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Autore: Laly of the Moonlight    13/02/2016    0 recensioni
In una notte buia e tempestosa, le strade di Karyl, giovane elfa dagli occhi verdi, e Khynd, un cacciatore umano, si incroceranno casualmente tra le pareti umide di una grotta.
Una conoscenza nata in maniera accidentale, ma destinata a cambiare completamente la vita di entrambi. Per sempre.
Terza classificata al Contest “Cavalieri di Draghi” indetto da Najara87 sul forum di Efp.
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Come deciso, Karyl partì l'indomani mattina all'alba, equipaggiata di tutto punto per un'escursione in montagna. Lasciò detto ad alcune cameriere che sarebbe stata fuori qualche giorno, cosa che non destò alcun sospetto, come lei stessa aveva pianificato: sovente la ragazza si allontanava dalla casa del Governatore per poi tornare nei giorni successivi.
Si incamminò lungo il sentiero principale che si snodava dalla sua cittadina fin dentro il bosco, seguendolo per diverse ore. Come il giorno precedente, le foglie morte cadute a terra e la rugiada presente in tutto il sottobosco rallentarono molto la sua ascesa, rendendo il percorso scivoloso. A causa della sua sbadataggine, l'elfa si ritrovò più volte seduta a terra, mentre la parte posteriore dei pantaloni verde scuro assumeva una tonalità grigiastra, a testimonianza delle innumerevoli cadute.
All'incirca a mezzogiorno si fermò per mangiare un pezzetto di carne salata e bere un po' d'acqua, mentre provvedeva a tirare fuori la sua inseparabile mappa per consultarla. Ad occhio e croce, mancavano ancora diverse ore di cammino per giungere al primo dei cinque valichi che attraversavano la catena montuosa che sorgeva tutt'attorno alla città bianca, ragion per cui in pochi si avventuravano in quei luoghi. Dopo la breve sosta, Karyl si rimise in marcia, decisa a raggiungere il suo obiettivo entro il calar del sole.
A metà pomeriggio la stanchezza iniziò a farsi sentire. I suoi polmoni reclamavano ossigeno, mentre l'acido lattico ormai entrato in circolo le faceva dolere i muscoli.
Il terreno erboso lasciò il posto a tratti di nuda e scivolosa roccia, inframezzata da tappetini di muschio sui lati esposti al nord.
La ragazza si fermò un momento, piegando leggermente le ginocchia e appoggiandovi sopra i palmi delle mani, nel tentativo di riprendere fiato. Erano ore che camminava, era stanca, ma la sua meta si stava avvicinando. Guardò ansimando verso l'alto, le vette lontane dei Monti di Ghiaccio, così li chiamavano da quelle parti, per via della perenne coltre bianca che ne ricopriva le cime. Abbassò il capo, cercando di tirare fiato. Attese finché il suo respiro non si fu regolarizzato, facendole capire che il suo corpo si era ripreso un poco dalla fatica.
Riportò il busto in posizione eretta, strinse saldamente la bisaccia e riprese il cammino, di buona lena.
Le ci volle tutto il resto della giornata per salire il ripido sentiero e giungere in cima all'altopiano che segnava la linea di confine tra i boschi, territori di caccia degli abitanti della città di Perilia, e la zona delle Alte Montagne, regno della neve perenne e del freddo glaciale.
Karyl si voltò indietro, ammirando il paesaggio che si snodava placido e silenzioso ai suoi piedi: la vegetazione sottostante con le sue vesti autunnali, punteggiate di rosso e giallo, le candide mura della sua cittadina e poi, più in fondo, l'oceano, blu e sconfinato, solcato dalle incessanti onde orlate di schiuma e risplendenti di bagliori dorati.
Data la presenza di una catena montuosa così elevata, il Sole in quelle terre tramontava molto prima del normale, poiché esso spariva dietro i picchi e la sua luce rossastra non illuminava a lungo i boschi sottostanti e la città lontana.
