lui continuava a mettere tasse su tasse, per finanziare chissà cosa, e le persone morivano di fame. Non potevo credere che Artù si fosse trasformato in un simile mostro di egoismo, ma mi bastarono pochi giorni a Camelot per capire che del mio amico di infanzia era rimasto ben poco».
«È per questo che sei diventato un ladro, vero?» chiese Henry. «Per aiutare i poveri del tuo paese?».
«Già. Misi su una banda di persone che non erano disposte a permettere che la situazione rimanesse così, e per un po’ di tempo rubacchiammo dalle casse di Artù per restituire alla povera gente quello che il re aveva tolto loro in nome della sua ambizione. Ma le voci su questo gruppo di ladri guidati da un arciere infallibile raggiunsero le sue orecchie, alla fine, e lui capì che dietro a quei furti e a quelle imboscate c’ero io. Mise una bella taglia sulla mia testa e mandò le sue milizie a cercarmi, così capii che era tempo per me di andare via… a Locksley, prima, e poi a Sherwood. Il resto della storia lo sapete, suppongo… e questo – beh, questo è tutto. Davvero, stavolta» aggiunse rivolto a Regina, stringendole forte la mano e posando un bacio delicato sulle sue nocche.
«Beh… bentornato a casa, Hood» commentò il pirata, impressionato da tutte quelle rivelazioni.
Robin sorrise, teso. «Già. È strano essere tornati» affermò, tirandosi su dal bivacco e andando a sistemarsi ai margini della radura in cui si erano fermati. «Ora cercate di riposare. Faccio io il primo turno di guardia».

 


 
··· Angolo Autore ···
ALLLLLLLOOOOOOORA :D
Ho sganciato una bella bomba, eh? Sinceramente credo che questa di intrecciare la storia di Robin a quella di Artù sia una delle idee meno stupide che mi siano mai venute da quando frequento EFP, quindi ne vado piuttosto fiera, eheh *O*
Il fatto che sia Robin ad avere legami con il passato di Artù significa, tra le altre cose, che non vedremo Merida nella mia fanfiction... e per due motivi. Il primo è che *SHAMESHAMESHAME* non ho mai visto il cartone, quindi anche se so di cosa parla la sua storia non la conosco abbastanza bene da poter provare a "rendere mio" il personaggio. Il secondo è che ho trovato l'aggiunta di Merida,  nella 5A, un'aggiunta, appunto. La hanno sviluppata poco, inserendola in una trama già complicatissima e lasciandola sempre ai margini, tranne che nella puntata dedicata. In caso non si fosse capito, sono una persona che le cose o le fa bene o non le fa... e in questo caso, mi spiace Merida, ma per me è stato NO (ma in ogni caso, Amy è stata fantastica... e amo il suo accento!).
Mi scuso per il ritardo nell'aggiornamento, ma sono incagliata nella scrittura del capitolo 6 e non volevo aggiornare prima di averlo finito - cosa che andrò a fare non appena finito di sistemare l'HTML. Ah, e ovviamente avrei degli esami da preparare e uno spettacolo in arrivo, ma quelle sono quisquilie, visto che la mia mente malata ha già partorito altre due trame per delle long fiction che potrebbero venirmi lunghe chilometri, yay! :D
Spero che la storia vi stia incuriosendo/appassionando. So più o meno dove voglio andare a parare, non temete, ma ho l'impressione che ci vorrà ancora del tempo. Avrete abbastanza pazienza? Lo scoprirò presto, uhuh :p
Un bacio a tutti i lettori silenziosi, e un abbraccio a chi si ferma un secondo a recensire!

 -R

Disclaimer: tutti i personaggi, meno eventuali OC, appartengono ai creatori della serie TV. Se fossero miei, probabilmente sarebbero tutti felici e contenti, e io sarei ricca sfondata. Vista l'infelicità che aleggia su Storybrooke e nel mio portafogli, direi che sappiamo tutti qual è l'amara verità.
   
 
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