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Autore: MadaraUchiha79    14/02/2016    2 recensioni
Una volta sporcata un anima non può essere mondata.
Genere: Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Madara Uchiha
Note: AU | Avvertimenti: Violenza | Contesto: Nessun contesto
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Una dannata cella.  Almeno gli avevano dato la possibilità di evitare la compagnia di altri detenuti.  Lui, il re indiscusso della criminalità di Tokyo, si era ridotto a ringraziare la sorte per un buco scuro, dove il cesso stava appiccicato al letto.  Chissà quanti anni avrebbe dovuto passare chiuso in quella merda?
Non sarebbe stato facile trovare un modo per uscire.  La sua azione plateale l'aveva trascinato a fondo, ma non riusciva a pentirsi . Andava fatto, punto e basta. 
La porta del corridoio si aprì, producendo un rumore fastidioso.  Madara si alzò dal letto e si avvicinò alle sbarre.  Sorrise, scuotendo il capo. 
- Mi mancavi.  Davvero, Hashirama.-
-Io non riderei se fossi in te, Madara.  Questa volta l'hai fatta grossa e nemmeno con tutte le buone intenzioni del mondo riuscirò a tirarti fuori di lì. -
-E quando mai avresti voluto farlo? Andiamo, i Senju odiano gli abietti, no?  Sei sempre in accordo con il tuo fratellino, che faccia quello che faccia. Evita di distribuirmi le tue perle. -
- Possibile che tu non capisca che per l'ennesima volta io ti sto tendendo una mano? -
-Allo stato attuale delle cose, sai dove puoi ficcartela la mano? -
-Sai bene che non è ridotto a questo il problema.  Akatsuki sta muovendo contro di noi! Non sappiamo che cosa possa veramente fare contro la nostra città! Ti sembra questo il momento di lasciarti catturare? Il tuo aiuto è essenziale!-
-Mi conosci da diversi anni e dovresti sapere che io non ho nessun interesse alla vita degli altri. Pensa che diventerò padre e ho deciso di farmi un po’ di anni di gattabuia. Rinuncerò a vedere il volto di mio figlio appena nato. Eh!? Pensa, se non me ne frega di mio figlio, che cosa può fottermi degli abitanti di Tokyo!?-
Non era così semplice. In realtà Madara aveva il cuore squarciato da quella prospettiva. Piangeva anche senza lacrime. Sfidava e nascondeva la tristezza con il suo sorriso beffardo, ma non poteva rubare le lacrime agli occhi.
-Dovevi soltanto tenere a freno i nervi. Sapevi che Rasetsuya sarebbe stata sempre e comunque tua. Le persone che ti amano non possono sostituirti nemmeno se si presentasse di fronte davanti a loro il paradiso nel solo viso di una persona.-
Madara rimase in silenzio. Strinse tutte e due le mani sulle sbarre e portò la fronte a premere su di esse.
-Non sopportavo l’idea di rischiare di perderla. So di essere insufficiente per lei. Che cosa ho fatto della sua vita se non un susseguirsi di terribili rischi? Non le ho mai dato niente di quello che avrebbe meritato.  Tuo fratello invece è il mio preciso opposto. Lui potrebbe donargli tutta la tranquillità degna di una donna della sua età.-
-E credi che quella donna accetti una relazione tranquilla? Sembra che tu non la conosca.-
-No…la conosco bene. Sono soltanto io ad aver perso la fiducia in me stesso. In questo momento stanno scandagliando tutta casa mia in cerca di prove sempre più schiaccianti contro di me. Mi avete messo le mani addosso dopo così tanto tempo e penso che ora qualcuno voglia godersi per bene la mia sconfitta.-
Hashirama si allontanò dalla sua posizione. Andò a premere le spalle sulla parete opposta alle sbarre e dopo un lungo sospiro, puntò i suoi occhi su quello di Madara.
-Dov’è finito Madara Uchiha? Chi diavolo è quell’imbelle che si piange addosso? Sei odioso anche da ascoltare. Non sei mai stato un vittimista.-
-Che diavolo vuoi da me, Hashirama? EH? Che gioisca di questa condizione? Che mi senta bene qua dentro? Io con i miei completi di Gucci, Armani e Valentino, chiuso in una cella? Io con le mie auto da corsa? Io con la mia villa? Io con la mia famiglia!?IO!? Pensi che possa mai adattarmi a questo?-
-Non ti ho detto di adattarti, non mi hai nemmeno fatto finire di parlare.-
-Ah, certo la tua mano.-
Madara scosse le sbarre ponendo su di esse la forza di entrambe le braccia. Gridò contro Hashirama.