Nonostante fosse soltanto tardo pomeriggio, l'astro dorato stava già calando, nascondendosi dietro le cime dei monti, creando un gioco di prospettive per cui il tondo sembrava venir trafitto dalle guglie aguzze.
Rimaneva dunque poco tempo, forse mezz'ora di luce, ragion per cui la ragazza affrettò il cammino, in mezzo alla brulla vegetazione montana.
Quando il Sole era già un ricordo e tutto ciò che rimaneva di lui era una piccola porzione di cielo arrossata, Karyl fu in vista del primo dei cinque valichi segnati sulla mappa del padre, scoprendo effettivamente un accampamento di forestieri, situato in una piccola radura a ridosso del sentiero che si inerpicava su per il crinale.
“Allora ci sono veramente degli uomini qui. La domanda è: chi sono? Amici o nemici?”
Ben nascosta in una piccola macchia composta da abeti bianchi, rossi e larici sparuti, l'elfa decise di utilizzare la poca luce rimasta per studiare il campo che si trovava di fronte a lei.
Diverse tende erano disposte a cerchio attorno al fuoco principale, davanti ad ognuna era appesa su una gruccia un'armatura in metallo o in cuoio borchiato; numerosi cavalli da battaglia brucavano placidi l'erba in un piccolo recinto di fortuna.
Tutt'attorno un cordone di sentinelle vegliava sul pasto serale dei compagni.
“Quelli non sono sicuramente dei nomadi. Sono guerrieri umani, armati ed equipaggiati per combattere. Ma perché sono qui?”
Un terribile dubbio si insinuò nella giovane mente della ragazza
“E se non fossero gli unici? Quei due sulla nave avevano parlato di uomini ai valichi, non avevano nominato un luogo specifico...devo assolutamente controllare. Speriamo che stanotte il cielo non sia troppo coperto.”
Karyl sedette a terra, la schiena appoggiata al tronco dell'abete che le offriva riparo, attendendo pazientemente il calare delle tenebre.
La fortuna le arrise, poiché una splendida luna crescente fece la sua apparizione, velata dai cirrostrati, lunghe nubi quasi trasparenti.
L'elfa approfittò di quella visibilità ideale per sgattaiolare via dal suo riparo, dirigendosi verso il secondo dei valichi, tenendosi sottovento e strisciando persino in alcuni punti, onde non essere scoperta.
Impiegò molto tempo, ma i suoi sforzi furono ripagati dalla vista di un secondo accampamento evidentemente militare. La preoccupazione di Karyl aumentò, provocando la formazione di rughe sulla pelle liscia della fronte.
Così come era venuta, se ne andò, acquattandosi nell'erba e scivolando silenziosamente verso il terzo dei cinque valichi che attorniavano la cittadina elfa, giungendovi quando il cielo iniziava a tingersi di rosa, segnale dell'alba ormai imminente.
Ancora una volta, la Dea Bendata decise di sorridere alla piccola spia elfa, dato che tutt'intorno a questo campo sorgeva un boschetto piuttosto fitto di abeti bianchi, completo di sottobosco formato da cespugli bassi ed intricati.
Fu qui che Karyl passò la giornata successiva, osservando attentamente i movimenti degli uomini che abitavano in quelle tende.
Li vide uscire dalle tende, chi sbadigliando e chi stiracchiandosi platealmente, per poi dirigersi verso il luogo in cui sorgeva il falò, dove il cuoco stava distribuendo la colazione.
Durante la giornata qualcuno lucidò l'armatura, altri provarono duelli con spade di legno, altri ancora si ritirarono nelle proprie tende per schiacciare un pisolino, nell'attesa della ronda notturna, il tutto sotto gli occhi attenti dell'elfa.
Al calar del sole, Karyl riprese la sua esplorazione, godendo di un'altra nottata di luce lunare velata di nubi.
