Capitolo
5 – Tomorrow never dies
Non
resiste più.
Le
ha lasciato tutto lo spazio e il tempo che le serviva.
Una
parte di lui l’avrebbe addirittura accompagnata
all’incontro con il Commissario, ma è riuscito a
trattenersi dal proporglielo,
sapendo bene quanto il capitano Beckett tenga alla propria
indipendenza. Ma
adesso la curiosità lo sta uccidendo. Quella e anche la
preoccupazione che quella
convocazione repentina abbia avuto un esito nefasto. In
realtà Kate gli ha
mandato un sms appena uscita dal numero uno di Police Plaza, in cui lo
informava che stava bene, che sarebbe andata al Dodicesimo, e in cui
gli
chiedeva di vedersi quella sera all’Old Haunt, ma
l’ansia gli sta chiudendo la
gola e non vede l’ora di poter avere di nuovo sua moglie
sott’occhio. E magari
anche fra le braccia, come la notte scorsa.
Ah,
che meraviglia poterla stringere di nuovo, poterle
dimostrare ancora una volta ciò che prova per lei. Era stato
persino meglio di
quanto si ricordasse! E poi quel completino rosso… appena lo
aveva acquistato
aveva realizzato che su di lei sarebbe stato esplosivo e non si era
certo
sbagliato.
Per
quanto assurdo possa sembrare, deve ammettere che Ethan
Slaughter aveva ragione: ha smesso di chiedere permesso e se
l’è ripresa. Sì,
insomma, diciamo che ha comunque rispettato i desideri della moglie ma
non ha
annientato i propri, ecco. Ora spera solo che la notte che hanno
trascorso di
nuovo avvinghiati l’uno all’altra non abbia
rappresentato un episodio sporadico,
una specie di time out from the time out,
ma che Kate ritorni finalmente a casa e al suo fianco, e non solo
affinché lui
le fornisca support and comfort. Lots and lots of comfort, per essere
precisi. Richard Castle è un uomo generoso, in tutti i
sensi!
Già,
ma se anche fosse, quanto durerà? Cos’altro
scatenerà l’innato senso di giustizia di Beckett e
la farà immolare per la
causa, a scapito di chi le sta intorno? Ha dichiarato I’m
done playing the lone wolf, gli ha detto di volerlo accanto a
sé in questa battaglia, ma può davvero fidarsi di
lei? Proprio questo dubbio
gli riempie il cuore di tristezza e gli avvelena l’anima. Fra
marito e moglie
non dovrebbe esistere questa mancanza di fiducia, ma la delusione e la
sofferenza
provata sono ancora recenti e fa fatica a superarle. Gli risulta
difficile
mettere a tacere quel tarlo che gli rode l’anima, anche se
non ha mai perso la
speranza di riconquistare l’amore della sua vita.
Però ancora non sa quanto gli
ci vorrà per perdonarla completamente. Anche se
ciò che le ha letto negli occhi
la sera precedente lo ha colpito molto. In tutti questi anni ha
scoperto tutti
gli strati della cipolla Beckett: l’ha vista soffrire per sua
madre,
precipitare nel baratro degli attacchi di panico dopo essere stata
ferita,
ergere muri altissimi per non condividere il suo vero io con nessuno,
gioire
per il matrimonio di Kevin e Jenny e la nascita di Sarah Grace,
sciogliersi
davanti a Cosmo, pur avendo dichiarato di non essere una baby
person, ridere con leggerezza davanti alle sue battute
sciocche e trasformarsi in una donna appassionata e profondamente
innamorata. E
lui ha perso la testa per tutte le sfaccettature di questa meravigliosa
creatura, è inutile negarlo. Sin dal primo momento in cui
l’ha incontrata al
party per il lancio del suo ultimo libro di Storm, quando lei si
è presentata
in tutta la sua altezzosa serietà. Sì, Kate
Beckett è davvero straordinaria! E
lui sa perfettamente che tutti questi ragionamenti non hanno senso, che
è una
contraddizione vivente, ma non può farci niente.