-Muoviti a farmi uscire! Questa è l’unica fottuta mano che puoi darmi!-
-Non ora, ma abbi pazienza. Un giorno, due al massimo e avrò il permesso di farti uscire.-
-E come lo otterrai? Prostituendoti presso i tuoi superiori?-
-Odio la tua ironia spicciola quando sono concentrato a pensare.-
-Che onore, addirittura Hashirama Senju che pensa per me. Mi sto commuovendo.-

Era normale che anche lui fosse stato trattenuto in caserma e interrogato di continuo, sempre sulle stesse cose. Le deposizioni erano importanti e dai primi documenti sequestrati dalla villa di Madara e analizzati, risultava un coinvolgimento del giovane Uchiha in affari poco leciti. Quel bastardo di Madara li aveva trascinati tutti a fondo proprio come aveva preannunciato. Ognuno dei suoi nipoti era stato riconosciuto come proprietario di uno dei suoi “rami d’azienda”. Incredibile quanto quel pazzo non riuscisse a prendersi le sue responsabilità.
“Se affonderò io, voi tutti verrete con me.”
Itachi pensava che quella fosse soltanto una minaccia, ma si sbagliava. Anche il giovane Uchiha fu quindi trattenuto in centrale per essere scortato presso le celle limitrofe a quella di Madara. Yoake, che era con lui, cercò di opporsi, tirando fuori la forza della sua disperazione. La sua voce sempre atona e controllata raggiunse un tono alto e aspro quando gli agenti ammanettarono il suo compagno.
-Non avete il diritto di mettergli le mani addosso! Non avete prove a sufficienza per incriminarlo!-
Una risposta diretta, fredda come la lama di una spada, interruppe la ragazza. Tobirama, soddisfatto delle sue azioni, adorava mantenere quel tono controllato, distaccato, in contrasto con la sua disperazione.  Voleva che il peso di quell’allontanamento gravasse mille volte più oneroso sulle spalle di lei.
-Abbiamo tutto quello che serve per ritenerlo pericoloso. Uchiha Itachi, Uchiha Shisui, Uchiha Izuna, Uchiha Obito, Uchiha Sasuke,oltre ad Uchiha Madara, sono in stato di arresto. Chi più, chi meno, ha compiuto crimini nei confronti della cittadinanza. Favoreggiamento della prostituzione, spaccio di droga, scommesse illecite su corse clandestine, estorsione e minacce verso i commercianti. Non si limitano a questo i danni. Lei non ha nessun diritto di…-
Tobirama interruppe il suo dire quando vide entrare all’interno degli uffici della centrale la familiare figura di Rasetsuya Tenzen. Il trucco nero era scolato sulle sue guance a causa del pianto, ma questo dettaglio contrastava con la sua espressione risoluta. Al suo fianco c’era Hidan, con il suo solito sorriso dipinto sulle labbra.
-Libera il mio uomo.-
-Quel bastardo marcirà dietro le spalle e così farà tutta la sua stirpe.-
-Ti conviene tirarlo fuori di lì. E’ l’unico in grado di dirigere una squadra come la nostra. E’ il migliore di noi.-
-Non serve che continuiate con le vostre scorribande. Sei salva per un pelo, lo vuoi capire? Ho fatto i salti mortali per te!-
-Non me ne faccio niente del tuo impegno. Per quello che mi riguarda io non ti amo, e non lo farò mai.-
Rasetsuya sosteneva lo sguardo del giovane albino con freddezza. Lo fece fino a quando non fu lui a cedere e abbassare gli occhi per qualche secondo.
-Il poliziotto che si innamora di una fuorilegge e tenta di allontanarle il marito per sempre. E’ una storia scadente persino per un film tv da quattro soldi.-
Hidan non era riuscito a trattenere il suo sarcasmo.
-Sai, fatina dei denti? C’è un pazzo furioso che sta progettando qualcosa di grosso, molto grosso. Siete così imbecilli che non vi siete accorti nemmeno della puzza di bruciato. Tokyo intera sta per essere fottuta da Danzo Shimura.-
Tobirama spostò lo sguardo sugli occhi di Hidan, uno sguardo irato e carico di amarezza.