Il quarto valico si presentò davanti ai suoi occhi dopo una mezz'ora di cammino, dato che si trovava molto vicino rispetto al terzo. Anche qui aveva trovato posto un campo, forse più piccolo degli altri, ma nel quale svettava una tenda enorme e di un colore rosso scuro, forse l'alloggio di un ufficiale o di qualche esponente importante. L'elfa si annotò mentalmente questa differenza rispetto i precedenti avvistamenti, poi riprese la strada verso l'ultimo dei passaggi per le terre dell'Ovest.
La ragazza giunse a destinazione in poco più di un'ora di viaggio, notando da lontano un quinto presidio, fiocamente illuminato dalla tenue luce dell'astro argentato.
Karyl non ebbe quindi nemmeno bisogno di avvicinarsi, preferendo invece sedersi a terra, appoggiando la schiena ad un abete solitario.
“Cinque valichi, cinque accampamenti. In pratica ci hanno tagliato ogni via di fuga terrestre. Ma per quale motivo fare una cosa simile? Perilia non è una città ricca, non abbiamo nulla che valga questo dispiegamento di forze.”
La ragazza tirò a sé le ginocchia, appoggiandovi sopra il mento, lo sguardo triste rivolto all'erba secca vicino ai suoi piedi.
Perché stava succedendo proprio a lei? Perché quegli uomini dovevano essere proprio lì? Perché c'erano così tante domande e così poche risposte?
Non lo sapeva.
Sapeva solo che c'era una moltitudine di soldati fuori dalla porta di casa sua, senza nessun motivo evidente.
Non poteva starsene con le mani in mano, ad attendere che i nemici facessero la loro mossa: doveva essere lei a colpire per prima.
In quell'istante, ricordò il particolare della grossa tenda rossa situata nel quarto accampamento e decise che quella sarebbe stata la sua meta: forse lì avrebbe trovato qualche indizio per iniziare a districare quella strana matassa che si era trovata tra le mani.
Si alzò da terra con rinnovato coraggio, mettendosi in marcia per raggiungere il campo precedentemente visitato, impiegando un'altra ora per ripercorrere tutto il cammino a ritroso.
Quando l'obiettivo fu in vista, Karyl si fermò un momento, studiando la situazione con i suoi acuti occhi verdi.
La tenda rossa si trovava sulla destra del bivacco, non molto vicina al centro ma in prossimità della linea delle sentinelle: una posizione molto pericolosa.
La ragazza si accucciò e prese a strisciare in mezzo all'erba, cercando di mantenersi sottovento onde evitare di essere sentita dai cavalli, muovendosi solo quando le sentinelle giravano lo sguardo.
Lentamente, con calma, si avvicinò alla grande tenda: nulla si muoveva, tutto sembrava tranquillo.
Karyl mosse un passo in avanti, mentre si guardava di lato, tendendo l'orecchio ad ogni rumore che presagisse un pericolo.
Proprio non si accorse del picchetto piantato a terra a cui era legata una delle corde che teneva in piedi la tenda stessa: l'elfa capitombolò a terra, rumorosamente.
Si riebbe immediatamente e si rialzò in fretta, mentre un sonoro vociare maschile si levava da tutto il campo.
- Allarme! Allarme! C'è un intruso! -
- Dove? Prendetelo! -
Dopo i primi momenti di sgomento, i guerrieri del campo iniziarono a reagire alla minaccia. Qualcuno andò ad accendere torce, altri iniziarono ad avvicinarsi al punto in cui si erano sentiti i rumori sospetti.
L'accampamento venne illuminato quasi a giorno, facendo capire all'elfa che l'unica cosa da fare era darsi alla fuga, mettendo quanta più distanza possibile tra lei e gli inseguitori.
Si mise a correre quanto più velocemente le consentivano le sue gambe indolenzite da giorni di cammino, inseguita da un nugolo di frecce scoccate dagli uomini dietro di lei.
Quasi tutti i dardi finirono per conficcarsi a terra, ma una di quelle fu più precisa delle altre.