L’altra
cosa che lo inquieta è che suo padre è sparito
senza nemmeno salutarli o far sapere loro chi aveva fatto ripulire lo
stripper
club o che fine abbia fatto Vikram. Affacciandosi alla camera degli
ospiti
quella mattina, ha trovato il letto intatto, come se non vi avesse
dormito
nessuno. Le opzioni sono due: o Jackson Hunt è un casalingo
provetto oppure deve
essersene andato la sera prima, senza nemmeno coricarsi.
Chissà perché propende
per la seconda ipotesi. Ormai dovrebbe essersi abituato al
comportamento di
Hunt eppure ogni volta ne rimane ferito. Ogni volta pensa di costruire
un
rapporto normale con lui, fatto di condivisione di piccoli eventi
quotidiani, e
ogni volta irrimediabilmente ne rimane deluso. La logica gli ripete che
un
agente segreto non può avere una vita comune, ordinaria,
però la sua
inesauribile fiducia nel futuro lo porta regolarmente a illudersi che
prima o
poi il miracolo avverrà, nonostante la resistenza di
quell’uomo sfuggevole ed
elusivo.
Sospira.
E’ nel suo ufficio da investigatore privato e
sta cercando di ingannare il tempo, ma non avendo clienti non ha casi
da
seguire e non c’è nemmeno Alexis con cui scambiare
quattro chiacchiere. La Richard
Castle Investigations non sta andando bene come pensava e appena le
cose si
calmano sul fronte familiare dovrà rivedere i suoi programmi
professionali e
comprendere cosa vuole fare da grande. Gli manca da morire la sua
esperienza al
Dodicesimo: gli anni trascorsi con Kate, Esposito, Ryan, il compianto
Montgomery e persino la Gates hanno rappresentato una parentesi
lavorativa e
personale straordinaria, dalla quale è uscito profondamente
arricchito.
Intanto,
il pensiero gli corre di nuovo all’altro protagonista
dell’intera faccenda. Quel Vikram non gli era mai piaciuto,
sin dalla prima
volta in cui lo aveva incontrato in quell’hangar. Il suo
istinto non gli aveva
mentito, ma i fatti sembravano dargli torto, come anche Hayley gli
aveva fatto
notare proprio in quell’episodio. E ora vorrebbe tanto sapere
dove è finito e
qual è la sua vera storia...
Sospira
di nuovo e controlla l’orologio per l’ennesima
volta. Deve resistere ancora qualche ora prima
dell’appuntamento con Kate. Il
suo cervello non riesce a trovare pace e sa che, in questi casi,
l’unico modo è
lasciare che la sua immaginazione iperattiva prenda il sopravvento e
trasformi
tutti quei pensieri intricati in un romanzo. Si mette comodo sulla sua
poltrona, solleva il monitor del portatile, apre una pagina di word e
le sue
dita iniziano a scorrere veloci sulla tastiera, creando intrecci,
narrando
emozioni, dipanando grovigli. Seppellendo la sua ansia nella trama di
una
storia, insomma. Il titolo provvisorio che si fa largo nella sua mente
è Indian Heat, ma non
è certo che
pubblicherà mai questo libro. Intanto gli serve da valvola
di sfogo, poi
chissà.
Qualche
ora più tardi, l’atmosfera calda e accogliente e
il chiacchiericcio sommesso del locale avvolgono la donna appena apre
la porta.
Eddie è ancora seduto al piano e sta allietando gli
avventori con un piacevole
accompagnamento musicale, vagamente jazz. Kate ha sempre adorato quel
luogo. Un
po’ perché per Rick rappresenta un posto
leggendario, per la storia
dell’edificio e per il periodo che lui personalmente vi ha
trascorso quando
stava scrivendo il suo primo libro. Un po’ perché
a lei ricorda Montgomery e le
uscite con lui, Castle, Kevin e Javier che li hanno visti brindare ai
casi
risolti o semplicemente alla fine dell’ennesima estenuante
settimana lavorativa.