-Non crederò mai a gente come voi!-
-Fai come ti pare, ma per quello che so, anche tua cognata è stata uccisa da questa gente. L’assassino degli Origami non è che una donna agli ordini di Shimura, idiota!-
-Noi della polizia faremo il nostro lavoro e continueremo a farlo senza il vostro supporto. Nessuno si fiderebbe mai di uno sfuggente bastardo noto per essere un torturatore seriale. Se non sei ancora stato arrestato, è soltanto perché sei dannatamente furbo, Hidan.-
Itachi, ancora fermo a pochi metri dagli altri, scortato da altri due poliziotti, si prese la libertà di voltarsi verso l’eterogeneo gruppo di contendenti. Con la sua solita voce atona e ferma, si rivolse ad Hidan, ignorando bellamente Tobirama.
-E’ inutile perdere tempo con chi non vuol capire. Mi meraviglio di voi due, Hidan e Rasetsuya. Dovreste agire senza pensare a quello che oramai non si può più rimediare. Ci sono persone là fuori che non sono ancora state catturate e stanno agendo nell’ombra per salvarci. C’è mio fratello, Izuna, Akane e tutti gli altri. Loro sono più a rischio di noi.-
Come se non dovesse rendere conto ai poliziotti che aveva attorno, Itachi mosse i suoi passi verso Yoake e senza pronunciare nemmeno una parola la abbracciò. La baciò sulle labbra con un impeto che mai si era concesso. Sembrava quasi che fosse un addio doloroso, silenzioso. Le parlò a bassa voce, tagliando fuori tutto il trambusto che li circondava. L’amore è capace di esprimersi anche nelle più chiassose delle situazioni, è capace di isolare due persone per istanti lunghi l’eternità di uno sguardo complice.
-Non pensare a me, Yoake. Non ci saranno catene in grado di trattenerci lontani per sempre. Sei ostinata e troppo elegante per opporti a questa marmaglia con le grida. Lasciali cuocere nel loro brodo di ignoranza e continua a combattere come soltanto tu sai fare.-
Lei lo ascoltò senza dire una parola, senza replicare. La sua pelle bianca fu velocemente percorsa da due lacrime veloci, le uniche che pianse. Era come se quell’esortazione avesse riportato alla luce il lato più freddo di lei, se avesse resuscitato Maleficent una volta per tutte. Annuì in un gesto controllato e abbassò le palpebre. Irrigidì le labbra e perse lo sguardo in un punto indefinito della stanza.
-Non c’è nemico in grado di farmi paura, che sia fisico o astratto. Hai ragione, Itachi. Non avrei dovuto cedere alla disperazione, nemmeno per un attimo. Le cose non si conquistano in questo modo. I sogni non si realizzano gridando e piangendo. -
Itachi fu strattonato lontano da lei e condotto lontano dal suo sguardo. Nonostante la distanza tra i due si allungasse, i loro sguardi rimasero collegati fino a che il ragazzo non fu costretto a voltarsi completamente e a darle le spalle.
-Non è così che finirà.-
Dopo quella piccola frase, la ragazza dai lunghi capelli castani e gli occhi di vetro iniziò a tacere.

Ferito ad una spalla da un colpo sparato da una pistola di grosso calibro, Jiraiya trovava difficile continuare a ripararsi dal fuoco avversario. Il sangue usciva copioso e la pressione ferma della sua mano destra sulla spalla sinistra non sarebbe riuscita ad arginarlo. Era stato disarmato dalla precisione del colpo esploso da Nagato.
-Non è semplice per lei, vero? Non è facile accettare di essere così carente nei confronti di un ragazzo cresciuto ed educato da voi stesso. Come si dice, l’allievo che supera il maestro. Ora uscite fuori di lì e arrendetevi alle vostre mancanze. Non ha senso che continui ad esistere e a mentire a se stesso attraverso quell’ipocrisia che l’ha convinta  a venire qui e cercare di redimermi.-
No, non c’era più niente da fare per quel ragazzo. Era stata una prova folle portata avanti dalla volontà di non perdere dal tutto quell’affetto a cui bruscamente Jiraiya si era dovuto separare.  Doveva davvero rassegnarsi al dolore fisico e allo strazio del cuore? Abbandonarlo all’oscurità del suo rancore in quel modo? Era disarmato e quindi privo di armi per rispondere al fuoco che Nagato avrebbe aperto verso di lui appena fosse uscito allo scoperto. Si appiattì contro la parete che aveva utilizzato come scudo e iniziò a parlare.