Le sue orecchie elfiche captarono un lieve sibilo nell'aria, voltò leggermente la testa in tempo per vedere con la coda dell'occhio una freccia arrivare a conficcarsi direttamente nella sua spalla, facendola urlare di dolore.
Inciampò, portando un braccio alla spalla colpita, ma riuscì a mantenersi in piedi e a continuare a correre, disperatamente.
Raggiunse miracolosamente i primi alberi della foresta che si stendeva sotto l'altopiano, correndo e scivolando a tratti giù per la discesa.
Gli inseguitori erano dietro di lei, sempre più vicini, tanto che alla ragazza sembrava di sentire il loro fiato sul collo. Scacciò qualsiasi altro pensiero, concentrandosi solo sul riuscire a mettere un piede davanti all'altro senza cadere.
L'adrenalina era alle stelle, i ritmi frenetici della corsa non le davano tregua e il sangue colava copioso dalla brutta ferita alla spalla.
“Pensa, Karyl, pensa! Ci sarà pure qualcosa che puoi fare per salvarti la vita! Devo raggiungere Perilia...no, è troppo lontana! Non ce la farò mai! Cosa posso fare? Cosa posso inventarmi?”
I pensieri si susseguivano in un flusso ininterrotto, mentre l'inseguimento continuava. I soldati guadagnavano terreno, mentre l'elfa iniziava ad ansimare più del normale e l'aria faticava ad arrivare ai suoi polmoni sotto sforzo.
Il paesaggio attorno a lei iniziava ad assumere contorni indefiniti, quasi una vaga nebbia si fosse stesa su quei luoghi.
Karyl capì che non le rimanevano molte forze, doveva trovare una soluzione in fretta o sarebbe morta.
Casualmente passò accanto ad una grotta e ricordò improvvisamente dove si trovava.
Era la grotta in cui mesi prima aveva incontrato il cacciatore.
Durante le loro chiacchiere, l'uomo le aveva detto che si recava spesso lì, perché la selvaggina abbondava.
Si fermò col fiato spezzato, giocando la sua ultima disperata carta. Tirò fuori velocemente la sua mappa, macchiandola con le dita sporche del sangue che colava dalla parte alta del braccio, inzuppandole la manica del corpetto.
Lasciò cadere la pergamena in mezzo ai cespugli del sottobosco, vicino all'entrata della caverna, sperando con tutto il cuore che Khynd fosse nei dintorni e la trovasse, riuscendo così a capire che lei era nei guai.
Era un azzardo, le possibilità di riuscita di quel piano erano praticamente zero, ma nella follia del momento pensò che potesse funzionare.
Ormai allo stremo delle forze, si allontanò zoppicante dal luogo in cui aveva nascosto l'indizio per accasciarsi, parecchie decine di metri più in là, ansimando.
Riuscì a tenere gli occhi aperti solo per pochi istanti, mentre vedeva l'immagine sfocata degli uomini che la raggiungevano e si avvicinavano al suo corpo inerte. Sbatté le palpebre un paio di volte, poi chiuse gli occhi verdi, mentre una stanchezza quasi mortale si impadroniva della sua mente. I suoi ultimi pensieri lucidi furono rivolti al Cielo.
“Non so se esiste un Dio in questo mondo o meno, ma se davvero c'è spero che questo mio pensiero giunga a Lui. Ti prego, fa che vada tutto bene. Salvami.”
I sensi abbandonarono infine il suo corpo, precipitandola nelle tenebre nere e fitte dell'incoscienza.

Probabilmente, quella notte, il Fato e il Caso si giocarono ai dadi la scommessa fatta dalla ragazza poco prima di svenire.
Quale dei due vinse non si seppe mai, ma l'alba successiva vide il cacciatore dagli occhi di zaffiro fermarsi al limitare della radura, osservando con occhio critico i segni evidenti degli eventi di quella notte.

  
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