Si rammenta ancora di quando ci sono andati per la prima volta tutti
insieme,
cantando “Piano man”. Rick aveva appena comprato il
locale e li aveva invitati
tutti a condividere con lui una bottiglia del leggendario whiskey di
Beau James,
che gli era costata una generosa donazione al fondo orfani della
polizia. Le
pare che quel periodo risalga a un secolo prima, anche se in
realtà sono
passati pochi anni. Ma alcuni momenti della nostra esistenza sono
così intensi
che paiono durare un’eternità. E poi Rick
è così carino in quella foto appesa
sul wall of fame, circondato dagli
altri
grandi scrittori che hanno frequentato quel bar. Kate ricorda ancora
che faccia
aveva fatto Rick quando lei aveva esclamato: “Oh
my goodness Castle, you were so cute back then!”. Back then… come se nel
frattempo avesse
perso il proprio fascino... E invece è tuttora un uomo molto
attraente e lei è
fortunata ad averlo nella sua vita, soprattutto perché quel
bel faccino
nasconde un cuore grande.
“Signora
Castle, che piacere rivederla!” la accoglie
gioviale Vince, il barista assunto da Rick qualche anno fa in
sostituzione di
Brian Elliott. Beckett gli risponde con un sorriso sincero e prima che
possa
aprire bocca lui la informa che il proprietario è nel suo
ufficio al piano di
sotto.
“Grazie
Vince, ci vediamo dopo” lo saluta prima di
avviarsi verso la sua destinazione.
Scende
i pochi scalini che la conducono alla stanza
preferita di Rick. Lo trova concentrato sul laptop, tanto che pare non
accorgersi di lei. In tutti questi anni, Kate ha imparato che quando
Castle è
in piena fase creativa entra in una specie di trance, in un universo
parallelo
che lo isola dal resto del mondo, dal quale emerge spossato e a volte
frustrato, quando il risultato non lo convince. Da quando vivono
insieme ha
assistito a momenti di totale frenesia adrenalinica, nei quali si
alzava anche
nel cuore della notte perché folgorato da un’idea
che doveva assolutamente
sviluppare, alternati da altri di profonda crisi, nei quali non
riusciva a
sbloccare gli intrecci delle sue storie o a mettere per scritto
qualcosa che il
suo critico più feroce, ovvero sé stesso, avrebbe
considerato accettabile. Ora
sembra totalmente assorto e lei è felice di vederlo
così: sa bene che scrivere
per suo marito è come respirare, rappresenta una delle sue
funzioni vitali.
Il
legno dell’ultimo scalino scricchiola e distoglie lo
scrittore dalla sua storia. Quello che era cominciato solo come un modo
per ingannare
il tempo ed esorcizzare la sua ansia si è trasformato in un
intreccio
intrigante che lo ha rapito, tanto che non ha potuto fare a meno di
portarsi
dietro il computer e continuare a scrivere anche lì. Ma
adesso che sua moglie è
arrivata, la narrazione può aspettare. Salva il documento al
volo e si alza dal
divano che ha fatto posizionare nel seminterrato.
“Ehy”
lo saluta Kate con un sorriso.
Castle
la abbraccia, le lascia un bacio leggero sul collo,
subito sotto l’orecchio, inebriandosi del suo profumo, e la
invita ad
accomodarsi accanto a lui. Sta morendo dalla curiosità di
sapere com’è andata
con il Commissario, ma non vuole aggredire sua moglie con la sua lista
di
domande, anche se fa davvero fatica a contenersi.
“Non
ho parlato con il Commissario” chiarisce subito Kate
e, di fronte allo sguardo sbalordito del marito, gli racconta di Smith.
Gli
dice tutto, senza tralasciare alcun dettaglio, compreso
l’aver pensato che
fosse un man in black. Basta
segreti.
Basta omissioni.
“Come
fai a fidarti di quello che ti ha detto? Anche lui
potrebbe far parte di quell’organizzazione di cui ci ha
parlato mio padre, come
Vikram stesso che ti voleva solo depistare” domanda Rick,
frustrato. A questo
punto c’è dentro anche lui e vorrebbe arrivare
alla soluzione del caso, anche
perché sa bene quanto sia testarda sua moglie e vederla
invece così arrendevole
lo stranisce.