-Non è questo ciò che sei, Nagato. E’ solo la tua disperazione a parlare per te.-
-Che cos’è una persona se non la disperazione che si porta dentro, sensei? Siamo figli delle nostre esperienze, no?-
-Sì, è vero. Ma gli errori, le perdite e il dolore dovrebbe aiutare a maturare, non ad impazzire!-
-Io non sono pazzo, io sono solo giusto! Questo mondo ha bisogno di persone giuste che equilibrino le cose. E io lo farò oggi stesso. Lei è arrivato giusto in tempo per vedere questa metropoli ridotta in macerie! Non importa, può anche non uscire di lì, sensei! Guardi all’esterno, la vetrata le farà da schermo alla tragedia che sta per succedere! Osservi per bene che cosa è significato il suo insegnamento per me, Jiraiya sensei!-
Jiraiya uscì dal suo nascondiglio e avanzò verso Nagato, noncurante della possibilità di essere ucciso. Il ragazzo dai capelli rossi sparò ad una gamba dell’uomo. L’albino fu costretto a terra. Ancora sangue perso che si diffondeva sotto di lui.
-Non farlo, Nagato! No!-
Gridò a voce alta. Anche a costo di trascinarsi a terra, avanzò verso di lui in modo da fermare qualunque cosa egli fosse disposto a fare. Nagato puntò la pistola al capo di Jiraiya.
-Non si alzi, Sensei, piuttosto si volti.-
Jiraiya osservò sconvolto ciò che accadeva alla città. Da un punto così alto poteva scorgerne gran parte. Non ebbe respiro per aggiungere nessuna parola.
Nagato parlò per lui.
-Il mondo conoscerà il dolore.-

Sasuke stava rientrando a casa sua. Era strano che a quell’ora della sera, suo fratello Itachi non lo avesse cercato nemmeno una volta. Aveva fatto metà strada con Naruto e aveva approfittato della solitudine per farsi due passi a riflettere. Quando fu però vicino alla palazzina dove si trovava l’appartamento che condivideva col fratello, fu affiancato da una macchina scura. Il finestrino si abbassò e dietro di esso apparve la figura più che nota di Hashirama Senju.
-Che c’è? Ora ho bisogno della scorta? Che vuoi, Senju?-
-Sali in macchina prima che vengano a prelevarti, Sasuke!-
-No, preferisco andare con le mie gambe.-
-La polizia ti sta alle calcagna.-
-E tu sei uno di loro.-
-Questa volta sto agendo di testa mia. Sali in auto subito. Dobbiamo ancora trovare Izuna.  Dovrai pur sapere dove si trova!-
-Non ne ho idea, non mi curo degli affari di mio zio. E poi perché tutta questa premura? Che cosa diavolo è successo?-
-Madara è stato arrestato e così anche tuo fratello, Sasuke. Non posso fare niente, al momento, per tirarti fuori, ma non posso permettermi di perdere tutti i miei alleati per una follia di tuo zio.-
-Che cosa? Che cosa c’entra Itachi!? Che cosa diavolo c’entro io con lui!? Non vi permetterò..-
-Sali e muoviti, Sasuke!-
-Vai al diavolo.-
Hashirama non esitò ad estrarre la pistola d’ordinanza e puntarla diritta verso il ragazzo.
-Muoviti, ragazzo. Non c’è tempo.-
Sasuke strinse i denti e si avvicinò alla portiera. La aprì e si sedette al fianco del Senju, il quale, ripose la pistola e partì.
-Spiegami per che cazzo mi stai portando in questa cazzo di macchina, idiota!-
-Mi serve il tuo aiuto per risolvere il problema che ha investito la tua famiglia nel migliore dei modi, Sasuke.-
Il ragazzo fissò in volto il poliziotto, con un’espressione di sdegno.
-Immagino che rimedio…-
Le sue parole si spezzarono a causa di un improvviso stupore.

-Eccolo! Finalmente! La mia opera d’arte definitiva si sta palesando in un istante di bagliore! Kaaaatsu!-
Izuna fissò interdetto il viso di Deidara, disteso in un’espressione estatica. Posò poi gli occhi su quelli di Akane, che non esitò ad avvicinarsi alla finestra.  Un forte boato fu succeduto da una terribile onda d’urto che fece saltare le misere vetrate di quel vecchio garage in disuso. Il corpo di Akane fu investito dalle schegge di vetro e ne fu ferito. La ragazza venne sbalzata contro una parete. Anche Izuna fu costretto a terra. La sedia alla quale era ancorato da troppi anni fu ribaltata e lui obbligato a colpire il pavimento aspro con il viso. Deidara , nonostante il brusco urto su vecchi attrezzi da lavoro, aveva ancora il coraggio di ridere soddisfatto.
-Questo è solo l’inizio! Soltanto lo stupendo inizio,mh!-
Izuna si trascinò verso Akane, priva di conoscenza, distesa a terra e ferita. Alcune macerie dello stabile erano crollate e ostruivano la già difficoltosa avanzata del giovane Uchiha verso la ragazza che amava.
-Akane! Akane, svegliati!-
Sapeva perfettamente che non gli sarebbe bastato un richiamo per ottenere una risposta, eppure continuò a gridarle contro. Non voleva rassegnarsi a quella paura che stava scavando sempre più a fondo della sua anima, la paura di perderla per sempre.
Si rivolse a Deidara, dando sfogo alla sua disperazione in un grido. Non l’aveva mai fatto in vita sua, non su quei toni almeno.
-Che cosa diavolo hai fatto!? Che cosa è successo!?CHE COSA HAI FATTO A QUESTA CITTA’-
-Io nulla…ragazzino. Io ho soltanto provato un nuovo stile. La città di Tokyo ha subito una serie di esplosioni di questa intensità, ma come ho già detto, questo è solo l’inizio, mh.-
-…Che cosa…-
-Tutti moriranno, ma non è questo il giorno! Questa è solo la dichiarazione di guerra da parte di Red Cloud Knight. E’ tutto finito. La Yakuza, il governo, la polizia! Nessuno ha più potere su questa Tokyo. La paura vince su tutto ed è governata da un’unica persona, mh!-
-…Non glielo lasceremo fare. No.-
-Tuo fratello sarà già in galera, o forse morto. Chissà che danni hanno fatto le esplosioni da quelle parti! La polizia brancola nel buio, tutto è perduto, mh! E’ finita, idioti! FINITA!-
-Lo è anche per te, a quanto pare…Quante possibilità hai di salvarti da quelle macerie che ti hanno schiacciato mezzo corpo?-
-Non morirò fino a che non avrò visto l’opera magna compiuta.-

La Mazda di Rasetsuya si era fermata a poca distanza dal commissariato. I vetri erano esplosi in mille frantumi. Yoake e lei si erano riparate, abbassandosi  al livello dello spartano cruscotto, in modo da evitare i cristalli infranti, che comunque si erano depositati su di loro immediatamente dopo l’urto.
-Stai bene, Yoake?-
-Sì.-
Rasetsuya si sollevò a sedere e, sciolta la cintura di sicurezza, scese dall’auto. Yoake imitò i suoi gesti  e si guardò attorno. Poteva vedere chiaramente i fuochi delle esplosioni a poca distanza da loro. Altri automobilisti erano scesi a passi incerti dalle vetture, alcuni, invece, meno fortunati, erano inerti all’interno degli abitacoli.
-E’ troppo tardi.-
-Tokyo è stata….-

-Tokyo è stata ferita profondamente da una serie di esplosioni. Ci scusiamo per l’incerto segnale della trasmissione. Il nostro studio è stato letteralmente distrutto dall’onda d’urto delle esplosioni.
Non c’è ancora un bilancio delle vittime e dei danni. Sappiamo soltanto che tutta la città è stata colpita da ordigni esplosi a distanza regolare l’uno dall’altro. E’ stata un’apocalisse, un eccidio senza precedenti…-
Il volto del giornalista venne sostituito dallo schermo completamente nero della mancanza di segnale. Una donna sedeva sul suo divano, le gambe accavallate l’una sull’altra, coperte dal velo leggero dei collant neri.
-Non pensavo che questa carneficina mi divertisse davvero così tanto. Avete danzato bene, non c’è che dire.-
  
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