Kate
gli prende le mani e, guardandolo fisso negli occhi,
risponde: “Perché mi ha detto che aveva bisogno di
far lavare le tende. Lo so
che ti sembra una follia e probabilmente a ruoli inversi
anch’io penserei che
ti sei bevuto il cervello, ma è la stessa frase che mi ha
detto di usare Rita
qualora avessi avuto bisogno di mettermi in contatto con lei,
telefonando a un
certo numero. Voglio credere che sia lei che tuo padre siano dalla
mia… dalla
nostra parte, babe. Non so ancora
quale fosse il ruolo di Hunt in tutto questo, ma credo di dover
cominciare ad
accettare il fatto di non poter sempre sapere tutto. Con la richiesta
di
trasferimento immediata di Vikram, Smith mi ha anche coperto le spalle,
così ho
una spiegazione ufficiale per la sua sparizione immediata dal
Distretto, senza
destare sospetti.”
Di
fronte al silenzio del marito, che continua a
osservarla senza però riuscire ad articolare alcun commento,
Beckett prende un
bel respiro e giunge alla parte più importante del suo
discorso: “E poi ho
deciso di farmi aiutare. Ho capito di avere un’ossessione per
la giustizia, che
mi impedisce di assegnare le priorità in modo appropriato.
Mi butto a capofitto
in queste missioni, più o meno suicide, non pensando a chi
mi sta accanto.
Anche questa volta ho messo a repentaglio il nostro futuro, la nostra
vita
insieme. Ho messo Loksat prima di te, Rick, e non è giusto.
Dopo aver
incontrato Smith stamani ho chiamato il dottor Burke. Mi ha fissato la
prima
seduta domani pomeriggio. Io… ti amo, Rick, e voglio
ricominciare con te.”
Castle
incatena i suoi occhi a quelli della moglie. E’
come se le leggesse l’anima e lei spera con tutto il cuore
che ciò che vede lo
rassicuri. Sa di averlo ferito profondamente con il suo allontanamento
e spera
che adesso non sia troppo tardi.
In
realtà, le parole di Kate suonano come una musica celestiale
agli orecchi dell’uomo. Sua moglie ha deciso di diventare una
persona migliore
per lui, di sconfiggere i propri demoni per ricominciare con lui. E
inizierà da
domani.
Che
bella, quella parola.
Domani.
Il
domani non muore mai, come dice il titolo di quel film
di James Bond. E a questo punto lui è sicuro che il suo
futuro non morirà,
anzi, sarà meraviglioso accanto a quella straordinaria
creatura che ha
riconosciuto i propri limiti e gli ha dichiarato ancora una volta il
proprio
amore. Perché l’amore è
l’elemento salvifico che può riparare tutto, che
può
restituire la speranza e la fiducia nel domani.
A
quel punto, però, il silenzio del marito comincia ad
inquietare Beckett, che si morde nervosamente il labbro inferiore. Teme
di
essere andata troppo oltre. Teme che, nonostante la meravigliosa notte
d’amore
trascorsa fra le sue braccia forti, lui abbia deciso che non ne vale
più la
pena. Game over, insomma.
Fortunatamente,
l’uomo si risveglia dal suo torpore e le
dice soltanto: “Shut up and kiss me”
Nota
dell’autrice
Eccoci
al termine di questa storia. Hunt rimane l’uomo sfuggevole
che abbiamo
intravisto in tv e che, a modo suo e con i suoi tempi, entra a gamba
tesa nella
vita del figlio. I men in black sono intervenuti nel caso di Loksat e
si
occuperanno loro di Vikram, mentre i Caskett possono tornare ad essere
una
coppia normale. A modo loro, naturalmente!
A
questo punto non mi resta altro che dire grazie.
Grazie
a chi ha letto in silenzio e a chi ha trovato il tempo di regalarmi
delle splendide
recensioni.
Grazie
a chi ha messo la storia nelle preferite, nelle ricordate e nelle
seguite
E
grazie al mio angelo custode che mi ha suggerito il titolo, oltre a
tutto il
resto!
Un
abbraccio,
Deb